Norme e regolamenti in tema di piani pandemici nazionali e regionali emanati prima dell’avvento del COVID

Di seguito sono riprodotti i documenti normativi citati nel saggio di Umberto Izzo, RESPONSABILITÀ SANITARIA E COVID-19: SCENARI DI UNA POSSIBILE PANDEMIA GIUDIZIARIA E RISPOSTE PER PREVENIRLA, pubblicato nel fascicolo 6/2020 e nel fascicolo 1/2021 della rivista Responsabilità civile e previdenza, nonché in C. Cicero (a cura di), I rapporti giuridici al tempo del Covid, Napoli, 2021. I documenti sono riprodotti di seguito in un’unica pagina web per consentire ricerche testuali mirate.

INDICE DEGLI ALLEGATI

ALLEGATO 1

Comunicato 26 marzo 2002

Piano italiano multifase d’emergenza per una pandemia influenzale.

ALLEGATO 2

Provv. 9 febbraio 2006, n. 2479

Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale. (Rep. n. 2479)

ALLEGATO 3

Delib. C.R. Lombardia 2 ottobre 2006, n. VIII/216 

Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale secondo le direttive del Ministero della Salute 

ALLEGATO 4

Delib. G.R. 13 dicembre 2006, n. 8/3776

Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario regionale per l’esercizio 2007

ALLEGATO 5

Circ. reg. Lombardia 9 dicembre 2006, n. 33

Interventi attuativi territoriali del Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una Pandemia Influenzale.

ALLEGATO 6

Delib. G.R. 2 aprile 2008, n. 8/6994 

Attivazione dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.) in attuazione della L.R. n. 32/2007 “Istituzione dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza, modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali).

ALLEGATO 7

Delib. G.R. Lombardia 16 giugno 2020, n. 11/3264

«Piano di riordino della rete ospedaliera: attuazione dell’art. 2 del d.l. 34/2020» Testo del piano di riordino della rete ospedaliera


ALLEGATO 1

Comunicato 26 marzo 2002 (1)

Piano italiano multifase d’emergenza per una pandemia influenzale.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 marzo 2002, n. 72.

Testo del comunicato – Parte I

Allegato 1

FASI

PIANO ITALIANO MULTIFASE D’EMERGENZA PER UNA PANDEMIA INFLUENZALE

La comparsa di un nuovo ceppo influenzale, verso cui la maggioranza della popolazione risulta suscettibile, si pensa possa avere conseguenze paragonabili alla pandemia verificatasi nel 1918 (influenza spagnola) con costi senza precedenti, in termini di morbosità e mortalità.

La velocizzazione degli spostamenti, e la conseguente riduzione dei tempi necessari per gli interventi, renderebbe inoltre ancora più difficile e pressoché impossibile controllare efficacemente la diffusione del virus. La possibilità di disporre in anticipo di uno specifico piano d’azione nazionale, si ipotizza possa consentire di minimizzare le conseguenze di una eventuale pandemia influenzale. A tale scopo il Comitato istituito ad hoc ha elaborato il presente documento che prevede un apporto multidisciplinate nell’attuazione di interventi realizzabili in fasi diverse, atti a fronteggiare una pandemia.

L’attuazione del Piano nazionale per una eventuale pandemia (PNEP), si propone di perseguire obiettivi diversi: a) ridurre la morbosità e la mortalità della malattia; b) far fronte al numero di soggetti con complicanze da influenza, alle conseguenti ospedalizzazioni e al numero di morti; c) assicurare il mantenimento dei servizi essenziali; d) minimizzare l’interruzione dei servizi sociali e delle perdite economiche; e) stabilire le modalità di diffusione di informazioni aggiornate per gli operatori sanitari e per la popolazione generale.

Il PNEP sarà inoltre riesaminato dal Comitato, con scadenza annuale, alla luce dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche nei campi di interesse.

Il Piano è stato esaminato, con parere favorevole, dal Consiglio superiore di sanità e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

  1. A) Introduzione.

A.1. Il virus influenzale.

L’influenza è un’infezione virale causata da tre tipi di virus, A, B e C, l’ultimo dei quali di scarsa importanza per l’uomo. Le epidemie influenzali sono normalmente causate da virus di tipo A. In Italia, l’attività dell’influenza di tipo A aumenta durante quasi tutte le stagioni invernali, anche se non sempre con caratteristiche epidemiche. L’influenza B predomina ad intervalli di alcuni anni e di solito colpisce sia giovani che anziani.

I virus influenzali di tipo A e sono antigenicamente labili, vale a dire che vanno incontro a frequenti cambiamenti antigenici di minore entità («drift antigenico»). Cambiamenti di maggiore entità («shifts antigenici») si verificano periodicamente solo per i virus di tipo A. Sono responsabili della comparsa di nuovi sottotipi di virus influenzali con caratteristiche antigeniche molto diverse rispetto ai virus precedenti e possono causare pandemie. Nella maggior parte dei casi i nuovi sottotipi insorgono per fenomeni di ricombinazione genetica fra virus influenzali dell’uomo e virus influenzali di altre specie animali.

A.2. La malattia ed il periodo di incubazione.

L’influenza è caratterizzata da un periodo di incubazione di 48-72 ore. Nei pazienti adulti, i titoli virali nei lavaggi nasofaringei scendono di solito a livelli minimi a partire dal quinto giorno, perciò gli adulti possono trasmettere l’infezione per 4-5 giorni. La replicazione virale è di solito più prolungata nei bambini.

L’influenza si presenta di solito come una malattia febbrile non-specifica, accompagnata da sintomi che interessano le vie respiratorie superiori e sintomi generici (faringite, tosse secca, mal di testa, dolori muscolari ecc.). Nei casi non complicati i sintomi si risolvono in 3-5 giorni, anche se può seguire un periodo di affaticamento e di depressione. Non sempre inoltre l’infezione provoca dei sintomi. È stato ad esempio osservato che infezioni da virus influenzale di tipo A/H1N1 in bambini che non avevano precedente esperienza di questo sottotipo, non hanno indotto comparsa di febbre in circa la metà dei soggetti infettati.

Nel caso in cui si verifichino complicanze queste includono otite media (nei bambini), bronchite o polmonite. Quest’ultima può essere causata direttamente dal virus influenzale, ma più frequentemente da superinfezione batterica da stafilococco aureo, streptococco o emofilo dell’influenza. La malattia è più severa e soggetta a complicanze in coloro che hanno malattie croniche pregresse, negli immunodepressi e negli anziani.

Può verificarsi il decesso del paziente precocemente (24-36 ore dall’infezione), apparentemente a causa di una infezione virale fulminante, o dopo alcuni giorni, in conseguenza di complicazioni quali polmonite o per la riacutizzazione di una malattia cronica.

A.3. Epidemiologia.

Durante i periodi di «drift» virale, le varianti di un ceppo già circolante possono causare epidemie, ma più frequentemente danno luogo ad un complessivo incremento della incidenza e a piccoli focolai localizzati. Ciò accade perché persone con una esperienza pregressa di infezione con varie versioni del sottotipo correntemente circolante hanno un certo grado di immunità verso di esso, riducendo pertanto il numero di persone suscettibili. Le fasce di età più suscettibili sono rappresentate dai nuovi nati e dai giovani.

La comparsa di un nuovo sottotipo (cambiamento antigenico maggiore o «shift») è caratterizza dalla assenza di reattività crociata con i sottotipi precedenti. Un nuovo ceppo o sottotipo di influenza A, verso cui la maggioranza dalla popolazione è quindi suscettibile, è potenzialmente in grado di diffondersi ampiamente e causare la malattia.

Una situazione del genere si ipotizza si sia verificata nel secolo precedente nel caso della l’influenza spagnola del 1918, ed in minor misura nel 1957 e 1968.

Una situazione differente è quella verificatasi nel 1977/78, con la ricomparsa di un ceppo molto simile ai virus H1N1 circolanti negli anni `50. In questo caso, tutti i nati prima del 1957 erano protetti verso l’infezione o una forma grave della malattia. Il principale gruppo bersagli sono stati i bambini e i giovani nati dopo il 1956, con alte percentuali di incidenza nelle scuole e università. Questo profilo si è poi spostato a tutti i gruppi di età negli anni successivi. Altra peculiarità è che la riemergenza del sottotipo H1N1 non ha determinato la scomparsa del sottotipo H3N2 precedentemente circolante, così che a tutt’oggi entrambi i sottotipi continuano a circolare, andando incontro a drift antigenico.

I due più importanti casi di comparsa di virus di nuovo sottotipo, che però non hanno causato pandemie (New Jersey 1976 e Hong Kong 1997), indicano tuttavia un fatto importante: le mutate caratteristiche antigeniche di un virus, anche quando lo siano in modo drastico, non sono di per sè sufficienti a determinarne la capacità di diffondersi da uomo a uomo. Altre proprietà del virus a tutt’oggi sconosciute, sono evidentemente necessarie perché ciò avvenga.

Altri dati che ci derivano dalla esperienza passata sono quelli che indicano che la comparsa nell’uomo di ceppi con una mutata proteina di superficie di per sè non sono sufficiente a determinare una pandemia. Le ricerche future dovranno essere indirizzate anche alla individuazione dei determinanti genetici della virulenza, in modo da poter sia identificare i ceppi antigenicamente mutati con maggiore rischio di pandemia, sia sfruttare queste conoscenze per la messa a punto di un vaccino vivo attenuato.

Negli ultimi 23 anni si sono verificati inoltre svariati casi di «falsi allarmi» (vedi tab. 1), con virus influenzali trasmessi all’uomo direttamente da un’altra specie animale. Non si è però assistito ad una diffusione dei virus nella popolazione. La relativa frequenza di questi episodi, rispetto a quella delle pandemie precedenti, riflette da una parte il miglioramento dell’attività di sorveglianza e il suo allargamento anche ad alcune specie animali, dall’altra probabilmente rappresenta solo la punta dell’iceberg della variabilità naturale dei virus influenzali. L’identificazione precoce di un ceppo insolito o inatteso è fondamentale per poter iniziare a predisporre un piano di pre-allerta (anche quando non è ancora noto il suo potenziale di trasmissibilità), e deve poter contare su un efficiente sistema di sorveglianza sia umana che veterinaria.

A causa della importanza dei virus influenzali degli animali (fenomeni di ricombinazione genetica e/o diretto passaggio di virus dagli animali all’uomo) va sottolineato il ruolo delle Istituzioni competenti per la medicina veterinaria.Tali Istituzioni programmano e sovrintendono alla sorveglianza epidemiologica dell’influenza nelle diverse specie animali, il controllo dell’andamento dei focolai di influenza e infezioni similari di origine virale nelle specie animali recettive, in particolare aviarie e nei suini; studiano e sviluppano prodotti immunizzanti sperimentali in grado di garantire un’adeguata copertura immunitaria in situazioni di emergenza e accertano le caratteristiche di qualità, innocuità, efficacia dei prodotti immunizzanti utilizzati per la profilassi dell’influenza nelle varie specie animali; curano la stesura dei piani di emergenza in àmbito veterinario.

Il caso più recente, nel 1997 ad Hong Kong, ricade nel gruppo dei «falsi allarmi» pandemici, dal momento che ricerche approfondite non hanno evidenziato una efficiente trasmissione inter-umana dei virus del sottotipo H5N1 passati dai polli all’uomo e le infezioni umane sono terminate con la distruzione di massa del pollame domestico in tutta la regione. Tuttavia, la elevata mortalità associata ai pochi casi di infezione verificatisi (6 casi su 18 persone infettate), così come la forte tossicità dei virus in questione per le uova embrionate di pollo, il substrato elettivo per la crescita di virus a scopo vaccinale, ha posto dei problemi tecnici nuovi. La manipolazione in laboratorio dei virus ha richiesto l’utilizzo di strutture ad alto contenimento e con un livello di biosicurezza più alto di quelle normalmente utilizzate; la messa a punto dei ceppi riassortanti ad alta crescita per la produzione vaccinale ha richiesto tempi relativamente lunghi a causa dei problemi incontrati nei processi di selezione in uovo (più di 12 mesi sono intercorsi dal caso indice di Maggio 1997 alla disponibilità dei reagenti per un vaccino sperimentale).

È possibile ipotizzare che in caso di pandemia non meno del 70% della popolazione italiana di ogni età, a varie ondate, verrebbe infettata, e da 6 a 16 milioni di persone, di tutte le età, potrebbero ammalarsi di influenza.

In questi casi, quindi, la messa a punto rapida di un vaccino efficace contro un ceppo pandemico può non essere fattibile e quindi misure di controllo alternative devono essere prese in considerazione in anticipo.

Da ciò deriva la necessità di attuare un complesso di azioni organizzate in un Piano pandemico, capace di rispondere efficacemente alla minaccia di una pandemia e che deve essere flessibile, per poter rispondere ai diversi scenari possibili.

A.5. Un possibile scenario basato sulle conoscenze desunte dalle precedenti pandemie di questo secolo.

Non è possibile prevedere nè il momento nè il preciso impatto di una futura pandemia.

La severità della malattia causata da un nuovo ceppo virale, la rapidità della sua diffusione e i gruppi maggiormente suscettibili nella popolazione sono tutti fattori ignoti.

Tuttavia, ai fini della pianificazione, l’analisi delle precedenti pandemie può fornire informazioni preziose sulle probabili dimensioni dell’impatto.

A.5.1. Quando avrà luogo la prossima pandemia?

Gli intervalli di tempo intercorsi tra le precedenti pandemie hanno oscillato tra 11 e 42 anni, senza un andamento definito. L’ultima pandemia è avvenuta nel 1968/69.

A.5.2. Possibili ceppi virali.

Le precedenti pandemie sono state causate da virus influenzali di tipo A. In anni recenti ceppi di entrambi i sottotipi A(H1N1) e A(H3N2) hanno co-circolato. La ricomparsa di una componente H2 o N7 è stata prevista come un probabile evento responsabile di una nuova pandemia. Tuttavia, l’evento che ha suscitato e suscita tuttora la maggiore preoccupazione, anche per il suo carattere di novità inattesa, è il passaggio di un virus del sottotipo H5N1 direttamente da aviari domestici all’uomo (Hong Kong 1997). Infatti, ciò rende più probabile l’eventualità della emergenza di altre emagglutinine, finora sconosciute all’uomo, o per trasmissione diretta dagli uccelli o, più pericolosamente, per riassortimento con virus influenzali umani direttamente nell’uomo.

A.5.3. Previsioni sulla diffusione dell’epidemia.

Le modalità di disseminazione geografica di una pandemia seguono l’evoluzione dei mezzi di comunicazione. Questo spiega perché le pandemie più recenti hanno fatto il giro del mondo più rapidamente delle precedenti. In anni inter-pandemici, la diffusione di una nuova variante di un ceppo esistente impiega circa 18 mesi, così da permettere l’incorporazione del nuovo ceppo nel vaccino annuale prima che la malattia si diffonda. I ceppi pandemici del passato si sono diffusi in tutto il mondo in circa sei mesi. La rapidità di tale disseminazione potrebbe far credere che in caso di pandemia influenzale non ci sarà il tempo necessario per prendere le necessarie misure preventive, e in particolare per l’allestimento di un vaccino monovalente «ad hoc». Tuttavia, la storia delle pandemie passate ci dice che esse si sono diffuse a ondate successive, con un intervallo di 12-18 mesi tra la scoperta del primo caso e l’estinzione della variante pandemica. Inoltre, la disseminazione geografica di una pandemia può essere variabile, potendosi presentare come casi isolati, sporadici, localizzati o disseminati. È possibile quindi prevedere che in caso di pandemia, il vaccino non potrà essere allestito per la prima ondata, ma sarà possibile ricorrere farmaci anti-virali e ad altre misure di prevenzione non specifiche.

Tipicamente, i nuovi virus influenzali sono comparsi in Estremo Oriente e da lì si sono diffusi nel resto del mondo.

A.5.4. Periodo dell’anno.

L’influenza pandemica può fare la sua comparsa in qualunque momento dell’anno e non necessariamente durante la normale stagione influenzale (novembre-marzo):

Anno Picco della malattia (dati UK)
1889-90 Gennaio
1918/19 1ª ondata Luglio
2ª ondata (la più severa) Novembre
3ª ondata Febbraio
1957/58 Settembre/Ottobre
1968/69 1ª ondata Marzo/Aprile
2ª ondata Gennaio 1970

A.5.5. Durata dell’attività.

Nella maggior parte dei casi, le epidemie stagionali hanno una durata di circa 6-8 settimane. Lo stesso si può dire dell’attività influenzale di tipo pandemico (ad es. in UK dove tuttavia nel 1968/69 più bassi livelli di attività sono continuati per 3-4 mesi).Tale considerazione porta alla conclusione che l’intensità dell’epidemia si concentra in un ristretto arco di tempo e, in caso di pandemia, il diffondersi della malattia sarà presumibilmente in «ondate» epidemiche.

Testo del comunicato – Parte II

  1. BScenari e stime impatto in Italia – Andamento epidemie.

Di seguito viene riportata la schematizzazione dell’impatto di un’epidemia o di una pandemia, facendo riferimento a quanto si è verificato in passato.

Impatto secondo il tipo di epidemia o di pandemia influenzale.

Emergenza di un ceppo potenzialmente pandemico Epidemia di influenza interpandemica Pandemia di influenza moderata o grave Pandemia di influenza gravissima
(scenario 1) (scenario 2) (scenario 3) (scenario 4)
Anno di riferimento 1976 1970-1995 1957 e 1968 1918
Incidenza 500 casi (Hilleman 1996) Francia 19989:8.6% popolazione totale (Costagnola 1991) Europa 1968:27% della popolazione totale (Ghedon 1994, Stuart Harris 1970) Francia 40% popolazione attiva (Hannoun 1995) Mondo da 1/4 a 1/2 Popolazione totale (Ghedon 1994)
Assenteismo scolastico Nessuno <10% (Hannoun 1977) 50% (Stuarth Harris 1970) Non disponibile
Consumo di cure Nessuno Belgio 1989: 40% delle consultazioni medicina generale (Snacken 1992) Non disponibile Non disponibile
Consumo di farmaci Nessuno Belgio 1993: 26% di aumento Non disponibile Non disponibile
Mortalità diretta e 1
indiretta (Seneca, 1980) Gran Bretagna 1989: Europa 70.000 1957 e Mondo: 20-40 milioni
30.000 (Ashley 1991) 30.000 1968 (Nicholson (Ghedono 1994)
Belgio 1989: 4.900 1992) Mondo 1968 1 Non disponibile
(Snacken 1992) milione (Maillard, 1968)
Impatto globale Nessuno Francia 1989: USA 1857: 39 miliardi
Ospedalizzazioni 7.500 USA
Giornate di lavoro (Ghedon 1994)
perdute: 17.000.000
Giornate di scuola perdute
7.000.000 costo per la
società: 17 miliardi di FF

Le raccomandazioni dell’OMS invitano ad elaborare un piano d’azione che si basi su di un tasso di attacco del 25%, ma poiché le conseguenze della comparsa di un nuovo ceppo influenzale sono del tutto imprevedibili, sembra ragionevole individuare alcune situazioni alternative plausibili:

Scenario 1. Un ceppo pandemico è stato individuato ma non è stata segnalata nessuna diffusione pandemica (stato di allerta pandemico), si hanno unicamente casi isolati, limitati ad uno stesso distretto geografico.

Scenario 2. Ci sono segni di diffusione pandemica il cui impatto sarà confrontabile con una epidemia grave ma non con una pandemia; si verificherà un aumento dell’assenteismo scolastico e lavorativo e del numero di visite mediche per infezioni respiratorie acute di almeno il 10%.

Scenario 3. A partire dallo scenario precedente, l’incremento percentuale delle consultazioni del medico di famiglia oscilla tra il 30 e il 50%; si registra un aumento di almeno il 50% della domanda di ricovero ospedaliero totale.

Scenario 4. Tutti gli indicatori superano largamente le cifre che delineano lo scenario precedente e implicano la necessità di utilizzare delle misure eccezionali.

B.1. Incidenza nella stagione influenzale 2000-2001.

In Italia l’influenza è una malattia a notifica obbligatoria in classe I solo se il caso viene confermato con l’isolamento virale. Tuttavia la notifica viene effettuata raramente in quanto l’influenza è diagnosticata per lo più su base clinica e raramente confermata con indagini di laboratorio.

Pertanto le notifiche rappresentano solo una piccolissima parte dei casi di influenza che si verificano annualmente e non forniscono stime realistiche sull’incidenza della malattia e sulle caratteristiche delle persone che si ammalano.

Per stimare l’incidenza, a partire dalla stagione 1999-2000, è stata istituita una rete di sorveglianza sentinella epidemiologica e virologica dell’influenza, estesa a tutto il territorio nazionale e basata sui medici di medicina generale e su pediatri di libera scelta (medici sentinella) che, settimanalmente, raccolgono dati sul numero di casi di influenza e forme simil-influenzali osservati nella popolazione generale e li inviano alle Istituzioni di competenza.

I dati forniti dal sistema di sorveglianza nel periodo 42a/2000-17a/2001 hanno consentito di stimare che si sono verificati circa 2.650.000 casi di influenza, pari ad un’incidenza di 46 casi/1000 abitanti; nella precedente stagione 1999-2000 la stima è stata di 5.200.000, per un’incidenza di 90 casi/1000 abitanti.

La classe d’età maggiormente colpita è stata, come atteso, quella 0-14 anni.

L’incidenza totale è stata molto bassa nel periodo compreso fra la 42a settimana del 2000 e la 3a settimana del 2001, con valori inferiori a 2 casi per 1000 assistiti.

Dalla 4a settimana l’incidenza è aumentata fino a raggiungere il picco epidemico nella 6a settimana del 2001, con un’incidenza di 5,5 casi per 1000 assistiti.

Dalla 7a settimana del 2001 si è osservato un decremento dell’incidenza. Complessivamente si è registrata un’incidenza media dimezzata rispetto all’anno precedente.

Anche l’incidenza per classi d’età ha mostrato valori inferiori rispetto alla stagione 1999/2000, con l’eccezione rappresentata dalla classe d’età 0-14 anni, in cui nelle due settimane di picco (6a e 7a del 2001), è stata registrata un’incidenza media rispettivamente di 21,6 e 20,7 casi per 1000 contro un’incidenza di 18,47 casi per 1000 durante la settimana di picco epidemico del 1999/2000. Nella classe d’età bersaglio degli interventi vaccinali sono state registrate incidenze costantemente più basse: nelle settimane di picco si sono registrati 1,4 ed 1,2 casi per 1000 mentre nelle settimane di picco della stagione precedente si sono registrate incidenze di 10,9 e 8,6 casi per 1000.

B.2 Mortalità (dati italiani).

La mortalità per influenza, pur rappresentando solo una parte del fenomeno, è sicuramente l’indicatore più robusto della severità della malattia ed è correlata, in generale, alla mortalità per cause respiratorie nei soggetti anziani. L’aumento di mortalità per influenza è associato ad un aumento di mortalità per bronchite, per polmonite e per cause cardiovascolari.

Dal 1969 al 1991, picchi di mortalità attribuibili all’influenza sono osservabili soprattutto negli anni 1969, 1970, 1972, 1973, 1975 e 1977. Nel periodo successivo, dal 1978 al 1991 si sono invece verificate epidemie influenzali più moderate con dei picchi di mortalità negli anni 1980, 1981, 1983.

Nel periodo 1969-91, l’epidemia di maggior entità è stata quella verificatesi nell’inverno del 1969-70, dopo l’introduzione del virus A H3N2 Hong Kong che ha provocato oltre 6.000 morti nel 1969 e oltre 5.000 morti nel 1970. Anche negli anni 1972, 1973, 1975, 1977, la mortalità per influenza è stata piuttosto elevata, superando i 1.500 morti l’anno. Negli anni 1971, 1976, 1980, 1981, 1983 e 1990 la mortalità si è invece mantenuta su livelli più bassi, compresi tra i 1.000 e i 1.500 l’anno. Negli anni rimanenti, non si sono verificate vere e proprie epidemie e la mortalità ha oscillato mediamente tra i 500 e i 600 morti l’anno. Nello stesso periodo i tassi grezzi di mortalità per influenza hanno oscillato tra 0,4 e 8/10.000, per la bronchite tra 21,4 e 31,9 /10.000, per la polmonite tra 7,5 e il 25,8/10.000, per le malattie cardiovascolari tra il 91,5 e 133,7/10.000. (Vedi figura)

  1. C) Messa in atto delle misure di prevenzione e controllo per mitigare gli effetti e ridurre morbosità, morbilità e mortalità da influenza.

È verosimile che, in una situazione pandemica, la prevenzione dell’influenza per mezzo della vaccinazione e/o dell’uso di agenti antivirali possa essere possibile solo in misura limitata. E perciò importante considerare anche i possibili mezzi con cui ridurre la trasmissione dell’infezione.

La riduzione di morbilità e mortalità da influenza si ottiene con la prevenzione, per quanto possibile, e con una ottimizzazione del trattamento dei casi.

C.1. Vaccinazione influenzale.

C.1.1 Vaccini antinfluenzali da utilizzare nelle stagioni epidemiche correnti.

I vaccini influenzali attualmente in uso sono vaccini trivalenti che contengono antigeni virali derivati da ceppi di virus circolanti sul campo o da loro riassortanti genetici correlati alle più recenti varianti del tipo B e dei sottotipi A/H3N2 e A/H1N1.

Ai fini della produzione dei vaccini, i virus vengono fatti replicare in uova embrionate di pollo, da cui viene raccolto il fluido allantoideo. Le particelle virali sono successivamente purificate, inattivate con mezzi chimici e ulteriormente trattate e purificate in modo da fornire, come prodotto finale, un vaccino che contiene degli antigeni di superficie neuroaminidasi ed emoagglutinina. In situazioni ordinarie, il tempo medio per la produzione dei vaccini antinfluenzali va da 3 a 6 mesi e dipende dalla disponibilità di uova embrionate.

Sono inoltre disponibili vaccini antinfluenzali adiuvati, e sono in corso ricerche per aumentare la resa in produzione mediante l’impiego di particolari linee cellulari per colture virati, che consentano di superare, almeno in parte, i fattori limitanti nella produzione di vaccini:

C.1.2 Vaccino influenzale da utilizzare in situazione pandemica.

Nel caso della comparsa di un ceppo di influenza con potenziale pandemico, mentre le modalità di preparazione del vaccino sono essenzialmente le stesse (allestimento su uova embrionate di pollo), il vaccino da produrre è monovalente, contenente cioè gli antigeni emoagglutinina e neuroaminidasi di un solo ceppo virale, (a meno che la comparsa del ceppo con potenziale pandemico coincida con un ciclo epidemico influenzale stagionale e possa quindi essere incorporato nel vaccino trivalente).

C.1.3. Possibili modi per incrementare la disponibilità di vaccini influenzali.

Il numero delle dosi di vaccino influenzale, in caso di pandemia, potrebbe essere triplicato se la produzione potesse essere limitata al solo ceppo pandemico (vaccino monovalente) piuttosto che ai tre ceppi abitualmente richiesti per le campagne annuali di vaccinazione. Il periodo di produzione, inoltre, potrebbe essere prolungato nel tempo.

C.1.4 Dosi di vaccino per soggetto.

Nei periodi interpandemici, la protezione negli adulti contro l’infezione da parte di varianti prodotte per «drift», è ottenuta con una dose contenente 15 μg di emoagglutinina per ciascun ceppo vaccinale, e la copertura immunitaria è raggiunta entro pochi giorni dalla vaccinazione. I bambini non colpiti dall’influenza in precedenza hanno bisogno di due dosi, a distanza di un mese l’una dall’altra.

L’esperienza passata ha mostrato che in una popolazione che non ha mai incontrato un determinato virus influenzale e le sue varianti, sono necessarie due dosi, somministrate a distanza di almeno due settimane, per conferire un buon livello di protezione. Una copertura efficace può aversi pochi giorni dopo la seconda dose, ma potrebbe richiedere anche 4-6 settimane dopo il completamento della vaccinazione. La protezione conferita dalla vaccinazione dovrebbe durare per circa 9 mesi.

In caso di carenza di vaccino e di necessità di ottimizzare le risorse disponibili la priorità va data alla somministrazione di una sola dose di vaccino, ritenendo che essa possa conferire una parziale immunità e ridurre l’incidenza delle complicanze.

C.1.5. Raccommandazioni per la vaccinazione influenzale.

Nei periodi interpandemici, la vaccinazione è fortemente raccommandata per la parte più anziana della popolazione (persone di età superiore o uguale a 65 anni, secondo le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000) e per gli individui di ogni età che, a causa di condizioni patologiche pregresse, potrebbero andare incontro a serie conseguenze per la loro salute qualora contraggano l’influenza.

Durante una pandemia, le priorità di immunizzazione dovranno essere decise in base a diverse considerazioni, compresa la necessità di preservare la funzionalità dei servizi essenziali e il fatto che in questo caso i più alti tassi di morbosità e mortalità potrebbero aversi in gruppi di età diversi da quelli dei periodi interpandemici. La necessità di mantenere in funzione i servizi sanitari e quelli essenziali in genere significa che questi gruppi avranno la precedenza per il vaccino rispetto ai gruppi a rischio a cui è raccommandata la vaccinazione durante i periodi interpandemici.

L’opinione pubblica dovrà essere educata riguardo alle ragioni per cui il vaccino non potrà essere immediatamente disponibile per tutti.

Bisognerà comunque informare l’opinione pubblica e il personale sanitario circa la non totale possibilità di prevenire la malattia della vaccinazione (80% per i ceppi intrapandemici e 36-52% in caso di nuovo ceppo virale), e della disponibilità ridotta degli antivirali, della crescente farmacoresistenza, degli effetti secondari dei farmaci antivirali così come del loro alto costo.

C.1.6. Controindicazioni alla vaccinazione influenzale.

La vaccinazione influenzale è controindicata nei casi di ipersensibilità verso i componenti del vaccino specificamente indicati per ogni prodotto presente in commercio.

L’immunizzazione deve essere rimandata nei pazienti con affezioni febbrili o infezione acuta.

C.2. Acquisto dei vaccini.

Livello Regionale

(coordinamento assicurato dallo Stato ai sensi dell’art. 114, punto 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112).

C.3. Acquisto farmaci antivirali.

Livello Statale – Regionale

(coordinamento secondo decreto legislativo n. 112 del 1998).

Nella stesura dei Piani Pandemici Regionali, vanno considerati: censimento strutture, capacità, flessibilità ai fini di una programmazione e gestione del ricorso al ricovero ospedaliero.

C.4. Categorie da vaccinare prioritariamente.

Durante una pandemia la disponibilità del vaccino, specialmente nelle prime fasi, è limitata.

Ciò obbliga a determinare una graduatoria di priorità sulla base della quale procedere alla vaccinazione della popolazione colpita.

L’ordine delle categorie da vaccinare prioritariamente è riportato di seguito.

Nel periodo iniziale di indisponibilità del vaccino e, comunque, per i soggetti che non potranno essere vaccinati, sarà possibile fare ricorso ai farmaci antivirali ed adottare misure di prevenzione non specifica.

IDENTIFICAZIONE DELLE CATEGORIE

Testo del comunicato – Parte III

  1. Persone addette a servizi essenziali.

Personale sanitario di assistenza ai pazienti

Personale sanitario addetto ai servizi di diagnosi e cura, dipendenti dal SSN e da case di cura private

Medici di medicina generale e pediatri

Personale della sicurezza addetto ai servizi di vigilanza.

Polizia

Carabinieri

Finanza

Polizia penitenziaria

Polizia municipale

Totale

  1. Personale addetto a servizi di pubblica utilità.

Personale di assistenza case di riposo

Trasporti

Ferrovie

Altri trasporti pubblici ( autobus – metropolitane)

Personale addetto ai servizi cimiteriali

Risorse ed energia

Enel produzione

Volontari servizi sanitari ed emergenza

Produzione e/o distribuzione prodotti prima necessità

Industrie a rischio di incidente rilevante

Totale

  1. Gruppi di popolazione da tutelare.

Persone età > 65 anni

Infezioni croniche età inferiore 65 anni

Diabetici età inferiore 65 anni

HIV positivi

Donne in gravidanza

Persone da 0 a 14 anni

Totale

  1. Soggetti in età pediatrica (6 mesi-14 anni): questi soggetti sono considerati a rischio non solo perché sono particolarmente vulnerabili, ma costituiscono anche dei propagatori importanti della malattia considerando la loro più lunga contagiosità e l’impossibilità di controllare tosse/starnuti.
  2. Persone a rischio (gruppo 3): a seconda della disponibilità dei vaccini, questa tappa sarà simultanea o successiva alla vaccinazione delle persone prioritarie.
  3. Altre persone: se il quantitativo di vaccino disponibile è sufficiente, la vaccinazione delle persone in buona salute, permetterà di evitare le reazioni di panico e limitare il tasso di attacco in queste persone. Questo dovrebbe essere iniziato a partire dallo scenario 3. In caso di produzione insufficiente verrà effettuata la sola vaccinazione selettiva.

Anche se la vaccinazione potrà non costituire la prima misura da attuare, la vaccinazione resta comunque la misura più importante per efficacia protettiva e capacità di limitare la circolazione dell’infezione.

In caso di epidemia moderata (scenario 2), la vaccinazione potrebbe essere limitata alle sole persone a elevato rischio di malattia e addetta ai servizi essenziali, come già avviene annualmente nelle situazioni intraepidemiche.

In caso di epidemia grave (scenario 3) o di situazione catastrofica (scenario 4) la vaccinazione dovrebbe essere resa disponibile a tutte le persone, per cui devono essere individuate le modalità organizzative che consentano la vaccinazione di un elevatissimo numero di persone in un breve periodo di tempo dalla disponibilità del vaccino.

Se la disponibilità di vaccino impedisse di poter proteggere tutta la popolazione, e ci si debba orientare verso la vaccinazione selettiva, fermo restando la necessità di privilegiare la vaccinazione del personale addetto allo svolgimento dei servizi essenziali, l’ordine di vaccinazione che porterà al migliore utilizzo del vaccino disponibile sarà definito anche alla luce delle informazioni disponibili sulle caratteristiche della epidemia.

In caso di risorgenza (riemergenza di un ceppo che circolato in passato, la scelta delle persone da vaccinare potrà basarsi sulla età delle persone in funzione dell’anno di scomparsa del virus.

La distribuzione del vaccino e la gestione della vaccinazioni sarà di esclusiva competenza delle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale o delle altre amministrazioni direttamente interessate, a garanzia del rispetto delle priorità e dell’equità.

C.5. Farmaci antivirali.

Per la profilassi ed il trattamento delle infezioni da virus influenzali è possibile l’impiego di farmaci ad azione antivirali, appartenenti a due diverse classi, raramente usati a questo scopo a causa dei severi effetti collaterali e non tutti commercializzati in Italia. È probabile che anche tali farmaci siano insufficienti (rimantadina e oseltamivir a tutt’oggi non sono registrati in Italia, ma sono citati per completezza di informazione). I medici saranno informati della politica nazionale riguardo al loro uso in alternativa o come complemento alla vaccinazione.

Amantadina e rimantadina appartengono agli Inibitori della M2, attivi esclusivamente nei confronti dei virus influenzali appartenenti al tipo A, ma soltanto la prima è commercializzata in Italia, con specifiche autorizzazioni per l’impiego per la profilassi e la terapia dell’influenza.

Zanamivir ed oseltamivir appartengono agli inibitori della neuraininidasi; tali farmaci, di cui solo lo zanamivir è commercializzato in Italia, sono efficaci nei confronti sia dei virus di tipo A che di quelli del tipo B, ma sono stati autorizzati all’immissione in commercio esclusivamente per la terapia dell’influenza negli adulti e nei ragazzi di età superiore a 12 anni, che presentino sintomi tipici della malattia. Non sono stati invece autorizzati per il trattamento profilattico, anche se ne è stato segnalato un certo grado di efficacia a scopo preventivo.

I farmaci antivirali in questione riducono di circa un terzo la durata dell’influenza non complicata ma, ai fini della riuscita del trattamento, questo deve essere iniziato al più presto possibile, e comunque entro due giorni dall’insorgenza dei sintomi.

Non è stata dimostrata l’efficacia dei farmaci antivirali a base di zanamivir, così come degli altri antivirali (amantadina compresa) nella riduzione delle complicanze maggiori dell’influenza, quali le polmoniti batteriche o virali o l’esacerbazione delle patologie croniche di base, nei soggetti a rischio.

È stata notata l’emergenza di ceppi influenzali mutanti resistenti in pazienti trattati con farmaci appartenenti ad entrambe le classi di antivirali; anche se questo non costituisce, attualmente, un problema di sanità pubblica, potrebbe diventarlo in seguito ad un uso non appropriato e su larga scala dei farmaci antivirali.

Tali farmaci non devono essere considerati un’alternativa alla vaccinazione, ma possono comunque risultare utili nei casi di controindicazione alla vaccinazione influenzale e nelle persone che non si sono vaccinate per tempo, contribuendo essenzialmente a ridurre la durata della malattia e in una certa misura anche a ridurre la diffusione di virus influenzali da malati a sani.

La amantadina non interferisce con la risposta anticorpale, essa può essere consigliata anche a persone ad alto rischio di complicazioni che non abbiano ancora ricevuto il vaccino al momento dell’inizio dell’epidemia influenzale; la chemioprofilassi fornisce in questi casi una protezione passiva nel tempo necessario per la produzione di anticorpi.

La somministrazione deve iniziare prima o immediatamente dopo l’esposizione a contagio e protrarsi per non meno di 6-7 giorni, ma non oltre.

C.5.1. Indicazioni e precauzioni per l’uso della amantadina.

L’impiego dell’amantadina è controindicato in caso di ipersensibilità nota al prodotto, in caso di gravidanza accertata o presunta, in caso di età inferiore ad un anno.

Nei pazienti con insufficienza renale è opportuno procedere ad una riduzione del dosaggio dell’amantadina in caso di clearance della creatinina inferiore a 50 mL/min, con sospensione immediata del trattamento in caso di manifestazioni di fenomeni di accumulo o altri eventi avversi.

A causa del declino della funzione renale con il progredire dell’età, il quantitativo giornaliero di amantadina nelle persone di età superiore a 65 anni non deve superare i 100 mg.

La somministrazione di amantadina deve essere accompagnata da un attento monitoraggio per l’individuazione di eventuali eventi avversi in persone con precedenti di episodi convulsivi, con insufficienza epatica, insufficienza cardiaca, ipotensione. La somministrazione contemporanea di antistaminici ed anticolinergici può aumentare l’incidenza di reazioni avverse a carico del sistema nervoso centrale.

C.5.2. Confronto tra diversi farmaci antivirali per il trattamento dell’influenza.

Amantadina Rimantadina* Zanamivir Oseltamivir*
Tipo Virus A A e B A e B A e B
Influenza inibiti
via di orale orale inalatoria orale
somministrazione (compresse) (compresse, sciroppo) (aspirazione) (capsule)
età minima per
cui è autorizzato
il trattamento ≥ 1 anno ≥ 14 anni ≥ 12 anni ≥ 18 anni
età minima per
cui è autorizzata
la profilassi ≥ 1 anno ≥ 1 anno non approvato non approvato
per profilassi per profilassi
* farmaci non commercializzati in Italia

C.6. Vaccino pneumococcico.

La polmonite da pneumococco è una complicanza frequente dell’infezione da virus influenzale ed è stata responsabile, almeno in alcune epidemie, di circa la metà dei decessi correlati all’influenza.

L’emergenza e l’aumento di fenomeni di chemioantibioticoresistenza di ceppi di pneumococco, rende opportuna l’implementazione della vaccinazione pneumococcica, non solo nelle fasi pandemiche ma anche in quelle interpandemiche.

Il vaccino pneumococcico dovrebbe essere reso disponibile per i soggetti a maggior rischio di complicanze, insieme al vaccino influenzale.

  1. D) Trattamento dei casi.

La terapia di base dell’influenza è essenzialmente sintomatica. È consigliabile il riposo nella fase acuta della malattia, e per 24-48 ore dopo la scomparsa della febbre.

Antipiretici, analgesici e decongestionanti nasali per favorire la respirazione possono essere utili nelle forme di influenza non complicate ma con sintomatologia più importante.

Le infezioni batteriche che possono complicare il quadro primario devono essere trattate con idonea terapia antibiotica, tenendo nella debita considerazione i fattori di resistenza antimicrobica.

A tale scopo sono utili protocolli, per il trattamento e l’assistenza di pazienti con complicanze quali polmoniti, per ridurre la morbosità e la mortalità.

Gli antivirali amantadina e rimantadina, oltre a potere essere impiegati per la prevenzione dell’influenza da virus di tipo A in persone che non possono essere sottoposte a vaccinazione, sono attivi, se somministrati molto precocemente (entro 24-48 ore dall’inizio dei sintomi), su febbre e sintomi respiratori riducendone l’intensità e la durata.

A causa dei frequenti effetti collaterali, la somministrazione di tali farmaci richiede cautela ed attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio. Anche in questo caso bisogna tener presente la possibilità di insorgenza di forme resistenti.

Altri farmaci antivirali utili per il trattamento delle infezioni da virus influenzali di tipo A e di tipo B sono gli inibitori della neuraminidasi: se somministrati entro un massimo di 48 ore dall’insorgenza dei sintomi, riducono di circa un terzo (un giorno e mezzo) la durata delle forme non complicate di influenza. In Italia, il loro uso è autorizzato, al momento attuale, soltanto negli adulti e negli adolescenti al di sopra dei 12 anni di età.

  1. E

È prioritario nella redazione del Piano il ritorno delle informazioni e la gestione delle informazioni, che deve essere stabilita nelle modalità dei Piani regionali.

Si dovrà provvedere, per gli operatori sanitari sul territorio, alla diramazione continua di bollettini sull’evoluzione della pandemia e sulle misure intraprese, nonché sulle informazioni da fornire alla popolazione.

  1. FMedici di famiglia.

I medici di famiglia (medici di medicina generale o pediatri di famiglia) – MDF – costituiscono uno degli elementi fondamentali della rete assistenziale che dovrà costituirsi per garantire una efficace assistenza alla popolazione. È impensabile, d’altra parte, che le strutture pubbliche o private possano garantire da sole una efficace assistenza.

Ad essi compete, con la rete dei medici sentinella che si sta costituendo in tutte le regioni, l’identificazione precoce dei primi focolai di infezione, alfine di consentire l’attuazione tempestiva delle misure di intervento previste nelle prime fasi della pandemia. Sarà loro cura, inoltre, di identificare preventivamente i soggetti a rischio di maggiori complicanze sui quali si dovrà intervenire, con la vaccinazione influenzale ed eventualmente pneumococcica o con specifici chemioterapici antinfluenzali, anche se vaccinati, in presenza di virus ad alta virulenza.

Agli stessi medici di famiglia, infine, spetterà il compito di contribuire a ridurre l’allarme nella popolazione consigliando i pazienti ed adottando tutti gli interventi sanitari che permettano di ridurre al minimo i ricoveri ospedalieri, che dovranno essere riservati soltanto ai casi più gravi.

  1. GPiano nazionale di azione.

Il piano d’azione è elaborato in funzione di due criteri principali:

  1. a) la progressione della pandemia nel tempo e nello spazio;
  1. b) la virulenza e capacità di diffusione del virus.

La scelta di uno scenario non è mai definitiva e dipende dalla evoluzione degli indicatori utilizzati.

Questi ultimi devono essere tali da fornire, in tempi sufficientemente rapidi, dati che permettano di adottare le misure necessarie in tempo utile.

G.1. Definizione delle fasi identificabili nella emergenza di una pandemia (vedi Allegato 1: Schede fasi piano pandemico).

Fase 0 Periodo interpandemico
Fase 1 Comparsa di un virus influenzale con una nuova emoagglutinina e/o neuraminidasi (nuovo virus) fuori dall’Italia (Allerta pandemico)
Fase 2 Focolai di influenza causati dal nuovo virus fuori dall’Italia
Fase 3 Nuovo virus influenzale isolato in Italia: pandemia imminente
Fase 4 Influenza pandemica in Italia
Fase 5 Fine della pandemia

L’intervallo tra le fasi 1 e 4 è impossibile da prevedere. La minaccia di una pandemia può non andare oltre la fase 1, come è accaduto con l’influenza suina negli Stati Uniti nel 1976 e con l’influenza H5N1 ad Hong Kong nel 1997. L’intervallo di tempo critico è quello tra le fasi 2 e 3, dal quale dipenderà, per l’Italia, la disponibilità o meno di un vaccino in tempo utile. Nell’eventualità che il nuovo virus compaia per la prima volta in Italia, il piano d’azione partirà direttamente dalla fase 3.

Le fasi 1 e 2 corrispondono alla fase 0, livelli di preparazione 1-2-3 del Piano pandemico dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

Le fasi 3-4-5 corrispondono alle fasi 1-2-3-4-5 del Piano O.M.S. (vedi Allegato 3).

G.2. Principali istituzioni e strutture coinvolte.

Ministero della Sanità.

Direzione generale della prevenzione.

Direzione generale per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza.

Direzione generale degli alimenti e nutrizione e della sanità pubblica veterinaria.

Istituto superiore di Sanità.

Laboratorio di epidemiologia e biostatistica.

Laboratorio di virologia.

Laboratorio di medicina veterinaria.

Laboratorio di batteriologia e micologia medica.

Regioni.

Assessorati alla Sanità.

Autorità sanitarie locali (AA.SS.LL.).

Direzione generale di prevenzione.

Ospedali.

Medici di medicina generale – Pediatri di famiglia.

Università.

Testo del comunicato – Parte IV

Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
Fase 0 MINISTERO DELLA SALUTE
DGP
– Sorveglianza epidemiologica dell’influenza e delle forme simili-influenzali
Periodo inter- pandemico – Emanazione della Circolare annuale contenente indicazioni sui ceppi che verranno utilizzati nella costituzione dei vaccini impiegati nella stagione seguente e le raccomandazioni per l’esecuzione della vaccinazione e categorie particolari ed a soggetti di età superiore o uguale ai 65 anni.
– Registrazione reazioni avverse a vaccino
– Contatti con Paesi dell’UE con l’OMS
Circolazione epidermica o sub-epidemica di virus – Discussione con i produttori e con l’ISS e verifica della immunogenicità dei vaccini sulla base degli studi previsti
influenzali nella popolazione – Organizzazione di attività di formazione rivolta ai referenti regionali, cui sono affidate le attività di controllo dell’influenza, per facilitare la stesura dei Piani d’emergenza regionali, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
DGANSPV
Sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella comunità animale
Realizzazione di una rete informatica fra servizi veterinari e osservatori epidemiologici periferici
Riunione annuale Programmi di formazione e addestramento degli operatori sanitari
del Comitato Elaborazione di norme ed internazionali per import-export animali e prodotti, controlli, etc.
Collegamenti con associazioni di categoria (ANAS, UNA, UNIRE), con le organizzazioni e le autorità locali, nazionali, internazionali, con i dipartimenti dei servizi sociali, etc.
Supervisione dell’operatività delle strutture centrali e periferiche e degli interventi coordinati con le strutture di Salute pubblica nazionale ed internazionale (OIE/OMS/UE)
DGVMF
– Individuazione di un gruppo di lavoro operativo ad hoc da attivare (in Fase 1) in caso di pandemia
– Collaborazione con le Autorità sanitarie internazionali, dell’UE e degli Stati membri
– Discussione delle problematiche attinenti alla produzione e all’immissione in commercio del vaccino influenzale, nella formulazione annuale, con l’ISS e con le aziende farmaceutiche
– Valutazione della immunogenicità e tollerabilità (efficacia e sicurezza) della formulazione annuale del vaccino influenzale per ciascun singolo prodotto medicinale e relativa autorizzazione all’immissione in commercio con procedura nazionale od europea (autorizzazione della variazione di composizione)
– Valutazione della immunogenicità e tollerabilità (efficacia e sicurezza) del vaccino influenzale per eventuali nuovi prodotti medicinali e relativa autorizzazione all’immissione in commercio con procedura nazionale od europea (autorizzazione di nuovi prodotti)
Valutazione dell’efficacia e sicurezza di eventuali nuovi farmaci antivirali e relativa autorizzazione all’immissione in commercio
– Valutazione dell’efficacia e sicurezza di eventuali nuovi farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza e relativa autorizzazione all’immissione in commercio
Monitoraggio della capacità produttiva e distributiva di vaccino influenzale, farmaci antivirali, farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza
– Individuazione, in àmbito nazionale ed europeo, dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino influenzale e di semplificazione delle procedure di controllo di Stato attivabili in caso di pandemia
– Individuazione, in collaborazione con le aziende distributrici, dei possibili meccanismi di accelerazione della distribuzione del vaccino influenzale, di farmaci antivirali e di farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza attivabili in cado di pandemia
Fase 0 – Individuazione, in collaborazione con le Regioni, dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di acquisto del vaccino influenzabile attivabili in caso di pandemia
Periodo Circolazione epidemica – Attività ispettiva sulle officine di produzione (controllo della qualità)
inter- o sub-epidermica di virus – Attività di sorveglianza sul commercio (controllo della qualità)
pandemico influenzali nella – Attività di farmacovigilanza (controllo della sicurezza)
popolazione umana
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
LEB
– Sorveglianza degli indicatori della circolazione dei virus influenzali. Indagini ad hoc per la stima delle coperture vaccinali
LV
– Caratterizzazione dei ceppi di virus influenzali isolati nell’uomo in Italia in collaborazione con i LabPer
– Addestramento tecnico del personale operante nei LabPer
– Accreditamento qualitativo dei Laboratori Periferici
– Standardizzazione tecniche di diagnosi rapida alternative all’isolamento
– Collaborazione con il centro mondiale dell’OMS per la definizione della composizione annuale del vaccino
– Studio dei virus circolanti negli ospiti animali con particolare riferimento alle specie coinvolte nell’emergenza di pandemie nell’uomo
– Controllo di stato dei vaccini antinfluenzali e collaborazione con EMEA, con i laboratori di controllo europei e con le ditte produttrici di vaccini
LMV
– Monitoraggio sierologico e virologico dei ceppi isolati nelle diverse specie animali nonché dell’andamento dei focolai di influenza e infezioni similari di origine virale nelle diverse specie recettive, in particolare aviarie e nei suini
– Sorveglianza epidemiologica anche promuovendo studi epidemiologici (clinici e molecolari) tesi a favorire l’acquisizione di informazioni utili all’accertamento delle caratteristiche dei virus isolati e della loro diffusione nel corso delle stagioni inter-epidemiche/epidemiche
– Controllo e messa a punto di specifici prodotti immunizzanti
– Partecipazione alla stesura dei piani di emergenza in àmbito veterinario
LBMM
– Valutazione della sensibilità agli antibiotici degli isolati batterici provenienti da complicanze polmonari da influenza
I Laboratori dell’ISS collaborano con il Ministero della Salute alle iniziative di formazione necessarie per la migliore conduzione del Piano
REGIONE e Aziende Sanitarie Locali
Assessorato alla Sanità
– Recepimento circolare ministeriale sulla campagna vaccinale antinfluenzale
– Gestione dell’offerta della vaccinazione antinfluenzale alle categorie previste dalla circolare
– Organizzazione e gestione di sistemi locali, incluse le reti di medici sentinella, per la sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza in campo umano e veterinario
– Individuazione dei LabPer di riferimento
– Stesura del Piano d’emergenza regionale con particolare riferimento alla parte operativa locale
Fase 0 – Rilevazione copertura vaccinale
– Rilevazione ricoveri/decessi stagione influenzale
AUSL
Periodo – Notifica dei casi di influenza (secondo criteri classe I o V – D.M. 15 dicembre 1990)
inter- – Esecuzione delle vaccinazioni
pandemico – Attuazione misure di profilassi
– Raccolta e trasmissione dati sui casi di reazioni avverse a vaccino
LabPer
– Monitoraggio della malattia influenzale sul territorio
– Isolamento dei ceppi di virus influenzale da inviare al LV

Testo del comunicato – Parte V

Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
MINISTERO DELLA SALUTE
DGP
– Sorveglianza epidemiologica
– Riunione Comitato per informazioni e consigli sulle modalità di risposta all’emergenza
Fase 1 Comparsa di un nuovo ceppo virale influenzale nell’uomo fuori dall’Italia – Contatti con i produttori di vaccini, farmaci antibiotici, antivirali ed altri farmaci essenziali (attività integrata con DGVMF) per definire le modalità di acquisto e distribuzione
– Preparazione con le Regioni delle modalità di coordinamento per l’acquisto e la distribuzione dei vaccini ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998
– Produzione di materiale informativo destinato alle Regioni per gli operatori sanitari
Riunioni – Preparazione e gestione della campagna informativa
del Comitato
DGANSPV (Come in fase 0)
DGVMF
– Attivazione del gruppo di lavoro operativo ad hoc
– Collaborazione con le Autorità sanitarie internazionali, dell’UE e degli Stati membri
Quando un nuovo virus influenzale con un potenziale pandemico è – Predisposizione in àmbito nazionale ed europeo, dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino influenzale attivabili in caso di pandemia
isolato in un altro Paese, l’OMS informa il Centro Nazionale per l’Influenza presso il LV dell’ISS ed il MINSAL affinché – Predisposizione, in collaborazione con l’ISS e le aziende produttrici, dei possibili meccanismi di accelerazione/incremento della produzione del vaccino influenzale, di farmaci antivirali e di farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza attivabili in caso di pandemia e relativo monitoraggio della capacità produttiva
vengano prese le misure di emergenza utili a facilitare l’attivazione del Piano pandemico nazionale – Predisposizione, in collaborazione con le aziende distributrici, dei possibili meccanismi di accelerazione della distribuzione del vaccino influenzale, di farmaci antivirali e di farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza attivabili in caso di pandemia e relativo monitoraggio della capacità distributiva
– Predisposizione, in collaborazione con le Regioni, dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di acquisto del vaccino influenzale attivabili in caso di pandemia
– Elaborazione di materiale informativo destinato alle Regioni per gli operatori sanitari attinenti agli aspetti farmacoterapeutici maggiormente rilevanti in caso di pandemia
– Elaborazione di comunicati stampa attinenti agli aspetti farmacoterapeutici maggiormente rilevanti in caso di pandemia
ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITÀ
LEB
– Raccolta, interpretazione e distribuzione dei dati di sorveglianza umana da varie fonti, inclusa l’OMS
LV
– Intensificazione delle attività di sorveglianza virologica per l’isolamento e la caratterizzazione del nuovo sottotipo virale sul territorio nazionale
– Relazione a livello nazionale (altri laboratori ISS, Ministero della Salute, Regioni, etc.) sulle informazioni in suo possesso relative alla comparsa del nuovo ceppo influenzale
– Valutazione con il Ministero della Salute delle eventuali strategie vaccinali (disponibilità di un idoneo ceppo vaccinale, potenzialità di preparazione di lotti di vaccino a livello nazionale ed internazionale, definizione delle priorità di vaccinazione, procedure abbreviate per il controllo di Stato)
– Individuazione delle eventuali strutture laboratoristiche di contenimento per la manipolazione dei nuovi virus
– Coordinamento con l’OMS, l’EMEA, le altre Autorità di controllo Nazionali ed i produttori di vaccini
LMV
Comparsa di un nuovo ceppo virale influenzale nell’uomo fuori dall’Italia – Monitoraggio sierologico e virologico dell’influenza e di patologie infettive simil-influenzali nelle diverse specie animali recettive con particolare riferimento alle specie eventualmente coinvolte nel caso.
REGIONI e UNIVERSITÀ
Assessorato alla Sanità
– Attuazione del Piano d’emergenza
– Diramazione di un protocollo operativo per le AUSL e le AOSP
– Individuazione delle strutture, sanitarie e non, per la distribuzione gratuita dei vaccini
– Contatto con le associazioni mediche ed infermieristiche di categoria per reclutamento di personale da impiegare nell’esecuzione delle vaccinazioni
– Individuazione delle figure referenti per flusso informazioni da periferia a centro
LabPer
– Intensificano l’attività di sorveglianza sulla circolazione dei ceppi influenzali
– Seguono l’andamento della malattia influenzale, isolano i ceppi, eseguono indagini sieroepidemiologiche, riportano dati d’incidenza al LEB e inviano i virus al LV.
Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
MINISTERO DELLA SALUTE
Fase 2 DGP
– Sorveglianza epidemiologica
– Recepimento delle raccomandazioni dell’OMS con emanazione di una circolare per le indicazioni sulla composizione e l’uso dei vaccini, qualora disponibili (dosi, schedule) e per il migliore utilizzo
Focolai causati dal degli antivirali disponibili contro il nuovo virus
nuovo virus al di fuori – Informazioni ai viaggiatori che si rechino o che arrivano da zone già colpite
dell’Italia – Richiesta formale ai produttori per lo sviluppo e la produzione di vaccini contenenti il nuovo ceppo, indicando la quantità di vaccino necessaria
– Discussione modalità per l’accelerazione della produzione
– Produzione linee-guida informative
DGANSPV (Come in fase 0)
L’OMS dichiara DGVMF
ufficialmente l’inizio di – Collaborazione con le Autorità sanitarie internazionali, dell’UE e degli Stati membri
una nuova pandemia influenzale – Collaborazione con l’ISS per la messa a punto dei trials pre-clinici e clinici dei vaccini contro il nuovo ceppo
– Attivazione in àmbito nazionale ed europeo, dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino antinfluenzale
– Valutazione della immunogenicità e tollerabilità (efficacia e sicurezza) del vaccino contro il nuovo virus e relativa autorizzazione all’immissione in commercio con procedura nazionale od europea (autorizzazione della variazione di composizione)
– Richiesta alle aziende produttrici, di attivazione dei possibili meccanismi di accelerazione/incremento della produzione del vaccino influenzale, di farmaci antivirali e di farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza e relativo monitoraggio della capacità produttiva
– Richiesta alle aziende distributrici, di attivazione dei possibili meccanismi di accelerazione della distribuzione del vaccino influenzale, di farmaci antivirali e di farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza e relativo monitoraggio della capacità distributiva
– Richiesta, alle Regioni, di attivazione dei possibili meccanismi di accelerazione delle procedure di acquisto del vaccino influenzale
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
LEB/LV secondo competenza
– come in Fase 1
– Identificazione di eventuali candidati per la produzione di un vaccino contro il nuovo ceppo influenzale
– Messa a punto di trials pre-clinici e clinici dei vaccini contro il nuovo ceppo, attraverso l’identificazione dei centri abilitati a svolgere quei trials e di un gruppo tecnico consultivo responsabile del disegno
– Coordinamento e svolgimento dei trials
– Messa a punto di piani per la produzione di vaccino contro il nuovo virus
– Controllo di Stato sui lotti di vaccino monovalente
– Intensificazione dei contatti a livello internazionale ed europeo (OMS ed EMEA) per gli aspetti virologici e di produzione dei vaccini
– Allerta dei propri centri Periferici di Collaborazione
– Identificazione sul territorio nazionale di eventuali altri Laboratori in grado di collaborare all’accertamento diagnostico dei casi di influenza, con particolare riferimento a quelli dotati di strutture di contenimento del rischio biologico (P3)
– Partecipazione ad incontri in àmbito sovranazionale per la predisposizione di strategie operative comuni da adottare in àmbito internazionale e comunitario
REGIONI e UNIVERSITÀ
Fase 2 Assessorato alla Sanità
Focolai causati dal – Stime sul ricorso all’ospedalizzazione ed organizzazione dei ricoveri
nuovo virus al di fuori
dell’Italia LabPer
– Intensificazione delle indagini di laboratorio sulle sindromi di tipo influenzale

Testo del comunicato – Parte VI

Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
Fase 3 MINISTERO DELLA SALUTE
DGP
– Sorveglianza epidemiologica
– Esame dei dati clinici disponibili sui tassi specifici d’attacco per età e sulle complicazioni dell’influenza
Primo isolamento del virus in Italia – Accordo con i produttori di farmaci sulle disponibilità per le forniture degli antibiotici e di altri farmaci essenziali
– Emanazione di circolari con informazioni sulla possibilità della pandemia e richiami alle Autorità regionali circa la necessità dell’attuazione del piano pandemico, eventualmente aggiornato
– Distribuzione di linee-guida informative per gli operatori sanitari
– Conferenze stampa e consigli per la popolazione
– Informazioni alla popolazione sui rischi dei viaggi in zone già colpite in Italia
DGANSPV (Come in fase 0)
DGVMF
– Intensificazione del monitoraggio della capacità produttiva e distributiva di vaccino influenzale, farmaci antivirali, farmaci utilizzabili nel trattamento delle complicanze dell’influenza
– Intensificazione delle attività di controllo della qualità e sicurezza del nuovo vaccino influenzale
– Diffusione del materiale informativo destinato alle Regioni per gli operatori sanitari attinente agli aspetti farmacoterapeutici maggiormente rilevanti in caso di pandemia
– Diffusione dei comunicati stampa attinenti agli aspetti farmacoterapeutici maggiormente rilevanti in caso di pandemia
– Collaborazione con l’ISS e con le aziende farmaceutiche per l’immediata autorizzazione delle modifiche di composizione del vaccino che dovessero essere necessarie a causa di eventuali cambiamenti antigenici
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
– Coordinamento proprie unità interne (LEB, LV, LMV) per fronteggiare la possibile emergenza
– Contatto stretto con il Centro per l’influenza dell’OMS e di Ginevra di Londra e con l’EMEA:
– diagnosi dei casi, informazioni sull’andamento epidemico, sulla diffusione e sulla gravità
– discussione delle iniziative a livello comune europeo
– definizione di linee-guida per la gestione della pandemia, con particolare riguardo a tipi di sorveglianza in grado di documentare meglio la diffusione e l’impatto del nuovo virus
– definizione dei gruppi a più alto rischio di contrarre l’infezione o di sperimentare un quadro clinico severo
– valutare il miglior trattamento dei casi
LV
– Intensificazione delle attività di sorveglianza virologica, con particolare riferimento all’identificazione dei ceppi virali pandemici sul territorio nazionale
– Accordo con il Ministero della Salute sulle misure da adottare per il contenimento della diffusione del nuovo ceppo pandemico
– Esecuzione del controllo di Stato dei vaccini antinfluenzali prodotti in Italia, se disponibili, secondo procedure abbreviate previamente stabilite dal Ministero della Salute
REGIONI e Aziende Sanitarie Locali
Fase 3 Assessorato alla Sanità
Primo isolamento del – Acquisto e distribuzione del vaccino (appena disponibile)
virus in Italia – Comunicazione dati sulla sorveglianza delle reazioni avverse a vaccino
AUSL
– Esecuzione gratuita della vaccinazione antinfluenzale alle categorie stabilite come prioritarie
– Coordinamento delle strutture, sanitarie e non, nelle quali vengono eseguite le vaccinazioni
– Sorveglianza delle reazioni avverse a vaccino
– Indicazioni per il personale sanitario per la gestione dei pazienti e dei ricoveri
LEBper (Come in fase 2)
Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
MINISTERO DELLA SALUTE
DGP
– Sorveglianza epidemiologica
– Monitoraggio nel corso dell’epidemia degli eventuali problemi di disponibilità dei
Fase 4 Pandemia di influenza farmaci e vaccini
in Italia – Sorveglianza delle reazioni avverse a vaccino
– Conferenza stampa
– Linee-guida agli operatori sanitari sulle informazioni da fornire al pubblico
Il Comitato si riunisce e DGANSPV (Come in fase 0)
valuta la situazione di
emergenza DGVMF (Come in fase 3)
ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITÀ
LEB
LV
– Caratterizzazione degli isolati virali più recenti per individuare eventuali cambiamenti antigenici
– Coordinamento con il MINSAN, gli altri Laboratori di controllo ed i produttori di vaccino
LBMM
– Sorveglianza sui patogeni batterici e sulla sensibilità agli antibiotici associata con infezioni severe/fatali
REGIONE e UNIVERSITÀ
Assessorato e Sanità
– Comunicazione dati su andamento e gestione epidemia
– Sorveglianza reazioni avverse a vaccino
– Dati su ospedalizzazioni/decessi
LabPer (Come in fase 2)
– Relazione sui patogeni batterici e sulla sensibilità agli antibiotici associata con infezioni severe/fatali
Fase Caratterizzata da: Azioni da intraprendere da parte di:
MINISTERO DELLA SALUTE
DPG
– Come in fase 3 e 4
Fase 5 Fine della prima ondata – Continuazione della campagna vaccinale mirante, in questa fase, a coprire le più ampie
pandemica in Italia; fasce di popolazione, in vista di una ulteriore ondata epidemica
ulteriori ondate pandemiche; fine della
pandemia DGVMF
– Come in fase 4
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
LEB
In questa Fase gli Indicatori LV
epidemiologici della – Proseguimento dell’attività di sorveglianza virologica
pandemia in Italia saranno – Controllo di Stato su ulteriori lotti di vaccino antinfluenzale
tornati ai livelli basali. – Attività come in fase 3 e 4
Tuttavia focolai ed epidemie LabPer
del nuovo virus saranno – Proseguimento del monitoraggio dei casi di sindrome simil-influenzale che continuano a
ancora in corso in altri Paesi verificarsi
Sulla scorta della Il Comitato
esperienza passata, è da – Valuta l’efficacia ed i risultati dalla massa in atto del piano in questa fase
prevedere il verificarsi di almeno una successiva – Tuttavia il monitoraggio, sia degli indicatori epidemiologici che di quelli virologici, rimarrà in stato di allerta.
ondata di focolai causati dal
nuovo virus, a distanza di 3-
9 mesi della epidemia iniziale – Prepara una relazione per valutare l’efficacia e le lezioni apprese dalla messa in atto del piano, tenendo anche conto delle indicazioni fornite da comitati di esperti riuniti dall’OMS e relative all’impatto globale della pandemia
– Aggiorna, in conseguenza, il piano nazionale pandemico
L’OMS dichiara estinta la pandemia. Tale evento, prevedibile nell’arco di 2-3 anni dal primo isolamento del nuovo ceppo si verifica quando gli indicatori dell’attività influenzale saranno tornati a livelli interpandemici basali in tutto il mondo, e l’immunità verso il nuovo sottotipo virale si sarà ampiamente diffusa nella Popolazione
Ritorno alla Fase 0 Ritorno alla Fase 0 Ritorno alla Fase 0

Legenda:

ANAS Associazione Nazionale Allevatori Suini
AUSL Azienda Unità Sanitaria Locale
DGANSPV Direzione Generale degli Alimenti e della Nutrizione e della Salute Pubblica Veterinaria
DGP Direzione Generale della Prevenzione
DGVMF Direzione Generale della Valutazione dei Medicinali e della Farmacovigilanza
LabPer Laboratorio periferico
LBMM Laboratorio di Batteriologia e Micologia Medica
LEB Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica
LMV Laboratorio di Medicina Veterinaria
LV Laboratorio di Virologia
OIE Organizzazione Internazionale Epizoozie
OMS Organizzazione Mondiale della Salute
UE Unione Europea
UNA Unione Nazionale Avicoltori
UNIRE Unione Nazionale Incremento Razze Equine

ALLEGATO 2

Provv. 9 febbraio 2006, n. 2479 (1)

Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale. (Rep. n. 2479) (2).

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 1 aprile 2006, n. 77, S.O.

(2) Emanato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

LA CONFERENZA PERMANENTE

PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI

E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

Nell’odierna seduta del 9 febbraio 2006;

Visto l’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che attribuisce a questa Conferenza la facoltà di sancire accordi tra Governo, Regioni e Province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze per svolgere attività di interesse comune;

Vista la nota in data 1° febbraio 2006, con la quale il Ministero della salute ha inviato a questa Conferenza la proposta di accordo per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale, stilato secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, che aggiorna e sostituisce il precedente Piano italiano multifase per una pandemia influenzale;

Considerato che il predetto Piano nazionale rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali e contiene, come allegato, le Linee guida per la stesura di tali Piani regionali;

Vista la nota in data 7 febbraio 2006, con la quale il Coordinamento della Commissione salute delle Regioni ha espresso il parere tecnico favorevole sulla proposta di accordo in oggetto;

Acquisito nel corso dell’odierna seduta l’assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e Province autonome sull’accordo per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale, nei termini di cui all’allegato sub A;

Sancisce accordo

tra il Ministero della salute e le Regioni e le Province autonome, nei termini di cui all’allegato sub A, richiamato in premessa, parte integrante del presente atto.

PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA PANDEMIA INFLUENZALE

SOMMARIO ESECUTIVO

Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni gravi anche negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale.

Per questo motivo l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate. Il presente Piano, stilato secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, aggiorna e sostituisce il precedente Piano Italiano Multifase per una Pandemia influenzale, pubblicato nel 2002.

Esso rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali.

Il Piano si sviluppa secondo le sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo per ogni fase e livello, obiettivi ed azioni.

Molte delle azioni individuate sono già state realizzate man mano che la situazione epidemiologica lo ha richiesto.

Le linee guida nazionali per la conduzione delle ulteriori azioni previste saranno emanate, a cura del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), come allegati tecnici al Piano e saranno periodicamente aggiornate ed integrate.

In coerenza con i Principi del Piano, il Ministero della salute si fa carico di individuare e concordare:

– con le Regioni le attività sanitarie sia di tipo preventivo che assistenziale da garantire su tutto il territorio nazionale

– con i Dicasteri coinvolti le attività extrasanitarie e di supporto, finalizzate sia a proteggere la collettività che a mitigare l’impatto sull’economia nazionale e sul funzionamento sociale, comunque necessarie per preparazione e per la risposta ad una pandemia, nonché gli aspetti etici e legali a supporto delle attività concordate

– con il Ministero degli Affari Esteri e con gli Organismi Internazionali preposti gli aspetti di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria

L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:

  1. Identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia
  2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia
  3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali ed assicurare il mantenimento dei servizi essenziali
  4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia
  5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media ed il pubblico
  6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi

Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:

  1. Migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica
  2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione)
  3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi
  4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari ed altri servizi essenziali
  5. Mettere a punto un Piano di formazione
  6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione
  7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando ed analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.

L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.

Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

  1. Introduzione.

L’influenza è ben conosciuta da secoli ma il virus influenzale è stato identificato solo nel 1933; il virus infetta sia gli uomini che una larga fascia di uccelli e mammiferi.

I virus influenzali umani sono raggruppati in tre tipi: A, B e C, l’ultimo dei quali di scarsa importanza per l’uomo. Il virus influenzale di tipo A è quello maggiormente diffuso, causa generalmente malattie più gravi rispetto agli altri due, è la causa della maggior parte delle epidemie stagionali ed è l’unico che abbia generato pandemie.

Alla base della epidemiologia dell’influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera immunitaria presente nella popolazione che ha contratto l’infezione negli anni precedenti. I cambiamenti possono avvenire secondo due meccanismi distinti:

  1. Deriva antigenica (antigenic drift).Si tratta di una modifica minore delle proteine di superficie del virus. Questo fenomeno riguarda sia i virus A che i B (ma negli A avviene in modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie stagionali. Infatti le nuove varianti non sono riconosciute dal sistema immunitario della maggior parte della popolazione, così che un ampio numero di individui risulta suscettibile al nuovo ceppo.
  2. Spostamento antigenico (antigenic shift). È un fenomeno che riguarda solo i virus influenzali di tipo A e consiste nella comparsa nell’uomo di un nuovo ceppo virale, completamente diverso da quelli precedentemente circolanti nell’uomo. Gli shift antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all’uomo. Quindi la fonte dei nuovi sottotipi sono sempre virus animali. Poiché la popolazione non ha mai incontrato prima questi antigeni, in determinate circostanze questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare una infezione improvvisa e invasiva in tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende il nome di “pandemia”. La comparsa di un nuovo ceppo virale non è di per sé sufficiente a causare una pandemia, occorre infatti anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace,

Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili, e, negli ultimi 100 anni, si sono verificate nel 1918 (Spagnola, virus A, sottotipo H1N1)), 1957 (Asiatica, virus A, sottotipo H2N2) e 1968 (HongKong, virus A, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti.

Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni gravi anche negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale. Dal 2005, inoltre, focolai di influenza aviaria sono stati documentati anche in Europa, e nel 2006, vi sono stati casi di trasmissione all’uomo in Turchia.

Finora, non ci sono evidenze che il virus H5N1 abbia la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, tuttavia, in caso di emergenza di un nuovo virus influenzale che abbia acquisito tale capacità, la maggiore mobilità della popolazione a livello mondiale e la maggior velocità dei mezzi di trasporto, renderebbero particolarmente problematico il controllo della diffusione dell’infezione.

L’incertezza sulle modalità e i tempi di diffusione determina la necessità di preparare in anticipo le strategie di risposta alla eventuale pandemia, tenendo conto che tale preparazione deve considerare tempi e modi della risposta. Infatti, se da una parte un ritardo di preparazione può causare una risposta inadeguata e conseguenti gravi danni per la salute, dall’altra, qualora l’evento non accada, un investimento eccessivo di risorse in tale preparazione può, in un quadro di risorse limitate, causare sprechi e stornare investimenti da altri settori prioritari.

  1. Razionale.

L’OMS raccomanda a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo le linee guida concordate. Seguendo le indicazioni dell’OMS del 2005, emanate alla luce delle modifiche dell’assetto epidemico mondiale e delle nuove emergenze, il Piano aggiorna e sostituisce il precedente Piano Italiano Multifase per una Pandemia Influenzale, pubblicato nel 2002.

Questo documento illustra, per ognuna delle sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, il mandato per le Autorità Sanitarie, tenendo conto sia delle azioni sanitarie che di interventi che coinvolgono strutture non sanitarie. Il Piano rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali. L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, da concordare fra CCM e Regioni ed altre istituzioni che avrebbero un ruolo in caso di pandemia.

Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

  1. Principi.

Il principio ispiratore del Piano è l’assunto che emergenze globali richiedono risposte coordinate e globali, dove il momento di pianificazione deve essere condiviso dai responsabili delle decisioni ed il momento dell’azione deve essere conosciuto prima del verificarsi dell’evento in modo che ognuno sia in grado di “giocare” il suo ruolo e le sue responsabilità.

Una pandemia influenzale costituisce una minaccia per la sicurezza dello Stato: il coordinamento condiviso fra Stato e Regioni e la gestione coordinata costituiscono garanzia di armonizzazione delle misure con quelle che, raccomandate dall’OMS, verranno intraprese da altri Paesi.

Inoltre, considerando le ricadute che un rischio sanitario determina sui diversi settori della vita sociale, le misure sanitarie vanno armonizzate con quelle intraprese da altri soggetti istituzionali non sanitari.

Pertanto, il Piano individua le azioni chiave per le Autorità sanitarie nazionali e regionali e per gli altri Attori coinvolti ed elenca le misure che devono essere adottate per ogni fase.

Tali azioni e misure seguono l’accezione dei “Livelli Essenziali di Assistenza” adottati in Italia, costituendo il minimo essenziale da garantire.

Il Ministero della salute si fa carico di concordare con le Regioni le attività sanitarie e con i Dicasteri coinvolti le attività extrasanitarie necessarie per la preparazione e la risposta ad una pandemia nonché gli aspetti etici, legali ed internazionali, ivi compresi gli eventuali accordi bilaterali che si dovessero rendere necessari con altri Paesi, a supporto delle attività.

  1. Struttura.

Il Piano si sviluppa secondo le sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo, per ogni fase, obiettivi, azioni ed attori.

Nel capitolo 7 sono illustrate le azioni chiave: tale capitolo costituisce la base per lo sviluppo di Linee Guida nazionali che saranno emanate, a cura del CCM, come allegati tecnici al Piano, e saranno periodicamente aggiornate ed integrate. Molte delle azioni individuate sono già state realizzate man mano che la situazione epidemiologica lo ha richiesto, come illustrato nel capitolo 9.

Il capitolo 10 rappresenta un’agile chiave di lettura del Piano e riporta, per ogni fase e livello di rischio, gli obiettivi generali, gli obiettivi specifici, le azioni finalizzate al perseguimento di tali obiettivi; nel capitolo sono indicati, inoltre, a grandi linee, ruoli e responsabilità per la realizzazione delle azioni.

Entro il primo trimestre dalla ratifica del Piano, un Gruppo di monitoraggio, delineato nella sua struttura nel paragrafo 7.7, aggiornerà e definirà nel dettaglio tale capitolo, anche sulla base degli accordi stipulati dal Ministero della salute con le Regioni per le attività sanitarie e con gli altri Dicasteri ed Enti coinvolti, per le attività extrasanitarie e di supporto, secondo i principi del Piano.

Allo stesso modo, nel Piano che sarà reso disponibile anche attraverso il sito web del Ministero della Salute, la colonna relativa a “Stato di avanzamento” riporterà continuamente, nei tempi previsti dal monitoraggio, lo stato dell’arte dell’attuazione del Piano.

Vengono, infine, riportate come Allegato ai Piano le Linee Guida per la stesura dei Piani Regionali.

  1. Fasi e livelli di rischio.

Con il presente Piano, l’Italia adotta le nuove fasi emanate dall’OMS nell’aprile 2005, e condivide gli obiettivi di Sanità pubblica raccomandati dall’OMS per ogni fase.

Le fasi ed i livelli di rischio sono quindi così categorizzate:

Periodo interpandemico

Fase 1. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus influenzale che ha causato infezioni nell’uomo può essere presente negli animali. Se presente negli animali, il rischio di infezione o malattia nell’uomo è considerato basso.

Fase 2. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Comunque, la circolazione negli animali di sottotipi virali influenzali pone un rischio sostanziale di malattia per l’uomo

Livello 0: assenza di rischio all’interno della Nazione

Livello 1: presenza di rischio nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi a rischio

Periodo di allerta Pandemico

Fase 3. Infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo, ma assenza di trasmissione da uomo

a uomo, o solo rare prove di trasmissione in contatti stretti.

Livello 0: assenza di infezioni nella Nazione

Livello 1: presenza di infezioni nella Nazione, o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi affetti

Fase 4. Piccoli cluster con limitata trasmissione interumana e con diffusione altamente localizzata, che indicano che il virus non è ben adattato all’uomo

Livello 0: assenza di piccoli cluster nella Nazione

Livello 1: presenza di piccoli cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati cluster di malattia

Fase 5. Grandi cluster, ma diffusione interumana ancora localizzata, che indicano che il virus migliora il suo adattamento all’uomo, ma non è ancora pienamente trasmissibile (concreto rischio pandemico).

Livello 0: assenza di grandi cluster nella Nazione

Livello 1: presenza di grandi cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati grandi cluster di malattia

Periodo Pandemico

Fase 6. Aumentata e prolungata trasmissione nella popolazione in generale.

Livello 0: assenza di casi nella popolazione nazionale

Livello 1: presenza di casi nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove la pandemia è in atto

Livello 2: fase di decremento

Livello 3: nuova ondata

Periodo postpandemico

Ritorno al periodo interpandemico

Nella tabella 1 sono riportate le fasi, i livelli e gli obiettivi da perseguire per ogni fase.

Per ogni fase sono illustrati i rispettivi obiettivi di sanità pubblica.

Tabella 1. Nuove fasi pandemiche, OMS 2005

FASI PANDEMICHE LIVELLI OBIETTIVI DI SANITA’ PUBBLICA
Periodo interpandemico
Fase 1. Nessun nuovo sottotipo virale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus influenzale che ha causato infezioni nell’uomo può essere presente negli animali. Se presente negli animali, il rischioa di infezione o malattia nell’uomo è considerato basso. Rafforzare la preparazione alla pandemia a livello globale, nazionale e locale
Fase 2. Nessun nuovo sottotipo virale è stato isolato nell’uomo. Comunque, la circolazione negli animali di sottotipi virali influenzali pone un rischioa sostanziale di malattia per l’uomo. Livello 0: assenza di rischio nel Paese Minimizzare il rischio di trasmissione all’uomo; individuare e segnalare rapidamente tale trasmissione se si manifesta
Livello 1: rischio nel Paese o presenza di intensi collegamenti o scambi i commerciali con Paesi a rischio
Periodo di allerta Pandemico
Fase 3. L’infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo, ma senza trasmissione da uomo a uomo, o tutt’al più rare prove di trasmissione ai contatti stretti. Livello 0: assenza di infezioni nel Paese Assicurare la rapida caratterizzazione e la rapida individuazione del nuovo sottotipo virale, la segnalazione e la risposta a casi aggiuntivi
Livello 1: presenza di infezioni ne! Paese o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi affetti
Fase 4. Piccoli cluster con limitata trasmissione interumana e con diffusione altamente localizzata, che indicano che il virus non è ben adattato all’uomob Livello 0: assenza di piccoli cluster nel Paese Contenere la diffusione del nuovo virus all’interno di focolai circoscritti o ritardare la diffusione per guadagnare tempo al fine di mettere in atto le misure di preparazione, incluso lo sviluppo de! vaccino
Livello 1: presenza di piccoli cluster nel Paese o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati cluster di malattia
Fase 5. Grandi cluster ma con limitata diffusione interumana, indicano che il virus migliora il suo adattamento all’uomo, ma che non è ancora pienamente trasmissibile (concreto rischio pandemico)b. Livello 0: assenza di grandi cluster nel Paese Massimizzare gli sforzi per contenere o ritardare la diffusione del virus, per evitare per quanto possibile la pandemia e per guadagnare tempo al fine di mettere in atto le misure di risposta
Livello 1: presenza di grandi cluster nel Paese o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati grandi cluster di malattia.
Periodo Pandemico
Fase 6. Aumentata e prolungata trasmissione nella popolazione generaleb. Livello 0: assenza di casi nella popolazione del Paese Minimizzare l’impatto della pandemia
Livello 1: presenza di casi nel Paese o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove la pandemia è in atto.
Livello 2: fase di decremento
Livello 3: nuova ondata
Periodo post pandemico Ritorno al periodo interpandemico Ritorno al periodo interpandemico Favorire la ripresa del Paese

aLa distinzione tra fase 1 e fase 2 è basata sul rischio di infezione nell’uomo o malattia risultante da ceppi circolanti in animali. La distinzione deve essere basata su vari fattori e sulla loro importanza relativa in accordo con le conoscenze scientifiche correnti. I fattori possono includere: patogenicità negli animali e negli uomini; presenza in animali domestici e allevamenti o solamente nei selvatici; Se il virus è enzootico o epizootico, geograficamente limitato o diffuso; altre informazioni dal genoma virale; e/o altre conoscenze scientifiche.

b La distinzione tra fase 3, fase 4 e fase 5 è basata sulla valutazione del rischio di pandemia. Possono essere considerati vari fattori e la loro relativa importanza, in accordo con le conoscenze scientifiche correnti. I fattori possono includere: tasso di trasmissione; la localizzazione geografica e la diffusione; severità della malattia; presenza di geni provenienti da ceppi umani (se derivato da un ceppo animale); altre informazioni dal genoma virale; e/o altre informazioni scientifiche.

5.1. Sequenza della dichiarazione di fasi e livelli

Fasi e livelli di rischio sono dichiarati dall’OMS, anche in successione non sequenziale.

Nell’eventualità di situazioni simultanee che pongono differenti livelli di rischio pandemico, es. nuovi e diversi sottotipi di virus influenzali o diversa estensione e diffusione in diverse aree, la fase sarà determinata dal più alto livello di rischio.

Tutte le misure previste per le Fasi 1-6 sono da intendersi addizionali e, quindi, ove l’evento pandemico sia avviato nel Paese in un momento successivo alle prime fasi, tutte le misure previste per le Fasi precedenti e non realizzate dovranno essere contemporaneamente realizzate in aggiunta alle misure espressamente previste per la fase dichiarata (se verrà saltata una fase nel passaggio da una inferiore ad una superiore, si deve intendere che le azioni della fase saltata devono essere implementate, senza che esse siano superate dalle azioni della nuova fase).

Così, il raggiungimento di una fase e di un determinato livello, devono costituire momenti preparatori per l’implementazione di contromisure previste per fasi e livelli successivi, tenendo conto della progressione epidemica.

5.2. Procedure per la dichiarazione delle fasi

La comunicazione/dichiarazione di fase, incluso l’incremento o il depotenziamento, sarà fatta dal Direttore Generale dell’OMS, in accordo con i regolamenti esistenti che governano la notifica e il controllo delle malattie infettive (ad es. il Regolamento Sanitario Internazionale) e, se necessario, in consultazione con altre Organizzazioni e Istituzioni. A livello nazionale, l’informazione sulla dichiarazione di fase dell’OMS e sul corrispondente livello di allerta nel Paese verrà data dal Ministro della salute.

La comunicazione alla nazione della dichiarazione di pandemia da parte dell’OMS sarà fatta dal Presidente del Consiglio su indicazione del Ministro della salute.

5.3. Criteri per depotenziare le fasi

Tutte le fasi, eccetto la fase 1, sono temporanee. Ad ogni annuncio di una nuova fase l’OMS determinerà un periodo di tempo dopo di che la dichiarazione di nuova fase sarà rivista. Per un eventuale depotenziamento, sarà usato il criterio “connotazione epidemica non corrispondente ai requisiti della fase corrente” sulla base di:

– valutazione, da parte dell’OMS e, per quanto riguarda l’infezione in animali, in collaborazione con altre organizzazioni come la “Food and Agricolture Organization” (FAO) e “World Organization for Animai Health” (OIE), dei dati provenienti da sorveglianza nazionale adeguata e reportistica internazionale

– valutazione del rischio sul campo, condotta dall’OMS in collaborazione con i Paesi affetti ed, eventualmente, in collaborazione con altre organizzazione come la FAO e l’OIE

– valutazione del rischio, considerando i fattori che portano alla designazione di fase con altri fattori potenziali; per esempio, se la stagione delle malattie respiratorie è in corso nell’area, il depotenziamento delle fasi può essere ritardato a causa dell’aumentato rischio che un nuovo ceppo si possa riassortire con il ceppo stagionale e del fatto che la sorveglianza per l’identificazione di un nuovo ceppo co-circolante con il ceppo stagionale può essere più difficile.

  1. Obiettivi.

L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:

  1. Identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia
  2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia
  3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali ed assicurare il mantenimento dei servizi essenziali
  4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia
  5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media ed il pubblico
  6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi
  1. Azioni chiave.

Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:

  1. Migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica
  2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione)
  3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi
  4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere i servizi sanitari ed altri servizi essenziali
  5. Mettere a punto un Piano di formazione
  6. Preparare adeguate strategie di comunicazione
  7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando ed analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.

Ognuna delle azioni chiave prevede l’attuazione di un insieme di interventi, specifici per fase, che vengono illustrati di seguito e illustrati in dettaglio in appendice dove, per ogni azione, sono individuati gli attori e le responsabilità.

In coerenza con il mandato costituzionale, tutte le azioni rivolte alla protezione dell’individuo e della collettività sono garantite a tutte le persone presenti sul territorio nazionale e, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri, al personale presente nelle Ambasciate Italiane nei Paesi affetti.

7.1. Migliorare la sorveglianza

La sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza è attiva, in tutto il Paese già da tempo. Il sistema di sorveglianza “Influnet” è un sistema istituzionale, ratificato con Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni, nel 2000.

Il sistema è tarato in modo da poter essere implementato, con azioni aggiuntive, nelle fasi crescenti di rischio.

Pertanto, di seguito, sono riportate le azioni individuate nella progettazione del sistema; molte di queste sono già attuate e le restanti saranno realizzate nelle fasi di rischio previste.

Periodo interpandemico (Fasi 1-2)

Vanno mantenute la sorveglianza epidemiologica e virologica della sindrome influenzale e la sorveglianza veterinaria dell’influenza aviaria, secondo i protocolli nazionali già definiti.

Fase di allerta (Fasi 3-5)

In questa fase, le azioni sono mirate a migliorare il sistema di sorveglianza della sindrome influenzale, a mettere a punto ulteriori attività per il riconoscimento tempestivo di casi di influenza nell’uomo associati a nuovi virus influenzali ed alla descrizione di una eventuale pandemia, secondo quanto elencato di seguito:

  1. mantenimento e rafforzamento del sistema nazionale sentinella della sindrome influenzale

– mantenere la sorveglianza epidemiologica, valutandone annualmente, a livello regionale, le caratteristiche relative a percentuale di popolazione sotto sorveglianza, completezza e tempestività delle segnalazioni, flessibilità del sistema nel raccogliere dati finora non richiesti

– mantenere e rinforzare la sorveglianza virologica, effettuando un controllo di qualità dei laboratori di 1° e 2° livello e mettendo a punto nuovi metodi di diagnosi rapida e differenziale da parte dei Laboratori di 2° livello.

– estendere le attività di sorveglianza virologica, attualmente svolta solo nei mesi di circolazione epidemica dei virus influenzali, ai restanti periodi dell’anno.

  1. mantenimento e rafforzamento della sorveglianza veterinaria

– sorvegliare i volatili selvatici, in particolare i volatili acquatici legati alle zone umide, che rappresentano il principale serbatoio dei virus influenzali in natura e la principale fonte di introduzione negli animali domestici.

– assicurare un sistema di sorveglianza attiva che consenta l’individuazione precoce della circolazione virale nel pollame domestico, con particolare attenzione agli allevamenti di tipo rurale in cui sono presenti anatidi.

– definire i flussi informativi relativi all’attività di controllo attuata presso le stazioni e gli impianti di quarantena degli animali ornamentali provenienti da Paesi Terzi e nei centri riconosciuti di conservazione della specie (decisione 666/2000/CE, direttiva 90/425/CE).

  1. Integrare le informazioni epidemiologiche umane e veterinarie

– definire ed attuare il flusso informativo per integrare la sorveglianza epidemiologica e virologica sull’uomo con quella in ambito veterinario

– identificare gli allevamenti animali (per specie) in cui gli operatori potrebbero essere sottoposti a sorveglianza speciale, e provvedere ad un censimento degli operatori stessi

– definire i protocolli di sorveglianza epidemiologica e virologica ad hoc tra gli esposti ad influenza animale

  1. Mettere a punto ulteriori strumenti per monitorare casi di influenza attribuibili a nuovi ceppi virali ed un’eventuale pandemia

– mettere a punto, aggiornare periodicamente e diffondere tra gli operatori sanitari una definizione di caso possibile, probabile e confermato

– mettere a punto ed attuare protocolli di sorveglianza per:

o i viaggiatori provenienti da aree affette

o gli operatori sanitari che assistono pazienti con sospetta o confermata influenza da ceppo potenzialmente pandemico

o i laboratoristi che manipolano campioni clinici a rischio

o i contatti dei casi sospetti

– attivare, ove ci siano casi sospetti, immediata ed approfondita indagine epidemiologica da parte della ASL, secondo protocolli pre-definiti

– fornire alle ASL ed alle Regioni il supporto dello staff del CCM e dell’Istituto Superiore di sanità (ISS)

– definire ed attuare protocolli di sorveglianza dei:

o cluster di sindrome influenzale potenzialmente attribuibili a virus pandemico, sia tramite i medici di medicina generale e i pediatri di famiglia, che gli Istituti di ricovero

o cluster di morti inattese per ILI/ IRA in strutture di ricovero e cura

– rilevare settimanalmente il numero di accessi al PS e il numero di ricoveri in un campione di comuni

– rilevare settimanalmente la mortalità totale in un campione di comuni

– definire i protocolli per la sorveglianza sentinella dei tassi di assenteismo lavorativo e scolastico in alcuni siti selezionati (es. grandi fabbriche, allevamenti avicoli e scuole ubicati in diverse aree del paese)

Nella fase 5 di rischio, le azioni condotte sono finalizzate, altresì, a riorientare qualora fosse necessario, le scelte strategiche, ivi incluso la ridefinizione delle categorie cui erogare prioritariamente la vaccinazione.

Fase pandemica (Fase 6)

In questa fase, l’obiettivo della sorveglianza è valutare l’impatto della pandemia e descriverne le caratteristiche per orientare le misure di controllo e valutarne l’efficienza. E’ quindi importante che sia la sorveglianza epidemiologica che quella virologica vengano mantenute. In particolare, la sorveglianza virologica, effettuata su un numero limitato di campioni, è necessaria per monitorare le caratteristiche del virus, vista la minore importanza, in questa fase, della conferma di laboratorio dei singoli casi. Per stimare l’impatto della pandemia è necessario inoltre rilevare i seguenti indicatori:

– numero settimanale di ricoveri ospedalieri per quadri clinici

– numero settimanale di ricoveri ospedalieri per sindrome influenzale esitati in decesso

– numero settimanale di decessi totali su un campione di comuni

– monitoraggio sentinella dell’assenteismo lavorativo e scolastico

7.2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Per contenere gli iniziali focolai nazionali attribuibili a virus pandemico e ridurre il rischio di trasmissione vanno adottate:

o misure di sanità pubblica quali la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti,

o strategie di utilizzo di farmaci antivirali sia come profilassi che come terapia

o strategie di vaccinazione.

7.2.1 Misure di sanità pubblica

Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera (ad es. dispositivi protezione individuale, DPI).

Fasi interpandemiche (fasi 1-2)

– Informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:

o lavarsi spesso le mani,

o pulire le superfici domestiche con normali prodotti detergenti

o coprirsi la bocca e il naso quando si tossisce o starnutisce

– Adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione.

– Preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero

o Approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario;

o Controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione;

o Individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali;

o Censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa

o Censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti

Fase di allerta (fasi 3-5)

Tutte le misure soprariportate, più:

– Educazione sanitaria e informazione della popolazione sui rischi e sui comportamenti

– Messa a punto di protocolli di utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) per le categorie professionali a rischio, e loro adeguato approvvigionamento

In presenza di trasmissione interumana:

– valutazione dell’opportunità di restrizioni degli spostamenti da e per altre nazioni, ove si siano manifestati cluster epidemici

– valutazione dell’opportunità e delle modalità di rientro dei cittadini italiani residenti in aree affette

– istituzione di controlli sanitari alle frontiere

– attuazione di protocolli previsti dal Regolamento Sanitario Internazionale in caso di presenza a bordo di aerei o navi di passeggeri con sintomatologia sospetta

– isolamento dei pazienti con sintomatologia sospetta, preferibilmente a livello domiciliare, per ridurre la quantità di risorse impiegate (una sola persona assiste il paziente prendendo le opportune precauzioni di protezione individuale) o in apposite aree attrezzate di strutture pubbliche.

– adozione, da parte dei pazienti con sintomatologia sospetta delle comuni norme igieniche, incluso l’uso di mascherine chirurgiche per limitare la diffusione di secrezioni nasofaringee; l’uso di mascherine chirurgiche va considerato anche per chi ricorre all’assistenza medica, mentre non è raccomandato per le persone non sintomatiche chi si trovano in luoghi pubblici.

– campagne informative per promuovere una diagnosi precoce, anche da parte dei pazienti stessi, in modo da ridurre l’intervallo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e l’isolamento

– quarantena e sorveglianza attiva dei contatti, anche se è in corso fa profilassi antivirale.

– valutazione dell’opportunità di chiusura delle scuole o di altre comunità e/o della sospensione di manifestazioni e di eventi di massa, per rallentare la diffusione dell’infezione.

Fase pandemica (Fase 6)

In fase pandemica l’impatto di misure di restrizione della mobilità della popolazione è limitato. Le misure da adottare includono:

– Limitazione di viaggi verso aree non affette

– Adozione delle comuni norme igieniche

– Isolamento dei pazienti con sintomatologia sospetta, preferibilmente a livello domiciliare per ridurre la quantità di risorse impiegate (una sola persona assiste il paziente prendendo le opportune precauzioni di protezione individuale) o in apposite aree attrezzate di strutture pubbliche.

– Adozione da parte dei pazienti con sintomatologia sospetta delle comuni norme igieniche, incluso l’uso di mascherine chirurgiche per limitare la diffusione di secrezioni naso faringee. L’uso di mascherine chirurgiche va considerato anche per chi ricorre all’assistenza medica, mentre non è raccomandato per le persone non sintomatiche chi si trovano in luoghi pubblici.

– Campagne informative per promuovere una diagnosi precoce, anche da parte dei pazienti stessi, in modo da ridurre l’intervallo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e l’isolamento

7.2.2 Utilizzo dei farmaci antivirali

Il Ministero della Salute, sulla scorta di valutazioni del Comitato Scientifico del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie e dell’Agenzia Italiana per il Farmaco, ha acquistato circa 4 milioni di cicli di farmaci antivirali, appartenenti alla categoria degli inibitori delle neuraminidasi.

Al momento dell’emanazione del presente Piano, un primo stock di farmaci, pari a 170.000 cicli, è già costituito presso il Ministero della salute; lo stock sarà completato entro il 2006. Una rapida mobilizzazione e l’uso corretto dei farmaci antivirali sono aspetti cruciali per una efficace risposta di salute pubblica verso la pandemia. L’obiettivo principale è di assicurare che i farmaci antivirali siano rapidamente disponibili, sia per l’uso profilattico che per quello terapeutico. E’ necessaria, pertanto, una dislocazione periferica della scorta nazionale ulteriormente giustificata dalla necessità di:

  1. Assicurare la disponibilità immediata di questi farmaci, in caso di pandemia;
  2. Garantire una gestione appropriata esclusiva del servizio pubblico di questi farmaci;
  3. Utilizzare i farmaci secondo una strategia nazionale comune.

La scorta nazionale di farmaci antivirali sarà, pertanto, progressivamente dislocata a livello periferico, su base regionale, secondo un Piano di distribuzione che verrà concordato con le Regioni.

Considerato che la localizzazione geografica nazionale di esordio di una eventuale pandemia non è prevedibile, una parte della riserva nazionale di farmaci antivirali sarà stoccata presso il Ministero della Salute (quota di compensazione). La quota di compensazione sarà utilizzata qualora la situazione epidemiologica lo rendesse necessario e deve poter essere mobilitata in maniera veloce e sicura su tutto il territorio nazionale

Attraverso l’operatività delle Regioni e delle ASL, il Ministero garantisce il controllo della distribuzione dei farmaci antinfluenzali fino all’utilizzatore finale in modo da assicurare una distribuzione equa ed un utilizzo appropriato di questi farmaci che saranno disponibili solo in quantità limitata. In questo modo potranno essere ridotti sia il rischio della comparsa di resistenze, sia gli sprechi legati ad un uso improprio.

Profilassi

L’oseltamivir, appartenente alla classe degli inibitori della neuraminidasi, può essere utilizzato per la profilassi post-esposizione di soggetti dai 12 anni in poi. La posologia a scopo profilattico è di 75 mg al giorno per 7-10 giorni.

Le strategie di utilizzo a scopo profilattico sono illustrate di seguito.

Fase 3

– definizione, sulla base delle norme nazionali e comunitarie, delle procedure di autorizzazione per l’uso di antivirali

– costituzione di scorte nazionali, sulla base di evidenze scientifiche e del bisogno sia sul territorio nazionale che per il personale italiano presente nelle Ambasciate, all’estero

– individuazione di siti regionali di stoccaggio, nell’ambito del sistema di farmacie ospedaliere presenti sul territorio di ogni regione.

– definizione e mantenimento di adeguate condizioni di immagazzinamento (controllo della temperatura, umidità relativa, condizioni igieniche dei locali, sicurezza)

– individuazione di un responsabile della scorta di farmaci, e delle procedure di richiesta

– definizione di modalità di trasporto intraregionale, che garantiscano il raggiungimento entro le 4 ore di qualunque punto della Regione.

– stoccaggio di una riserva di antivirali presso il Ministero della Salute (quota di compensazione), da poter mobilitare in maniera veloce e sicura su tutto il territorio nazionale ed internazionale

– in caso di focolaio di influenza aviaria ad aita patogenicità, profilassi pre-esposizione per le persone che, per motivi professionali, sono a stretto contatto con animali infetti, ed in particolare per chi si occupa del loro abbattimento. In questo caso, oltre all’adozione di DPI, va prevista la profilassi con oseltamivir per tutto il periodo con cui il lavoratore è stretto contatto con animali infetti o con superfici da loro contaminate. E’ sconsigliato l’uso per più di 8 settimane continuative. Va considerata, in questa fase, la profilassi post-esposizione, di soggetti che abbiano avuto contatti stretti con animali infetti

Fase 4 e 5

L’uso profilattico degli antivirali può rivelarsi particolarmente utile in presenza dei primi cluster di influenza causati da virus pandemico, quando non sia ancora disponibile il vaccino. Si tratta di una strategia di breve periodo, utile soprattutto in presenza di casi isolati o piccoli cluster in particolare se questi si verificano in comunità chiuse.

Si prevede quindi:

– la profilassi con antivirali dei contatti stretti di casi, compreso il personale sanitario

– Il monitoraggio dell’efficacia e degli eventi avversi dei farmaci

In caso di cluster di grandi dimensioni (Fase 5, livello 1), l’uso profilattico di antivirali va considerato per i contatti che appartengono alle categorie prioritarie 1-4, individuate per l’offerta del vaccino pandemico, elencate nel paragrafo “Vaccinazione”

Fase 6

In fase di epidemia conclamata, la profilassi con antivirali è poco utile. Infatti, l’uso massiccio di questi farmaci aumenta il rischio di insorgenza di ceppi virali resistenti ed il rischio di effetti collaterali. Inoltre, le simulazioni sulla pandemia influenzale hanno evidenziato che l’uso di massa di questi farmaci non riduce in maniera importante il numero dei casi di influenza.

7.2.3 Vaccinazione

Periodo interpandemico (Fasi 1-2)

La strategia vaccinale da adottare durante il periodo interpandemico è ben illustrata nella circolare sul controllo e la prevenzione dell’influenza che viene annualmente rivista ed emanata dal Ministero della Salute, ed include obiettivi, popolazione target e monitoraggio delle coperture vaccinali. Le campagne stagionali di vaccinazione sono, l’occasione per predisporre strumenti e acquisizioni di dati essenziali anche nel periodo pandemico, in particolare:

– la logistica dell’offerta vaccinale,

– la rilevazione delle coperture vaccinali per categorie di rischio

– il monitoraggio degli eventi avversi a vaccino.

Fase di allerta (Fasi 3-5)

Nella fase 3, caratterizzata da presenza di un nuovo sottotipo virale, ma assenza di trasmissione interumana, è necessario identificare le categorie prioritarie a cui offrire la vaccinazione pandemica.

Il presente Piano identifica 6 categorie, elencate in ordine di priorità:

  1. Personale sanitario e di assistenza in:

– ospedali

– ambulatori Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta

– strutture di assistenza e lunga degenza

– distretti sanitari e servizi di sanità pubblica a contatto con pubblico

– servizi di ambulanze

– laboratori clinici

– farmacie.

  1. Personale addetto ai servizi essenziali alla sicurezza e alla emergenza

– forze di polizia a contatto col pubblico

– vigili del fuoco

– decisori chiave in caso di urgenza ed emergenza

  1. Personale addetto ai servizi di pubblica utilità

– forze armate

– polizia municipale e le altre forze di polizia non inserite nel gruppo 2 di priorità

– persone addette ai trasporti pubblici essenziali e le persone che effettuano il trasporto di prodotti di prima necessità

– lavoratori dei servizi di pubblica utilità (scuole, poste, etc)

  1. Persone ad elevato rischio di complicanze severe o fatali a causa dell’influenza

– In questa categoria sono presenti i gruppi di popolazione che sono già identificati nelle raccomandazioni per la annuale vaccinazione contro l’influenza.

  1. Bambini e adolescenti sani di età compresa tra 2 e 18 anni
  2. Adulti sani

La scala di priorità, nei punti 4-6 può essere oggetto di revisione nella fase 5 di allerta, sulla base delle caratteristiche epidemiologiche del virus circolante.

Nelle fasi di allerta 3-4 si provvede, inoltre a:

– Stimare il numero di dosi di vaccino pandemico necessarie a livello nazionale, in modo da garantirne la prelazione

– Definire, sulla base di quanto stabilito in ambito nazionale e comunitario, le procedure per le autorizzazioni all’immissione in commercio

– Identificare le modalità di approvvigionamento nazionale dei vaccini (numero di dosi per periodo), la loro distribuzione e stoccaggio in sede locale

– Assicurare la capacità produttiva nazionale e concordare con le aziende farmaceutiche i tempi per lo sviluppo, i saggi, la registrazione e la disponibilità del vaccino

– identificare le modalità di approvvigionamento dei vaccini (numero di dosi per periodo), la loro distribuzione e stoccaggio in sede locale

– Stilare a livello di ASL, gli elenchi nominativi delle persone che rientrano nelle categorie prioritarie 1-4, e stabilire le modalità per l’aggiornamento periodico di tali elenchi; stimare le quote percentuali da vaccinare per ogni categoria, necessarie per il mantenimento dei servizi in emergenza

– Stimare, a livello nazionale, con il contributo dei Dicasteri interessati, le quote di personale incluso nelle categorie prioritarie e definire quote percentuali da vaccinare per ogni categoria, necessarie per il mantenimento dei servizi essenziali

– Identificare il personale, delle strutture pubbliche del SSN o delle altre Amministrazioni direttamente interessate, preposto alla somministrazione del vaccino

– Identificare, con il concorso dei Dicasteri interessati, eventuale personale di supporto per le attività vaccinali nonché siti vaccinali per l’erogazione della vaccinazione nel minor tempo possibile

– Mettere a punto le modalità per registrare le vaccinazioni eseguite, prevedendo sistemi informatizzati in grado di programmare e ricordare i tempi di esecuzione delle seconde dosi

– Rinforzare il sistema di farmacovigilanza già utilizzato a livello nazionale per via elettronica per rilevare gli eventi avversi a vaccino

Fase pandemica (Fase 6)

– Monitoraggio delle coperture vaccinali per gruppi di rischio

– Monitoraggio degli eventi avversi a vaccino

– Organizzazione di una lettura tempestiva dei dati di farmacovigilanza

7.3. Garantire il trattamento e l’assistenza

In fase interpandemica e di allerta è cruciale mettere a punto le procedure per garantire un razionale accesso alle cure, in modo da ottenere l’uso ottimale delle risorse:

– Censire la disponibilità ordinaria e straordinaria di strutture di ricovero e cura, strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, operatori di assistenza primaria, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale e specialistica ambulatoriale

– Censire le strutture di ricovero e cura dotate di dispositivi per la respirazione assistita

– definire i livelli delle strutture dove i pazienti dovrebbero essere idealmente trattati durante una pandemia (primarie, secondarie e terziarie, incluse le unità di emergenza e cure intensive)

– Determinare il triage ed il flusso dei pazienti fra strutture sanitarie a vari livelli

– Individuare potenziali luoghi alternativi per le cure mediche (ad es. strutture socio-sanitarie, RSA, scuole, ambulatori, etc)

– Definire i criteri per la sospensione di ricoveri programmati e la resa in disponibilità di posti letto aggiuntivi

– Garantire l’adeguato approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione degli antivirali, analogamente a quanto illustrato nella sezione dedicata al loro uso come profilassi

– Fornire linee guida per l’uso di antivirali a scopo terapeutico. Per quanto riguarda il trattamento, gli attuali antivirali sono efficaci se somministrati entro le prime 48 ore dall’inizio sintomi. Inoltre, la suscettibilità del virus pandemico agli antivirali sarà nota solo quando verrà isolato l’eventuale ceppo. L’uso degli antivirali deve comunque avvenire dietro prescrizione e vigilanza medica sia a livello di medico di famiglia sia livello ospedaliero.

– Definire linee-guida per il trattamento a domicilio dei casi

– Individuare le misure di supporto non di tipo sanitario, quali l’incremento dei permessi per assistenza ex-L. 104/92, i servizi di assistenza domiciliare (conferimento pasti/spesa), il riconoscimento di permessi lavorativi a volontari

7.4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere i servizi sanitari ed altri servizi essenziali

I servizi essenziali garantiscono il funzionamento della società. Oltre ai servizi sanitari, cruciali per ridurre morbosità e mortalità della pandemia, sono esempi di servizi essenziali la rete elettrica, idrica, i trasporti e le telecomunicazioni. Le considerazioni sugli effetti della pandemia sui servizi essenziali sono una parte importante della pianificazione, secondo le azioni seguenti:

– Identificare il personale che può essere mobilitato per fornire assistenza sanitaria in caso di pandemia

– Sviluppare una lista di servizi essenziali.

– Per ognuno dei servizi essenziali individuati, identificare il responsabile e mettere a punto piani di emergenza che includano le procedure per coprire le assenze durante la pandemia.

– Per ogni servizio essenziale, compilare un elenco di persone la cui assenza pone in serio pericolo la sicurezza o interferisce pesantemente con la risposta alla pandemia. Il personale di questi servizi deve essere identificato come prioritario per la vaccinazione.

Il Ministero della salute si fa carico di concordare, con i Dicasteri coinvolti, le azioni sopra elencate.

7.5. Mettere a punto un Piano di formazione

Analogamente a quanto è stato fatto in altre occasioni (Piano nazionale di eliminazione del Morbillo e della rosolia congenita, AIDS, SARS) è importante che il Piano sia corredato da un programma di formazione. Saranno emanate, pertanto, linee guida relative ad un Piano di formazione Nazionale.

La formazione degli operatori impegnati nelle diverse fasi del Piano Pandemico rappresenta un’attività essenziale da organizzare e realizzare prima del verificarsi dell’ eventuale pandemia.

La formazione è finalizzata non solo all’acquisizione di elementi cognitivi e di abilità pertinenti alle attività e ai compiti svolti, ma anche alla loro utilizzazione pratica, continua e verificata, soprattutto per consentire risposte pronte e corrette alle richieste semplici e abituali, ma anche interventi più elaborati in situazioni operative insolite o complesse poste dalla realtà professionale.

Per la realizzazione del Piano Pandemico l’attività formativa ha, pertanto lo scopo di sviluppare la motivazione e il coinvolgimento degli operatori nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità, di potenziare le competenze tecnico-scientifiche e comunicativo-relazionali, di favorire la condivisione del Piano e la sua applicazione operativa.

Un’attività formativa concordata può contribuire a determinare una collaborazione integrata tra operatori sanitari e tra questi ultimi e gli altri soggetti sociali coinvolti nel Piano di gestione della pandemia.

La didattica deve prevedere un programma formativo specifico per tutte le figure professionali coinvolte, differenziato in relazione agli ambiti d’intervento, ai ruoli e alle responsabilità: operatori dei servizi sanitari, ma anche personale dei servizi essenziali, e giornalisti.

L’intera attività formativa deve essere partecipata e concordata a livello nazionale, regionale e locale.

Gli obiettivi generali del programma di formazione sono:

  • Sviluppare le conoscenze sulla pandemia e sulla sua gestione, per attuare interventi pronti e appropriati
  • Fornire le competenze per condurre le attività previste dal piano al fine di garantire un adeguato livello di protezione di tutta la popolazione
  • Perfezionare le abilità per la comunicazione del rischio
  • Sviluppare le competenze comunicativo-relazionali per intervenire nella gestione dell’emergenza

Gli obiettivi specifici devono essere definiti sulla base dei compiti e dei bisogni formativi di ogni specifico target per il quale verrà progettato un programma di formazione ad hoc. Si ritiene opportuno impostare l’attività di formazione su moduli formativi brevi, basati su esperienze didattiche interattive, condotte con metodi e tecniche di apprendimento attivo in grado di favorire la partecipazione e il feedback dei partecipanti: discussione in gruppo su “temi” e su “casi”, lavoro in piccoli gruppi, simulazioni, roleplaying, lezioni frontali integrate da discussione.

Per poter garantire che tutti gli operatori interessati siano adeguatamente formati è utile prevedere tre livelli di realizzazione dell’attività formativa che si attivino a cascata:

  • nazionale/interregionale
  • regionale
  • locale

A livello nazionale verrà quindi realizzata la formazione dei formatori per il livello regionale, progettando moduli formativi accreditati.

È necessario che a livello regionale siano individuate figure con specifiche competenze didattiche che possano garantire la realizzazione del globale percorso formativo in un processo di formazione a cascata.

L’obiettivo è quello di creare una rete di formatori che assicuri la formazione a livello periferico su tutto il territorio. I formatori regionali hanno il compito di organizzare e condurre le attività formative dei livelli regionali e locali.

Per facilitare l’intera iniziativa è opportuno prevedere la predisposizione di materiale didattico standard scritto e/o elettronico a sostegno del processo formativo: un pacchetto formativo comprensivo di informazioni di contenuto, riferimenti bibliografici e telematici, indicazioni organizzative e metodologiche.

Può essere efficace adottare anche la formazione a distanza ad integrazione della formazione d’aula che per essere fruibile deve prevedere l’accesso ad internet per gli operatori interessati.

Il materiale fornito a livello centrale deve essere adattabile alle situazioni regionali specifiche.

Per garantire la continuità del processo di formazione, dopo il primo incontro formativo, è possibile ricorrere a mezzi specifici che facilitino gli scambi comunicativi tra i soggetti coinvolti come la posta elettronica, i siti internet dedicati, incontri in piccoli gruppi in sede locale o ancora prevedere esperienze formative periodiche di approfondimento.

7.6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione

La comunicazione rappresenta un’abilità e una risorsa dell’Organizzazione Sanitaria essenziale per la gestione di eventi di Sanità pubblica.

Il processo comunicativo attraversa infatti in modo trasversale le diverse fasi di gestione dell’evento sanitario (identificazione, stima, valutazione, gestione) e aumenta la sua efficacia quando l’Organizzazione ne riconosce l’importanza fin dall’inizio (nella fase di non emergenza) e predispone un Piano specifico per la sua realizzazione.

Un piano di comunicazione deve pertanto prevedere:

– la preparazione delle strutture organizzative nazionali, regionali e locali per stabilire rapporti di collaborazione tra le Istituzioni e per garantire la circolazione delle informazioni tra gli operatori impegnati sul campo (comunicazione interna) e tra tutti i soggetti sociali coinvolti con ruoli, competenze, interessi e percezioni diverse

– la scelta di portavoce a livello nazionale e locale

– la costruzione di un processo comunicativo continuo sul rischio, bidirezionale, interattivo, di scambio e condivisione di informazioni e opinioni che garantisca la chiarezza, la trasparenza, la tempestività l’omogeneità e l’affidabilità dell’informazione e rafforzi la credibilità delle istituzioni (comunicazione esterna)

– la creazione di partnership con altre autorità e istituzioni presenti sul territorio nazionale e a livello internazionale, e con la società civile

– la pianificazione di una strategia di comunicazione che preveda un utilizzo integrato dei mezzi di comunicazione scelti di volta in volta in base al target, agli obiettivi, alle risorse, al tempo, con lo scopo di favorire non solo un passaggio unidirezionale di informazioni (media, siti web, opuscoli informativi, documentazione, articoli), ma anche uno scambio bidirezionale (colloquio faccia a faccia, colloquio telefonico, numero verde)

– lo sviluppo di un rapporto di collaborazione con i media attraverso la costante e chiara comunicazione delle informazioni disponibili anche se incerte (comunicazione dell’incertezza)

In particolare, per quanto riguarda la comunicazione con la popolazione generale si provvede a:

– definire messaggi chiari, omogenei, condivisi a livello nazionale e locale, elaborati sulla base della percezione collettiva del rischio

– consolidare i rapporti con mezzi di comunicazione di massa a tutti i livelli

– preparare materiale informativo ad hoc destinato e utilizzabile da soggetti diversi, comunicatori, portavoce organizzativi, la preparazione di comunicati ad uso dei media

– attivare canali comunicativi con il pubblico attraverso mezzi di comunicazione unidirezionali (siti web, posta elettronica)’e mezzi bidirezionali (linee telefoniche dedicate, comunicazione vis a vis tra cittadino e operatori in spazi e tempi differenziati)

– predisporre conferenze audio e/o video tra le strutture nodali a livello centrale e a livello locale.

7.7. Monitorare l’efficacia e l’efficienza delle misure intraprese

E’ necessario disporre di un sistema di monitoraggio del Piano, le cui funzioni vanno strutturate per fasi.

Il sistema di monitoraggio si basa su una struttura di rete CCM-Regioni-Dicasteri coinvolti, all’interno della quale si genera un flusso continuo di dati utili per le attività di Piano e fa capo al sottocomitato scientifico CCM “influenza e pandemie influenzali”.

In periodo interpandemico

Individuazione dei referenti di rete

Individuazione delle modalità e delle procedure di input e di output

Standardizzazione delle procedure di rilevamento

Fase 3

Monitoraggio sull’emanazione dei Piani regionali e sulla coerenza con le Linee Guida per la stesura dei Piani regionali

Censimenti delle capacità/risorse previsti dal Piano

Monitoraggio sull’implementazione delle capacità/risorse individuate dal Piano e dai Piani regionali

Fasi successive

Valutazione relativa ad efficienza, ed eventualmente efficacia, delle misure intraprese, che includa:

– Durante la pandemia, monitorare attraverso dati di sorveglianza l’efficacia di campo delle misure di sanità pubblica intraprese, degli antivirali e del vaccino pandemico

– Monitorare attraverso dati di sorveglianza la sicurezza degli antivirali e del vaccino pandemico

– Assicurare la valutazione della risposta alla pandemia una volta che la prima ondata sia conclusa. La valutazione dovrebbe concentrarsi sulla risposta a tutti i livelli e dovrebbe condurre alle raccomandazioni per il miglioramento

– Assicurare che i risultati delle ricerche, sia locali che internazionali, siano resi pubblici per supportare il miglioramento delle strategie di risposta

– Considerare se condurre studi per determinare i fattori di rischio per le infezioni umane e la probabilità di trasmissione interumana. Definire i dati necessari e sviluppare una strategia per la raccolta (e se possibile per l’analisi).

  1. Gestione e coordinamento.

La sorveglianza ed il controllo delle malattie infettive vedono coinvolti lo Stato e le Regioni in azioni condivise e coordinate.

Inoltre, la costituzione del CCM, cui la Legge n. 138/04 affida compiti di analisi e gestione dei rischi, offre un ulteriore braccio operativo condiviso tra Regioni e Ministero della Salute. Infatti, il CCM opera in coordinamento con le Strutture regionali, con gli Istituti Tecnici Nazionali, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, le Università, gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e altre Strutture di assistenza e ricerca pubbliche e private nonché con gli Organi della Sanità Militare.

Inoltre, nel Comitato Strategico di indirizzo, organo politico del CCM presieduto dal Ministro della salute, sono presenti le Regioni, il Dipartimento della Protezione Civile, il Ministero della Difesa.

Nel caso di epidemie ed epizoozie di dimensioni nazionali o internazionali il D.Lgs. n. 112/98 (titolo IV, capo I, art. 112, comma 3, lett. g) affida al Ministero della salute ulteriori compiti compreso la concertazione delle misure di tipo non sanitario con enti e istituzioni coinvolte ed il collegamento con istituzioni sopranazionali.

Le azioni sanitarie a livello territoriale sono garantite dalle Regioni; il concerto ed il coordinamento fra le azioni intraprese può garantire l’efficacia degli interventi ed il contenimento di epidemie anche ad estensione regionale o nazionale.

Pertanto, l’adozione da parte del Ministero e delle Regioni delle azioni previste dal presente Piano, tese al raggiungimento degli obiettivi di sanità pubblica, condivisi con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, può minimizzare il rischio di diffusione di un nuovo virus e/o minimizzare l’impatto della pandemia, soprattutto considerando che la pandemia potrebbe essere preceduta da focolai di infezione localizzati in alcune aree geografiche (Fasi 4 e 5)

Qualora, invece, l’impatto della pandemia non possa essere contenuto con gli ordinari strumenti di prevenzione e controllo e si configuri un quadro di calamità che, per intensità ed estensione deve essere fronteggiato con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri, sulla base delle richieste e/o valutazioni formulate dal Ministro della Salute, su proposta del Presidente del Consiglio, può deliberare lo stato di emergenza.

8.1. Aspetti chiave dell’organizzazione

Le attività in preparazione e risposta alla pandemia sono sia di tipo sanitario, incluso l’ambito veterinario, sia non sanitario. Pertanto, le Regioni ed il Ministero della Salute, sulla base degli elementi informativi disponibili e delle valutazioni di rischio/impatto riferite alla situazione sussistente, individuano le misure operative ritenute necessarie, che adottano di concerto con le altre Amministrazioni interessate.

Di seguito viene riportata la struttura relativa alla gestione e coordinamento relativa alla risposta alle varie fasi di rischio pandemico, in assenza di dichiarazione nazionale di stato di emergenza.

Organo di consulenza

Il Ministro della Salute si avvale del CCM, organo condiviso con le Regioni, e del suo Sottocomitato Influenza e Pandemie influenzali.

CCM e Sottocomitato svolgono le funzioni ad essi attribuite dalla normativa vigente, sulla base dei dati informativi raccolti.

Il Ministro della Salute, laddove la situazione nazionale o internazionale ne pongano una chiara indicazione, può richiedere l’operatività protratta dell’Organo di consulenza, fino ad una copertura per 24 ore su 24, per sette giorni su sette.

Struttura operativa

Al fine di poter disporre di un quadro aggiornato di situazione, nazionale ed internazionale, indispensabile supporto ad un’attività decisionale tempestiva e coerente, l’organizzazione di gestione e coordinamento si avvale di alcune funzione imperniate su un network di monitoraggio, comunicazione e di risposta integrata.

La struttura operativa è implementata a livello centrale (Stato) e territoriale (Regioni/Province autonome), in armonia con quanto previsto dal D.Lgs. n. 112/98 e dal D.Lgs. n. 267/00, nonché con quanto stabilito dalla Legge n. 138/04.

La struttura operativa raccoglie capacità e funzioni esistenti nel tessuto sanitario della singola Regione e del Ministero ed è articolata su tre livelli: centrale, regionale e territoriale. In dettaglio, ciascuna Regione definisce una propria organizzazione di struttura operativa coerente con le funzioni richiamate in questo Piano e definita da un apposito documento di implementazione del Piano di livello regionale.

Funzioni della struttura operativa

La struttura operativa ha il compito di monitorare e coordinare tutte le azioni previste dal Piano ed illustrate nel capitolo 7 (sorveglianza, misure di prevenzione e controllo dell’infezione, monitoraggio ed approvvigionamento della risorse per il trattamento dei casi, mantenimento servizi sanitari ed essenziali, formazione e comunicazione).

Oltre a quanto già riportato, la struttura operativa:

– Gestisce i rapporti con le organizzazioni nazionali ed internazionali: WHO Influenza collaborative Centre, OIE/FAO, EISS; ISS-CIRI per il protocollo INFLUNET; Unità centrale di Crisi della Direzione Generale di sanità e veterinaria ed alimenti ex art. 1 D.L. n. 202/05, ISS-IZSP per gli eventi veterinari

– Interfaccia i sistemi di allerta rapido per il campo umano e veterinario (afferenze internazionali – WHO CSR, OIE/FAO e EWRS – , afferenze nazionali e afferenze territoriali), secondo i criteri definiti per le fasi interpandemiche e pandemiche

– Segue le attività di medical intelligence (rumors mediatici e informazioni classificate)

– Monitorizza la disponibilità delle seguenti capacità/risorse:

o esperti in emergenze di sanità pubblica

o teams sanitari, nazionali e territoriali, di risposta rapida ad emergenze infettive

Sicurezza e operatività dei sistemi di trasmissione dati

Il sistema in rete di monitoraggio di situazione e di risposta e il sistema di comunicazione fanno riferimento a sistemi di trasmissione dati dedicati a tale funzione, dotati di capacità di supporto che ne garantiscano l’operatività 24 ore al giorno e sette giorni a settimana, individuazione di utenze abilitate e procedure di sicurezza nei confronti di manipolazioni accidentali o intenzionali da parte di utenze non abilitate.

La trasmissione dati dovrà prevedere la possibilità di ricorrere a sistemi e procedure alternativi in caso di inabilitazione protratta dei sistemi principali di trasmissione/comunicazione.

Responsabilità

Il Ministero della Salute, anche per il tramite del CCM, assume la responsabilità di pianificare, approntare e mantenere in efficienza le capacità/risorse sanitarie per la risposta ad eventi epidemici influenzali sotto egida nazionale in armonia con la presente pianificazione, in riferimento alle capacità/risorse integrate e interdipartimentali, tale responsabilità è condivisa dal Ministero della Salute con i Dicasteri e gli organismi istituzionalmente competenti.

Le Regioni/Province autonome assumono, ciascuna per gli aspetti di competenza territoriale ma in coerenza con la presente pianificazione e di concerto con il Ministero della Salute, le responsabilità di approntamento e mantenimento in efficienza e in armonia con la presente pianificazione di tutte le capacità/risorse indispensabili a porre in atto le contromisure per le fasi di prevenzione, contenimento, risposta, ripristino in relazione ad eventi epidemici influenzali.

In relazione alle responsabilità in fase di preparazione il Ministero della Salute, per il tramite del CCM, cura:

o d’intesa con le Regioni/Province autonome, le attività programmatiche per la implementazione delle capacità/risorse necessarie, con quantificazione degli oneri da sottoporre alla valutazione dell’Autorità governativa per l’indispensabile e vincolante finanziamento;

o d’intesa con le Regioni/Province autonome, la attività di specifica formazione del personale sanitario condotte anche in collaborazione con le Società scientifiche e le Federazioni di categoria degli operatori sanitari;

o sentito il parere degli Organi decisionali nazionali, d’intesa con gli Organismi istituzionali eventualmente interessati e con le Regioni/Province autonome, la realizzazione di esercitazioni finalizzate a ottimizzare la pianificazione ed il modello di risposta ad emergenze di Sanità pubblica.

8.2. Attività di Gestione e Coordinamento nel caso in cui venga dichiarato lo stato di emergenza

Normativa di riferimento

La normativa applicabile per assicurare il coordinamento degli interventi necessari a fronteggiare e superare la fase emergenziale è costituita da: la Legge n. 225/92, il D.L. n. 343/2001, convertito nella Legge n. 401/2001, il D.L. n. 245/2002, convertito nella Legge n. 286/2002, il D.L. n. 90/2005, convertito nella Legge n. 152/2005.

Sulla base della citata legislazione le funzioni di coordinamento spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, che si avvale del Dipartimento della Protezione Civile, che provvedere all’attivazione del Servizio Nazionale di Protezione Civile.

Attività di Gestione e Coordinamento

Qualora il diffondersi della pandemia configuri un quadro di calamità che, per intensità ed estensione deve essere fronteggiato con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri, sulla base delle richieste e/o valutazioni formulate dal Ministro della Salute, su proposta del Presidente del Consiglio, delibera lo stato di emergenza ai sensi dell’art. 5, comma 1 della legge n. 225/92.

Tenuto conto delle attività già poste in essere dalle strutture individuate per le attività della fase non emergenziale, sarà il Presidente del Consiglio dei Ministri a definire – per l’identificazione e la realizzazione dei necessari interventi di emergenza » con il Ministro della Salute le azioni che si intendono adottare, trasferendo le medesime in apposite ordinanze di Protezione Civile ex art. 5 della Legge n. 225/92.

Al fine di assicurare la direzione unitaria ed il coordinamento delle attività finalizzate a fronteggiare l’emergenza, il Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro della Salute, delega il Capo del Dipartimento della Protezione Civile per la immediata convocazione del Comitato Operativo della Protezione Civile.

Al predetto Comitato partecipano le strutture operative nazionali del Servizio Nazionale della Protezione Civile, le Amministrazioni Regionali, nonché tutti gli altri Enti interessati.

Trattandosi di emergenza di natura sanitaria il Ministro della Salute disporrà per una presenza nel Comitato Operativo di rappresentanti del proprio Dicastero più ampia di quella prevista dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 2 marzo 2002.

Analogamente, le Autorità Regionali di Sanità saranno rappresentate nel Comitato in maniera adeguata alle esigenze e saranno integrate con la partecipazione degli Assessori e dei Coordinatori dei Comitati di Protezione Civile delle singole Regioni.

In considerazione della peculiarità dell’evento calamitoso e della qualità delle misure da intraprendere, il Comitato Operativo potrà essere integrato, su indicazione del Ministro della Salute o del Coordinatore degli Assessori alla Sanità, con componenti particolarmente specializzate in materia sanitaria (ad es. ISS, IIZZSS etc).

Allo scopo di assicurare ogni necessaria sinergia tra le azioni intraprese nella fase non emergenziale e quelle da adottarsi nella presente fase emergenziale sarà assicurato un meccanismo di consultazione permanente al fine di garantire al Comitato Operativo tutte le informazioni idonee per il conseguente tempestivo ed efficace svolgimento di tutte le operazioni destinate alla gestione ed al superamento dell’emergenza.

  1. L’attuale fase di preparazione: le azioni intrapese.

Durante la fase di preparazione e di ratifica del Piano, segnali epidemiologici di rischio, originato dai focolai di influenza aviaria nell’area estremo orientale e dalla diffusione del virus A/H5N1 in aree dove non era mai stato isolato, hanno obbligato, oltre ad una continua revisione del Piano stesso, all’adozione di misure tese al contenimento di un eventuale rischio pandemico.

Il Ministero della salute ha, quindi, posto in essere ogni sua competenza al fine di approntare adeguate risorse per affrontare il problema dell’influenza aviaria e preparare la risposta ad una possibile pandemia già durante la stesura del presente Piano. Sono state adottate una serie di misure a carattere preventivo, intese a migliorare i nostri sistemi di controllo, tanto nella sanità animale quanto nella tutela della salute pubblica.

9.1. Misure di carattere organizzativo e generale

– Decreto Legge 1.10.2005 “Misure urgenti per fronteggiare l’influenza aviaria, le malattie animali e le emergenze zoosanitarie e per assicurare idonee scorte di farmaci antivirali per prevenire il rischio di una pandemia influenzale”)

Il Decreto mira, in particolare, a :

– potenziare e a razionalizzare gli strumenti di lotta contro l’influenza aviaria e le altre malattie animali ed emergenze zoo-sanitarie, attraverso l’istituzione del Centro Nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali, che dovrà svolgere una attività di raccordo tecnico-operativo con le analoghe strutture regionali e locali

– istituire presso il Ministero della salute il Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti;

– potenziare le strutture ministeriali, tramite il reclutamento, di dirigenti veterinari e di cinquanta operatori della prevenzione e del controllo sanitario; il potenziamento dei Carabinieri del NAS

9.2. Misure preventive nel settore della salute pubblica

Le misure di sanità pubblica sono riportate in Tabella 2, e illustrate di seguito:

– Potenziamento del sistema di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’ influenza umana e animale, tramite la stipula di Convenzioni CCM con l’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Interuniversitario Ricerca Influenza e l’IZS delle Venezie per rafforzare il sistema di sorveglianza sentinella dell’influenza INFLUNET e scambiare informazioni con il sistema di sorveglianza veterinario;

– Miglioramento delle coperture vaccinali contro l’influenza stagionale

– Raccomandazioni per l’erogazione della vaccinazione stagionale gratuita per il personale esposto, per motivi professionali, a virus aviari, al fine di impedire la co-infezione di virus umani ed aviari nello stesso individuo

– Stipula di appositi contratti con le aziende produttrici di vaccino antinfluenzale al fine di garantire maggiore disponibilità di vaccino stagionale

– Accordi per la prelazione sul vaccino pandemico, per l’implementazione delle attività di ricerca e sperimentazione di vaccini strategici, e per assicurare, nel momento della pandemia, anche quote di vaccino prodotte con tecniche che consentono il dimezzamento dei tempi di produzione

– Acquisto e stoccaggio di farmaci antivirali

– Avvio delle procedure per reperire fondi finalizzati all’acquisizione di farmaci e dispositivi di protezione da utilizzare in caso di pandemia

– Potenziamento dei controlli sanitari alle frontiere (Ordinanza 8 novembre 2005)

9.3. Misure preventive nel settore degli allevamenti e della veterinaria

– Ordinanza Ministeriale del 26.8.2005

– Ordinanza Ministeriale del 10.10.2005).

Con tali strumenti si provvede, in particolare, a:

– disporre l’obbligo di registrazione delle aziende di volatili da cortile presso le ASL, con eventuale divieto di commercializzazione di animali e prodotti dell’avicoltura in caso di inadempienza

– prevedere misure di quarantena e controllo nelle aziende di volatili da cortile; è imposto un periodo di quarantena di 21 giorni per i volatili che vengono introdotti nelle aziende;

– rendere obbligatorio la etichettatura delle carni avicole: è disposta l’obbligatorietà dell’etichettatura delle carni fresche, delle preparazioni e prodotti a base di carne di pollame, con il duplice scopo: a) fornire elementi di rintracciabilità immediata per fini di polizia veterinaria; b) informare il consumatore circa l’origine delle carni

– estendere le disposizioni a tutte le specie sensibili (fagiani, quaglie, ecc)

– definire un Programma di controllo virologico campionario delle specie selvatiche più rappresentative (Anatidi) nelle zone umide a maggiore densità di allevamenti di volatili da cortile e un Sistema di monitoraggio degli uccelli selvatici trovati morti

9.4. Misure preventive sulle importazioni

Con i Provvedimenti del 9.8; 26.8; 7.9; 21.9.2005 si è provveduto, in particolare a:

– sospendere le importazioni, dai Paesi affetti, di talune tipologie di prodotti e animali a rischio per influenza aviaria («piume e parti di piume non trasformate» e «volatili diversi dal pollame»);

– intensificare i controlli all’importazione su prodotti di origine animale delle specie sensibili all’infezione (anche contenuti nei bagagli al seguito dei passeggeri); selvaggina uccisa; merci di qualsiasi tipologia provenienti da tutte le aree geografiche a rischio di importazioni illegali di prodotti di origine animale; pollame e uova da cova importate dai Paesi terzi;

– vietare l’importazione da tutti i Paesi terzi dei volatili destinati ad essere utilizzati come selvaggina da ripopolamento (quali fagiani, pernici, starne) e all’ obbligo della quarantena per i volatili introdotti dai Paesi membri e destinati ad essere utilizzati come selvaggina da ripopolamento;

– vietare l’importazione di qualsiasi specie di volatile dall’intero continente asiatico, compresi quelli a seguito di viaggiatori

Tabella 2. Azioni di Sanità pubblica intraprese dal Ministero della Salute alla data di approvazione del Piano

Obiettivi Azioni Stato
Migliorare la sorveglianza sentinella clinico-epidemiologica e virologica attraverso il network dei medici sentinella e dei laboratori di riferimento e renderla idonea per la rilevazione in periodi pandemici 1. Modifica della modalità di rilevazione delle sindromi influenzali (INFLUNET) al fine di ottenere, alla fine del periodo di sorveglianza, una stima sulla proporzione di ILI verificatesi nelle categorie di soggetti a rischio, di soggetti addetti a servizi di primario interesse collettivo, di soggetti che, per attività lavorativa sono in contatto con animali suscettibili di sviluppare e trasmettere influenza aviaria

2. Stipula di convenzione per l’attuazione della sorveglianza epidemiologica con ISS e Università

3. Stipula di convenzione per l’attuazione della sorveglianza virologica con ISS, Università, Regioni

1. Modificato il protocollo influnet per la stagione influenzale 2005-2006

2. Stipulata convenzione biennale con Istituto Superiore di Sanità e Università di Genova (€ 190.000,00)

3. Stipulata convenzione biennale con ISS, Università di Genova, Regioni (€ 410.000,00)

Aumentare la copertura vaccinale delle categorie a rischio (anziani e soggetti di tutte le età con malattie croniche) e dei soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo attraverso la sensibilizzazione degli operatori sanitari Predisposizione Linee Guida per l’individuazione delle categorie a rischio e l’offerta attiva della vaccinazione Emanate circolari annuali “Prevenzione e controllo dell’influenza”.
Modificare ed implementare il sistema di rilevazione delle coperture vaccinali in modo da renderlo più aderente all’esigenza di valutare le coperture nelle categorie a rischio e negli addetti ai servizi di primario interesse collettivo Predisposizione e diffusione nuovo modello di rilevazione per categorie e per età Diffuso nuovo modello di rilevazione per categorie e per età con Lettera Circolare 7 ottobre 2004
Attuare la sorveglianza virologica sulla circolazione di virus influenzali negli animali Stipula di convenzioni con IZS, finalizzate ad attuare la sorveglianza virologica negli animali a rischio. Stipulata convenzione triennale con IZS delle Venezie (€ 400.000,00)
1. Dotare il Paese di scorte adeguate di vaccino influenzale stagionali

2. Prelazionare il vaccino pandemico

3. Incentivare le attività di ricerca e sperimentazione finalizzate alla produzione di vaccini strategici

1. Stipula di accordi con aziende produttrici di vaccini, finalizzati all’incremento della capacità produttiva delle stesse, in modo da poter disporre, in periodi interpandemici, di dosi sufficienti di vaccino

2. Stipula di accordi di prelazione con aziende produttrici di vaccini, al fine di garantire al Ministero della Salute, in periodo pandemico, dosi sufficienti di vaccino

3. acquisto preliminare di stock di vaccino monovalente pandemico H5, H7, H9 ove prodotto.

1. Individuata una strategia di approvvigionamento finalizzata a determinare:

a. incremento della capacità produttiva tale da garantire maggiore disponibilità di vaccino sia epidemico che pandemico;

b. diritto di prelazione del Ministero della salute sul vaccino antinfluenzale prodotto, in caso di pandemia;

c. implementazione delle attività di ricerca e sperimentazione finalizzate alla produzione di vaccini strategici, tramite acquisto preliminare di stock di vaccino monovalente pandemico H5, H7, H9 ove prodotto.

2. Stipulati i contratti con Aziende produttrici

Dotare il Paese di scorte adeguate di antivirali Costituzione stock farmaci antivirali per uso profilattico e terapeutico 1. Individuati antivirali utili per scopi profilattici e/o terapeutici

2. Stanziate risorse per la costituzione di un primo stock di farmaci

3. Predisposte e inviate lettere-contratto per acquisto antivirali

Portare a conoscenza degli operatori e della popolazione generale elementi utili per la sensibilizzazione alla prevenzione: Piano di Formazione

Piano di comunicazione

Piano di formazione e piano di comunicazione completata la stesura; in atto le attività di condivisione
  1. Operatività per fasi e livelli di rischio.

PERIODO INTERPANDEMICO

FASE 1

Nessun nuovo sottotipo virale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus influenzale che ha causato infezioni nell’uomo può essere

presente negli animali. Se presente negli animali, il rischio di infezione o malattia nell’uomo è considerato basso

OBIETTIVO GENERALE; rafforzare la preparazione alla pandemia influenzale a livello globale, nazionale e locale PAROLE CHIAVE: organizzazione/catena di comando; censimento bisogni/risorse; protocolli operativi

OBIETTIVI SPECIFICI AZIONI RESPONSABILITA’ STATO DI AVANZAMENTO
Pianificazione e coordinamento
1) Sviluppare e mantenere aggiornati i piani nazionali che devono essere in linea con i piani internazionali

2) Promuovere le capacità di risposta nel caso venga comunicata la comparsa di nuovi ceppi virali

3) Sviluppare meccanismi efficaci per la mobilitazione e dispiegamento delle risorse nelle aree dove è necessario

4) Sviluppare meccanismi efficaci per le decisioni e le conseguenti azioni relative alla risposta nazionale e internazionale alle emergenze sanitarie relative all’influenza, attraverso una forte cooperazione intersettoriale e intergovernativa tesa a identificare e minimizzare il rischio di infezioni umane con un nuovo virus influenzale

5) Sviluppare piani per condurre la valutazione di impatto e il dimensionamento delle risorse richieste durante il periodo pandemico

• Costituire il Comitato Nazionale per la Pandemia

• Sensibilizzare i decisori politici sull’importanza della pianificazione pandemica

• Definire il piano pandemico nei dettagli organizzativi (catena, di comando, struttura organizzativa centrale e periferica, raccordi interistituzionali), prevedendo compiti, responsabilità e periodicità delle successive revisioni

• Ratificare la pianificazione e garantirne le attività di preparazione a tutti i livelli

• Istituire un gruppo per il monitoraggio del Piano

• Fornire periodicamente sviluppi e aggiornamenti del piano nazionale da concordare con le istituzioni sanitarie e non sanitarie coinvolte nella risposta

• Organizzare e/o condurre esercitazioni sul piano pandemico che includano tutte le Istituzioni che saranno coinvolte nella risposta ad una pandemia e utilizzare i risultati per migliorare il Piano e le attività di preparazione

• Censire la popolazione relativamente alle caratteristiche demografiche e del profilo di rischio (es.: popolazione esente per patologia, invalidi, ecc..)

• Censire la disponibilità ordinaria e straordinaria di strutture di ricovero e cura, strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, operatori di assistenza primaria (MMG, PLS, Medici di continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali, ecc.)

• Censire la rete dei laboratori con relativi livelli

di biosicurezza e possibilità di implementazione delle ricerche diagnostiche in caso di pandemia

• Identificare e formare persone-chiave che possono essere mobilitate in caso di’ emergenza di un nuovo ceppo virale influenzale, nell’ambito degli assetti organizzativi già presenti ed in base al modello organizzativo definito nel piano pandemico

• Costituire, previo censimento dell’esistente, una riserva nazionale di: antivirali, DPI, vaccini, antibiotici, kit diagnostici e altri supporti tecnici per un rapido impiego nella prima fase emergenziale, e, contestualmente, definire le modalità di approvvigionamento a livello locale/regionale nelle fasi immediatamente successive

• Definire, sulla base di quanto stabilito in ambito comunitario, le procedure per:

– condividere le scorte di antivirali/vaccini coni Paesi che saranno colpiti per primi;

– condividere tempestivamente i risultat relativi agli isolamenti (anche al fine della messa a punto dei vaccini);

– stabilire i necessari flussi informativi sui dati epidemiologici, compresi quelli in ambito animale;

– concordare progetti di ricerca specifici (efficacia antivirali, vaccini.,.)

• Definire misure di potenziamento dell’assistenza medica in comunità residenziali (atte a ridurre il ricovero in ospedale degli ospiti)

• Predisporre gli strumenti legislativi necessari all’eventuale necessità di TSO e quarantena dei soggetti esposti

• Sviluppare piani gestionali, armonizzati con la pianificazione nazionale, per le risorse e per i lavoratori addetti ai servizi essenziali durante la pandemia

• Individuare procedure nazionali per la sicurezza degli alimenti di origine animale

Ministro della Salute

Ministro della Salute

Ministero della Salute, Regioni

Ministro della Salute

Ministro della Salute

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute –

CCM, Regioni, ISTAT

Ministero della Salute –

CCM, Regioni, ISTAT, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, Regioni, ISS -Centro Nazionale Influenza

Ministero della Salute –

CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, AIFA, ISS, altri Ministeri

Ministero della salute, DGPSLEA, Regioni

Ministro della salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ministero della salute -CCM, Regioni Ministeri ed Enti interessati per competenza;

Ministero della salute -DGSVA

Monitoraggio e valutazione
1) Disporre di informazioni sull’andamento delle infezioni umane e animali con i ceppi influenzali

2) Sviluppare la capacità di individuare infezioni umane e animali con nuovi ceppi di virus influenzali, di identificare potenziali sorgenti di infezione umana o animale e valutare il rischio di trasmissione interumana

3) Integrare i dati di monitoraggio

Sviluppare un affidabile sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale in grado di identificare, caratterizzare e valutare eventuali cluster di ILI o decessi legati a ILI o altre malattie respiratorie

• Sviluppare e aggiornare sistemi nazionali affidabili per la sorveglianza dell’influenza animale, basati sulle linee guida OMS, FAO, OIE

• Sviluppare e mantenere collegamenti con network nazionali ed internazionali per eventi routinari o inusuali

• Caratterizzare e condividere gli isolamenti virali e le informazioni sulla circolazione dei ceppi

• Monitorare l’impatto dell’influenza stagionale al fine di stimare le necessità per il periodo pandemico (morbosità, mortalità, ricoveri, risorse, ecc.)

• Sviluppare progetti per il monitoraggio delle informazioni con sistemi di raccolta non tradizionali (morbosità, mortalità, assenteismo lavorativo, aree affette, gruppi a rischio, disponibilità degli operatori sanitari e di addetti ai servizi essenziali, strumentazioni sanitarie, occupazione di posti letto, ricoveri ospedalieri, utilizzazione di servizi sanitari alternativi).

• Creare una “sala-situazione” centrale collegata con omologhe strutture regionali

Ministero della salute -CCM, Regioni, ISS, CIRI, MMG, PLS (RETE INFLUNET)

Ministro Salute – DGSVA, CCM, Regioni

Ministero della salute -CCM, Regioni

ISS – NIC

INFLUNET

Ministero della salute -CCM, Regioni

Ministero della salute -CCM, Regioni

Prevenzione e contenimento
1) Definire strategie di contenimento basate su azioni di sanità pubblica non farmacologiche

2) Sviluppare strategie relative alla costituzione di una scorta strategica nazionale (stockpile) di antivirali e criteri per il loro utilizzo

3) Contribuire ad incrementare la disponibilità di vaccino in caso di pandemia

4) Sviluppare strategie nazionali e criteri per l’uso del vaccino epidemico stagionale e del vaccino pandemico

5) Anticipare l’esigenza di sviluppare il futuro vaccino pandemico

• Sviluppare e armonizzare linee guida nazionali per interventi di sanità pubblica, che tengano conto delle raccomandazioni dell’OMS, con i responsabili anche al di fuoridel settore sanitario (trasporti, educazione,ecc.,); garantirsi legalmente per gli interventi proposti; assicurarsi e indirizzare le risorse per l’implementazione

• Condurre esercitazioni di tipo “table top” ed usare i risultati per migliorare la pianificazione

• Sviluppare protocolli operativi per interventi di sanità pubblica, che tengano conto delle raccomandazioni dell’OMS, finalizzate allariduzione dei contatti ravvicinati tra persone e che prevedano i diversi livelli di rischio ed i conseguenti provvedimenti restrittivi da adottare

• Definire condizioni e modalità per l’attuazione del monitoraggio nei confronti di persone provenienti da Paesi ove è presente l’infezione pandemica

• Sviluppare una strategia che garantisca l’impiego degli antivirali per un uso sul territorio nazionale, sia durante l’allerta chedurante il periodo pandemico individuando con precisione le priorità dei destinatari

• Sviluppare la partecipazione a progetti di ricerca per valutare la sicurezza e la resistenza dei farmaci antivirali e promuoverelo sviluppo di alternative accessibili

• Utilizzare i dati nazionali di impatto della malattia, sviluppare o adattare le politiche vaccinali nazionali per raggiungere gli obiettivi raccomandati dall’Assemblea Mondiale della Sanità per l’uso del vaccino anti influenzale

• Valutare i sistemi di controllo in ambito veterinario, ivi compresi quelli relativi alla sicurezza alimentare, e la loro congruità rispetto al contagio umano da virus aviario

• Definire il percorso diagnostico-terapeutico per i soggetti esposti a focolai di influenza aviaria e le eventuali misure di controllo sulla popolazione

• Definire gli obiettivi nazionali per l’uso del vaccino pandemico; sviluppare priorità preliminari per l’uso del vaccino pandemico, sulla base delle disponibilità previste

• Partecipare, in sede comunitaria, all’individuazione di una possibile modalità per aumentare l’accesso al vaccino pandemico, orientare la regolamentazione, l’impegno economico e i diritti di proprietà

• Definire modalità per assicurarsi l’accesso ai vaccini; supportare iniziative per incrementarela produzione globale di vaccino contribuendo alla ricerca e al rafforzamento delle infrastrutture

• Operare una revisione della logistica e delle necessità operative per l’implementazione della strategia per la vaccinazione durante la pandemia (immagazzinamento, capacità di distribuzione, disponibilità della catena del freddo, centri di vaccinazione, necessità di personale per la somministrazione del vaccino)

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute -CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute -CCM

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – DGSVA

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute, AIFA

AIFA, Ministero della Salute, DG Farmacovigilanza

Ministero della Salute, AIFA

Ministero della Salute -CCM, Regioni, altri Ministeri

Risposta del sistema sanitario
1) Assicurarsi che i piani di risposta e le strategie siano diffusi e operativi in tutti i settori sanitari • Valutare la preparazione del sistema sanitario utilizzando, come controllo, le azioni previste nel piano

• Identificare la catena di comando e controllo del sistema sanitario in caso di pandemia

• Identificare le priorità e le strategie di risposta per il sistema di assistenza pubblico e privato, ad ogni livello, includendo, dove è necessario il triage, la capacità di risposta all’aumento della domanda, la gestione delle risorse umane e strumentali

• Mettere a disposizione: protocolli e algoritmi per l’identificazione, gestione e trattamento dei casi; linee guida per il controllo della infezione; linee guida per il triage; istruzioni per la gestione dell’incremento della domanda e per la gestione del personale

• Verificare la realizzazione delle misure di biosicurezza dei laboratori, di procedure per la manipolazione sicura dei campioni e di strategie di controllo delle infezioni ospedaliere

• Stimare le necessità di approvvigionamento di farmaci e altro materiale; iniziare la negoziazione per un approvvigionamento sicuro

• Avviare la formazione intensiva degli operatori sanitari sulla pandemia

• Condurre esercitazioni regolari sul Piano, inclusa la catena di comando e controllo

Ministero della salute -CCM, Regioni

Ministero della salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM

Ministero della Salute -CCM, ISS, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM, Regioni, altri Ministeri

Comunicazione
1) Assicurarsi che esistano meccanismi per le comunicazioni di routine e in emergenza fra autorità sanitarie, istituzioni governative e altre organizzazioni coinvolte nella risposta alla pandemia, nonché con il pubblico

2) Stabilire un livello appropriato di conoscenza fra governo e altri partner essenziali

3) Stabilire relazioni di lavoro e di collaborazione con i media in relazione alle epidemie, comprendendo informazioni sui ruoli, le responsabilità e le procedure operative delle autorità sanitarie

• Definire le strategie nazionali per la comunicazione nelle varie fasi, nonché i ruoli e le modalità operative per la comunicazione

• Consolidare le modalità di comunicazione del rischio legato all’influenza, prendendo in considerazione le linee guida dell’OMS per le comunicazioni in caso di epidemia

• Pianificare e valutare le capacità di modulare l’informazione sulla domanda dei diversi settori della popolazione, includendo gli operatori dei vari settori, i media e il pubblico

• Verificare l’adeguatezza delle infrastrutture per la comunicazione alle necessità in caso di pandemia, attuando accordi coi principali media relativamente alle modalità e ai contenuti delle comunicazioni

• Istituire e mantenere un sito web centrale per l’informazione

• Istituire una rete di comunicazione fra figure-chiave individuate per le diverse attività, inclusi coloro che devono comunicare il rischio, i settori governativi non sanitari, i vari gruppi professionali e tecnici

• Condividere con i media gli obiettivi e le azioni del piano, le modalità di gestione e le attività di preparazione per l’epidemia stagionale e per la pandemia

• Individuare canali formali di comunicazione con l’OMS e gli altri partner per la condivisione delle informazioni relative ai focolai e il coordinamento della strategia di comunicazione relativa all’influenza

• Sviluppare meccanismi di controllo a retroazione per identificare i livelli di conoscenza sulla pandemia e la percezione del rischio nella popolazione; orientare preventivamente le informazioni e correggere la cattiva informazione

Ministero della Salute -CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni

Ministero della Salute -CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni

Ministero della Salute -CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni

Ministero della Salute -CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni

Ministero della Salute -CCM, DGCRI

Ministero della Salute -CCM, DGCRI, Regioni, altri Ministeri

Ministro della salute e figure-chiave individuate

Ministero della Salute – CCM,

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio

PERIODO INTERPANDEMICO

FASE 2

Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Comunque, la circolazione negli animali di sottotipi virali influenzali pone

un rischio sostanziale di malattia per l’uomo

Livello 0: assenza di rischio nella Nazione

Livello 1: presenza di rischio nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi a rischio

OBIETTIVO GENERALE: minimizzare il rischio di trasmissione all’uomo; individuare e segnalare rapidamente tale trasmissione, se si verifica

PAROLE CHIAVE: potenziare la sorveglianza nel serbatoio animale, contenere la possibilità di trasmissione da animale a uomo

OBIETTIVI SPECIFICI AZIONI RESPONSABILITA’ STATO DI AVANZAMENTO
Coordinamento e controllo
1. Assicurare la capacità di una rapida risposta per identificare eventuali casi umani

2. Coordinare l’implementazione delle contromisure previste per la fase specifica al fine di limitare il rischio di infezioni umane

3. Verificare la disponibilità delle risorse pianificate per la fase

Livello 1

• Attivare modalità per azioni coordinate fra Autorità veterinarie e altre organizzazioni coinvolte nella sorveglianza dell’influenza negli animali

• Valutare lo stato di preparazione e identificare immediatamente le azioni non attuate per il livello precedente

• Verificare la capacità di dispiegamento rapido delle risorse strategiche

• Decidere le modalità di distribuzione delle risorse, in base alla valutazione del rischio

• Adottare/mantenere una politica degli indennizzi per compensare la perdita degli allevatori al fine di migliorare l’adesione alle misure di emergenza

• Verificare i sistemi di comunicazione interistituzionale anche a livello regionale-locale

Ministero della salute – CCM, DGSVA, Regioni, IZS

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni

Monitoraggio e valutazione
• Identificare la trasmissione fra specie ai primi stadi e comunicare le informazioni all’OMS e agli altri partner appropriati

• Condurre la valutazione dei rischio per la trasmissione del virus con potenziale pandemico all’uomo

Livello 1

• Rafforzare la sorveglianza animale e umana, basata sulle raccomandazioni di OMS, FAO, OIE e secondo quanto previsto nella fase precedente; fornire i risultati agli Organismi internazionali

• Trasmettere rapidamente i virus isolati da animali infetti ai laboratori di riferimento designati dall’OMS e dall’OIE per la conferma, la caratterizzazione dettagliata, lo sviluppo di reagenti e diagnostici e per la possibile utilizzazione per lo sviluppo di un vaccino

• Trasmettere rapidamente i virus isolati da casi umani sospetti al laboratorio di riferimento nazionale o altri laboratori designati

• Condurre indagini sul campo, sia epidemiologiche che di laboratorio, nelle aree affette, per valutare la diffusione della malattia negli animali e la minaccia per la salute umana

• Partecipare attivamente alla valutazione del rischio di trasmissione

• Assicurare competenza e capacità pratiche per la sorveglianza virologica nei laboratori nazionali, in accordo con le procedure standard e con l’uso di reagenti forniti dai laboratori di riferimento di OMS e OIE

• Proseguire le attività di scambio dei virus isolati e delle informazioni con altre organizzazioni partner

• Condurre la sorveglianza sierologica sugli allevatori e sul personale che, per motivi professionali, è a contatto con animali infetti

Ministero della Salute -DGSVA, INFLUNET

ISS, IZS

INFLUNET

ISS, IZS, Regioni

Ministero della salute – CCM

NIC -ISS, IZS Venezie

NIC -ISS, IZS Venezie

NIC -ISS, IZS Venezie,

Prevenzione e contenimento
• Minimizzare il rischio di infezioni umane da contatto con animali infetti

• Valutare la disponibilità nazionale di antivirali

• Ridurre il rischio di coinfezione nell’uomo quindi minimizzare le opportunità di riassortimento

Livello 0

• Implementare i meccanismi per lo scambio di dati virologici ed epidemiologici e delle conoscenze relative alle contromisure adottate in aree affette

Livello 1

• Assicurare una risposta ottimale ai focolai animali, comprese le misure per ridurre il rischio infettivo nel personale coinvolto nella risposta (formazione ed educazione sulla minaccia potenziale; uso corretto dei DPI; distribuzione degli antivirali se indicato dalia valutazione del rischio)

• Diffondere raccomandazioni per ridurre il contatto fra uomini e animali potenzialmente infetti (es. consigli ai viaggiatori)

• Aggiornare le raccomandazioni per la profilassi e il trattamento con antivirali, dopo la valutazione del rischio

• Verificare la capacità di distribuzione della scorta nazionale di antivirali dal sito di stoccaggio alle aree affette e che il personale sia addestrato a tali procedure

• Rivedere la strategia per l’uso dei vaccini interpandemici al fine di prevenire la co-circolazione dei virus umani e aviari; promuovere tali strategie nei gruppi a rischio

• Sviluppare piani di emergenza perprocurarsi il vaccino stagionale (o quello specifico se è disponibile) e per distribuirlo

• Verificare le strategie delle aziende produttrici di vaccino per la produzione in emergenza

Ministero della Salute – CCM, DGSVA

Ministero della Salute – CCM, DGSVA, Regioni

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM

CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, regioni

Ministero della Salute – CCM AIFA

Ministero della Salute – CCM AIFA

Risposta dei sistema sanitario
• Assicurare che, se si verifica un’infezione nell’uomo, questa sia rapidamente identificata e che il sistema sanitario risponda in modo appropriato Livello 0

• Allertare il sistema sanitario perché sia preparato a ricevere un numero presumibilmente piccolo dì pazienti con un infezione influenzale da nuovo sottotipo che richiede isolamento e assistenza clinica

• Valutare le capacità del sistema sanitario di individuare e contenere epidemie in ambiente ospedaliero

• Allertare il sistema di assistenza sanitaria affinché venga considerata l’ipotesi di infezione influenzale in pazienti malati con storia di viaggi in Paesi affetti e venga riconosciuta la necessità di notificare i casi all’Autorità Sanitaria; fornire gli algoritmi per l’individuazione dei casi ed il trattamento

• Verificare che i medici competenti dei lavoratori esposti a rischio siano a conoscenza dei protocolli di diagnosi e cura, e che vi siano i necessari raccordi con ASL e Strutture di diagnosi e cura

Livello 1

• Allertare il sistema di assistenza sanitaria affinché:

– venga presa in considerazione la possibilità di infezione da nuovo virus influenzale in pazienti malati con esposizione ad animali infetti;

– vengano implementate le misure di controllo dell’infezione;

– vengano notificati immediatamentei casi all’autorità sanitaria pubblica;

– vengano forniti gli algoritmi per l’individuazione dei casi ed il trattamento

• Verificare la disponibilità e le procedure di distribuzione dei DPI, degli antivirali e del vaccino per la protezione del personale a rischio occupazionale; implementare le misure opportune

• Assicurare la rapida distribuzione dei test diagnostici, quando disponibili

• Attivare l’informazione ai cittadiniprovenienti o diretti in aree infette ed il monitoraggio presso le sedi aeroportuali (collaborazione e comunicazione tra USMAF e Regioni)

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

NIC-ISS

Ministro della Salute – CCM

Comunicazione
• Assicurare che un’informazione adeguata sia diffusa rapidamente fra le autorità sanitarie, gli altri partner e il pubblico

• Assicurare che esista un meccanismo per il coordinamento delle comunicazioni relative al settore veterinario

Livello 0

Aggiornare le autorità, gli operatori dei vari settori i gruppi a rischio e il pubblico sulla diffusione del virus e sul rischio per l’uomo

Livello 1

• Implementare e armonizzare sistemi di comunicazione per rispondere ai quesiti degli operatori sanitari e del pubblico

• Comunicare notizie relative alla modalità di diffusione della malattia ed alla prevenzione del rischio (rischio di infezione, sicurezza degli alimenti, trattamento di animali) basata sulle raccomandazioni dell’OMS, indicando anche gli effetti negativi di misure improprie

• Diffondere le informazioni relative alle strategie di utilizzo delle scorte nazionali di antivirali

Ministro della Salute e figure chiave

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, figure chiave

Ministero della Salute – CCM

PERIODO DI ALLERTA PANDEMICO

FASE 3

Infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo ma assenza di trasmissione da uomo a uomo, o solo rare prove di trasmissione in contatti

stretti.

Livello 0: assenza di infezioni nella Nazione

Livello 1: presenza di infezioni nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi affetti

OBIETTIVO GENERALE: assicurare la rapida caratterizzazione e la rapida individuazione del nuovo sottotipo virale, la notifica e la risposta a nuovi casi

PAROLE CHIAVE: potenziare la sorveglianza nell’uomo, attivare i protocolli diagnostico-terapeutici previsti

OBIETTIVI SPECIFICI I AZIONI RESPONSABILITA’ STATO DI AVANZAMENTO
Coordinamento e controllo
• Assicurare che esistano meccanismi attraverso i quali l’imminente minaccia possa essere riconosciuta e gestita

• Coordinare interventi tempestivi tesi a ridurre il rischio di pandemia

Livello 1

• Attivare la risposta nazionale e fornire una guida alle autorità chiave per l’implementazione del Piano

• Diffondere istruzioni appropriate e ufficiali a tutti i livelli (salute, agricoltura, e cariche istituzionali dello Stato) relative alla situazione; definire le risorse aggiuntive necessarie, gli interventi e l’uso dei poteri in emergenza

• Assistere le autorità regionali e territoriali nella implementazione degli interventi

Ministro della salute

Ministro della salute, figure chiave

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, Istituti Scientifici Nazionali

Monitoraggio e valutazione
• Essere in grado di escludere una più ampia trasmissione interumana e individuarla non appena si verifica

• Individuare e caratterizzare casi aggiuntivi (inclusi i fattori di rischio per la trasmissione)

Livello 1

• Confermare e notificare immediatamente i casi, usando le vie appropriate (RSI)

• Raccogliere i dati dalle Regioni e descrivere l’epidemiologia dei casi umani/sorgenti di esposizione, periodo di incubazione, infezione dei contatti (clinica e subclinica), periodo di contagiosità

• Mettere a punto la definizione di caso a livello nazionale sulla base delle linee guida dell’OMS e diffonderla

• Definire le caratteristiche dell’infezione negli uomini e condividerle con i partner internazionali

• Caratterizzare rapidamente il virus responsabile dell’infezione umana, in collaborazione con i centri di riferimento OMS

• Attuare quanto previsto per il potenziamento della sorveglianza umana e animale, compresa l’identificazione dei focolai

• Collaborare a livello internazionale per valutare la patogenicità del virus nell’uomo

• Identificare le priorità per aree geografiche e per gruppi a rischio e definire le misure preventive appropriate

• Valutare l’efficacia dei protocolli di trattamento e delle misure di controllo delle infezioni e, se necessario, operarne la revisione

• Condurre studi di sieroprevalenza nei gruppi a rischio e, successivamente, nella popolazione generale per valutare prevalenza e incidenza dell’infezione in soggetti sintomatici e asintomatici

• Raccogliere continuamente e condividere gli isolati virali e le informazioni necessarie per sviluppare o adattare la diagnostica, sviluppare i virus candidati per la produzione di vaccino/ceppi prototipo e monitorare l’emergenza di resistenza agli antivirali

Ministero della salute – CCM INFLUNET

INFLUNET

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute – CCM

NIC-ISS

INFLUNET, Rete sorveglianza veterinaria – IZS

NIC-ISS

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

INFLUNET, Università, Regioni
NIC-ISS

Prevenzione e contenimento
• Contenere o ridurre la trasmissione interumana

• Limitare la morbosità e la mortalità associate alle infezioni umane correnti

• Valutare il possibile uso di antivirali nella fase corrente e nella successiva

• Incrementare la capacità di sviluppare rapidamente il vaccino pandemico

Livello 0

• Valutare la disponibilità di antivirali

• Verificare il numero effettivo dei soggetti da sottoporre a antivirali, sulla base deicriteri di priorità già definiti, rispetto alle disponibilità e, se necessario, ridurre il numero dei destinatari

• Raccogliere prove di efficacia e sicurezza degli antivirali e, se necessario, rivalutare e rivedere strategie, linee guida e priorità

• Definire norme per l’ottimizzazione quali-quantitativa della fornitura di antivirali in emergenza

• Controllare la disponibilità di potenziale vaccino e degli altri materiali necessari ad effettuare la vaccinazione (ad es. siringhe)

• Considerare la possibilità di finanziare lo sviluppo di vaccini sperimentali

Livello 1

• Implementare interventi appropriati, identificati durante la pianificazione, in accordo con i partner rilevanti

• Condividere tempestivamente gli isolati virali con l’OMS in modo da permettere lo sviluppo del vaccino per la potenziale pandemia e l’aggiornamento dei reagenti

• Se sono contemporaneamente presenti casi animali adottare la strategia di impiego degli antivirali nei soggetti a rischio

• Promuovere continuamente la vaccinazione con vaccino influenzale epidemico per limitare il rischio della co-infezione in coloro che sono più probabilmente esposti al virus animale e, potenzialmente, limitare la co-circolazione del ceppo umano nell’area affetta

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

AIFA

Ministero della salute – CCM, AIFA

Ministro della salute

NIC-ISS

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

Risposta del sistema sanitario
• Prevenire le infezioni nosocomiali e le infezioni in laboratorio

• Assicurare che gli operatori sanitari siano pienamente informati e consapevoli della possibilità di rilevare casi o cluster di casi

Livello 0

• Fornire, a tutto il personale di assistenza, la definizione di casoaggiornata e i protocolli ed algoritmi per la diagnosi, il trattamento, il controllo, la sorveglianza

• Valutare l’idoneità/capacità di implementazione delle misure di controllo delle infezioni nei soggetti malati; implementare il controllo delle infezioni in linea con le indicazioni dell’OMS

• Definire il piano per l’attivazione di posti-letto aggiuntivi, cosicché in caso di passaggio a fase 4, siano già predisposti tutti i provvedimenti amministrativi necessari

• Definire linee guida per il trattamento a domicilio dei casi

• Individuare le misure di supporto non di tipo sanitario, quali l’incremento dei permessi per assistenza, i servizi di assistenza domiciliare, (conferimento pasti, spesa, ecc.) il riconoscimento dei permessi lavorativi e volontari

Livello 1

• Attivare il coordinamento fra settori di assistenza sanitaria e altre organizzazioni, ai fine di:

– operare una revisione dei piani di emergenza a tutti i livelli, con particolare attenzione alle capacità di mobilitazione

– testare l’operatività della catena di comando e controllo

• Formare gli Operatori sanitari per la rilevazione/identificazione dei focolai

• Implementare le procedure per la prevenzione ed il controllo della trasmissione delle infezioni in ambito ospedaliero

• Verificare l’adesione dei laboratori alle misure di biosicurezza necessarie per il livello di rischio connesso con la manipolazione ed il trasporto dei campioni

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute – CCM

Regioni

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministro della Salute, altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, Regioni

Regioni
ISS – NIC

Comunicazione
• Comunicare, in modo trasparente con il pubblico, in merito alla possibile diffusione dei focolai e sugli eventi attesi

• Assicurare la rapida condivisione di una informazione adeguata fra autorità sanitarie.

Livello 0

• Identificare i gruppi bersaglio per la diffusione dei messaggi chiave; predisporre materiale appropriato; scegliere il formato e il linguaggio opportuno

• Collaborare con le altre istituzioni per assicurare la coerenza dei messaggi diffusi

• Rivedere e aggiornare i materiali informativi per i notiziari, gli operatori sanitari, il pubblico in generale

• Controllare i sistemi e le risorse per assicurarsi che funzionino regolarmente e che le liste del personale-chiave siano aggiornate

Livello 1

• Aggiornare regolarmente l’OMS e le altre organizzazioni internazionali e nazionali sull’evoluzione della situazione nazionale

Ministero della salute – CCM, DGCRI, Regioni

Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ministero della salute – CCM, Regioni

PERIODO DI ALLERTA PANDEMICO

FASE 4

Piccoli cluster con limitata trasmissione interumana e con diffusione altamente localizzata, che indicano che il virus non è ben adattato all’uomo

Livello 0: assenza di piccoli cluster nella Nazione

Livello 1: presenza di piccoli cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati cluster di malattia

OBIETTIVO GENERALEcontenere la diffusione del nuovo virus all’interno di focolai limitati o ritardare la diffusione per guadagnare tempo al fine di mettere in atto le misure di preparazione, incluso lo sviluppo del vaccino

PAROLE CHIAVE: attivare il sistema di controllo, predisporre tutti i provvedimenti per l’adozione delle misure in fase pandemica

OBIETTIVI SPECIFICI AZIONI RESPONSABILITA’ STATO DI AVANZAMENTO
Coordinamento e controllo
1) lmplementare procedure che possano contenere o ritardare la diffusione dell’infezione umana

2) Assicurare che esistano sistemi in grado di individuare e caratterizzare i focolai e di valutare il rischio di passaggio ad una fase successiva

Livello 0

• Attivare la risposta nazionale per le attività di fase

• Valutare lo stato di attuazione delle attività previste per le fasi precedenti e la disponibilità di risorse nazionali; implementare le azioni richieste per colmare eventuali lacune

• Identificare le capacità di risposta alle richieste di aiuto internazionali
Livello 1

• Assicurare il massimo impegno politico per le attività in corso e per i potenziali interventi/contromisure

• Attivare le procedure per ottenere eventuali risorse aggiuntive, se necessario

• Disporre l’attivazione di team di risposta per i settori coinvolti

• Collaborare con i Paesi conf inanti per scambio di informazioni e coordinamento delle attività di emergenza

• Identificare le necessità di assistenza internazionale

• Attivare la catena di comando a livello locale

• Verificare la condivisione delle informazioni e l’adozione dei protocolli a tutti i livelli, relativamente a criteri per l’effettuazione indagini sierologiche; criteri per invio al ricovero, criteri per somministrazione di antivirali a scopo profilattico/terapeutico

Ministro della salute

Ministero della salute -CCM, Regioni

Ministro della salute

Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro della Salute, altri Ministri

Ministro della Salute

Ministero della Salute -CCM, regioni, altri Ministeri

Ministro della Salute, Ministro degli Esteri, altri Ministri

Ministero della Salute -CCM, DGRUERI, Ministero degli Esteri

Regioni, Prefetture

Ministero della salute -CCM, Regioni

Monitoraggio e valutazione
1) Valutare l’estensione della trasmissione interumana

2) Identificare, notificare e caratterizzare cluster addizionali (includendo l’identificazione dei fattori di rischio e altri dati relativi alla trasmissione

3) Valutare la minaccia per la salute pubblica e l’impatto di ogni misura di controllo e identificare le risorse richieste per intensificare il controllo

Livello 0

• Intensificare la sorveglianza

• Valutare l’opportunità di restrizioni degli spostamenti da e per altre Nazioni in cui si siano verificati cluster epidemici

• Valutare dell’opportunità e delle modalità di rientro dei cittadini italiani residenti in aree affette

• Valutare l’opportunità e le modalità di istituire controlli sanitari alle frontiere e attuazione dei protocolli previsti dal Regolamento Sanitario Internazionale

Livello 1

• Descrivere e valutare le caratteristiche epidemiologiche, virologiche e cliniche dei casi identificati; identificare le possibili sorgenti diinfezione

• Fornire all’OMS e agli altri organismi internazionali le informazioni sui casi e sui cluster, utilizzando le procedure idonee, quali il Regolamento Sanitario Internazionale

• Implementare le attività di sorveglianza già in atto per il periodo di allerta pandemico; correggere la definizione di caso, se necessario

• Valutare la consistenza della trasmissione interumana

• Condurre ricerche cliniche per ottimizzare i protocolli di trattamento

• Raccogliere e condividere elementi e informazioni richieste per lo sviluppo o il miglioramento dei reagenti diagnostici e dei vaccini prototipo

• Fare previsioni sui possibili scenari di impatto della diffusione dell’infezione

• Cercare di valutare l’impatto delle misure di contenimento al fine di operare una revisione delle raccomandazioni; condividere rapidamente i risultati con la comunità internazionale al fine di aggiornare le politiche nazionali ed internazionali

• Mantenere e rafforzare la sorveglianza veterinaria

Ministero della salute -CCM, INFLUNET

Ministero della salute -CCM, Ministero degli Esteri, Unità di Crisi

Ministro della Salute, Ministro degli Esteri

Ministero della Salute -CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute -CCM

Ministero della Salute -CCM, Istituti Scientifici Nazionali

IIRRCCCCSS

ISS-NIC
Ministero della Salute -CCM

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute -DGSVA

Prevenzione e contenimento
1) Contenere o ritardare la trasmissione interumana

2) Limitare la morbosità e la mortalità associate alle infezioni umane correnti

3) Incrementare la capacità di sviluppare rapidamente il vaccino

4) Valutare il possibile largo uso di antivirali nella fase successiva

5) Valutare la possibilità di usare il vaccino pandemico sul campo (se sono disponibili i lotti sperimentali)

Livello 0

• Valutare la necessità di distribuire lo stock di antivirali a livello locale per facilitare la rapida implementazione della strategia antivirale (nel caso in cui diventi necessario)

• Supportare lo sviluppo e incremento della produzione del vaccino prototipo
Livello 1

Attivare i percorsi e i protocolli previsti dai piani di emergenza

• Armonizzare le misure sanitarie con ogni nuova indicazione fornita dall’OMS

• Valutare l’efficacia delle misure sanitarie in collaborazione con l’OMS

• Applicare la strategia, di utilizzo degli antivirali: utilizzare gli antivirali per il trattamento precoce dei primi casi e valutare l’opportunità di usare gli antivirali come profilassi per i contatti stretti dei casi, basandosi sulla valutazione del rischio e sulla severità della malattia

• Valutare rapidamente l’efficacia e la fattibilità della profilassi per il contenimento dei focolai e valutare l’impatto della strategia applicata

• Prendere in considerazione la distribuzione delvaccino pandemico, se disponibile

Ministero della Salute -CCM

Ministero della Salute -CCM, AIFA

Ministro della salute, altri Ministri, Regioni

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministero della Salute -CCM

Risposta del sistema sanitario
1) Prevenire le infezioni nosocomiali

2) Mantenere la biosicurezza

3) Assicurare che le risorse siano disponibili e il loro uso sia ottimale

Livello 0
Attivazione delle procedure previste dal Piano Livello 1

• Informare tempestivamente il personale medico sulla necessità di prendere in considerazione l’influenza pandemica nella diagnosi differenziale e di notificarla immediata alle autorità sanitarie

• Aggiornare la definizione di caso, i protocolli e gli algoritmi per l’identificazione dei casi, quelli per la gestione dei soggetti malati (antivirali e altri farmaci), quelli per il controllo delle infezioni e per la sorveglianza

• Valutare l’eventuale attivazione dei piani diemergenza per la risposta al sovraccarico delle strutture sanitarie e verificare che siano applicate le strategie alternative per l’isolamento e la gestione dei casi

• Implementare la capacità delle strutture sanitarie e i piani di emergenza per il ricambio di personale nelle strutture sanitarie e in altri settori chiave

• Richiamare l’attenzione sulle misure di controllo dell’infezione e distribuire lo stockpile dei dispositivi di protezione individuale

Ministro della Salute

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM

Regioni

Ministro della salute, Regioni

Regioni

Comunicazione

1) Assicurare la diffusione rapida di una informazione appropriata agii operatori sanitari, agli amministratori e a tutti i soggetti coinvolti nelle attività di gestione

2) Preparare il pubblico ad una possibile, rapida progressione degli eventi e alle possibili misure di emergenza

Livello 0

• Aggiornare le autorità sanitarie nazionali, le organizzazioni e il pubblico sulla situazione epidemiologica internazionale e sulle caratteristiche conosciute della malattia

• Attivare i piani di comunicazione per la fase

• Aggiornare i messaggi in relazione all’evoluzione della situazione

• Sviluppare strumenti educativi da utilizzare a livello nazionale e locale

• Ribadire l’importanza delle misure di controllo dell’infezione nelle collettività e negli ambienti affollati

Livello 1

• Rinforzare e intensificare i messaggi chiave sulla prevenzione del contagio interumano

• Spiegare razionalmente e aggiornare il pubblico su ogni aspetto della risposta all’epidemia e sulle successive fasi

• Fornire istruzioni per l’auto-protezione

Ministro della salute, figure chiave

Ministero della salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute -CCM, DGCSRI, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute -CCM, DGCSRI, Regioni, altri Ministeri

 

Ministero della Salute -CCM, Regioni

Ministro della salute, figure chiave

Ministro della salute, figure chiave

Ministero della salute -CCM, Regioni

PERIODO DI ALLERTA PANDEMICO

FASE 5

Grandi cluster, ma diffusione interumana ancora localizzata, che indicano che il virus migliora il suo adattamento all’uomo, ma non è ancora pienamente trasmissibile (concreto rischio pandemico).

Livello 0: assenza di grandi cluster nella Nazione

Livello 1: presenza di grandi cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove

sono stati rilevati grandi cluster di malattia

OBIETTIVO GENERALE: rendere massimi gli sforzi per contenere o ritardare la diffusione del virus, evitare, se possibile, la pandemia e guadagnare tempo per mettere in atto le misure di risposta

PAROLE CHIAVE: applicare i protocolli di profilassi, diagnosi e cura per i casi; introdurre le misure di precauzione universali

OBIETTIVI SPECIFICI AZIONI RESPONSABILITA’ STATO DI AVANZAMENTO
Coordinamento e controllo
1) Assicurare i massimi sforzi per ritardare o, possibilmente, allontanare la pandemia Livello 1

• Valutare l’attivazione dei poteri di emergenza

• Completare la preparazione per la pandemia imminente, inclusa l’attivazione delle procedure organizzative interne (all’interno della catena di comando e controllo, ecc.)

• Adattare e portare al massimo livello gli sforzi e le risorse per ridurre l’impatto della malattia e contenere o ritardare la diffusione dell’infezione

• Mantenere il monitoraggio costante della situazione (numero di casi, problemi nella gestione, ecc.), e garantire un costante flusso informativo tra i diversi livelli

• Attivare le risorse aggiuntive necessarie (potenziamento assistenza MMG/PLS/CA; assistenza medica incomunità residenziali, sospensione ricoveri programmati per “liberazione” posti-letto, ecc.)

Presidente del Consiglio dei Ministri

Ministero della salute, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Regioni

Monitoraggio e valutazione
1) Determinare il rischio di pandemia edevitare la diffusione ad altri Paesi ed eventualmente identificarla non appena si verifichi

2) Determinare e monitorare le risorse disanità pubblica necessarie per la rispostaalla pandemia

Livello 0

Rinforzare al massimo le misure di sorveglianza

Livello 1

• Adattare le attività già avviate alla massima intensità di rischio

• Informare le autorità sanitarie internazionali sull’incremento della diffusione utilizzando le appropriate modalità, incluso il RSl

• Implementare il monitoraggio continuo delle risorse essenziali (attrezzature mediche, farmaci, vaccini, posti letto ospedalieri, risorse umane, ecc.)

• Implementare la sorveglianza delle malattie respiratorie attraverso survey (telefonate o questionari)

• Modificare, se necessario, le previsioni di impatto della diffusione dell’infezione e delle misure di controllo

• Valutare l’impatto delle misure di contenimento al fine di modificarle, se necessario; scambiare le informazioni con la comunità internazionale al fine di aggiornare le raccomandazioni nazionali e internazionali

• Monitorare lo sviluppo di resistenze agli antivirali

Ministero della salute, INFLUNET

Ministero della salute – CCM, Regioni, altri ministeri

Ministro della salute – ccm

Ministero della salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute – CCM, DGCRI, Istituti Scientifici Nazionali

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute – CCM, Regioni

IRCCS, AIFA

Prevenzione e contenimento
1) Contenere o ritardare la trasmissione interumana del virus e l’inizio della pandemia

2) Limitare la morbosità e la mortalità associate all’infezione umana

3) Valutare il potenziale per l’uso degli antivirali nel periodo pandemico

4) Supportare la preparazione su larga scala e la registrazione del vaccino pandemico e prepararsi per il suo impiego appena questo diventa disponibile

5) Acquisire rapidamente esperienza sull’uso ! del vaccino pandemico in condizioni di campo (se sono disponibili lotti sperimentali di vaccino)

Livello 0

• Rivalutare la necessità di distribuire stock di antivirali a livello locale/regionale per facilitare la rapida implementazione della strategia antivirale, anche sulla base dei risultati e della esperienza acquisiti nei Paesi in cui si siano già verificati casi

• Pianificare la distribuzione del vaccino e preparare campagne di vaccinazione, secondo la strategia vaccinale individuata, per il momento in cui il vaccino sarà disponibile

• Aggiornare, eventualmente, la lista di categorie da vaccinare prioritariamente

Livello 1

• Implementare gli interventi identificati dai piani di emergenza e dalle nuove indicazioni dell’OMS

• Verificare nuovamente le strategie per l’uso degli antivirali nel trattamento precoce dei casi

• In base alla strategia definita per l’impiego degli antivirali, valutare la possibilità del loro utilizzo come profilassi allo scopo di tentare di contenere i focolai

• Se impiegati, valutare l’efficacia e l’impatto dell’utilizzo degli antivirali a scopo profilattico come misura di emergenza

• Prendere in considerazione la possibilità di impiego del vaccino pandemico sperimentale, se disponibile

Nel caso in cui il vaccino pandemico sia già stato sviluppato

• Attivare le procedure di emergenza per la registrazione e l’utilizzo del vaccino

• Definire i criteri per la distribuzione del vaccino in modo da effettuare interventimirati sulla popolazione, con l’obiettivo di contenere l’infezione entro le aree affette

• Definire i criteri per l’implementazione della strategia vaccinale in periodo pandemico

Ministero della salute CCM Regioni

Ministero della salute CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della salute CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministro della salute, altri Ministri

Ministero della salute – CCM

Ministero della salute – CCM

• Ministero della salute – CCM, Regioni, Istituti Scientifici Nazionali

Ministero della salute – CCM, AIFA

AIFA

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM

Risposta del sistema sanitario
1) Assicurare che i sistemi sanitari siano pronti a modulare la risposta e ad implementare le modifiche delle priorità rese necessarie dall’evolversi della situazione; assicurare che le azioni necessarie siano attuate non appena il Paese viene colpito

2) Prevenire la trasmissione nosocomiale emantenere la biosicurezza

Livello 0

• Attivare le strutture per il coordinamento dell’emergenza per il sistema sanitario (livello nazionale, regionale e locale)

• Distribuire agli operatori sanitari la definizione di caso e i protocolli e algoritmi per l’identificazione dei casi, la gestione e il controllo della infezione e per la sorveglianza

• Valutare la capacità di controllo dell’infezione nei malati e implementarele misure di controllo seguendo leindicazioni dell’OMS

• Rivedere, se necessario, i piani di emergenza sanitaria a tutti i livelli

• Testare le procedure decisionali, la catena di comando e controllo e le altre attività previste per la pandemia

• Formare a cascata gli operatori sanitari per l’identificazione e le indagini sui casi e sui focolai

Livello 1

• Allertare completamente i servizisanitari e implementare i piani di emergenza sanitaria nelle aree affette

• Attivare il coordinamento con altri settori dell’emergenza A

• dattare le procedure d’emergenza all’assetto epidemico per un efficiente uso delle risorse sanitarie

• Coinvolgere i servizi non sanitari nella risposta del sistema sanitario

• Preparare risorse umane, materiali aggiuntivi e mezzi alternativi per l’erogazione di cure, basandosi sulla stima delle necessità e sui piani di emergenza

• Implementare le procedure per la gestione delle salme

• Preparare gli operatori sanitari per i possibili cambiamenti nelle strategie di uso degli antivirali per esposizione professionale (cambio da profilassi a trattamento precoce)

Ministro della salute, Assessori regionali alla sanità

Ministero della Salute – CCM, Regioni

IRCCS CCM, Regioni

Ministero Salute, altri Ministeri, Regioni

Ministero della salute, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM Regioni

Ministro Salute Assessori regionali alla sanità

Presidente del Consiglio dei Ministri

Ministero delia salute – CCM, Regioni

Presidente del Consiglio dei Ministri

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Comunicazione
1) Fornire informazioni e preparare il pubblico ad una verosimile e rapida progressione degli eventi, all’adozione delle necessarie misure d’emergenza e ai prevedibili disagi sociali

2) Assicurare la diffusione rapida di una informazione appropriata fra autorità sanitarie, istituzioni governative e altri soggetti coinvolti

• Ridefinire i messaggi chiave; rispondere alle ragionevoli aspettative del pubblico; sottolineare la necessità di adattarsi a misure sanitarie anche di tipo restrittivo, difficilmente accettabili in condizioni normali

• Ridefinire, se necessario, le strategie e i mezzi di comunicazione in vista della imminente pandemia

• Informare il pubblico sugli interventi che potrebbero essere modificati o intrapresi durante la pandemia (es. definizione di particolari priorità restrizione di spostamenti e viaggi, restrizione delle normali comodità etc)

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Regioni

Ministro della salute, figure chiave

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ministro della salute, chiave figure

PERIODO PANDEMICO

FASE 6

Aumentata e prolungata trasmissione nella popolazione in generale.

Livello 0: assenza di casi nella popolazione della Nazione

Livello 1: presenza di casi nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove la pandemia è in atto

Livello 2: fase di decremento

Livello 3: nuova ondata

OBIETTIVO GENERALE: rendere minimo l’impatto della pandemia

L’intensità delle azioni da intraprendere deve essere modulata sul livello.

Si considera virtualmente inevitabile la comparsa di casi in tutto il mondo.

Al livello 0 è necessario preparare e implementare rapidamente le attività indicate, specialmente se esistono intensi scambi commerciali o collegamenti con Paesi dove si sono già manifestati casi

Al livello 1 è tassativo seguire le raccomandazioni riportate di seguito.

OBIETTIVI SPECIFICI AZIONI RESPONSABILITA’
Coordinamento e controllo
1) Mettere a disposizione della leadership e del coordinamento tutte le risorse multisettoriali necessarie a: rendere minime morbosità e mortalità; preservare l’efficienza dei sistemi sanitari; rendere minimo il disagio sociale; rendere minimo l’impatto economico della pandemia

2) Assicurare l’accesso razionale alle risorsenazionali (limitate), compresi le scorte di farmaci e, quando disponibile, il vaccino

3) Valutare l’efficacia delle specifiche risposte e degli interventi

4) Stabilire e mantenere la fiducia fra tutte le istituzioni ed organizzazioni ed il pubblico, attraverso l’impegno e la trasparenza

5) Trarre lezioni dall’andamento della risposta alia pandemia per migliorare le strategie e improntare i piani futuri

Livello 0

• Attivare in forma permanente i comitati/unità di crisi e la catena di comando e controllo nazionale per l’emergenza

• Completare l’adattamento delle linee guida ufficiali e delle raccomandazioni

• Fornire istruzioni alle autorità locali in tutti i settori sull’implementazione e la valutazione degli interventi proposti

Livello 1

• Implementare tutti gli elementi rilevanti del piano pandemico nazionale, incluso il coordinamento della risposta e l’implementazione di interventi specifici

• Valutare e diffondere notizie sull’impatto della pandemia

• Valutare l’opportunità di adottare i poteri di emergenza

Livello 2

• Determinare l’esigenza di risorse addizionali e poteri per le eventuali successive ondate

• Dichiarare la fine dello stato di emergenza e delle operazioni ad esso collegate

• Fornire supporto per la ricostruzione dei servizi essenziali, compresa la pausa di recupero per gli staff

• Rivedere i piani nazionali in base all’esperienza acquisita

• Sostenere l’impatto psicologico

• Riconoscere il lavoro di tutti coloro che hanno contribuito in qualunque modo (incluso il pubblico) e agli staff che hanno combattuto la malattia

• Considerare l’opportunità di offrire aiuto ai Paesi in cui la pandemia è ancora in corso

Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro della salute, altri Ministri

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Assessori regionali alla sanità, altre autorità di settore

Ministro della Salute, Regioni

Ministro della Salute, figure chiave

Presidente del Consiglio dei Ministri

Governo

Presidente del Consiglio dei Ministri

Governo

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Governo

Governo

Monitoraggio e valutazione
1) Monitorare gli aspetti epidemiologici, virologici e clinici e l’impatto della pandemia a livello nazionale al fine di fare previsioni sul trend evolutivo e ottimizzare l’uso delle risorse limitate

2) Valutare l’efficacia degli interventi adottati al fine di indirizzare le azioni future

Livello 0

• Continuare la sorveglianza potenziata come in fase 5

• Monitorare la situazione globale (disponibilità di vaccini e antivirali, raccomandazioni, ecc.)

• Stimare l’impatto della vaccinazione e degli antivirali usati altrove (sicurezza, efficacia, resistenza)

Livello 1

• Monitorare la diffusione geografica dal punto di prima identificazione tramite l’utilizzo del sistema già in atto in fase 5 e con l’apporto di data-base finalizzati alla gestione dei casi, in modo da identificare casi iniziali e contatti e seguirne la diffusione

• Monitorare i possibili cambiamenti nell’epidemiologia, nella presentazione clinica e nelle caratteristiche virologiche

• Monitorare e valutare l’impatto della pandemia a livello nazionale (morbosità, mortalità, assenteismo lavorativo, regioni affette, gruppi a rischio affetti, disponibilità di operatori sanitari, disponibilità di addetti ai servizi essenziali, disponibilità di attrezzature sanitarie, pressione sugli ospedali, uso di cure alternative, capacità dei cimiteri, ecc.)

• Valutare le misure di emergenza necessarie, ad es. procedure di sepoltura in emergenza, uso dei poteri legali per mantenere i servizi essenziali, ecc.

• Valutare e aggiornare l’impatto di:

– trattamenti e contromisure, inclusi l’efficacia e la sicurezza di vaccini e antivirali e l’emergenza di resistenze;

– interventi non farmacologici, ecc.

• Quando l’attività della malattia è intensa e inizia una maggiore diffusione, adattare il sistema di sorveglianza (ad es. ridurre la sorveglianza virologica e usare in modo discontinuo il data-base per la gestione dei casi); rivedere la definizione di caso in modo da dare più rilievo alla diagnosi clinica in assenza di conferma virologica; passare alla raccolta di dati aggregati su morbosità e mortalità. Mantenere una sorveglianza virologica sufficiente per individuare drift antigenici

Livello 2

• Valutare le risorse necessarie per le eventuali ondate successive

• Identificare la modalità di sorveglianza e le misure di controllo più efficaci per le ondate successive

• Mantenere i sistemi di notifica aggiornati ai sistemiinformativi internazionali

• Rivedere le lezioni apprese

• Mantenere in attività il sistema di sorveglianzapotenziato per la rapida individuazione di ondatesuccessive

•Scambiare esperienze con la comunitàinternazionale

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET, ISTAT, altri Ministeri

Governo

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute- CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Prevenzione e contenimento
1) Contenere e ritardare la diffusione utilizzando interventi di sanità pubblicamentre si cerca di limitare il sovvertimento sociale

2) Minimizzare morbosità e mortalità attraverso l’uso razionale dei prodotti farmaceutici disponibili quali vaccini ed antivirali

Non appena possibile

• Implementare i piani per ottenere il vaccino pandemico; aggiornare le raccomandazioni per la vaccinazione; riesaminare il dosaggio e la schedula vaccinale basandosi sui dati disponibili e sulle raccomandazioni dell’OMS; distribuire i piani attuativi

• Appena il vaccino è disponibile, implementare il programma di vaccinazione sulla base della disponibilità di vaccino e di risorse; valutare sicurezza ed efficacia; monitorare la disponibilità

Livello 0

• Implementare gli appropriati interventi di sanità pubblica come individuati nei piani di emergenza ecome indicato dalle nuove raccomandazioni dell’OMS

• Rivedere/aggiornare le raccomandazioni per l’uso di antivirali basandosi su: dati emergenti dai Paesi affetti; studi clinici; evidenza di resistenze; cambiamento nelle raccomandazioni dell’OMS; disponibilità di risorse

• Distribuire le informazioni/pianificazioni aggiornate; monitorare le riserve; preparare le valutazioni di sicurezza ed efficacia

Livello 1

• Implementare interventi di sanità pubblica appropriati come individuati nei piani di emergenza e come indicato dalle nuove raccomandazioni dell’OMS

• Quando possibile, valutare l’efficacia delle misure prese

• Riesaminare le indicazioni sull’uso degli antivirali basandosi su studi clinici, evidenza di resistenze, cambiamento nelle raccomandazioni dell’OMS e disponibilità

• Adottare le misure di prevenzione generiche previste dai protocolli (ad es. aumento delle distanze sociali, previsione di presidi di prevenzione in ambienti affollati, ecc.)

Livello 2

• Rivedere l’efficacia dei trattamenti e delle contromisure; aggiornare linee guida, protocolli e algoritmi

Valutare efficacia, sicurezza e resistenza degli antivirali, rivedere/aggiornare le linee guida, se necessario; valutare le riserve per le ondate successive

• Valutare i dati di copertura vaccinale, efficacia e sicurezza; rivedere/aggiornare le linee guida, se necessario; iniziare la vaccinazione di persone non ancora immunizzate in linea con i piani, le priorità e la disponibilità; valutare l’opportunità di includere il ceppo pandemico nel vaccino stagionale

Ministero della Salute – CCM, AIFA

Ministro della salute – CCM, AIFA, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM

Risposta del sistema sanitario
1) Ottimizzare le cure cliniche tenendo conto delle risorse a disposizione

2) Ridurre l’impatto della pandemia

3) Gestire la domanda al fine di rendere massima la possibile risposta del Servizio Sanitario Nazionale

Livello 0

• Mantenere in piena funzionalità il coordinamento di emergenza e la catena di comando per il sistema sanitario

• Aggiornare in linea con le indicazioni dell’OMS: definizione di caso, protocolli e algoritmi per l’individuazione’ dei casi, gestione dei pazienti (incluso l’uso appropriato di antibiotici per trattare le sospette infezioni batteriche), controllo delle infezioni e sorveglianza

• Attuare la sorveglianza per individuare rapidamente i casi fra gli operatori sanitari

• Mantenere la capacità di controllo della trasmissione dell’infezione nei pazienti e implementare il controllo delle infezioni in linea con le ultime raccomandazioni dell’OMS; mantenere gli operatori sanitari aggiornati sull’uso dei DPI

• Rivedere i piani per la risposta sanitaria a tutti i livelli (fino alle più piccole unità operative); mantenere le capacità di risposta; predisporre per il cambiamento delle modalità di lavoro durante la pandemia

Livello 1

• Implementare i piani di emergenza per i sistemi sanitari e i servizi essenziali a livello nazionale e locale, dove siano presenti casi; monitorare lo stato del sistema sanitario; aggiustare i sistemi di triage, se necessario; impiegare forza lavoro addizionale e volontaria; assicurare staff di supporto medico e non per i malati, supporto psicologico e sociale per operatori sanitari, vittime e comunità

• Raccogliere dati su efficacia e sicurezza degli interventi clinici e trasmettere le informazioni ai Paesi non ancora affetti ed all’OMS

• Implementare la campagna di vaccinazione basandosi sulle priorità e in linea con i piani e la disponibilità di vaccino

Livello 2

• Organizzare sostituzioni e periodi di recupero per il personale impegnato nell’emergenza

• Rimpiazzare stock di farmaci, attrezzature e equipaggiamenti essenziali

• Rivedere, in anticipo, i piani per eventuali ondate successive

• Fornire supporto per il ripristino dei servizi essenziali

• Aggiornare definizione di caso, protocolli e algoritmi

• Continuare il programma di vaccinazione in linea con i piani, l’ordine di priorità e la disponibilità

Governoni

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, INFLUNET

Regioni

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Governo
Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Tutti i livelli coinvolti

Regioni

Ministero della Salute – CCM, regioni, altri Ministeri

Governo

Ministero della Salute – CCM

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Comunicazione
1) Assicurare la diffusione di notizie ufficiali regolari e continue, facilmente accessibili al pubblico e individuare focal points per informazioni credibili sulla pandemia

2) Mantenere aperti e accessibili i canali di informazione per avvisare il pubblico su determinate situazioni (ad. es. viaggi, manifestazioni pubbliche, ecc.)

3) Ottenere l’accettazione da parte del pubblico delle misure intraprese

4) Assicurare la rapida condivisione delle informazioni relative agli sviluppi della pandemia attraverso le autorità sanitarie, le istituzioni governative e gli altri soggetti coinvolti

Livello 0

• Informare continuamente i media, il pubblico, gli addetti ai pubblici servizi e gli opinionisti sui progressi della pandemia nei Paesi affetti; preparare l’audience per l’imminente inizio della pandemia

• Ridefinire i messaggi chiave; preparare risposte alle ragionevoli aspettative del pubblico; sottolineare l’importanza dell’adesione del pubblico alle misure sanitarie malgrado le possibili limitazioni che verranno richieste

• Completare le strategie e i sistemi di comunicazione in anticipo sull’imminente pandemia

• Informare il pubblico sugli interventi che potrebbero essere modificati o implementati durante la pandemia, ad es. ridefinizione delle priorità, restrizione di viaggi, disagi sociali, ecc.

Livello 1

• Mantenere la capacità di risposta alla domanda di informazione nazionale e internazionale

• Attivare tutti gli elementi dei piano di comunicazione

• Riconoscere l’ansia e il disagio provocato nel pubblico dalla pandemia

• Utilizzare staff che analizzino la percezione del rischio e aiutino a modulare le strategie e i contenuti della comunicazione e a fornire informazioni sui piani futuri

Livello 2

• Valutare la risposta alla comunicazione durante le fasi precedenti; prendere atto delle lezioni apprese

Tenere la popolazione informata sull’incertezza disviluppo di ondate successive

Ministro della Salute, figure chiave

Ministero della Salute – CCM, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni, altri Ministeri

Ministro della salute, figure chiave

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni, altri Ministeri

Ministro della Salute

Governo

Ministero della Salute – CCM, DGCRI, Presidenza del Consiglio, Regioni, altri Ministeri

Ministero della Salute – CCM, DGCRI Presidenza del Consiglio, Regioni, altri Ministeri

Ministro della salute, figure chiave

ALLEGATO

al Piano Nazionale di Preparazione e Risposta ad una Pandemia Influenzale

Linee guida per la stesura dei Piani Pandemici Regionali

  • Introduzione: obiettivi e finalità del piano regionale

Piano operativo

  • 1. Identificazione dei comitato pandemico regionale
  • 2. Obiettivi del Piano (secondo il Piano Nazionale)

Per ogni obiettivo devono essere delineate le azioni necessarie al raggiungimento dell’obiettivo stesso.

Di seguito vengono elencate per ogni obiettivo del piano le informazioni da includere nei piani regionali, indicando, possibilmente, per ogni azione in quale fase della pandemia verrà intrapresa.

2.1. Identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia

  • Censire gli allevamenti di pollame, compresi quelli rurali ed i relativi operatori
  • Attuare il sistema di sorveglianza attiva che consenta l’individuazione precoce della circolazione virale nel pollame domestico, con particolare attenzione agli allevamenti di tipo rurale in cui sono presenti anatidi.
  • Mettere a punto le modalità di attuazione (ruoli e responsabilità) dei protocolli nazionali di sorveglianza epidemiologica per:

o gli esposti ad influenza animale

o gli operatori sanitari che assistono pazienti con sospetta o confermata influenza da ceppo potenzialmente pandemico

o i laboratoristi che manipolano campioni clinici a rischio

o i contatti dei casi sospetti

  • Mettere a punto le modalità di attuazione (ruoli e responsabilità) dei protocolli nazionali di sorveglianza epidemiologica per:

o cluster di sindrome influenzale potenzialmente attribuibili a virus pandemico, sia tramite i medici di medicina generale e i pediatri di famiglia, che in istituti di ricovero

o cluster di morti inattese per sindrome influenzale (influenza-like illness, ILI) e infezioni respiratorie acute (IRA) in strutture di ricovero e cura

  • definire le modalità di rilevazione settimanale del numero di accessi al pronto soccorso (PS) e il numero di ricoveri in un campione di comuni
  • collaborare con il livello centrale alla rilevazione settimanale della mortalità totale in un campione di comuni
  • collaborare con il livello centrale alla rilevazione dei tassi di assenteismo lavorativo e scolastico (es. grandi fabbriche, allevamenti avicoli e scuole ubicati in diverse aree della Regione).

2.2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Misure di sanità pubblica

  • Preparare piani di informazione sanitaria per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche nella popolazione e definire le modalità di attuazione delle campagne informative
  • Stimare il fabbisogno di DPI e di kit diagnostici e mettere a punto piani di approvvigionamento e distribuzione
  • Recepire i protocolli di utilizzo di DPI per le categorie professionali a rischio
  • Attuare le indicazioni predisposte a livello centrale sulle modalità per l’isolamento dei pazienti con sintomatologia sospetta a livello domestico o in apposite aree attrezzate di strutture pubbliche.
  • Attuare le indicazioni predisposte a livello centrale sulle modalità di attuazione dell’isolamento, quarantena e sorveglianza attiva dei contatti
  • Attuare le indicazioni predisposte a livello centrale sulle modalità per la chiusura delle scuole o di altre comunità e/o la sospensione di manifestazioni e di eventi di massa, per rallentare la diffusione dell’infezione

Profilassi con farmaci antivirali

  • Individuare un responsabile della scorta di farmaci, e delle procedure di richiesta
  • Individuare siti regionali di stoccaggio, nell’ambito del sistema di farmacie ospedaliere presenti sul territorio di ogni regione.
  • Identificare locali a livello di ASL con adeguate condizioni di immagazzinamento (controllo della temperatura, umidità relativa, condizioni igieniche dei locali, sicurezza)
  • Definire modalità di trasporto intraregionale, che garantiscano il raggiungimento entro le 4 ore di qualunque punto della Regione.
  • Approntare elenchi o, se impossibile, stime delle persone che, per motivi occupazionali, potrebbero essere esposte a virus aviari ad alta patogenicità

Vaccinazione

  • Prevedere la logistica dell’offerta vaccinale:

– Preparare, a livello di singola struttura organizzativa, un elenco nominativo delle persone appartenenti alle categorie a rischio prioritarie (Gruppi 1-4) identificate dal Piano, suddiviso per ASL di appartenenza

– Identificare le modalità di distribuzione e stoccaggio in sede locale dei vaccini

– Identificare il personale preposto alla somministrazione del vaccino, che dovrà essere nell’ambito delle strutture pubbliche del SSN o delle altre Amministrazioni direttamente interessate, a garanzia del rispetto delle priorità e dell’equità.

– Mettere a punto le modalità per la registrazione delle vaccinazioni eseguite, prevedendo sistemi informatizzati in grado di programmare e ricordare i tempi di esecuzione delle seconde dosi

– Organizzare una lettura tempestiva dei dati di farmacovigilanza a livello regionale, ed un adeguato scambio di informazioni tra referenti della farmacovigilanza e referenti della prevenzione

2.3. Garantire il trattamento e l’assistenza

  • Censire la disponibilità ordinaria e straordinaria di strutture di ricovero e cura, incluso il censimento delle strutture con apparecchi per la respirazione assistita, strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, operatori di assistenza primaria, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale e specialistica ambulatoriale
  • Identificare le strutture dove i pazienti dovrebbero essere idealmente trattati durante una pandemia, per livello (primarie, secondarie e terziarie, incluse le unità di emergenza e cure intensive)
  • Valutare la fattibilità di flussi ad hoc per il triage ed il ricovero di pazienti con sintomatologia sospetta
  • Individuare potenziali luoghi alternativi per le cure mediche (ad es. scuole, ambulatori)
  • Garantire l’adeguato approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione degli antivirali, analogamente a quanto illustrato nella sezione dedicata al loro uso come profilassi
  • Censire la quota di popolazione che fruisce di forme assistenziali domiciliari (es.:ADI + familiari che fruiscono dei permessi ex-Legge 104/92 +SAD + indennità di accompagnamento )
  • Prevedere la distribuzione di linee guida per l’uso di antivirali a scopo terapeutico.

2.4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere i servizi sanitari ed altri servizi essenziali

  • Sviluppare una lista di servizi essenziali sulla base delle priorità definite a livello nazionale
  • Per ognuno dei servizi essenziali individuati, identificare il responsabile e verificare la messa a punto di procedure per vaccinare il personale considerato essenziale e coprire le assenze durante la pandemia.

2.5. Mettere a punto un Piano di formazione

Attuare il piano di formazione regionale, secondo gli obiettivi definiti a livello nazionale:

  • Preparare un programma di formazione ad hoc per ogni gruppo target
  • Individuare figure con specifiche competenze didattiche
  • Prevedere un’attività formativa a cascata dal livello regionale a quello locale.

2.6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione

  • Definire il flusso informativo interno alla Regione
  • Pianificare la strategia di comunicazione prevista dal Piano nazionale, prevedendo:

– un utilizzo integrato dei mezzi di comunicazione scelti di volta in volta in base al target, agli obiettivi, alle risorse, al tempo, con lo scopo di favorire non solo un passaggio unidirezionale di informazioni (media, siti web, opuscoli informativi, documentazione, articoli), ma anche uno scambio bidirezionale (colloquio faccia a faccia, colloquio telefonico, numero verde)

– un rapporto di collaborazione con i media attraverso la costante e chiara comunicazione delle informazioni disponibili

– l’utilizzo di materiale informativo ad hoc destinato e utilizzabile da soggetti diversi (comunicatori, portavoce organizzativi, ecc.) e la preparazione di comunicati ad uso dei media

– l’attivazione di canali comunicativi con il pubblico attraverso mezzi di comunicazione unidirezionali (siti web, posta elettronica) e mezzi bidirezionali (linee telefoniche dedicate, comunicazione vis a vis tra cittadino e operatori in spazi e tempi differenziati)

– conferenze audio e/o video tra le strutture nodali a livello regionale e a livello locale

  • Identificare un gruppo di persone che facciano da portavoce a livello regionale e locale.

2.7. Monitorare l’efficienza delle misure intraprese

  • Preparare un piano per il monitoraggio attraverso dati di sorveglianza di;

– efficacia di campo delle misure di sanità pubblica intraprese, degli antivirali e del vaccino pandemico

– sicurezza degli antivirali e del vaccino pandemico


ALLEGATO 3

Delib.C.R. 2 ottobre 2006, n. VIII/216 (1)

Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale secondo le direttive del Ministero della Salute (2).

(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 23 ottobre 2006, n. 43, S.S. 24 ottobre 2006, n. 1.

(2) Si veda, anche, la Circ. 14 settembre 2009, n. 19.

Presidenza del Vice Presidente Lucchini

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

Visto l’art. 1 della L.R. n. 31/97;

Premesso che, negli ultimi anni, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni gravi anche negli uomini;

Dato atto che l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo le linee guida concordate;

Visto il documento «Accordo, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale» rep. n. 2479 del 9 febbraio 2006, stilato dal Ministero della Salute secondo le indicazioni dell’OMS del 2005;

Preso atto che tale Piano:

– aggiorna e sostituisce il precedente Piano italiano multifase per una pandemia influenzale, pubblicato nel 2002;

– rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali;

– si sviluppa secondo le sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo per ogni fase e livello, obiettivi ed azioni;

– contiene, come allegato le linee guida per la stesura dei Piani pandemici regionali;

– prevede come allegati tecnici le linee guida nazionali per la conduzione delle ulteriori azioni che saranno emanate, a cura del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) e saranno periodicamente aggiornate ed integrate;

Atteso che il Piano nazionale individua i seguenti obiettivi:

– identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia;

– minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia;

– ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali ed assicurare il mantenimento dei servizi essenziali;

– assicurare un’adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia;

– garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media ed il pubblico;

– monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi; Preso atto che per il raggiungimento di tali obiettivi sono previste le seguenti azioni:

– migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica;

– attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione);

– garantire il trattamento e l’assistenza dei casi;

– mettere a punto un piano di formazione;

– preparare adeguate strategie di comunicazione;

– monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando ed analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi;

Ritenuto che il Piano regionale che da questo discende deve ricalcare gli stessi obiettivi ed azioni;

Considerato che sulla base di quanto sopra richiamato, la Direzione Generale Sanità, attraverso il coordinamento della U.O. Prevenzione, Tutela Sanitaria e Veterinaria e la collaborazione di esperti, ha provveduto a redigere la proposta di «Piano Pandemia Influenzale – Regione Lombardia», che traduce nella realtà lombarda le indicazioni nazionali, evidenziando responsabilità, azioni e tempi di realizzazione;

Ritenuto di dover procedere all’approvazione di detto documento, secondo quanto previsto dalle indicazioni nazionali;

Precisato che il Comitato Pandemico Regionale, previsto all’allegato 1, al fine di supportare, sotto il profilo tecnico-scientifico, la Direzione Generale Sanità e di coordinare i diversi interventi, all’interno ed all’esterno dell’Amministrazione regionale, dovrà essere costituito con successivo provvedimento;

Considerata la necessità di disporre di un budget per la copertura dei costi da sostenere al verificarsi dell’evento pandemico, stimato complessivamente in € 54.000.000,00, e ripartito nelle seguenti voci di spesa:

– € 18.000.000,00 acquisto di vaccino pandemico;

– € 10.000.000,00 acquisto di farmaci antivirali;

– € 22.000.000,00 acquisto di prestazioni assistenziali finalizzate al trattamento domiciliare;

– € 3.900.000,00 acquisto Dispositivi di Protezione Individuale da rendere disponibili in caso di obbligo di utilizzo nell’accesso ad ambulatori, strutture sanitarie e sociosanitarie;

– € 100.000,00 allargamento a tutto l’anno solare della sorveglianza influenzale attraverso la rete dei medici sentinella;

Sentita la relazione della III Commissione consiliare; Con votazione palese, per alzata di mano:

DELIBERA

Di approvare, per le motivazioni in premessa riportate,

  1. il «Piano Pandemia Influenzale – Regione Lombardia» di cui all’allegato n. 1;
  2. di impegnare la Giunta, qualora si verificasse l’evento pandemico, a sostenere gli oneri derivanti dall’attività per la realizzazione degli obiettivi fissati;
  3. di dare atto che la spesa complessiva è stata stimata in € 54.000.000,00 e ripartita nelle seguenti voci di spesa:

– € 18.000.000,00 acquisto di vaccino pandemico;

– € 10.000.000,00 acquisto di farmaci antivirali;

– € 22.000.000,00 acquisto di prestazioni assistenziali finalizzate al trattamento domiciliare,

– € 3.900.000,00 acquisto Dispositivi di Protezione Individuale da rendere disponibili in caso di obbligo di utilizzo nell’accesso ad ambulatori, strutture sanitarie e sociosanitarie;

– € 100.000,00 allargamento a tutto l’anno solare della sorveglianza influenzale attraverso la rete dei medici sentinella.

ALLEGATO 1

PIANO PANDEMIA INFLUENZALE REGIONE LOMBARDIA

Introduzione

Obiettivo del presente piano è dotare la Regione di uno strumento operativo, che traduca nella realtà regionale le indicazioni contenute nel Piano Pandemico Nazionale Influenza, del quale ricalca l’obiettivo generale: rafforzare la preparazione alla possibile pandemia attraverso una adeguata pianificazione, soprattutto sotto il profilo organizzativo, affinché la diffusione dell’eventuale virus pandemico sia rallentata e limitata e l’assistenza ai casi adeguata.

Il Piano regionale dunque:

– definisce i soggetti istituzionali deputati ad assumere le diverse disposizioni e provvedimenti, in relazione alle differenti fasi e situazioni e, di conseguenza, istituisce il Comitato Pandemico Regionale per il raccordo con la sede nazionale ed il coordinamento delle azioni regionali;

– definisce le azioni da porre in atto ai fini della sorveglianza, prevenzione, controllo ed assistenza, i rispettivi soggetti incaricati di provvedervi, i tempi e modalità attraverso cui gli stessi debbono operare.

Poiché gli scenari conseguenti alle diverse fasi di una eventuale pandemia influenzale, così come individuati dall’OMS e riportati nella Tabella sottostante, non sono del tutto definiti, il presente documento entra nel dettaglio delle azioni necessarie sino alla fase 3, rinviando ad ulteriori provvedimenti le azioni delle fasi successive, pur individuando, già da ora, le modalità attraverso le quali procedere.

PERIODO INTERPANDEMICO
Fase 1. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus influenzale che ha causato infezioni
nell’uomo può essere presente negli animali. Se presente negli animali, il rischio di infezione o malattia nell’uomo è considerato
basso
Fase 2. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Comunque, la circolazione negli animali di sottotipi virali
influenzali pone un rischio sostanziale di malattia per l’uomo
Livello 0: assenza di rischio all’interno della Nazione
Livello 1: presenza di rischio nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi a rischio
PERIODO DI ALLERTA PANDEMICO
Fase 3. Infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo, ma assenza di trasmissione da uomo a uomo, o solo rare prove di trasmissione
in contatti stretti
Livello 0: assenza di infezioni nella Nazione
Livello 1: presenza di infezioni nella Nazione, o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi affetti
Fase 4. Piccoli cluster con limitata trasmissione interumana e con diffusione altamente localizzata, che indicano che il virus non è
ben adattato all’uomo
Livello 0: assenza di piccoli cluster nella Nazione
Livello 1: presenza di piccoli cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono
stati rilevati cluster di malattia
Fase 5. Grandi cluster, ma diffusione interumana ancora localizzata, che indicano che il virus migliora il suo adattamento all’uomo,
ma non è ancora pienamente trasmissibile (concreto rischio pandemico)
Livello 0: assenza di grandi cluster nella Nazione
Livello 1: presenza di grandi cluster nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono
stati rilevati grandi cluster di malattia
PERIODO PANDEMICO
Fase 6. Aumentata e prolungata trasmissione nella popolazione in generale
Livello 0: assenza di casi nella popolazione nazionale
Livello 1: presenza di casi nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove la pandemia è
in atto
Livello 2: fase di decremento
Livello 3: nuova ondata
PERIODO POST PANDEMICO
Ritorno al periodo interpandemico
  1. Assetti organizzativi

Il Piano Pandemico Nazionale prevede: «… in dettaglio, ciascuna Regione definisce una propria organizzazione di struttura operativa coerente con le funzioni richiamate in questo Piano e definita da un apposito documento di implementazione del Piano di livello regionale».

Regione Lombardia, in considerazione del fatto che tempi e modi di manifestazione della possibile pandemia influenzale non possono essere definiti a priori nel dettaglio e quindi che la costituzione di nuove strutture tecniche o organizzative oltre che di difficile definizione, potrebbe rivelarsi inutilmente dispendiosa, prevede di operare nell’ambito degli assetti organizzativi già esistenti, con le opportune integrazioni per le peculiarità dell’evento pandemico.

Di conseguenza, nei periodi interpandemico e di allerta pandemico – corrispondenti alle fasi 1 – 2 – 3 – 4 – 5 della classificazione OMS – poiché le decisioni e i provvedimenti attengono specificamente l’ambito sanitario, le disposizioni ed il coordinamento degli interventi è in capo alla Direzione Generale Sanità, che si avvale a livello locale delle Aziende Sanitarie Locali.

Al fine di supportare, sotto il profilo tecnico-scientifico, la Direzione Generale Sanità e di coordinare i diversi interventi, all’interno ed all’esterno dell’amministrazione regionale, è costituito il Comitato Pandemico Regionale, con la seguente composizione.

ENTE/AMMINISTRAZIONE COMPONENTI
Direzione Centrale Relazioni esterne, internazionali e comunicazione Direttore o suo delegato
Esperti in Sanità Pubblica e Veterinaria Componenti task force «influenza aviaria»
Direzione Generale Sanità: Direttore o suo delegato
– U.O. Prevenzione e Tutela Sanitaria e veterinaria Dirigenti UU.OO.
– U.O. Servizi Sanitari Territoriali
– U.O. Programmazione e Sviluppo Piani
Direzione Generale Famiglia: Direttore o suo delegato
– Unità Organizzativa Accreditamento e Qualità Dirigenti UU.OO.
– Unità Organizzativa Sistema Socioassistenziale
Direzione Generale Protezione Civile, Sicurezza e Polizia Locale Direttore o suo delegato
Ministero della Salute: Dirigente responsabile
Ufficio Sanità Aerea – USMAF Malpensa

Nel periodo pandemico – fase 6 della classificazione OMS – si innestano problematiche non esclusivamente sanitarie: andandosi quindi a configurare una situazione di carattere emergenziale, interviene l’assetto previsto dalla normativa vigente.

Pertanto, a seguito di deliberazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 5, comma 1 della legge n. 225/92 di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, le attività finalizzate a fronteggiare l’emergenza sono svolte dai Comitati Operativi della Protezione Civile che, sia a livello regionale che provinciale, saranno integrati rispettivamente dalla D.G. Sanità e dalle ASL per quanto riguarda le competenze specialistiche di prevenzione sanitaria e veterinaria.

In sintesi l’assetto organizzativo prevede:

FASI PANDEMICHE LIVELLO DECISIONALE
Periodo interpandemico Direzione Generale Sanità
fasi 1 e 2) (si avvale del Comitato Pandemico)
Periodo di allerta
Pandemico ASL
fasi 3, 4, 5) (coordina Assistenza sanitaria Primaria e Specialistica)
Unità di Crisi Regionale
Periodo Pandemico (integrata con Direzione Generale Sanità)
fase 6) Comitati Protezione Civile c/o Prefetture
(integrati con ASL)
  1. Strategie di comunicazione

Nel periodo interpandemico e nel periodo di allerta pandemico – fase 3, sono stati avviati interventi di informazione/educazione sanitaria per la diffusione nella popolazione della promozione delle misure di prevenzione generale; in particolare sono stati predisposti opuscoli informativi («Più informati e meno influenzati», «Consigli ai viaggiatori internazionali», «Come rendere più sicuri i pollai domestici») ed aggiornato il sito web della D.G. Sanità (Domande e risposte sull’influenza aviaria, normativa e documentazione scientifica).

Con l’evidenziarsi della prosecuzione delle fasi di allerta pandemico, l’informazione dovrà essere intensificata ed ulteriormente mirata: per tale motivo la U.O. Prevenzione, Tutela Sanitaria e Veterinaria in collaborazione con la struttura competente in materia di comunicazione sanitaria, predisporrà strumenti informativi ad hoc che verranno resi disponibili alle ASL per la diffusione capillare locale.

L’esperienza di passate emergenze conferma l’opportunità di concentrare lo sforzo anche locale sulla diffusione di messaggi uniformi e scientificamente validati, anziché sulla produzione di strumenti informativi «in proprio» che in tal caso non usufruirebbero del vantaggio una forte eco generale.

Inoltre considerata la necessità di evitare confondimenti e discordanze nell’ambito della comunicazione, già nelle fasi interpandemiche, è necessario che siano definiti i rapporti di collaborazione con i media/organi di stampa: a tal fine la Presidenza definisce la partnership con le altre Autorità Istituzionali presenti sul territorio, per un accordo sull’unicità del «comunicatore sanitario»; concorda un protocollo di intesa con gli Organi di Informazione che garantisca, specie nelle fasi4-5-6, l’aggiornamento ordinario e straordinario sulla situazione; stipula di accordi con i gestori delle reti telefoniche per l’inoltro di messaggi (sms) contenenti informazioni urgenti ed essenziali.

Oltre a tale interventi di carattere più generale, le ulteriori azioni da realizzare sono:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – Definire la rete di comunicazione tra gli operatori Entro 60 gg dall’approvazione del Piano
U.O. Prevenzione, sanitari (indirizzario e livelli di attivazione dei Responsabili Pandemico Regionale; da aggiornarsi
tutela sanitaria e di ASL, Ospedali e Case di cura, Rappresentanti mensilmente
veterinaria Medici di assistenza primaria…)
– Realizzare sul sito web della Direzione Generale Entro 90 gg dall’approvazione del Piano
Sanità un’area riservata agli operatori, comprensiva di Pandemico Regionale; da aggiornarsi
materiale documentale, direttive, recapiti telefonici, mensilmente
aggiornamenti epidemiologici e link con siti specifici
quali Influnet, CCM ecc.
ASL – Definire la rete locale di comunicazione tra gli Entro 60 gg dall’adozione del Piano
operatori sanitari (indirizzario, sito web aziendale) Pandemico Regionale, nell’ambito del
– Definire le modalità di diffusione a livello locale del Piano Pandemico Locale
materiale divulgativo predisposto dalla Regione,
individuando i terminali (media locali, scuole, associazioni,
siti web, mailing list, ecc.)

Inoltre considerata la necessità di evitare confondimenti e discordanze nell’ambito della comunicazione sia a livello regionale che territoriale, sicuramente nella fase 6, ma preferibilmente anche nelle fasi 4 e 5, è identificato una unica fonte ufficiale deputata ai rapporti con la stampa e i media locali, per la diffusione delle informazioni di carattere sanitario e precisamente a livello regionale nella Presidenza, e locale nella Direzione Generale delle ASL.

  1. Sorveglianza epidemiologica e virologica

Nelle fasi 1 – 2 è mantenuta l’attuale rete di sorveglianza dell’influenza stagionale, strutturata con i medici sentinella e con il CIRI per la sorveglianza virologica ed epidemiologica.

Nella fase 3 è necessario potenziare la sorveglianza e il controllo, in particolare nei confronti dei soggetti a maggior rischio di contagio.

A tal fine la sorveglianza stagionale viene incrementata con gli interventi previsti dalle Linee guida per la gestione dei focolai di influenza aviaria (Circolare 6/2006/SAN).

Inoltre le successive azioni da implementare sono costituite da:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – U.O. Prevenzione, – Verificare e adeguare il sistema di sorveglianza Adottata Convenzione con CIRI
Tutela Sanitaria e Veterinaria epidemiologica dell’influenza stagionale (percentuale di
popolazione regionale sotto sorveglianza) ed estensione
della stessa per tutto l’arco dell’anno
– Avviare convenzione con Istituto di Virologia per la Entro 60 gg dall’adozione del Piano
realizzazione della sorveglianza virologica su addetti Pandemico Regionale
ad allevamenti e macelli avicoli
D.G. Sanità U.O. Programmazione – Definire la rete dei laboratori individuati per la Adottata (sotto-allegato a)
e U.O. Prevenzione, sorveglianza virologica
Tutela Sanitaria e Veterinaria – Verificare il mantenimento della sorveglianza in Con l’adozione del Piano Pandemico
ambito veterinario, secondo quanto contenuto nello Regionale
specifico provvedimento regionale
(Circolare 6/2006/SAN)
D.G. Sanità U.O. Prevenzione, – Definire, ed integrare a seguito di emanazione di Adottato (sotto-allegato c) per la fase 3 –
Tutela Sanitaria e Veterinaria specifici provvedimenti nazionali, le categorie alle quali da integrare entro 30 gg dalla emanazione
estendere la sorveglianza nelle fasi successive alla 2 di provvedimenti nazionali
ed i relativi protocolli di indagine epidemiologica e di
sorveglianza dei contatti in caso di segnalazione di
casi sospetti
D.G. Sanità U.O. Prevenzione, – Definire le modalità di sorveglianza e indagine Adottato (sotto-allegato c) e sotto-allegato
Tutela Sanitaria e Veterinaria epidemiologica di casi sospetti d)
– Definire le modalità di rilevazione di Entro 60 gg dall’adozione del Piano
– cluster di sindrome influenzale potenzialmente Pandemico Regionale, in accordo con
attribuibili a virus pandemico; Ministero
– cluster di morti inattese per ILI/IRA in strutture
sanitarie sociosanitarie
– Identificare sistemi di rilevazione campionaria di:
– numero degli accessi in PS e dei ricoveri,
– mortalità totale
– tassi di assenteismo lavorativo e scolastico
D.G. Sanità e USMAF Definire il protocollo per la sorveglianza dei viaggiatori Entro 30 gg dall’adozione del Piano
provenienti da aree affette a seguito di indicazioni Pandemico Regionale, fatte salve eventuali
nazionali indicazioni nazionali ed internazionali di
immediato recepimento
ASL Dipartimento di Attuare la sorveglianza sul serbatoio animale secondo In essere
Prevenzione Veterinario quanto indicato nella Circolare 6/2006/SAN
ASL Dipartimento di – Attuare gli interventi di sorveglianza negli esposti in In essere
Prevenzione Medico caso di epidemie nel serbatoio animale (Circolare
6/2006/SAN)
– Verificare la corretta e capillare diffusione ai MMG e Entro 30 gg dall’adozione del documento
PLS e alle strutture sanitarie di diagnosi e cura dei regionale specifico e successivi
casi/situazioni da sottoporre a sorveglianza sanitaria aggiornamenti
e indagine epidemiologica
– Verificare la conoscenza e l’efficienza dei flussi di
segnalazione (es. cluster ospedalieri)
– Attivare, ove ci siano casi sospetti, immediata ed
approfondita indagine epidemiologica secondo i
protocolli regionali allegati
  1. Censimento ed organizzazione della rete regionale di diagnosi e cura

Al fine di recuperare ed utilizzare in modo etico ed efficiente risorse sanitarie esistenti, le azioni da porre in atto sono:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – Struttura Stilare accordi regionali con le Organizzazioni Sindacali Entro 180 gg dall’adozione del Piano
raccordi affari generali dei Medici assistenza primaria sulle modalità di Pandemico Regionale
ampliamento delle forme di assistenza ambulatoriale e
domicliare nel periodo pandemico – fase 6
D.G. Sanità – Censire e monitorare i posti letto nelle U.O. di malattie Approntato (sotto-allegato a); da
U.O. Servizi Sanitari territoriali Infettive aggiornarsi mensilmente
D.G. Famiglia Stipulare l’accordo regionale con gestori di strutture Entro 180 gg dall’adozione del Piano
socio-sanitarie residenziali sulle forme di potenziamento Pandemico Regionale
dell’assistenza medica e infermieristica atte a limitare il
ricorso al ricovero ospedaliero
ASL – Verificare la predisposizione da parte di A.O., Strutture Entro 180 gg dall’adozione del Piano
Sanitarie e Socio-Sanitarie – sia accreditate che Pademico Regionale (nell’ambito del
autorizzate – di un piano per garantire il massimo livello Piano Pandemico Locale)
assistenziale durante la fase pandemica (sospensione
ferie e permessi, rinvio di ricoveri e attività
programmata, sostituzioni e spostamenti tra Reparti….)
– Valutare, in accordo con le strutture di ricovero, le
possibilità di incremento di posti letto aggiuntivi per
tipologia – in U.O. Malattie Infettive e altre degenze
in regime di emergenza
– Definire le modalità per garantire l’incremento di
assistenza domiciliare medica ed infermieristica (es.
aumento dei turni di continuità assistenziale;
incremento ADP/ADI…) e le relative risorse
– Definire accordi per il monitoraggio dell’assistenza
presso le RSA e dell’appropriatezza in caso di ricovero
ospedaliero (adesione ai protocolli diagnostico-terapeutici
e limitazione dei ricoveri impropri – vedi poi)

Un’ulteriore azione preparatoria consiste nella messa a punto di protocolli diagnostico-terapeutici, finalizzati ad una gestione uniforme dei casi che si manifestano.

Nel sotto-allegato c), si esamina ed affronta il problema sulla gestione dei casi sospetti in fase 3; tuttavia la problematica è più complessa all’avanzare delle fasi e quindi del numero dei soggetti coinvolti, vista anche l’incertezza sulle caratteristiche dei quadri clinici che il virus pandemico determinerà.

In ogni caso è necessario individuare già da ora la sequenza dei diversi provvedimenti:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – Diffondere ed aggiornare, su indicazione nazionale, le In essere per la fase 3;
U.O. Servizi Sanitari territoriali definizioni di caso ed i conseguenti percorsi per le fasi successive da approntare
/ U.O. Prevenzione, Tutela diagnostico-terapeutici da seguire sia in ambito non appena pervengano le
Sanitaria e Veterinaria domiciliare che di ricovero indicazioni ministeriali
ASL – Verificare che A.O., Strutture Sanitarie e Socio-Sanitarie Entro 180 gg dall’adozione del
– sia accreditate che autorizzate – abbiano recepito Piano Pandemico Regionale
i protocolli (nell’ambito del Piano Pandemico
– Monitorare con i MMG/PLS/CA i percorsi di assistenza Locale)
domiciliare e la loro applicabilità
  1. Organizzazione delle misure di prevenzione e controllo

L’attuazione di misure di prevenzione presuppone una programmazione a priori dei diversi interventi da porre in atto; per quanto riguarda le misure di prevenzione generale si procederà come di seguito schematizzato:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
Presidenza e D.G. Sanità Definire in base ai differenti livelli di allarme ed in Entro 60 gg dall’adozione del Piano
coerenza con le indicazioni nazionali l’adozione delle Pandemico Regionale
misure generali: predisposizione dei provvedimenti
– utilizzo mascherine in ambito sanitario (sale di attesa regionali – ordinanze,
ambulatori, centri prelievi, pronto soccorso, ecc….) Delib.G.R…. – da adottare in fase 6.
– limitazione raduni o accesso a strutture sanitarie e
socio-sanitarie da parte dei visitatori
– interruzione della frequenza scolastica
ASL Definire Entro 180 gg dall’adozione del
– il fabbisogno dei presidi di protezione Piano Pandemico Regionale
– le modalità di approvvigionamento, stoccaggio, (nell’ambito del Piano Pandemico
distribuzione Locale)
– le dotazioni di un quantitativo adeguato di scorta per
la distribuzione ai MMG/PLS
NB: per l’ambiente ospedaliero ciascuna struttura di
ricovero dovrà provvedere in proprio

Per quanto riguarda le misure di prevenzione specifica, nella fase di preparazione, è necessario predisporre documenti ad hoc che valutino a livello locale le specifiche necessità e le risposte conseguenti.

Pertanto per quanto riguarda la vaccinazione con vaccino pandemico, i compiti sono dunque:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – U.O. Prevenzione, – Declinare i criteri di priorità per la somministrazione Adottato ( sotto-allegato d)
Tutela Sanitaria e Veterinaria del vaccino definiti nel Piano Pandemico Nazionale,
attuando le opportune integrazioni che dovessero
essere successivamente emanate
– Individuare i criteri di priorità nella riduzione delle Adottato
attività di istituto delle ASL, per implementare l’attività
di vaccinazione
D.G. Sanità – Predisporre gli atti per la tempistica e quote di Entro 30 giorni dalla presentazione
– U.O. Prevenzione, Tutela distribuzione del vaccino pandemico alle ASL, stante il dei Piani Locali delle ASL
Sanitaria e Veterinaria fabbisogno da queste definito
– U.O. Servizi Sanitari – Verificare il corretto funzionamento del sistema di
territoriali, farmacovigilanza per la rilevazione degli eventi
– U.O. Programmazione avversi a vaccino, adeguandolo alla fase pandemia
– Rendere disponibile l’estrazione a livello locale dei Entro 60 gg dall’adozione del Piano
soggetti eleggibili alla vaccinazione, dalla banca dati Pandemico Regionale
assistiti
D.G. Sanità – U.O. Prevenzione, Definire il formato, la tempistica e le modalità del report Entro 60 gg dall’adozione del Piano
Tutela Sanitaria e Veterinaria della attività vaccinale, rendendo disponibile sul sito – Pandemico Regionale
area riservata la tabella per la registrazione del n. di
persone vaccinate
ASL Contattare i responsabili delle strutture sanitarie e non, Entro 180 gg dall’adozione del
individuate quali servizi essenziali e di pubblica utilità Piano Pandemico Regionale
(sotto-allegato e) affinché provvedano a: (nell’ambito del Piano Pandemico
– comporre ed aggiornare costantemente gli elenchi Locale)
nominativi dei soggetti da vaccinare
– comunicare alla ASL la numerosità degli stessi
– garantire sotto la propria responsabilità l’appropriatezza
della individuazione
Acquisire per le categorie non rientranti in attività
lavorative, la numerosità dei soggetti, stabilendo di
conseguenza il fabbisogno complessivo di vaccini
Identificare sulla base della quota di vaccini assegnata:
– gli spazi disponibili per lo stoccaggio
– la quantità massima conferibile
– la rete di distribuzione periferica – punti di
somministrazione – coerente con le priorità indicate per le
categorie e nel rispetto di equità in caso di disponibilità
ridotta
– il responsabile dello stoccaggio centrale
– i responsabili della ricezione periferica
– il responsabile della rete per la somministrazione
Predisporre il piano per l’effettuazione rapida della
vaccinazione antinfluenzale al maggior numero possibile di
soggetti, individuando:
– la rete dei propri ambulatori (distribuzione territoriale
ed orari) e le relative risorse umane
– il nominativo del responsabile di ciascuna struttura/
amministrazione di appartenenza delle categorie di
soggetti candidati, che dovrà provvedere alla
somministrazione del vaccino
Disporre la sospensione delle attività di routine nel
rispetto dei criteri individuati a livello regionale
Predisporre (ove non già disponibile) le modalità per
poter registrare in formato elettronico le vaccinazioni
eseguite in corso di pandemia, riportando le categorie a
rischio: tale strumento di registrazione dovrà essere
reso disponibile dalle ASL a strutture/amministrazioni
che eseguono le vaccinazioni
Individuare il responsabile per la verifica della corretta
registrazione periferica e per la rendicontazione alla
U.O. regionale

Altra problematica è costituita dall’utilizzo degli antivirali, sia a scopo di profilassi che di terapia.

Nella fase preparatoria è quindi necessario porre attenzione alla costituzione delle scorte e al piano distribuzione degli antivirali, secondo i seguenti tempi e modalità:

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – Servizi Sanitari Individuare i siti di immagazzinamento sul territorio Entro 30 giorni dalla presentazione
Territoriali e U.O. Prevenzione, regionale (di norma presso le ASL/A.O.) in grado di dei Piani Locali delle ASL
tutela sanitaria e veterinaria garantire:
– corrette condizioni di immagazzinamento (controllo
temperatura, umidità relativa, condizioni igieniche
dei locali)
– copertura del territorio regionale con possibilità di
conferimento del farmaco entro 4 ore dalla richiesta
D.G. Sanità – Servizi Sanitari Definire, in accordo con le indicazioni nazionali, i Approntata (sotto-allegato f); da
Territoriali e U.O. Prevenzione, protocolli di utilizzo dei farmaci antivirali sia come modificare in caso di nuove
tutela sanitaria e veterinaria profilassi pre e post esposizione che per la terapia, dandone disposizioni nazionali
adeguata informazione alle componenti sanitarie interessate
(strutture sanitarie di diagnosi e cura; MMG/PLS;
Dipartimenti di Prevenzione Medici delle ASL)
ASL Verificare la disponibilità logistica di stoccaggio Entro 180 gg dall’adozione del
(nel rispetto delle modalità previste) sia presso il proprio Piano Pandemico Regionale
Servizio farmaceutico che presso le A.O., comunicando alla (nell’ambito del Piano Pandemico
D.G. Sanità: Locale)
– il nominativo del Responsabile
– il n. di dosi immagazzinabili
– i tempi necessari per rendere disponibili tali spazi
dalla richiesta regionale
Definire le modalità per garantire il conferimento del
farmaco su tutto il territorio della ASL anche attraverso
specifici accordi con le farmacie territoriali ed i
trasportatori intermedi
Concordare con le strutture sanitarie di diagnosi e cura
e i MMG/PLS le modalità di monitoraggio dell’utilizzo
degli antivirali
  1. Azioni connesse con la gestione del periodo pandemico – fase 6

Come più sopra indicato in fase 6 sopravviene l’assetto organizzativo delle situazioni emergenziali.

In questa fase come indicato al paragrafo 2 la comunicazione relativa all’andamento della pandemia, sarà di esclusiva competenza della Presidenza a livello regionale e della Direzione generale ASL a livello locale, mentre eventuali provvedimenti interessanti la collettività sociale (chiusura delle scuole, interdizione dei raduni ecc.) saranno comunicati dai livelli di decisionali cui compete l’assunzione di tali provvedimenti.

Attraverso il coordinamento dell’Unità di Crisi Regionale, opportunamente integrata con la componente sanitaria – D.G. Sanità e le Unità di Crisi c/o le Prefetture si dovranno garantire gli interventi di seguito elencati, ferma restando, come già precedentemente indicato, la necessaria flessibilità nel recepire e successivamente dettagliare in riferimento alla realtà regionale, le indicazioni che deriveranno dalla conoscenza del virus pandemico e del quadro clinico da questi sostenuto.

RESPONSABILE AZIONE TEMPI
D.G. Sanità – Aggiornare gli indicatori per la sorveglianza
– U.O. Servizi Sanitari epidemiologica della pandemia inseriti nel sito web
Territoriali regionale a fronte di indicazioni ministeriali
– U.O. Prevenzione, tutela – Avviare presso le ASL il monitoraggio degli indicatori
sanitaria e veterinaria (vedi sotto)
– Fornire le indicazioni per il mantenimento della In tempo reale
sorveglianza virologica su un numero limitato di
campioni per monitorare le caratteristiche del virus
– Aggiornare le indicazioni relative al percorso
diagnostico ed al managemet clinico, compresa l’indicazione
alla ospedalizzazione
D.G. Sanità – U.O. Prevenzione, – Avviare la vaccinazione con vaccino pandemico
tutela sanitaria e veterinaria secondo quanto indicato nel sotto-allegato e)
– Avviare il monitoraggio delle coperture vaccinali per
i gruppi a rischio In tempo reale
– Potenziare il monitoraggio degli eventi avversi a
vaccino e la restituzione della lettura dei dati di farmaco-
vigilanza
D.G. Sanità – U.O. Prevenzione, Rendere disponibili per la diffusione da parte di ASL e
tutela sanitaria e veterinaria per loro tramite a tutti i soggetti sanitari e non, le
seguenti informazioni:
– Adozione delle comuni norme igieniche
– Informazioni sanitarie circa le modalità di esordio
della patologia per favorire la diagnosi precoce
– Isolamento dei pazienti con sintomatologia sospetta,
adozione delle norme igieniche per limitare la diffusione (uso di mascherina) e loro assistenza ove In tempo reale
possibile al domicilio, limitando il n. di contatti
– Necessità di seguire rigorosamente i protocolli di
impiego degli antivirali a scopo preventivo e terapeutico
al fine di limitare la insorgenza di ceppi virali
resistenti
– Indicazioni in merito ad eventuale limitazione di
viaggi verso aree non infette
ASL – Diffondere ai medici di medicina primaria e alle
strutture di diagnosi e cura le indicazioni aggiornate
relative al percorso diagnostico ed al management
clinico, compresa l’indicazione alla ospedalizzazione
– Avviare di conseguenza le azioni di potenziamento
dell’assistenza sanitaria al domicilio indicate nel
Piano Pandemico Locale
– Avviare con strutture di diagnosi e cura e con i
responsabili dei comuni-aziende-scuole/campione il
monitoraggio settimanale di
– n. ricoveri ospedalieri suddivisi per classi di
patologia In tempo reale
– n. ricoveri ospedalieri per sindrome influenzale
esitati in decesso
– n. dei decessi in un campione rappresentativo di
comuni
– Presenza nelle aziende/campione per assenteismo
lavorativo (e scolastico qualora non sia disposta la
chiusura delle scuole)
– Effettuare la campagna di vaccinazione con vaccino
pandemico
– Inserire in tempo reale sul sito web regionale i dati di
copertura
  1. Cronoprogramma dell’attuazione del Piano Pandemia Influenzale Regione Lombardia
Tempi Tempi
Finalità dalla Azione Regione dalla Azione ASL
Delibera Delibera
Piano (gg) Piano (gg)
Comunicazione 60 Disegnare rete comunicazione soggetti
sanitari
60 Definire accordo per comunicatore
unico (Presidenza) deputato ai rapporti
con i media
90 Accordo con i gestori telefonia mobile
per sms
90 Sito web dedicato con accesso
riservato
In continuo Predisporre materiale informativo
coerente con i livelli di allerta
60 Disegnare rete locale di
comunicazione
60 Disegnare rete di diffusione
materiale divulgativo
Sorveglianza 30 Predisporre protocollo per la sorveglianza
epidemiologica e dei viaggiatori provenienti da
virologica aree infette (se non definito dal livello
nazionale)
60 Definire modalità di rilevazione dei
cluster di sindrome influenzale e di
morti per ILI/IRA
60 Definire modalità di rilevazione
campionaria di
– Accessi PS e ricoveri
– Mortalità
– Assenteismo lavorativo e
scolastico
60 Stipulare convenzione Istituto di
Virologia per allargamento sorveglianza
virologica agli addetti ad allevamenti e
macelli avicoli
subito Diffusione a medicina primaria
e strutture sanitarie dei
protocolli per il controllo e dei
flussi di segnalazione
Censimento e  180 Definire accordi con O.S. MMG per
organizzazione della rete ampliamento assistenza in fase 6
regionale di diagnosi e
cura 180 Definire accordo-quadro gestori RSA
per aumento assistenza medica ed
infermieristica finalizzata al
contenimento dei ricoveri
subito Diffondere i protocolli di
gestione di casi in fase 3 a
medicina primaria e strutture
sanitarie e socio-sanitarie
180 Verificare la predisposizione
del Piano emergenziale – fase 6
– per aumento assistenza da
parte di strutture sanitarie e
socio sanitarie:
– sospensione permessi, ferie,
ecc.
– ridistribuzione posti letto
– sospensione attività
programmata e differibile
180 Predisporre Piano per
l’incremento della assistenza
domiciliare medica ed
infermieristica in fase pandemia
con individuazione delle risorse
180 Condividere con RSA strategie
per l’incremento della
assistenza e monitorare il
ricorso al ricovero ospedaliero
Organizzazione delle 60 Predisporre gli atti formali da emanare
misure di sorveglianza e al verificarsi delle condizioni di
controllo rischio per attivare le misure generali
di controllo:
– utilizzo mascherine in ambito
sanitario (sale di attesa ambulatori,
centri prelievi, pronto soccorso, ecc…),
Misure generali – limitazione raduni o accesso a
strutture sanitarie e socio-sanitarie da
parte dei visitatori;
– interruzione della frequenza
scolastica.
180 Definire Piano utilizzo presidi
di protezione:
– fabbisogno
– approvvigionamento,
stoccaggio
– distribuzione a MMG/PLS e
ambulatori di sanità
pubblica
Organizzazione delle 30 Verificare il sistema di farmacovigilanza
misure di sorveglianza e rispetto alla possibilità di essere
controllo stressato in fase pandemica
60 Rendere disponibile l’estrazione dalla
banca assistiti dei soggetti candidati a
ricevere la vaccinazione
60 Predisporre format su sito regionale
per inserimento dei soggetti individuati
e registrazione della vaccinazione
Vaccinazione 30 post Piano distribuzione dei vaccini alle
Piano locale ASL
ASL
180 Predisporre e aggiornare elenchi
suddivisi per categorie degli
eleggibili alla vaccinazione
(acquisire dalle strutture la
segnalazione e l’assunzione di
responsabilità nell’individuazione)
180 Comunicare alla Regione la
quota di vaccini necessari
180 Definire Piano per stoccaggio e
distribuzione
180 Definire Piano per la
somministrazione rapida,
compresa la sospensione delle
attività di routine
180 Acquisire format per
registrazione vaccinazioni
30 post Individuazione siti di immagazzinamento
Piano locale e del piano di distribuzione per
Farmaci antivirali ASL il conferimento entro 4 ore nei siti di
richiesta
180 Definire Piano di stoccaggio e
distribuzione, comprensivo di:
– individuazioni dei livelli di
responsabilità
– accordi con farmacie e
distributori intermedi per il
conferimento celere dei
farmaci
Gli interventi in fase 6 – pandemia sono l’attuazione di quanto definito nel piano regionale, nel piano locale, nei conseguenti
documenti attuativi

Sotto-allegato a

RETE DI CONTATTO OPERATORI/RESPONSABILI SANITARI E LIVELLI DI ATTIVAZIONE

RETE REGIONALE DEI LABORATORI PER LA SORVEGLIANZA DEI VIRUS INFLUENZALI

FASI PANDEMICHE LIVELLO di sorveglianza LABORATORI DELLA RETE
DI SORVEGLIANZA
Periodo interpandemico Viene effettuata la sorveglianza dell’influenza stagionale CIRI – Istituto di Virologia
fasi 1 e 2) (rete medici sentinella)
Periodo di allerta Pandemico Viene effettuata la sorveglianza sui casi possibili, come definiti e secondo i protocolli ISS-CCM Laboratorio Microbiologia H Sacco
fase 3) +
CIRI per conferma
(anche in caso di esito negativo)
Periodo di allerta Pandemico Viene effettuata la sorveglianza sui casi possibili, come definiti e secondo i protocolli ISS-CCM Laboratori di Microbiologia
fasi 4 e 5) dei Presidi Ospedalieri sedi
di U.O. di Malattie Infettive
+
CIRI per conferma
(anche in caso di esito negativo)
Periodo Pandemico Viene effettuata la sorveglianza come definita e secondo Laboratori di Microbiologia
fase 6) i protocolli ISS-CCM dei Presidi Ospedalieri sedi
di U.O. di Malattie Infettive
+
CIRI nei casi selezionati

STRUTTURE SANITARIE ACCREDITATE CON UNITA’ OPERATIVA DI MALATTIE INFETTIVE

Struttura sanitaria U.O. Malattie infettive Nº posti letto totali
A.O. Ospedale di Circolo – Busto Arsizio U.O. Malattie Infettive 18
Policlinico San Matteo – Pavia U.O. Malattie Infettive 70
U.O. Malattie Infettive e Tropicali
A.O. Legnano – Ospedale di Cuggiono U.O. Malattie Infettive 34
A.O. Varese – Ospedale di Circolo e Fond. Macchi U.O. Malattie Infettive 22
A.O. Ospedale Sacco U.O. Malattie Infettive I Div. 68
U.O. Malattie Infettive II Div.
U.O. Malattie Infettive III Clinica.
A.O. Ospedale «A. Manzoni» di Lecco U.O. Malattie Infettive 12
A.O. Ospedale di Cremona U.O. Malattie Infettive 19
A.O. di Lodi – Ospedale Dalmati – S.Angelo Lodigiano U.O. Malattie Infettive 12
A.O. di Como – Ospedale Sant’Anna U.O. Malattie Infettive 31
A.O. di Mantova – Presidio Osp. «C. Poma» – Mantova U.O. Malattie Infettive 24
A.O. di Bergamo – Ospedali Riuniti – Bergamo U.O. Malattie Infettive 82
A.O. Spedali Civili di Brescia 1ª U.O. Malattie Infettive 72
2ª U.O. Malattie Infettive
A.O. Niguarda di Milano U.O. Malattie Infettive 21
A.O. San Gerardo di Monza U.O. Malattie Infettive 20
Ospedale San Raffaele di Milano U.O. Malattie Infettive 35

Sotto-allegato b

SORVEGLIANZA VIROLOGICA ED EPIDEMIOLOGICA

La sorveglianza dell’influenza stagionale (fasi 1 – 2)

Il piano per fronteggiare un’eventuale pandemia influenzale prevede la messa a punto di un sistema di sorveglianza articolato e tempestivo per il riconoscimento dell’influenza e dei ceppi virali circolanti nei periodi interpandemici. A tal proposito si sottolinea che la capacità di risposta di un Paese ad una emergenza pandemica è fortemente influenzata dall’esistenza di una attività sistemica di sorveglianza epidemiologica-virologica condotta annualmente, che deve essere mantenuta attiva in anni di circolazione epidemica o sub-epidemica.

Per questo motivo, in seguito all’accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni del 28 settembre 2000 (atto 1031), è stato organizzato un sistema di monitoraggio, denominato «Influnet». Il sistema di monitoraggio Influnet è su base settimanale e fa capo ad una rete di medici sentinella costituiti da medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS) che segnalano i casi di influenza osservati tra i loro assistiti (sorveglianza epidemiologico-clinica). I medici sentinella ed altri medici operanti nel territorio e negli ospedali collaborano inoltre alla raccolta dei campioni biologici per l’identificazione di virus circolanti (sorveglianza virologica). La sorveglianza è articolata in due emireti coordinate una dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS; Flu-ISS) e l’altra dal Centro Interuniversitario di Ricerca sull’Influenza costituito tra il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova e l’Istituto di Virologia dell’Università di Milano (CIRI). La Lombardia è coordinata dal CIRI insieme con Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia.

I due Centri di Riferimento Nazionali (ISS e CIRI) hanno il compito di:

1) redigere il protocollo operativo in collaborazione con le regioni e il Ministero;

2) costruire la base di dati e le procedure per l’invio e la consultazione dei dati aggregati;

3) raccogliere e analizzare settimanalmente i dati di sorveglianza nazionali;

4) contribuire allo scambio di dati con reti di sorveglianza europee;

5) curare il ritorno delle informazioni ai medici partecipanti. L’Istituto di Virologia dell’Università di Milano rappresenta il centro di riferimento per la sorveglianza della Regione Lombardia.

Sorveglianza epidemiologica

Obiettivo generale

Costituire una base di dati per la valutazione comparativa dell’incidenza dell’influenza nel corso degli anni.

Popolazione generale da sottoporre a sorveglianza attiva

Poiché l’influenza è una malattia con incidenza elevata, per la stima del suo andamento spazio temporale, è sufficiente garantire la sorveglianza dell’1-2% della popolazione regionale. Il numero dei medici partecipanti non è predefinito, ma è auspicabile che nell’ambito regionale la rete sia costituita da un gruppo di medici i cui assistiti rappresentino almeno l’1,5% della popolazione lombarda.

Flusso di segnalazione dei casi

La gestione locale del sistema di sorveglianza è affidata alla Regione che ha il compito di identificare un referente mediante la compilazione di una specifica scheda predisposta dal centro di riferimento nazionale. Il referente regionale deve coordinare la rete locale dei medici sentinella, la rilevazione settimanale dei dati, la loro immissione nel database. Nello specifico ha il compito di: promuovere l’iniziativa e invitare i medici a partecipare, controllare la continuità della partecipazione settimanale dei medici, provvedere all’inserimento dei dati, tramite internet, per eventuali medici sprovvisti di connessione.

Ai medici è richiesto di identificare e annotare giornalmente, sul proprio registro cartaceo, ogni nuovo paziente riscontrato affetto da sindrome influenzale nel periodo di sorveglianza (dalla 42ª settimana dell’anno in corso alla 17ª dell’anno successivo). Ogni settimana il numero aggregato dei casi osservati da ogni medico (divisi per gruppi di età e per categorie a rischio) deve essere trasmesso per via telematica al competente Centro di Riferimento. All’annuale protocollo operativo vengono allegati l’elenco delle settimane a cui fare riferimento nella segnalazione dei casi e la definizione clinica di ILI (Influenza-Like Illness). L’analisi dei dati a livello centrale deve essere effettuata con le seguenti modalità:

-settimanalmente

  1. Numero dei medici che nella settimana hanno inviato dati e popolazione sorvegliata (totale e per fascia di età);
  2. Tassi di incidenza regionali, totali e per fascia di età;
  3. Tassi di incidenza nazionali, totali e per fascia di età;
  4. Confronto con i dati analoghi delle stagioni precedenti;

– al termine della stagione influenzale

  1. Incidenza delle sindromi influenzali per settimana, per età e per regione;
  2. Incidenza cumulativa tra i casi vaccinati di età pari o superiore a 65 anni;
  3. Descrizione della diffusione geografica dell’influenza nell’arco della stagione;
  4. Distribuzione proporzionale delle ILI fra categorie a rischio. Il Centro di Controllo di Malattie del Ministero della salute (CCM) pubblica ogni settimana sul sito web le informazioni relative all’andamento nazionale dell’influenza.

Sorveglianza virologica

Obiettivi generali

– verificare la circolazione di virus influenzali, mediante esami di laboratorio su campioni clinici prelevati dai pazienti con ILI;

– caratterizzare, da un punto di vista antigenico e molecolare, i ceppi virali circolanti in periodo epidemico, valutando il grado di omologia antigenica tra ceppi circolanti nella popolazione e ceppi vaccinali;

– mettere a punto metodiche avanzate di diagnostica rapida e differenziale che permettano di identificare tempestivamente eventuali casi italiani di influenza pandemica;

– fornire agli organismi Internazionali (OMS, Agenzia Europea del Farmaco-EMEA) dati utili all’aggiornamento della composizione vaccinale.

Nel novembre 2005 il CIRI, l’ISS e il CCM hanno dato avvio ad un progetto di potenziamento della rete di sorveglianza virologica dell’influenza umana al fine di:

– implementare la rete di sorveglianza virologica dell’influenza, in modo da coprire l’intero territorio nazionale e possa monitorare la circolazione dei virus influenzali in tutte le classi di età;

– estendere la sorveglianza ai soggetti in contatto con il serbatoio animale;

– standardizzare le metodologie di rilevamento e caratterizzazione virale;

– effettuare una diagnostica più rapida ed accurata dei cluster di polmoniti e influenza-like illness, che potrebbero rappresentare il primo segnale dell’introduzione di un virus emergente o riemergente nella comunità. L’implementazione dell’attività di sorveglianza permette una più precoce attivazione della risposta di Sanità Pubblica al fine di contenere e controllare il rischio di diffusione della malattia.

La sorveglianza in periodo di allerta pandemico – fasi 3 – 4 – 5

Quando si verificano diversi eventi con potenziale virus pandemico, è necessario rafforzare la sorveglianza epidemiologica e virologica per monitorare meglio lo sviluppo della minaccia. Il tipo di sorveglianza dipende da dove è stato isolato il virus (uomo o animali) e dove si pensa si diffonderà il nuovo ceppo (area geografica).

In ogni caso, a partire dalla fase 3, è necessario che oltre alla sorveglianza di tipo campionario, venga implementata la rilevazione, epidemiologica e virologica, in modo da individuare tempestivamente i casi/situazioni che rispondono ad una determinata definizione. La sorveglianza epidemiologica e virologica, intesa come rilevamento e registrazione dei casi possibili, secondo le definizioni previste da ISS-CCM, aumenta il proprio raggio di osservazione in relazione alle diverse fasi.

Sorveglianza epidemiologica

Consiste nella capacità di porre sotto osservazione particolari gruppi di soggetti che presentano un maggior rischio di contagio da virus potenzialmente pandemico, in modo da cogliere tempestivamente l’insorgenza di quadri clinici sospetti. Allo stato attuale l’unico agente per il quale si sospetta una potenzialità pandemica è H5N1 e, dunque, sono i soggetti che si trovano in condizioni di esposizione a tale virus che debbono essere posti sotto sorveglianza. Secondo le attuali definizioni OMS e le conoscenze di tipo epidemiologico, le categorie da sottoporre a sorveglianza epidemiologica in fase 3 sono costituite da:

– soggetti professionalmente esposti (allevatori a contatto con focolai animali di I.A. da H5N1, personale adibito all’abbattimento in caso di focolaio da I.A., laboratoristi che debbano processare campioni biologici di soggetti o animali con sospetta infezione da H5N1);

– viaggiatori provenienti da aree con documentata presenza di focolai da H5N1 che siano venuti a stretto contatto con allevamenti/animali;

– contatti stretti di pazienti cui sia stata diagnosticata una patologia da H5N1. Per quanto riguarda i soggetti professionalmente esposti, ed in particolare allevatori/addetti agli abbattimenti, la Circ. 6/SAN/2006 ha fornito indicazioni: tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano venuti a contatto con animali affetti da H5N1 devono essere posti sotto sorveglianza dalla ASL (informazioni, contatti quotidiani sino a 10 gg dopo l’ultima esposizione…). Per quanto attiene i viaggiatori provenienti da aree infette e che abbiano avuto contatti con volatili (anche nel caso in cui non vi sia documentazione sullo stato sanitario di questi ultimi), è necessario che si provveda ad una capillare informazione, al momento dell’entrata nel nostro Paese, in merito alle misure precauzionali generali da utilizzare nei 10 giorni successivi al rientro e recapiti e riferimenti in caso di sintomatologia sospetta.

Qualora la situazione epidemiologica dei Paesi esteri si aggravi, con estensione dei focolai, è necessario che i soggetti che rispondono alle esposizioni di cui sopra, siano individuati e contattati quotidianamente al pari dei lavoratori esposti.

A partire dalla fase 4 – livello 1, oltre a quanto sopra è necessario estendere la sorveglianza epidemiologica su soggetti che pur non avendo un rischio specifico di esposizione, si trovino in situazioni atipiche che necessitano di essere indagate anche in riferimento al possibile rischio pandemico.

Pertanto dovranno essere attivati, in ambito ospedaliero e tramite gli abituali sistemi di rilevazione, quali i Comitati di lotta alle infezioni ospedaliere-CIO, strumenti per:

– pronta individuazione di cluster intraospedalieri di ILI tra gli operatori sanitari o cluster di morti inattese per ILI/IRA in strutture di assistenza sanitaria;

– indagine epidemiologica per l’identificazione dell’agente patogeno coinvolto e delle possibili modalità di diffusione dell’infezione,

– attivare le misure di prevenzione e controllo generale per le infezioni respiratorie (protocolli di isolamento, sanificazione e disinfezione, controllo post-dimissione…).

Nella fase di pandemia conclamata – livello 6, è importante che sia la sorveglianza epidemiologica che quella virologica vengano mantenute.

I dati della sorveglianza epidemiologica sono cruciali per pianificare l’utilizzazione delle risorse e l’impiego degli operatori sanitari, mentre la sorveglianza virologica, effettuata su un numero limitato di campioni, è necessaria soprattutto per monitorare le caratteristiche del virus, vista la minore importanza, in questa fase, della conferma di laboratorio dei singoli casi. Tuttavia le modalità della sorveglianza in tale fase, anche in relazione alle dimensioni del fenomeno ed alle caratteristiche virologiche, saranno definite successivamente.

Sorveglianza virologica

I casi soggetti a sorveglianza epidemiologica che manifestino sintomi sospetti saranno sottoposti ad accertamenti secondo i protocolli specifici di cui al seguente allegato.

Sotto-allegato c

DEFINIZIONE, INDIVIDUAZIONE E GESTIONE DEI CASI SOSPETTI – FASE 3

Come già segnalato definizioni e modalità di gestione dei casi sono strettamente correlate alle caratteristiche del/i virus potenzialmente pandemico: pertanto le seguenti indicazioni hanno valenza esclusivamente col presupposto che la pandemia sia sostenuta da una mutazione del virus H5N1.

Definizione

Il sospetto di caso di influenza H5N1 in un paziente, in fase 3, deve tenere conto della concomitante presenza del criterio clinico e del criterio epidemiologico.

Criterio clinico

Non esiste al momento attuale una definizione di caso sospetto univocamente approvata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Il periodo di incubazione medio della influenza stagionale è di 2-3 giorni (range 1-7), ma non esistono informazioni certe sulla durata effettiva del periodo medio di incubazione della influenza aviaria, che potrebbe essere anche più prolungato: 2-5 (range 1-17). I sintomi più comunemente riportati nei casi umani affetti da influenza aviaria H5N1, che dunque dovrebbero indurre a porre la diagnosi di sospetto nel caso siano presenti anche gli elementi epidemiologici più sotto riportati, sono:

– febbre > 38ºC

– tosse

– dispnea con presenza di infiltrati polmonari aspecifici alla radiografia del polmone e linfopenia e moderata ipertransaminasemia.

Criterio epidemiologico

In accordo con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le situazioni epidemiologiche che possono comportare un rischio di esposizione al virus influenzale H5N1 sono le seguenti:

Contatto stretto (< 1 metro) con pollame domestico (polli, anatre, oche, tacchini, faraone)
o selvatico vivo o morto, infetto da virus H5N1
Contatto stretto (< 1 metro) con una persona affetta da patologia respiratoria letale di
origine ignota
Presenza nei 10 giorni precedenti Contatto stretto (< 1 metro) con una persona nella quale sia stata diagnosticata l’infezione
l’esordio dei sintomi di uno da H5N1
dei seguenti rischi epidemiologici Soggetto proveniente da aree con documentata presenza di influenza aviaria ad elevata
patogenicità H5N1 nella popolazione animale, con evidenza di contatto stretto con il
serbatoio animale
Aver lavorato in un laboratorio che processa campioni biologici di soggetti o animali con
sospetta infezione da H5N1

Management clinico dei pazienti con sospetta infezione H5N1

In questa fase, debbono essere ospedalizzati i casi che soddisfino sia il criterio clinico che il criterio epidemiologico di caso sospetto di influenza H5N1.

La conferma della diagnosi si avvale della positività di almeno uno dei seguenti criteri:

– positività della coltura virale per H5N1

– positività della Polymerase Chain Reaction per H5N1.

I test di coltura richiedono laboratori con criteri di biosicurezza 3 (BSL-3). I test PCR e sierologici possono essere condotti in laboratori con criteri di biosicurezza 2 (BSL-2) (vedi sotto-allegato a).

Modalità di ospedalizzazione

I soggetti che rispondono alla definizione di caso (possibile/probabile/accertato) di influenza A (H5N1) devono essere ricoverati in Unità Operative di Malattie Infettive dotate di stanze di degenza singole, con garanzia di almeno 6 ricambi d’aria/ora e dotate di servizi igienici indipendenti.

Le modalità di contagio del virus influenzale stagionale prevedono sia la via per droplets che aerogena. È stata segnalata anche la possibilità che il virus influenzale possa trasmettersi per contatto diretto e indiretto. Il personale sanitario incaricato della assistenza ai casi sospetti di infezione H5N1 dovrà adottare fino a definizione diagnostica avvenuta le seguenti precauzioni standard (comuni a tutti i ricoverati), più le precauzioni da contatto e quelle per trasmissione aerogena:

– precauzioni standard, ad includere

  1. lavaggio delle mani
  2. utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale quando si manipoli sangue, liquidi biologici, secrezioni ed escrezioni

iii. attenzione nella manipolazione degli strumenti medici di assistenza individuale e degli effetti letterecci

  1. prevenzione delle punture accidentali
  2. pulizia ambientale
  3. appropriata eliminazione dei rifiuti

– precauzioni atte ad evitare la trasmissione per droplets / aerogena, ad includere

vii. ricovero del paziente in stanze di degenza singola

viii. impiego costante di maschere di livello minimo N-95

  1. impiego costante di scudo protettivo del volto
  2. limitare al massimo gli spostamenti del paziente, che comunque in caso di necessità dovrà indossare una idonea maschera protettiva al di fuori della propria stanza di degenza

– precauzioni da contatto, ad includere

  1. impiego costante dei guanti (monouso, non sterili)

xii. impiego costante di camici protettivi disposable a maniche lunghe

xiii. impiego costante di strumentario medico dedicato esclusivamente al paziente sospetto (stetoscopio, sfigmomanometro, termometro, etc.). Tali precauzioni dovranno essere proseguite sino a quando esiste il rischio di infettività del paziente, la cui durata varia in rapporto alla età del paziente stesso:

– adulti di età > 12 anni – proseguire sino al 7º giorno dopo la risoluzione della febbre;

– bambini di età <12 anni – proseguire sino al 21º giorno dall’esordio dei sintomi.

Sotto-allegato d

LE MISURE DI CONTROLLO DEI CASI

Perché la rilevazione di casi si attivi è necessario che tutti i medici che dovessero osservare soggetti nelle condizioni di cui sopra (ILI + esposizione) siano informati sulla necessità di:

– segnalare all’ASL il caso, tramite il flusso informativo delle malattie infettive [1] già in essere in ciascuna ASL;

– far adottare al soggetto le misure di prevenzione generale (evitare contatti ravvicinati bocca-bocca con altre persone, lavare frequentemente le mani, non frequentare luoghi affollati, utilizzare fazzoletti monouso, aerare regolarmente l’abitazione, coprirsi la bocca ogni volta che si tossisce e poi lavarsi le mani, coprirsi il naso ogni volta che si starnutisce e poi lavarsi le mani);

– di concerto col medico ASL:

– inviare il caso sospetto per la valutazione ed eventuale ricovero all’U.O. di Malattie Infettive più vicina (previo contatto diretto e invio con percorso preferenziale); in tal caso:

– durante il trasporto con comune automezzo al paziente va applicata una mascherina chirurgica; il numero delle persone in auto deve essere limitato e comunque il caso non deve essere affiancato da altre persone;

– qualora le condizioni cliniche siano gravi il trasporto sarà effettuato in ambulanza con le apposite misure di isolamento respiratorio;

– il caso seguirà un percorso separato al momento dell’accettazione e sarà alloggiato in una camera singola in regime di isolamento respiratorio;

– nell’impossibilità di procedere al ricovero, mantenere il caso presso il proprio domicilio, se sussistono le condizioni per garantirne l’isolamento respiratorio, ed effettuare il prelievo per gli accertamenti virologici necessari, che sarà inviato a cura dell’ASL, al più vicino Laboratorio di Microbiologia afferente alla rete regionale (vedi sotto-allegato a).

Va ricordato che gli operatori sanitari che vengono a contatto col caso – medico curante, personale ASL – debbono adottare le misure di isolamento respiratorio, utilizzando camice, copricapo, guanti e mascherina chirurgica. Per i casi in cui il soggetto dovesse pervenire direttamente all’osservazione in ambiente ospedaliero, tramite ad esempio il Pronto Soccorso, o per i cluster, le ASL concorderanno con le Strutture di ricovero del proprio territorio, specifici protocolli per la segnalazione, l’eventuale invio di campioni ai Laboratori della rete, il controllo e la sorveglianza sui contatti dei casi accertati. Per quanto riguarda i contatti dei casi sospetti, l’ASL, a fronte della segnalazione pervenuta dal medico del territorio o ospedaliero, provvederà a:

– in fase di sospetto:

– individuare i soggetti conviventi del caso, informandoli della necessità di adottare le misure preventive di carattere generale;

– successivamente all’accertamento:

– valutare l’opportunità di sottoporre i contatti stretti a chemioprofilassi con antivirali;

– sottoporre a sorveglianza sanitaria per 10 gg. dall’ultima esposizione i soggetti conviventi (effettuando quotidianamente un contatto telefonico)

– sospendere la frequenza in collettività

– inviare in caso di insorgenza di sintomatologia all’U.O. di Malattie Infettive più vicina (previo contatto diretto e invio con percorso preferenziale); il trasporto dovrà avvenire secondo le modalità sopraindicate.

[1] In base alla Delib.G.R. n. 18853 del 2004 ciascuna ASL deve aver attivato un sistema di recepimento delle segnalazioni di malattia infettiva, attivo 24/24

Sotto-allegato e

VACCINAZIONE

I Criteri di priorità tra le differenti categorie di soggetti candidati a ricevere la vaccinazione, così come definiti a livello nazionale, sono:

  1. Personale sanitario e di assistenza

– ospedali

– ambulatori MMG e PLS

– strutture di assistenza e lunga degenza

– distretti sanitari e servizi di Sanità Pubblica a contatto col pubblico

– servizi di ambulanze

– laboratori di microbiologia

– farmacie.

  1. Personale addetto ai servizi essenziali alla sicurezza e alla emergenza

– forze di polizia a contatto col pubblico

– vigili del fuoco

– decisori chiave in caso di urgenza ed emergenza (dirigenti strutture regionali – sanità e protezione civile; dirigenti ASL, A.O. con responsabilità di organizzazione e coordinamento delle attività di prevenzione e di cura).

  1. Personale addetto ai servizi di pubblica utilità

– persone addette ai trasporti pubblici essenziali e le persone che effettuano il trasporto di prodotti di prima necessità

– forze armate

– polizia municipale e le altre forze di polizia non inserite nel gruppo 2 di priorità

– lavoratori dei servizi di pubblica utilità.

  1. Persone ad elevato rischio di complicanze severe o fatali a causa dell’influenza.

In questa categoria sono presenti i gruppi di popolazione che sono già identificati nelle raccomandazioni per la annuale vaccinazione contro l’influenza.

  1. Bambini e adolescenti sani di età compresa tra 2 e 18 anni
  2. Adulti sani Di conseguenza, nella redazione dei propri Piani Locali, le ASL dovranno quantificare i soggetti appartenenti a queste categorie, suddividendoli su tre livelli, secondo quanto indicato nella tabella che segue.

Nella organizzazione della attività, ed in particolare per quanto attiene la caratteristica delle tempestività dell’intervento, si procederà a vaccinare i soggetti appartenenti al secondo livello solo dopo aver garantito ed esaurito il primo livello, ecc.

Tipologia soggetti Primo livello Secondo Livello Terzo Livello
(da garantire immediatamente)
Personale sanitario e di Strutture di ricovero e cura Strutture di ricovero e cura
assistenza comprese strutture di riabilitazione: comprese strutture di
personale addetto al contatto riabilitazione: personale
diretto coi pazienti (anche in operante all’interno della
strutture ambulatoriali) o in servizi struttura per servizi di pulizia,
di laboratorio ecc…
Operatori sanitari (medici, Operatori di servizi di
personale infermieristico) di laboratorio esterni alle
assistenza sanitaria primaria – MMG/PLS// strutture di ricovero
Continuità assistenziale/Medicina
fiscale
Strutture socio-sanitarie di tipo Strutture socio-sanitarie di tipo
residenziale: personale residenziale: personale non
direttamente addetto al contatto coi direttamente addetto al contatto
pazienti coi pazienti
Personale ASL operante in servizi Personale ASL di tipo
di tipo ambulatoriale/assistenziale sanitario o adibito a rapporti
(ADI, Servizi Vaccinali) col pubblico
Servizi sanitari di emergenza:
personale del SUEM e volontari
Farmacie: tutto il personale a Altro personale delle farmacie
contatto col pubblico a supporto
Operatori adibiti a servizi sanitari Famigliari di soggetti in
e sociali di tipo domiciliare (ADI, condizioni di fragilità che
SAD, badanti…) effettuano assistenza
Personale addetto ai servizi Forze di polizia (Carabinieri, Dirigenti ASL, A.O. con
essenziali alla sicurezza e alla Polizia di Stato) contingenti minimi responsabilità di
emergenza addetti ad attività non rinviabili organizzazione e
coordinamento delle attività di prevenzione e di cura
Decisori chiave in caso di
urgenza ed emergenza
(dirigenti strutture regionali –
sanità e protezione civile,
prefetture,comuni, province)
Personale addetto ai servizi di Vigili del fuoco Addetti ai trasporti pubblici e Polizia municipale e le altre
pubblica utilità di prodotti di prima necessità forze di polizia non già
(farmaci, alimenti) inserite
Personale addetto ai trasporti Personale di Servizi Sanitari,
e servizi di pubblica utilità non precedentemente inseriti
(energia, igiene urbana) (ASL/A.O./IZS)
Personale e volontari della Personale delle forze armate
protezione civile
Persone ad elevato rischio di Soggetti affetti da patologie Soggetti di età > 65 aa
complicanze severe o fatali a ricomprese tra quelle che indicano Bambini e adolescenti sani di
causa dell’influenza la somministrazione di vaccino età compresa tra 2 e 18 anni
stagionale
Persone suscettibili di Personale di servizi scolastici,
ammalare postali, ristorazione collettiva
Adulti sani

Oltre alla previsione numerica dei soggetti da vaccinare, deve essere indicato la sede ed il responsabile della somministrazione vaccinale: di norma il datore di lavoro delle differenti strutture cui afferiscono i diversi addetti, la ASL per le altre categorie. In tal senso sarà predisposto anche un programma delle sedute vaccinali, in grado di soddisfare in breve tempo le somministrazioni del primo livello.

I criteri per la sospensione di attività programmata, così da potenziare le sedute vaccinali straordinarie, ricorrendo anche a personale abitualmente non addetto ad essa, sono i seguenti:

– Attività di programmazione generale, coordinamento, formazione eccetto quanto correlato alla pandemia

– Attività di certificazione sanitaria e medico-legale

– Attività di educazione sanitaria e iniziative di promozione della salute

– Attività di vigilanza e controllo e rilascio autorizzazioni/pareri.

Sotto-allegato f

UTILIZZO DEI FARMACI ANTIVIRALI

Introduzione

La terapia e la profilassi con farmaci antivirali potrebbe contribuire a raggiungere l’obiettivo di diminuire la morbosità e la mortalità durante una pandemia nonché a ridurre le relative gravi conseguenze sociali ed economiche. I farmaci antivirali rappresentano, verosimilmente, l’unica possibilità di intervento specifico contro il virus pandemico nelle fasi iniziali della sua diffusione, dato che il vaccino non sarà, ancora disponibile nei primi mesi della pandemia. Le strategie per l’uso degli antivirali durante una pandemia influenzale sono provvisorie giacché non si può fare riferimento ad alcuna esperienza precedente.

Le infezioni da virus influenzali possono essere trattate da due tipi di farmaci: gli inibitori M2 (amantidina e rimantidina) e gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir e zanamivir).

Amantidina e rimantidina, sono farmaci noti da molti anni per il trattamento della sola influenza A. Somministrati entro le prime 48 ore dai sintomi riducono la durata della malattia di circa due giorni. Non ci sono dati circa la prevenzione delle complicanze dell’influenza. Tali farmaci hanno avuto un uso molto limitato nella pratica clinica per il rischio di effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale e apparato digerente soprattutto in soggetti giovani. Sono stati segnalati stipiti virali che si sono dimostrati resistenti a questi farmaci, in particolare i ceppi H5N1 isolati recentemente nel Sud-Est asiatico sembrano essere tutti resistenti.

Oseltamivir e zanamivir, farmaci appartenenti alla classe degli inibitori della neuraminidasi, sono efficaci contro influenza A e B e sono caratterizzati da migliore tollerabilità. Possono ridurre la gravità della malattia e ridurne la durata di circa un giorno. Tuttavia, anche per questi farmaci, l’efficacia dipende in modo cruciale dal tempo di somministrazione, che non dovrebbe superare le 48 ore dall’esordio dei sintomi. Per i casi di infezione umana da virus aviario H5N1, questi farmaci possono aumentare le possibilità di sopravvivenza solo se somministrati molto presto. Le indicazioni di uso tra i due principi attivi disponibili sono leggermente differenti: infatti l’oseltamivir a differenza dello zanamivir può essere utilizzato per il trattamento di pazienti con almeno un anno di vita e per la profilassi post-esposizione di soggetti dai 12 anni in poi.

Inoltre l’oseltamivir può essere assunto oralmente in una soluzione acquosa, mentre lo zanamivir è disponibile in confezione inalatoria e quindi può essere difficilmente assumibile da alcuni soggetti. Anche per questi farmaci sono stati descritti ceppi virali resistenti. In una recente segnalazione uno stipite virale resistente all’oseltamivir è risultato sensibile a zanamivir. Nel momento in cui i farmaci dovranno essere utilizzati sarà essenziale monitorarne l’utilizzo e gli effetti collaterali mediante l’Osservatorio sull’impiego dei medicinali e il sistema di Farmacovigilanza dell’AIFA. Infatti, l’uso massiccio di questi farmaci aumenta il rischio di insorgenza di ceppi resistenti, che si selezionano in misura proporzionale all’uso dei farmaci, ed il rischio di effetti collaterali.

Utilizzo a scopo di profilassi pre – o post – esposizione

L’uso profilattico degli antivirali può rivelarsi particolarmente utile in presenza dei primi cluster di influenza causati da virus pandemico, quando non sia ancora disponibile il vaccino. Si tratta di una strategia di breve periodo, utile soprattutto in presenza di casi isolati o piccoli cluster in particolare se questi si verificano in comunità chiuse. La strategia di utilizzo è rapportata alle differenti fasi come segue:

Fase 3

L’utilizzo è limitato a:

– operatori addetti alla fase di abbattimento in focolai accertati di I.A. ad alta patogenicità, quale profilassi pre-esposizione

– soggetti esposti a cariche virali elevate in focolai accertati di I.A. ad alta patogenicità che hanno operato in assenza di DPI

Nei contatti stretti di soggetto con diagnosi di Influenza Aviaria, la decisione circa l’opportunità di chemioprofilassi è soggetta ad una valutazione congiunta dell’ASL e U.O. Prevenzione, tutela sanitaria e veterinaria.

Fasi 4 e 5

L’utilizzo è esteso a:

– contatti stretti di casi accertati di influenza aviaria, intesi come conviventi o soggetti che hanno avuto contatti prolungati (indicativamente superiori alle 8 ore/die) in ambienti chiusi;

– operatori sanitari che abbiano assistito il caso, senza essere dotati dei dispositivi di protezione individuale. In caso di cluster di grandi dimensioni (Fase 5, livello 1), l’uso profilattico di antivirali va considerato per i contatti che appartengono alle categorie prioritarie 1 – 4, individuate per l’offerta del vaccino pandemico (sotto-allegato e).

Fase 6

In fase di epidemia conclamata, la profilassi con antivirali è poco utile. Infatti, l’uso massiccio di questi farmaci aumenta il rischio di insorgenza di ceppi virali resistenti ed il rischio di effetti collaterali. Inoltre, le simulazioni sulla pandemia influenzale hanno evidenziato che l’uso di massa di questi farmaci non riduce in maniera importante il numero dei casi di influenza.

Utilizzo a scopo terapeutico

L’utilizzo a scopo terapeutico degli antivirali segue il criterio della limitazione del danno; naturalmente le presenti indicazioni risentono della mancanza di informazioni certe sul virus pandemico e correlati quadri clinici. Con la disponibilità di indicazioni all’utilizzo degli antivirali a scopo terapeutico da parte degli Organismi internazionali e nazionali competenti si provvederà a recepire e declinare i protocolli terapeutici ed eventuali indicazioni di priorità.


ALLEGATO 4

Delib.G.R. 13 dicembre 2006, n. 8/3776 (1)

Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario regionale per l’esercizio 2007 (2).

(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 18 dicembre 2006, n. 51, S.S. 22 dicembre 2006, n. 5.

(2) Per integrazioni alla presente delibera si veda la Delib.G.R. 28 febbraio 2007, n. 8/4239. Si vedano, inoltre, la Delib.G.R. 21 marzo 2007, n. 8/4341, la Delib.G.R. 23 ottobre 2007, n. 8/5626 e la Delib.G.R. 27 febbraio 2008, n. 8/6682.

LA GIUNTA REGIONALE

Vista la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 recante «Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali» e s.m.i.;

Vista la legge 23 dicembre 2005, n. 266 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)»;

Visti i documenti di programmazione regionale, con particolare riferimento alla programmazione sanitaria:

– Piano Regionale di Sviluppo e Documento di Programmazione Economico-Finanziaria Regionale 2006-2008 approvati dal Consiglio Regionale in data 26 ottobre 2005;

– Risoluzione concernente il Documento di Programmazione Economico – Finanziaria Regionale 2007 – 2009 approvata con Delib.C.R. n. VIII/188 del 26 luglio 2006;

– Piano Socio Sanitario Regionale approvato con Delib.C.R. n. VIII/257 del 26 ottobre 2006;

Preso atto che, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 e in attuazione dell’articolo 1, comma 173, della legge n. 311/2004 legge finanziaria 2005, in data 23 marzo 2005 in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato sottoscritto l’atto di intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano col quale sono stati individuati i nuovi adempimenti a carico delle Regioni per l’accesso al maggior finanziamento delle risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale per gli anni 2005, 2006 e 2007;

Preso atto, altresì, che l’impegno assunto tra Stato e Regioni ha come premessa la garanzia del rispetto del principio della uniforme erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza, di adeguato livello qualitativo e di efficienza, coerentemente con le risorse programmate;

Richiamata la Delib.G.R. del 14 dicembre 2005 n. 8/1375 ad oggetto: «Determinazioni in ordine alla gestione del Servizio Socio Sanitario Regionale per l’esercizio 2006» con la quale sono state stabilite le «Regole» per la gestione del sistema socio sanitario regionale per l’anno 2006 nel rispetto della normativa nazionale e regionale e dei provvedimenti nazionali e regionali richiamati nella deliberazione stessa;

Ritenuto per l’anno 2007 di confermare sostanzialmente gli attuali principi di carattere generale, salvo alcuni interventi prioritari di sistema ritenuti fondamentali per la tutela della salute e l’organizzazione sanitaria e sociosanitaria lombarda che vedranno coinvolte le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere lombarde, ciascuna per la propria competenza, così come indicato nell’Allegato 1 «Indirizzi di programmazione», parte integrante del presente provvedimento;

Richiamati:

– il Protocollo di intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul Patto per la Salute condiviso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano in data 28 settembre 2006;

– il DDL riguardante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007);

Richiamata la Delib.G.R. del 6 luglio 2006 n. 8/2890 ad oggetto: «Aggiornamento dell’elenco degli idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie pubbliche lombarde – anno 2006 -», in particolare l’Allegato 6 con cui sono state definite le modalità attuative e le procedure connesse alla decadenza automatica dei direttori generali, di cui all’art. 14, commi 7 ter e 7-quinquies, della L.R. n. 31/1997 come modificata dalla L.R. n. 3/2003;

Atteso che nell’ambito della definizione degli obiettivi economici delle Aziende Sanitarie saranno considerati gli effetti di eventuali nuovi assetti organizzativi;

Considerato che le risorse nazionali del 2007 sono già state oggetto di accordo tra le Regioni, in attesa di definitiva formalizzazione delle competenti Amministrazioni centrali, in occasione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni in data 10 novembre 2006, e che è in corso di approvazione la legge Finanziaria 2007, che prevede che le risorse disponibili, a livello nazionale, siano fissate in 96 miliardi di Euro, cui si dovrebbero aggiungere 2 miliardi di euro a titolo di maggiore finanziamento per l’anno 2006;

Considerato che l’allegato n. 2 «Il quadro del sistema per l’anno 2007», parte integrante del presente provvedimento, definisce l’ammontare e l’allocazione, ancorché in attesa dell’approvazione della legge Finanziaria 2007, delle risorse nelle diverse tipologie di spesa e la determinazione dei criteri per la definizione degli obiettivi economici per ciascuna azienda, al fine della redazione del bilancio preventivo economico;

Stabilito che il Bilancio preventivo economico 2007 delle aziende ed enti sanitari operanti nel SSR dovrà essere presentato entro il 5 febbraio 2007, in linea con le indicazioni contenute nel predetto allegato n. 2 ed in coerenza con gli obiettivi economici assegnati;

Attesa la necessità, per quanto riguarda gli obiettivi inerenti gli assetti organizzativi, di proseguire ed estendere i processi di riorganizzazione interna delle Aziende pubbliche, nonché la semplificazione delle procedure amministrative e l’affidamento all’esterno della gestione di servizi generali non direttamente collegati all’assistenza;

Dato atto che le «Regole 2007», come sopra descritte, sono state oggetto di consultazione con le rappresentanze dei soggetti che operano nel servizio sanitario regionale;

Ritenuto pertanto di definire le Regole di gestione del Servizio Socio Sanitario Regionale per l’anno 2007 e di approvare a tal fine i seguenti allegati, parti integranti del presente provvedimento:

– Allegato 1 «Indirizzi di programmazione»

– Allegato 2 «Il quadro del sistema per l’anno 2007»

– Allegato 3 «Gli acquisti delle Aziende Sanitarie: linee di indirizzo»

– Allegato 4 «Le attività di Prevenzione Medica Veterinaria»

– Allegato 5 «Tempi di attesa e accessibilità»

– Allegato 6 «Farmaceutica e Protesica»

– Allegato 7 «Piani regionali di settore e di sviluppo – Progetti e Ricerche»

– Allegato 8 «Tariffe delle prestazioni di ricovero e cura e di diagnostica e specialistica ambulatoriale»

– Allegato 9 «Indici di offerta – Negoziazione»

– Allegato 10 «Piano dei controlli, Banca Dati Assistito, qualità ed appropriatezza»

– Allegato 11 «Progetto CRS-SISS»

– Allegato 12 «Area organizzazione e personale»

– Allegato 13 «Linee guida regionali per l’adozione del codice etico e dei modelli di organizzazione e controllo delle Aziende Sanitarie Locali e Aziende Ospedaliere»

– Allegato 14 «Medicina Convenzionata: MMG, PLS e Continuità Assistenziale»

– Allegato 15 «Documenti dei Tavoli di lavoro della Psichiatria, Neuropsichiatria Infantile e Assistenza Pediatrica»

– Allegato 16 «Linee di programmazione e di indirizzo dei servizi socio-sanitari e di riabilitazione afferenti alla competenza della Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale»;

Ritenuto di prevedere, in conformità a quanto già disposto per l’anno 2006, la predisposizione da parte di ciascuna ASL, anche per l’anno 2007, di un documento programmatico denominato «Programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio sanitari», nel quale saranno indicate le politiche adottate dalle aziende sanitarie in campo ospedaliero, ambulatoriale, dei servizi territoriali, dei servizi sociosanitari e le correlate risorse disponibili, secondo i criteri indicati nell’allegato 1, precisando che tale documento non è soggetto ad approvazione regionale e che entro il 31 gennaio 2007 andrà trasmesso alle direzioni generali regionali competenti un documento di sintesi, sulla base del quale le stesse direzioni potranno disporre eventuali ed ulteriori approfondimenti, in ragione dei contenuti e degli obiettivi di cui agli allegati alla presente deliberazione;

Valutate ed assunte come proprie le predette determinazioni; A voti unanimi, espressi nelle forme di legge;

DELIBERA

Per le motivazioni indicate in premessa e qui integralmente richiamate:

  1. di definire le «Regole di gestione del Servizio Socio Sanitario Regionale per l’anno 2007» e di approvare a tal fine i seguenti allegati, parti integranti del presente provvedimento:

– Allegato 1 «Indirizzi di programmazione»

– Allegato 2 «Il quadro del sistema per l’anno 2007»

– Allegato 3 «Gli acquisti delle Aziende Sanitarie: linee di indirizzo»

– Allegato 4 «Le attività di Prevenzione Medica Veterinaria»

– Allegato 5 «Tempi di attesa e accessibilità»

– Allegato 6 «Farmaceutica e Protesica»

– Allegato 7 «Piani regionali di settore e di sviluppo – Progetti e Ricerche»

– Allegato 8 «Tariffe delle prestazioni di ricovero e cura e di diagnostica e specialistica ambulatoriale»

– Allegato 9 «Indici di offerta – Negoziazione»

– Allegato 10 «Piano dei controlli, Banca Dati Assistito, qualità ed appropriatezza»

– Allegato 11 «Progetto CRS-SISS»

– Allegato 12 «Area organizzazione e personale»

– Allegato 13 «Linee guida regionali per l’adozione del codice etico e dei modelli di organizzazione e controllo delle Aziende Sanitarie Locali e Aziende Ospedaliere»

– Allegato 14 «Medicina Convenzionata: MMG, PLS e Continuità Assistenziale»

– Allegato 15 «Documenti dei Tavoli di lavoro della Psichiatria, Neuropsichiatria Infantile e Assistenza Pediatrica»

– Allegato 16 «Linee di programmazione e di indirizzo dei servizi socio-sanitari e di riabilitazione afferenti alla competenza della Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale»;

  1. di disporre, in conformità a quanto già disposto per l’anno 2006, la predisposizione da parte di ciascuna ASL, anche per l’anno 2007, di un documento programmatico denominato «Programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio sanitari», nel quale saranno indicate le politiche adottate dalle aziende sanitarie in campo ospedaliero, ambulatoriale, dei servizi territoriali, dei servizi sociosanitari e le correlate risorse disponibili, secondo i criteri indicati nell’allegato 1, precisando che tale documento non è soggetto ad approvazione regionale e che entro il 31 gennaio 2007 andrà trasmesso alle direzioni generali regionali competenti un documento di sintesi, sulla base del quale le stesse direzioni potranno disporre eventuali ed ulteriori approfondimenti, in ragione dei contenuti e degli obiettivi di cui agli allegati alla presente deliberazione;
  2. di disporre la pubblicazione del presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia e sui siti internet delle Direzioni Generali Sanità e Famiglia e Solidarietà Sociale.

Allegato 1

INDIRIZZI DI PROGRAMMAZIONE

Per l’anno 2007 si proseguirà nel percorso individuato nell’anno 2006 con l’intento di rafforzare le attività di coordinamento, indirizzo e controllo delle ASL rispetto agli interventi sanitari, sociosanitari e all’integrazione con il sociale, e le attività di presidio sanitario specialistico territoriale delle AO e degli erogatori privati accreditati, confermando i principi di carattere generale che sono alla base della politica sanitaria lombarda.

Ruolo delle ASL nei confronti del territorio come soggetti di coordinamento dei servizi sanitari e socio-sanitari

Le ASL devono proseguire nello sviluppo del coinvolgimento responsabile dei soggetti presenti nel territorio relativamente alle scelte programmatiche connesse ai bisogni assistenziali attraverso la valorizzazione del ruolo degli organismi per la partecipazione.

Analogamente, è importante proseguire il percorso di coinvolgimento delle istituzioni territoriali, in particolare dei Comuni, che hanno tra le proprie funzioni il compito di interpretare i bisogni di assistenza della propria collettività; il loro ruolo deve essere «responsabilizzato» in funzione delle risorse a disposizione delle aziende sanitarie, fatta salva la facoltà degli stessi di intervenire con risorse proprie.

A tale proposito ciascuna ASL anche nell’anno 2007 dovrà predisporre un documento programmatico denominato «Programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio sanitari» nel quale saranno indicate le politiche adottate dalla ASL stessa in campo ospedaliero, ambulatoriale, dei servizi territoriali, dei servizi socio sanitari e le correlate risorse disponibili.

Per la definizione degli interventi programmatici e gestionali predisposti in ambito territoriale, da ciascuna ASL per la parte sanitaria, si individuano momenti di coordinamento quale livello di confronto sulle scelte e sulle attività di competenza delle Aziende Sanitarie Locali, Ospedaliere ed erogatori privati in settori strategici del Servizio Sanitario Regionale, tra cui, in particolare, quelli dell’alta specialità, della ricerca biomedica e della tecnologia sanitaria, della formazione universitaria, dell’emergenza urgenza, della psichiatria e neuropsichiatria infantile, del fabbisogno di personale, di tematiche connesse con la contiguità territoriale, di aspetti collaborativi utili sia nell’ambito della gestione che della erogazione dei servizi, della programmazione di nuove attività afferenti ai servizi specialistici e all’alta tecnologia.

Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma precedente, l’Assessorato alla Sanità promuove la realizzazione di «Tavoli di Confronto» per specifici settori funzionali di intervento, ove sono concordati gli indicatori ed i criteri epidemiologici sulla cui base verranno individuate aree di coordinamento che coinvolgeranno in modo articolato dal punto di vista geografico le varie ASL.

Le valutazioni espresse in questi Tavoli di Confronto serviranno a promuovere una migliore erogazione delle prestazioni sotto il profilo della qualità, dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi e quindi dell’appropriatezza. A tal fine utilizzando anche le valutazioni emerse dai Tavoli di Confronto, l’Assessorato alla Sanità procederà alla elaborazione di apposite indicazioni per le ASL.

La programmazione delle ASL dovrà altresì tener conto dei livelli di partecipazione ai Piani di Zona, ai fini dell’integrazione degli interventi di carattere sanitario con gli interventi di natura sociale la cui titolarità è dei Comuni, prevedendo quale momento di confronto, l’Assemblea dei Sindaci; ulteriori momenti di confronto sono previsti dai Tavoli del Terzo Settore istituiti dalle ASL. L’Assessorato alla Famiglia procederà a tal fine alla elaborazione di apposita indicazione per le ASL.

Le ASL, sulla base anche degli indirizzi ricevuti ed in particolare delle indicazioni di carattere sistemico, di area territoriale e di ambito di specifica competenza, previa consultazione della Conferenza dei Sindaci e dei soggetti rappresentativi degli attori di sistema pubblici e privati, presenteranno agli stessi una prima bozza del documento di «Programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio sanitari» entro il 15 gennaio 2007. Ciò per permettere che gli stessi possano disporre del tempo sufficiente per approfondire il documento e per formulare eventuali ulteriori suggerimenti/proposte. Il documento, nella sua versione conclusiva, dovrà essere predisposto entro il 31 gennaio 2007.

Tale documento programmatico, oltre a dare evidenza della reale dimensione complessiva dell’azienda, dovrà essere articolato per distretti in modo che siano esplicitati per ciascun distretto:

– il livello di servizio programmato e il servizio storicamente determinato;

– le innovazioni di servizio proposte che saranno implementate nell’anno;

– il ruolo degli erogatori pubblici e privati;

– il collegamento tra i servizi al fine della continuità assistenziale;

– le priorità di intervento;

– l’analisi dell’equilibrio territoriale domanda/offerta.

– il contesto geografico di riferimento

– elementi valutativi emersi dai Tavoli di Confronto

La programmazione e l’attivazione delle azioni previste nel documento programmatico resta vincolata alle risorse disponibili e alla loro destinazione così come formalizzata nel bilancio aziendale 2007 approvato dalla Giunta.

Sviluppo dei rapporti tra ASL ed erogatori

Le ASL saranno chiamate a rafforzare il proprio ruolo attraverso politiche in grado di migliorare il collegamento del bisogno di salute con l’offerta di servizi sanitari, concretizzando gli interventi di Programmazione, Acquisto e Controllo nel rispetto di quanto stabilito dalla L.R. n. 31/97 e s.m.i. con particolare attenzione a:

– analisi dei bisogni;

– definizione delle aree problematiche di intervento;

– individuazione dei livelli di attività programmata per i servizi sanitari;

– contrattazione con gli erogatori pubblici e privati del livello di attività specialistica ambulatoriale atteso e il relativo finanziamento;

– governo clinico con i MMG e PLS;

– messa in campo di progetti e programmi di coordinamento tra gli erogatori;

– finanziamento di progetti e programmi di coordinamento in attuazione degli specifici piani di settore.

Le ASL, inoltre, indirizzeranno l’attività programmatoria locale tenendo conto delle indicazioni elaborate dagli Assessorati competenti sulla base delle valutazioni emerse dai Tavoli di Confronto (per la parte sanitaria), da quelli già attivati dalle ASL, soprattutto in materia di integrazione tra sociosanitario e sociale e dai documenti condivisi dai Tavoli di Lavoro (allegato 15) che assumono il valore di linee di indirizzo delle attività specifiche.

Aziende Sanitarie Locali – Coinvolgimento Medici di Medicina Generale, Medici Specialisti e Operatori Sanitari – appropriatezza del sistema erogativo

Nel 2007 proseguirà l’attività, già avviata negli anni scorsi con i medici di medicina generale, i medici specialisti (oncologi, fisiatri, cardiologi, riabilitatori, ecc..) e gli altri operatori sanitari locali del sistema, tesa ad avere un contributo propositivo e organizzativo nell’attività di governo del sistema locale.

I documenti di riferimento per queste attività di programmazione locale saranno l’accordo di sistema stipulato tra l’Assessore alla Sanità, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta (allegato 14) e i documenti condivisi dai Tavoli di Lavoro attivati in questi mesi dall’Assessore alla Sanità (allegato 15).

In particolare assume carattere di indirizzo complessivo di sistema il documento di seguito riportato.

Accordo sugli indirizzi di programmazione per l’attuazione di attività di «governo clinico» tra l’Assessore alla Sanità e il tavolo congiunto Ospedale/Territorio comprendente i rappresentanti del mondo sanitario della Regione Lombardia

Si condivide la necessità e l’utilità di sviluppare le azioni programmatorie di seguito sintetizzate, in coerenza con le indicazioni della L.R. n. 31/97 ed in particolare nel rispetto del principio di libertà di scelta del cittadino.

I previsti indirizzi di programmazione sono orientati, all’interno delle previsioni del PSSR 2007/2009, recentemente approvato, che pongono al centro il soddisfacimento dei bisogni sanitari del cittadino, al consolidamento e allo sviluppo di una rete di servizi organizzati sia dalle strutture accreditate pubbliche sia dai soggetti accreditati privati in grado di assicurare risposte complete ed appropriate ai bisogni di salute ed equità nella distribuzione delle risorse.

Queste le aree di intervento e le azioni prioritarie:

Sviluppo degli strumenti di analisi dei bisogni, della domanda e dell’offerta.

L’analisi dei bisogni utilizza metodi epidemiologici, qualitativi e comparativi, allo scopo di descrivere lo stato di salute della popolazione e di identificare disomogenei accessi ai servizi al fine di poter determinare le priorità e utilizzare più efficacemente le risorse. I bisogni sanitari possono essere distinti in espressi o inespressi. Questa classificazione deve considerare che una quota della domanda espressa deriva da atteggiamenti di tipo precauzionale («medicina difensiva»).

La lettura dei bisogni e quindi della reale domanda di salute della collettività, è essenziale per garantire una corretta allocazione delle risorse disponibili e quindi assicurare ai cittadini le prestazioni diagnostico-terapeutiche più appropriate attraverso la rete dei servizi presente nel territorio.

Occorre quindi: valorizzare i flussi informativi e gli strumenti di analisi già disponibili in Regione Lombardia; promuovere l’utilizzo di criteri ed indicatori condivisi; implementare la funzione PAC delle ASL finalizzata alla lettura dei bisogni, alla programmazione in funzione delle specificità locali, alla valutazione degli esiti intesi come obiettivi di salute raggiunti (outcome).

A tal fine dovrà essere garantita una lettura integrata e globale dei bisogni garantendo il raccordo tra le aree della Specialistica, delle Cure Primarie e delle Attività Socio-Sanitarie Integrate. Il lavoro di analisi potrà avere, in funzione dei diversi livelli assistenziali, dimensione locale (ASL), sovrazonale tra aree territoriali contigue (ASL limitrofe), Regionale (coordinamento di sistema) e dovrà prevedere la collaborazione attiva di tutti i soggetti operanti in ambito sanitario sia pubblici sia privati accreditati.

In particolare dovranno essere considerati gli indicatori relativi a:

1) caratteristiche socio-demografiche ed epidemiologiche della popolazione (invecchiamento, contesto sociale, incidenza e prevalenza delle patologie cronico-degenerative, sopravvivenza e disabilità, mortalità,…);

2) consumi (indicatori di domanda): tassi di ricovero, valorizzazione pro-capite, tempi d’attesa, mobilità passiva, consumi per percorsi (diabete, BPCO, artroprotesi,…);

3) struttura dell’offerta in termini quali-quantitativi (presidi, posti letto, ambulatori, branche specialistiche, dotazioni tecnologiche…) relativa a presidi di ricovero, ambulatori extraospedalieri, strutture riabilitative, assistenza residenziale, cure domiciliari,…;

4) produzione di prestazioni (indicatori di offerta): valutazione quali-quantitativa delle potenzialità «produttive» delle strutture presenti nel territorio (volumi e valorizzazione, saturazione, attrazione, case-mix,…).

Le banche dati (Banca Dati Assistiti e Flussi Informativi) e gli strumenti telematici ed informatici (SISS, Anagrafe Assistiti,…) già attivati in Regione dovranno essere utilizzati e valorizzati per le finalità sopradescritte.

Elaborazione di PDT sulla base delle evidenze scientifiche e delle specificità territoriali

La centralità del malato rispetto all’organizzazione sanitaria è la caratteristica qualificante del PDT che va pensato essenzialmente come strumento finalizzato ad accompagnare il malato verso il soddisfacimento ottimale di bisogni complessi e costruire processi assistenziali razionali e coordinati in grado di:

– assicurare agli assistiti i percorsi sanitari in grado di garantire il soddisfacimento del «bisogno» (globalità e continuità dell’assistenza);

– assicurare prestazioni appropriate;

– promuovere stili di vita di provata efficacia preventivo/terapeutica;

– assicurare il principio di «Responsabilità Professionale» del medico.

I PDT, per le patologie e bisogni prevalenti, saranno quindi:

– definiti sulla base delle Linee Guida e indirizzi di riferimento elaborati a livello regionale attraverso un percorso condiviso con le Società scientifiche, con gli Specialisti di riferimento, con le ASL e con i medici del territorio;

– attuati a livello locale, attraverso lo sviluppo della rete di servizi tra ASL / Medici di Medicina Generale / Aziende Ospedaliere / Erogatori privati in coerenza con la programmazione di sistema.

Il PDT rappresenta lo strumento finalizzato a garantire le prestazioni diagnostico terapeutiche di provata efficacia nel contesto della rete di offerta presente nel territorio.

Per la definizione delle Linee Guida regionali si prevede la costituzione di Gruppi di Lavoro (Network regionali) che forniranno supporto scientifico e professionale per lo sviluppo e l’attuazione dei PDT aziendali o interaziendali a livello locale.

I network saranno costituiti o riattivati, nel caso fossero già esistenti, attraverso una ricognizione sistematica delle esperienze di eccellenza e delle competenze professionali, scientifiche e gestionali presenti in ambito regionale lombardo, di riconosciuta validità in termini metodologici, applicativi e di risultati raggiunti.

Con apposito atto deliberativo saranno stabiliti i criteri, coerenti con le indicazioni contenute nel presente accordo, per la composizione dei network regionali.

Vengono prioritariamente individuate o confermate le seguenti aree di intervento:

  1. Oncologia
  2. BPCO
  3. Scompenso cardiocircolatorio
  4. Diabete
  5. Patologie neurologiche progressive
  6. Patologie croniche osteo articolari
  7. Psichiatria
  8. NPI
  9. Ipertensione
  10. Obesità

Si prevede inoltre la costituzione di gruppi di lavoro specifici per le tematiche relative alle attività di medicina di laboratorio e di diagnostica per immagini.

Rete dei servizi

La rete dei servizi è lo strumento organizzativo che consente la realizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali e la concreta attuazione del principio di libera scelta del cittadino. In relazione ai differenti livelli di complessità e specialità dell’assistenza sono da prevedersi reti per patologia e/o per bisogni.

Le azioni programmatorie per lo sviluppo ed il miglioramento della rete d’offerta sia pubblica sia privata promuoveranno un maggiore coordinamento e integrazione in particolare tra le Strutture dedicate alle alte specialità.

Saranno coinvolti tutti gli attori che operano nel territorio, nei servizi e nelle strutture deputate all’assistenza sanitaria e sociosanitaria, nella ricerca (MMG, MCA, PLS, Operatori delle varie professioni sanitarie, Società Scientifiche, Università, Associazioni dei Medici, organizzazioni Sindacali, GCP, Erogatori pubblici e privati di cure ospedaliere, Erogatori pubblici e privati di specialistica ambulatoriale, diagnostica strumentale e medicina di laboratorio, Specialisti ambulatoriali, rete E/U, IDR, Servizi Cure Domiciliari,…) al fine di condividere elementi utili a definire:

– Rapporto Erogatori / Territorio (comunicazione e relazione professionale, integrazione e raccordo nei processi assistenziali, sviluppo di progetti condivisi, azioni di prevenzione e promozione della salute integrata, creazione di un servizio di counselling territoriale…);

– Percorsi di continuità assistenziale dei pazienti ospedalizzati: dimissioni protette, ospedalizzazione domiciliare, long term care,…;

– Formazione integrata (specialisti delle strutture erogatrici e territoriali, medici di medicina generale, medici di continuità assistenziale, operatori sanitari e socio-sanitari,…);

– Sviluppo di modelli evoluti di associazionismo dei MMG che possano garantire continuità assistenziale, diagnostica strumen-tale (di base e a supporto all’attività clinica), interventistica ambulatoriale, con conseguente valutazione di eventuali e specifici standard e criteri per l’accreditamento di queste attività;

– Estensione dell’utilizzo del sistema CRS/SISS, strumento tecnologico strategico individuato dalla R.L. quale supporto alle attività di governo clinico;

– Progetti innovativi nell’ambito delle tecnologie ed in particolare della telemedicina.

Il livello regionale garantisce:

– le linee guida e gli indirizzi di riferimento per le principali patologie;

– gli obiettivi regionali e i relativi indicatori di risultato sui quali le ASL, le Aziende Ospedaliere, gli Erogatori privati e tutti gli attori del sistema sono chiamati a impegnarsi;

– le regole condivise con cui assicurare il coinvolgimento dei diversi attori;

– il monitoraggio, la valutazione e la diffusione delle esperienze in atto nei diversi ambiti territoriali.

Il livello territoriale di ASL assicura:

– la condivisione dei PDT tra i diversi attori della rete dei servizi locali (ASL, Medici delle cure primarie, Aziende Ospedaliere, Erogatori privati);

– la definizione di accordi locali tra i diversi attori finalizzati all’adozione e implementazione dei PDT e il disease management delle patologie prese in considerazione;

– il monitoraggio e la valutazione dei risultati in termini di qualità delle prestazioni, di impatto sulla domanda e sul sistema di offerta e di esiti (outcome) in raccordo con il livello regionale.

Caratteristiche del modello

Il coordinamento regionale svolge essenzialmente una funzione di facilitatore della rete: i contenuti professionali, le molteplici competenze specialistiche in gioco, la conoscenza degli aspetti organizzativi e gestionali vanno ricercate nelle realtà dei servizi e dei professionisti che operano nell’assistenza ospedaliera e territoriale pubblica e privata, nella ricerca, nella programmazione, con l’obiettivo di estendere le best practices a tutto il Sistema sanitario regionale.

I network per patologia, per percorsi, per aree prioritarie in parte già individuati (diabete, patologie cardiocerebrovascolari, malattie neurologiche progressive, psichiatria, NPI, mielolesioni e cerebrolesioni, pediatria, oncologia, continuità assistenziale,…); saranno costituiti da «esperti» nel settore a vari livelli (assistenza, ricerca, programmazione, gestione…) che hanno già sperimentato soluzioni di riconosciuta validità, in grado di fornire supporto tecnico professionale alle altre realtà in ambito ospedaliero o territoriale e di promuovere il confronto scientifico e quindi la ricerca ed il miglioramento continuo.

Il documento di «Programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio sanitari» conterrà non solo analisi e indirizzi generali, ma anche dati riferiti ai livelli di attività storica e programmata e progetti specifici che abbiano l’obiettivo di migliorare l’erogazione dei servizi ed il loro coordinamento alla luce degli indirizzi sopra riportati.

Inoltre nell’ambito dei servizi socio-sanitari, i rapporti di collaborazione con i soggetti del terzo settore, come meglio individuati dall’art. 1, comma 5º, della legge n. 328/00, assumono, per le aziende sanitarie, una particolare rilevanza.

A fronte del quadro normativo statale e regionale vigente, in relazione all’affidamento di servizi alla persona, soprattutto con riguardo alla attuazione di progetti innovativi o di riqualificazione delle unità d’offerta, le aziende sanitarie devono saper operare scelte che tengano conto della peculiarità del ruolo che la norma assegna ai soggetti del terzo settore, pur nella osservanza dei limiti derivanti dalla forma giuridica di ciascun ente e dal rispetto delle generali regole di trasparenza, di imparzialità, di concorrenzialità e di osservanza dei principi dell’ordinamento comunitario.

Andranno pertanto previsti, all’interno delle aziende sanitarie, in ragione dei rispettivi ordinamenti, percorsi rivolti a meglio definire le procedure per l’affidamento dei servizi alla persona ai soggetti del terzo settore, anche sulla base delle direttive che saranno impartite dalla D.G. Famiglia e Solidarietà Sociale.

Aziende Ospedaliere – Coinvolgimento Medici Specialisti e Operatori

Il coinvolgimento dei medici specialisti e degli altri operatori da parte delle Aziende Ospedaliere permetterà di misurare l’appropriatezza ed i risultati degli atti sanitari attraverso la definizione ex-ante di indicatori di processo clinico e tenendo ovviamente conto di quelli che la statistica e l’epidemiologia hanno da tempo collaudato. Il coinvolgimento degli organismi di partecipazione quali il Collegio di Direzione ed il Consiglio dei Sanitari sarà attuato mediante richiesta, da parte del Direttore Generale dell’azienda, di pareri sugli atti aziendali strategici quali: budget aziendale, bilancio, piani di organizzazione, piani di assunzione e scelte di investimento soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di alta tecnologia e di manutenzione straordinaria.

Detto parere deve essere rilasciato dal Collegio di Direzione e dal Consiglio dei sanitari di norma entro 10 giorni lavorativi dalla richiesta da parte del Direttore Generale, fatte salve eventuali richieste di parere urgente adeguatamente motivate.

L’eventuale scostamento da parte del Direttore Generale rispetto al parere espresso dagli organismi di partecipazione, o la mancata richiesta del parere, dovranno essere adeguatamente motivati. A riguardo dei suddetti provvedimenti strategici, prima della assunzione definitiva degli stessi da parte dell’Azienda, dovrà essere acquisito il parere di coerenza con la programmazione sanitaria regionale e con le regole di sistema, fatti salvi i casi già espressamente disciplinati da norme nazionali e regionali. Le AO provvederanno all’attivazione di adeguati canali di informazione sulle attività svolte e sui costi sostenuti al fine di favorire processi di benchmarking in grado di stimolare i professionisti a confrontarsi e a sviluppare metodi di miglioramento della qualità.

Per l’attuazione di quanto sopra verranno definite ulteriori specifiche indicazioni, corredate da puntuali indicatori da utilizzarsi.

Razionalizzazione dei processi di spesa delle Aziende Ospedaliere

Nel 2007 si proseguirà nell’obiettivo di razionalizzare i costi unitari di produzione delle diverse aziende ospedaliere; tale indirizzo è congruente con le modalità aziendali di gestione delle risorse che le Aziende Ospedaliere dovranno sempre più sviluppare con la finalità di coniugare un’alta qualità dei servizi erogati con l’irrinunciabile necessità di perseguire l’equilibrio economico. Gli indicatori di base sono quelli già predisposti e aggiornati annualmente dall’ufficio controllo di gestione della Direzione Generale Sanità, oltre a quelli che considerano un livello atteso di costo e considerano i livelli attesi di produttività e di attività indispensabili per valutare il potenziale equilibrio delle attività aziendali.

Codice etico-comportamentale

Con Delib.G.R. dell’11 giugno 2004, n. 7/17864 si è dato avvio, in via sperimentale, al progetto riguardante l’introduzione nelle aziende sanitarie pubbliche lombarde di un codice etico comportamentale, mutuando i contenuti del D.Lgs. n. 231/2003, per valutare la possibilità di adozione di modelli organizzativi e «comportamenti» finalizzati al miglioramento del sistema e ad un più efficace controllo del sistema stesso. La sperimentazione ha coinvolto nel 2005 e nel 2006 sei aziende sanitarie pubbliche.

A partire dal 2007 il codice etico-comportamentale dovrà essere adottato obbligatoriamente da tutte le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere secondo le linee di indirizzo declinate all’allegato n. 13.

Attivazione percorso Emergenza Urgenza

A seguito dell’approvazione da parte del consiglio regionale del Piano Socio Sanitario Regionale 2007/2009 è in corso la proposta di adeguamento della L.R. n. 31/97 che prevede l’istituzione dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza secondo le seguenti linee programmatiche:

– struttura dotata di personalità giuridica con autonomia patrimoniale, organizzativa, gestionale e contabile;

– svolgimento di compiti relativi all’emergenza-urgenza; – modello gestionale snello che si avvarrà delle risorse e delle reti organizzative già oggi presenti per tale attività nelle aziende sanitarie regionali.

Allegato 2 (3)

IL QUADRO DEL SISTEMA PER L’ANNO 2007

Nel 2007 proseguirà e si svilupperà quel rapporto, già iniziato nel 2006, e confermato dal recente «Patto sulla Salute», fra Stato e Regioni in materia di sanità basato sulla necessità dell’equilibrio nella programmazione economico/finanziaria della spesa sanitaria per garantire il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Il disegno di legge della Finanziaria 2007, attualmente in discussione in Parlamento, darà valenza normativa alla maggior parte dei contenuti del «Patto sulla Salute» confermando le risorse disponibili per l’anno 2007 in 96 miliardi di euro e definendo alcune ulteriori regole per l’accesso alle risorse stesse che in parte innovano il contenuto dell’Intesa del 23 marzo 2005.

Come sopra ricordato l’accesso a tali risorse da parte della Regione Lombardia, come delle altre Regioni, è condizionato al rispetto perentorio di molteplici adempimenti definiti nella normativa vigente e ulteriormente implementati dalla legge finanziaria in discussione. In particolare il disposto della legge n. 311/2004, alla luce di quanto previsto dal Patto per la Salute del 28 settembre 2006, prevede che, in caso di mancato adempimento da parte delle Regioni degli obblighi previsti è, precluso l’accesso alla quota di finanziamento assegnata con conseguente immediato recupero delle somme eventualmente erogate; la quota di finanziamento sottoposta alla suddetta verifica è decisamente significativa in quanto è relativa a circa il 5% del finanziamento complessivo.

Si ricordano di seguito gli attuali adempimenti che coinvolgono tutti gli attori del Servizio Sanitario Regionale:

– mantenere la stabilità e l’equilibrio di gestione del servizio sanitario regionale, tramite misure di governo e contenimento della spesa;

– adempiere alle disposizioni in materia di acquisto di beni e servizi;

– adempiere agli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa relativi all’invio al Sistema Informativo Sanitario dei modelli CE, SP, CP ed LA;

– adeguarsi alle prescrizioni del patto di stabilità interno; – mantenere l’erogazione delle prestazioni ricomprese nei L.E.A;

– adottare i criteri e le modalità di erogazione delle prestazioni che soddisfino il principio di appropriatezza organizzativa e di economicità nella utilizzazione delle risorse;

– attuare le adeguate iniziative per il contenimento delle liste di attesa definendo, sulla base dei reali bisogni e con la collaborazione degli attori di sistema, i percorsi diagnostici più adeguati e gestire correttamente la domanda di prestazioni sanitarie;

– adottare i provvedimenti diretti a prevedere la decadenza automatica dei Direttori Generali nell’ipotesi di mancato raggiungimento dell’equilibrio economico delle aziende sanitarie ed ospedaliere;

– attivare sul proprio territorio il monitoraggio delle prescrizioni mediche, farmaceutiche, specialistiche ed ospedaliere nonché la trasmissione telematica al Ministero dell’Economia e delle Finanze di copia dei dati;

– adottare tutti i provvedimenti affinché le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Ospedaliere e gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico comunichino immediatamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze i dati relativi ai ricettari consegnati ai loro specialisti;

– ripianare il 40 % del superamento del tetto per la spesa farmaceutica, attraverso l’adozione di specifiche misure in materia farmaceutica e alla predisposizione di piani di contenimento con particolare riferimento alla spesa farmaceutica ospedaliera (compresa la compartecipazione al costo da parte dei cittadini);

– adottare una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle aziende sanitarie;

– adottare provvedimenti in base agli indicatori di utilizzo delle strutture sanitarie, che prevedano uno standard di posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale non superiore al 4,5 per mille abitanti comprensivi della riabilitazione e della lungodegenza post-acuzie, standard da raggiungere entro il 2007;

– adottare provvedimenti che promuovano il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno ed il potenziamento di forme alternative al ricovero al fine di ottenere, entro il 2007, il tasso di ospedalizzazione per ricoveri ordinari e diurni entro il 180 per mille abitanti residenti rispettando, nella composizione del predetto indice di ricovero, le incidenze previste per le due ricordate modalità di ricovero.

– adottare il Piano regionale sulla Prevenzione in raccordo con le linee di indirizzo nazionali in materia e con le attività sperimentali sin qui attivate e validate dalla Regione Lombardia.

Gli adempimenti sopra illustrati, tratti dall’Intesa del 23 marzo 2005, sono poi da integrare con quanto previsto dalla legge Finanziaria per il 2006, dal Patto della Salute e dalla legge Finanziaria 2007 che ad oggi ha in corso l’iter parlamentare di approvazione. Ovviamente continueranno ad applicarsi le disposizioni nazionali vigenti sul contenimento della spesa sanitaria e farmaceutica.

Nel corso degli anni 2004 e 2005 sono entrate in vigore diverse normative che continuano a produrre effetti anche per l’anno 2007. In particolare si richiamano il D.L. n. 168/2004 «Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica», che è stato convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2004 n. 191, che prevede rilevanti azioni per la programmazione e il contenimento della spesa sanitaria e il D.L. n. 156/2004 «Interventi urgenti per il ripiano della spesa farmaceutica» convertito nella L. n. 202 del 2 agosto 2004 e la L. n. 248 del 2 dicembre 2005 relativa alla contabilizzazione delle applicazioni contrattuali.

Con il presente atto si ritiene, altresì, di fornire alle Aziende sanitarie pubbliche, alle Fondazioni IRCCS di diritto pubblico e a tutti gli operatori del settore un quadro di riferimento utile all’attuazione di tutte le azioni di governo dei costi al fine di consentire al Sistema Sanitario Regionale di mantenere e migliorare l’equilibrio economico tra ricavi e costi, perseguendo obiettivi di miglioramento della qualità assistenziale.

Le risorse nazionali del 2007 sono state recentemente ripartite fra le regioni e quindi il presente atto programma gli interventi sulla base di quanto reso disponibile secondo gli indirizzi del Patto per la Salute del 28 settembre 2006.

Tenendo conto di queste premesse, le risorse sopra definite e destinate al finanziamento del servizio sanitario regionale sono riferite per 15.203 milioni di euro circa al finanziamento indistinto comprensivo delle risorse destinate al riconoscimento delle prestazioni per cittadini di altre regioni e di 450 milioni di euro, quale stima sulla base dei dati storici, al finanziamento per obiettivi del Piano sanitario e per spese vincolate.

Le risorse sopra definite saranno utilizzate dal Servizio Sanitario Regionale per soddisfare i bisogni sanitari dei cittadini lombardi che necessitano di assistenza nel territorio della Regione, nelle altre regioni italiane e all’estero sulla base delle normative regionali, nazionali, dell’unione europea e internazionali vigenti tenendo altresì conto delle prestazioni ai cittadini non residenti che vengono rimborsate dalle regioni competenti.

Nella seguente tabella sono individuati i finanziamenti per i diversi livelli di assistenza che per i punti 1, 2 e 3 devono essere rispettivamente del 5,5%, almeno del 51% e fino al 43,5%.

Livello essenziale di assistenza Risorse disponibili Incidenza programmata
1 – Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro 808 5,50%
2 – Assistenza distrettuale 7.488 almeno del 51,00%
3 – Assistenza ospedaliera 6.387 fino al 43,50%
TOTALE 14.683 100,00%
Saldo di mobilità attiva per cittadini fuori regione 520
TOTALE COMPLESSIVO 15.203

Sulla base di questo ammontare complessivo di risorse la Regione procede al finanziamento delle ASL attraverso la definizione di una quota capitaria da ripartire con i criteri di seguito descritti.

Con tali risorse le ASL sono tenute a garantire l’assistenza sanitaria ai propri cittadini residenti.

Nella considerazione che il Sistema Sanitario regionale lombardo ha negli ultimi anni raggiunto e mantenuto un equilibrio strutturale, per il 2007 si ritiene opportuno proseguire il percorso teso a consolidare una maggiore responsabilizzazione di tutti gli attori del sistema. Ciò avverrà, in particolare, aumentando i livelli di responsabilità a livello locale dando alle ASL, nel rispetto dei principi già definiti dalla L.R. n. 31/97, un ruolo sempre più incisivo nella programmazione territoriale, nella negoziazione e nel controllo ed alle AO e Fondazioni un obiettivo di equilibrio economico basato sui ricavi e con particolare attenzione al governo delle entrate proprie e al controllo dei costi.

Aziende Sanitarie Locali

Le ASL, ai sensi delle norme vigenti e nell’ambito del quadro di risorse delineato con il presente provvedimento e con gli atti applicativi conseguenti, sono tenute a garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza per i propri cittadini e saranno finanziate con l’assegnazione della quota capitaria procapite/assistibile.

Per assistibili si intendono quei cittadini che, secondo i criteri concordati fra la Direzione Generale Sanità e i responsabili delle ASL stesse, alla data del 15 novembre 2006 sono risultati in carico alla ASL di competenza. Per rispettare la coerenza e la competenza dei costi le ASL disporranno precisi indirizzi agli erogatori, pubblici e privati, per la verifica, sulle documentazioni di ricovero e/o delle altre prestazioni, della situazione degli assistiti segnalando separatamente i cittadini residenti e quelli domiciliati nonché quelli stranieri appartenenti alla UE o extracomunitari, al fine di individuare correttamente quali di questi ultimi rientrano nella casistica prevista dalle norme vigenti ai fini del rimborso da parte delle Prefetture.

Nell’anno 2007 si continuerà il percorso di razionalizzazione iniziato nel 2006 realizzando una riduzione progressiva degli scostamenti tra i costi storici, la media regionale di consumi e la quota capitaria in modo da raggiungere l’equilibrio in un triennio.

Si procederà inoltre a ricondurre nel finanziamento per quota capitaria le risorse per attività sanitarie che, basandosi sulle valutazioni delle attività svolte negli ultimi anni, si possono considerare ormai «attività di sistema» (es. vaccinazioni, screening) da garantire in modo omogeneo su tutto il territorio regionale.

Per l’anno 2007 i contratti relativi alle prestazioni di ricovero, in relazione alle interconnessioni territoriali della molteplicità degli erogatori, saranno ancora coordinati dalle linee di indirizzo della presente deliberazione, fatto salvo quanto riferito al successivo allegato 9.

Il governo della specialistica, invece, sarà sostanzialmente affidato alle ASL.

In proposito si richiama anticipatamente il contenuto dell’allegato n. 9, del presente provvedimento, precisando che le ASL non potranno ridurre l’ammontare di tali risorse (ricoveri e specialistica) se non a fronte di documentata e manifesta inappropriatezza delle prestazioni erogate o di documentata riduzione della domanda espressa di prestazioni e nel rispetto del mantenimento degli obiettivi in tema di tempi di attesa sia sulle prestazioni di ricovero che di specialistica.

Aziende Ospedaliere

Anche per l’anno 2007 l’obiettivo economico delle AO e Fondazioni consiste nel mantenimento/miglioramento dell’equilibrio economico finanziario basato sulla valutazione delle attività rese e sulla puntuale quantificazione dei ricavi aziendali. In tal modo si sottolinea la responsabilità gestionale affidata ai Direttori Generali che sono tenuti a perseguire obiettivi di equilibrio, non solo di breve periodo, ma anche strutturale delle loro aziende. Tale nuovo contesto valorizzerà, evidentemente, le politiche di razionalizzazione dei costi (si veda in proposito l’allegato 3 sugli acquisti) determinando situazioni virtuose che porteranno stimoli al miglioramento in tutte le strutture ospedaliere pubbliche, tese ad aumentare il grado di autonomia economico-finanziaria del Bilancio aziendale.

Il sistema di regole consente alle AO e Fondazioni IRCCS di definire a preventivo le risorse soggette a contratto le voci di ricavo delle AO (ricoveri, specialistica, psichiatria, file F ecc.) che, sommate alle ulteriori quote di contributo finanziate dal sistema e vincolate a specifiche attività (funzioni per servizi non tariffati), e le entrate proprie, rappresentano il monte di risorse disponibili per il funzionamento delle attività.

Lo sviluppo dei costi conseguenti, nel rispetto delle normative vigenti e delle linee guida in materia contabile che qui si richiamano integralmente e in particolare nel rispetto del principio della competenza economica e patrimoniale, resta affidato all’autonomia aziendale, ovviamente nell’ambito dell’equilibrio fra le varie voci (personale, beni e servizi, ecc.) che necessitano di verifica e confronto a livello di sistema attraverso l’attivazione di attività di benchmarking, ivi compreso l’obbligo di prevedere i necessari accantonamenti, ai sensi della L. n. 248/2005, per il rinnovo dei contratti. Nel quadro sopradescritto la responsabilità gestionale diretta dei Direttori Generali sulla crescita dei costi assume, quindi, una sempre maggiore rilevanza.

Per la definizione della quota capitaria la Regione procede ad accantonare le risorse da destinare con successivi provvedimenti al finanziamento di spese accentrate regionali e di altre voci di spesa specifiche che non attengono al finanziamento per quota capitaria:

– fino a 70 milioni di euro per far fronte alle spese dirette regionali sostenute per conto del SSR;

– fino a 80 milioni di euro per la remunerazione delle prestazioni sanitarie a favore dei dimessi dagli ex OP;

– 520 milioni di euro per il pagamento dei ricoveri attivi, per cittadini non lombardi, agli erogatori situati sul territorio della Lombardia; tale importo rappresenta il saldo rispetto ai ricoveri e alle altre prestazioni passive a carico delle rispettive ASL di cittadini lombardi che usufruiscono di prestazioni al di fuori della Regione Lombardia;

– 1.296 milioni di euro da destinare all’Assistenza socio-sanitaria integrata;

– fino a 300 milioni di euro da destinare a progetti obiettivo di reale interesse nazionale e regionale, in relazione al contenuto dell’accordo Stato Regioni del 1 luglio 2004 e Intesa Stato Regioni 23 marzo 2005;

– fino a 150 milioni di euro quale fondo regionale, stimato sulla base dei dati storici in attesa degli specifici provvedimenti ministeriali di assegnazione, relativo alle quote di ex FSN definite vincolate (veterinaria, legge 210/92); tale fondo sarà poi assegnato alle singole aziende sanitarie attraverso specifici provvedimenti regionali;

– 58 milioni di euro quale fondo da destinare all’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente);

– fino a 662 milioni di euro per funzioni non tariffate ripartiti fra le ASL, secondo la competenza territoriale degli erogatori;

– fino a 12.067 milioni di euro ripartiti fra le ASL, quale quota capitaria, anche tenendo conto dei livelli diretti di spesa e di quelli di competenza degli erogatori, della necessità di garantire l’equilibrio economico di sistema per l’esercizio 2007, in relazione ai 3 livelli essenziali di assistenza confermando anche per il 2007 che la Q.C. è comprensiva dei costi di sistema e delle voci relative a:

  1. funzioni non tariffate per presidio servizi territoriali, oltre alla quota per funzioni non tariffate sopradescritte, fino a 270 milioni di euro e fino a 40 milioni di euro per riorganizzazione strutturale;
  2. Concorso regionale ai progetti di governo clinico anche con il coinvolgimento degli operatori del sistema fino a 140 milioni di euro;
  3. informatizzazione sistema sanitario fino a 163 milioni di euro;
  4. implementazione dei piani regionali, ricerca, ECM, formazione, prevenzione fino a 155 milioni di euro;
  5. per dare attuazione agli obiettivi PSSR fino a 240 milioni di euro;
  6. per screening fino a 80 milioni di euro;
  7. Fondo di riserva per esigenze di sistema fino a 45 milioni di euro.

Alla definizione della quota capitaria per ASL concorrono tre criteri:

Criterio storico. Viene assegnato per questa voce il 75% delle risorse di sistema.

Per l’attribuzione alle ASL di tale quota viene utilizzata la struttura della spesa storica con i suoi criteri consolidati di pesatura (mortalità, consumi per fasce di età, ecc.);

Criterio demografico. Viene assegnato per questa voce il 16% delle risorse di sistema disponibili. Per l’attribuzione alle ASL di tale quota sono utilizzati due criteri:

– per l’8% la popolazione residente con età superiore ai 65 anni (la media è quella che risulta dalle valutazioni);

– per l’8% la frequenza di popolazione residente con problemi sanitari cronici.

Per ciascuno dei due criteri la popolazione pesata viene calcolata utilizzando gli scostamenti tra il valore ASL e quello medio regionale;

Criterio geografico. Viene assegnato per questa voce il 9% delle risorse di sistema disponibili. Per l’attribuzione alle ASL di tale quota sono utilizzati due criteri:

– la densità abitativa; la percentuale è del 2%;

– la distribuzione della popolazione in funzione dell’altimetria, la percentuale è del 7%.

Per ciascuno dei due criteri viene utilizzato lo scostamento rispetto ai valori medi regionali secondo il principio di pesare maggiormente i territori con maggiore altitudine e con minore densità abitativa.

Per la percentuale del criterio demografico e geografico i dati sono considerati all’interno di una soglia non superiore e non inferiore allo 0,4% del valore medio di incremento della quota capitaria riferito al 2006.

L’obiettivo di legislatura deve portare alla determinazione della quota capitaria per costo medio regionale delle grandi categorie epidemiologiche e dovrà anche tenere conto della parametrazione sui livelli di appropriatezza e sui livelli quali-quantitativi di soddisfacimento dei bisogni sanitari.

Il progetto dovrà avere il contributo di tutte le rappresentanze del mondo sanitario (società scientifiche, Università, forze sociali ecc.).

La quota capitaria sarà assegnata ad ogni singola ASL con atto del Direttore Generale Sanità, sentiti il Direttore Generale Famiglia e Solidarietà Sociale e il Direttore Centrale Programmazione Integrata, tenuto fermo, anche per le ASL, l’obiettivo dell’equilibrio economico finanziario sulla base delle risorse assegnate dalla Regione e delle altre entrate aziendali.

Si stabilisce inoltre (tenendo conto delle manovre tariffarie che trasferiscono attività di ricovero ad attività ambulatoriali):

– le risorse regionali disponibili per la contrattazione delle prestazioni di ricovero, fino a 4.939 milioni di euro;

– le risorse regionali disponibili per la contrattazione dell’attività ambulatoriale e di diagnostica strumentale, fino a 1.516 milioni di euro.

Le risorse regionali, come sopra definite, non comprendono le attività di neuropsichiatria infantile che dovranno essere documentate attraverso i flussi informativi in essere.

Il tetto della spesa farmaceutica territoriale, in applicazione della L. n. 405/2001 e L. n. 326/2003, è sottoposto a monitoraggio da parte dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) nella misura del 13% della spesa sanitaria; tale vincolo normativo viene valutato al lordo degli effetti del D.L. n. 156/04 convertito in

  1. n. 202/04e al netto della compartecipazione dei cittadini definita a livello regionale ed è collegato con gli adempimenti connessi all’erogazione delle risorse stanziate per l’anno 2007; ai sensi del disposto della L. n. 326/2003per il 2007 è stabilito un tetto del 16% per la spesa farmaceutica complessiva; in tale tetto sono altresì compresi, in aggiunta alla farmaceutica territoriale, i costi relativi ai farmaci erogati dalle Aziende Ospedaliere e dalle ASL in regime di assistenza distrettuale, residenziale e di ricovero ospedaliero. Gli obiettivi specifici alle singole ASL e alle Aziende Ospedaliere saranno forniti contestualmente agli obiettivi economici; il tetto regionale per la spesa farmaceutica, come sopra definita viene determinato fino a 2.399 milioni di Euro.

Con appositi atti a firma del Direttore Generale Sanità, acquisito il parere del Direttore Generale Famiglia e Solidarietà Sociale e del Direttore Centrale Programmazione Integrata, saranno definiti gli specifici obiettivi, coerenti con quanto disposto dalla presente deliberazione per le ASL, le AO e le Fondazioni.

Le scelte strategiche delle aziende AO e ASL che impegnano il sistema a lungo termine e/o che hanno valenza trasversale sui punti di erogazione (ad esempio costruzioni nuovi ospedali o ristrutturazioni significative e il lay-out dei nuovi ospedali, servizi interaziendali – 118 -) devono essere preventivamente validate dall’Assessorato rispetto alla programmazione di sistema, indipendentemente dagli adempimenti procedurali connessi all’approvazione dei progetti e dei decreti di finanziamento, nell’ottica di un governo delle decisioni strutturali che interessano il sistema sanitario lombardo.

I Direttori Generali delle Aziende sanitarie, in occasione delle certificazioni trimestrali ai sensi della L.R. n. 26/01, nonché dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, sono tenuti a rispettare puntualmente i tempi di invio e ad attenersi scrupolosamente alle linee guida in materia contabile emanate dalla Direzione Generale Sanità, prefigurando in ogni trimestre il reale andamento gestionale a fine anno, al fine di consentire un preciso monitoraggio dell’andamento della spesa sanitaria regionale e di consentire, ove necessario, interventi correttivi da parte della Regione.

Si ritiene di confermare, per quanto compatibile con il presente provvedimento, ciò che è stabilito nelle determinazioni in merito al finanziamento degli anni precedenti.

In relazione alla necessità di un puntuale coordinamento regionale nella gestione dell’erogazione delle prestazioni soggette a contrattazione tra le ASL e gli erogatori pubblici e privati quali ricoveri e ambulatoriale, le ASL dovranno ritenere eventuali risparmi per tali voci di costo indisponibili per la copertura di altre voci di spesa, salvo quanto precisato precedentemente (ASL) e fatte salve le compatibilità di sistema.

Anche per l’anno 2007 per la spesa farmaceutica si ribadisce che eventuali risparmi dovuti ad effetti di norme nazionali o regionali sono da considerare indisponibili; mentre i risparmi derivanti dalle azioni di governo poste in essere dalle ASL potranno essere utilizzati con diversa finalità.

L’entrata in vigore dei nuovi flussi economici CE, SP ed LA con maggiori livelli di dettaglio, renderà più trasparenti le rilevazioni economico finanziarie delle aziende.

I nuovi flussi informativi nazionali non comportano per la Regione Lombardia cambiamenti sostanziali dal punto di vista della mera impostazione tecnica e pertanto si proseguirà sostanzialmente con le medesime modalità di lavoro già avviate negli scorsi anni.

Nell’anno 2007 l’obiettivo che si intende perseguire per una lettura più approfondita delle situazioni economico patrimoniali e finanziarie delle aziende lombarde è l’introduzione di flussi di supporto con particolare riferimento al Rendiconto Finanziario.

Per la redazione di tale documento che fornirà la lettura delle variazioni di liquidità intervenute nei sistemi aziendali e regionale è presupposto fondamentale che nel corso del 2007 siano riconsiderate diverse procedure, quali:

– ridefinire puntuali linee guida in materia di modalità di fatturazione e pagamento delle prestazioni, con particolare riferimento alle partite di mobilità infraregionale e interregionale;

– ridefinire puntuali percorsi in materia di «autofinanziamento» degli investimenti;

– ridefinire puntuali linee guida in materia di corretta rilevazione/allocazione a bilancio di crediti e debiti e delle voci di stato patrimoniale in genere.

A corollario di quanto sopra si ritiene indispensabile ridisegnare anche le procedure interne in materia di pagamenti alle aziende, tenendo conto della sperimentazione da avviarsi nel 2007 e alla messa a regime dall’anno 2008 del sistema di codifica dei pagamenti e degli incassi delle aziende sanitarie denominato SIOPE.

Gestione finanziaria delle Aziende Sanitarie Locali

Per l’anno 2007 in aggiunta a tutti gli strumenti già attivati negli anni precedenti si ritiene necessario procedere alla centralizzazione della gestione finanziaria delle ASL.

Pertanto le ASL dovranno considerare i seguenti indirizzi:

– la quota capitaria che sarà assegnata non comprenderà alcun onere per il ricorso ad anticipazioni finanziarie da parte dei tesorieri;

– le ASL mensilmente dovranno procedere a segnalare, con idoneo flusso informativo, tutti i pagamenti che intendono effettuare con le risorse disponibili e tramite eventuale accesso all’anticipazione di cassa del tesoriere, per la quale dovranno indicare anche i correlati oneri;

– la Direzione Generale Sanità, di concerto con Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale, la Direzione Centrale Programmazione Integrata e con Finlombarda s.p.a., darà un preventivo assenso all’accesso all’anticipazione suddetta ed erogherà le somme di sua spettanza con priorità al rispetto dei tempi di erogazione;

– le ASL, nel corso del monitoraggio trimestrale, potranno iscrivere tra i costi, equilibrati da correlati contributi in c/esercizio ad hoc, gli oneri finanziari preventivamente autorizzati.

Limite degli investimenti autofinanziati

Per l’anno 2007 al fine del rispetto degli equilibri complessivi del sistema regionale le Aziende Ospedaliere possono, compatibilmente con l’equilibrio economico finanziario del proprio bilancio nel breve e nel medio periodo, destinare ad investimenti in regime di autofinanziamento un ammontare di risorse complessive comunque non superiori al 2% dei ricavi per prestazioni sanitarie (ricoveri, ambulatoriale, psichiatria, file F, NPI, Screening, ecc.), dei contributi per funzioni e delle entrate proprie aziendali ed esclusa la valorizzazione della libera professione e costi capitalizzati. Tale limite vale anche per la ASL Vallecamonica sulla base dei dati dei propri presidi ospedalieri.

Le ASL dovranno attenersi alla percentuale dello 0,15% del valore della quota capitaria.

Resta evidente che gli oneri economici devono trovare copertura all’interno dell’equilibrio economico finanziario di medio/lungo termine che l’azienda deve mantenere.

Prospetto obbligazioni territoriali

Le ASL, a partire dal Bilancio preventivo economico dell’esercizio 2007, saranno tenute ad elaborare, sulla base degli indirizzi generali contenuti nella presente Deliberazione e delle linee guida specifiche che la Direzione Generale Sanità e la Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale emaneranno successivamente, un Prospetto delle obbligazioni territoriali.

Tale Prospetto dovrà consentire alla Regione Lombardia e alle ASL di semplificare e rendere più rapido il controllo dell’effettivo andamento dei costi del sistema sanitario e sociosanitario regionale e la coerenza del comportamento del Direttore Generale della ASL rispetto agli obiettivi di sistema.

Tale Prospetto avrà la sezione contenente i costi e quella contenente i ricavi a diretta gestione; sarà elaborato a partire dalle obbligazioni di costo per il sistema che le ASL, sulla base di quanto disposto dalla presente deliberazione, sono tenute a contrattare con tutti gli erogatori di prestazioni sanitarie (ricoveri, ambulatoriale, psichiatria, file F, NPI, Screening) del proprio territorio.

Anche per quanto riguarda le altre prestazioni sanitarie (farmaceutica, doppio canale e primo ciclo) la ASL dovrà indicare in questo Prospetto le obbligazioni di costo per il sistema relative alle farmacie e agli altri erogatori del proprio territorio.

Infine troveranno collocazione in questo Prospetto anche tutti gli altri costi di diretta gestione aziendale (personale, ammortamenti, servizi sanitari di base, beni e servizi e altri oneri diversi).

È di tutta evidenza che il Prospetto delle obbligazioni territoriali dovrà essere direttamente connesso con il Bilancio economico preventivo aziendale, da redigere secondo le linee guida già in uso negli anni precedenti e conseguentemente rappresentante documento di vincolo per il rispetto dell’equilibrio economicofinanziario in carico ai Direttori Generali delle ASL.

In allegato a tale Prospetto dovrà essere predisposto idoneo schema di dettaglio degli importi dei singoli contratti stipulati con gli erogatori nonché il riparto effettuato sui contributi per funzioni e per PSSR.

La valutazione degli effetti avverrà attraverso una metodologia uniforme che la Direzione Generale Sanità comunicherà alle ASL nel corso del primo trimestre dell’anno 2007.

Indicazioni generali per i Bilanci preventivi

Le linee operative per il finanziamento delle aziende sanitarie per l’anno 2007 e le conseguenti previsioni economiche per la redazione del bilancio preventivo delle singole ASL, nel rispetto degli indirizzi del presente atto, saranno declinate nei successivi atti della Direzione Generale Sanità. In questa sede si definiscono i principi base ai quali si dovranno attenere tutte le aziende sanitarie pubbliche. In tema di ricavi da inserire nel Bilancio preventivo 2007 le aziende sanitarie dovranno porre la massima attenzione alla precisa distinzione nella classificazione delle poste di bilancio distinguendo in particolare la natura pubblico/privato delle stesse e, all’interno della natura pubblico, differenziare precisamente le poste provenienti da enti pubblici diversi dalla Regione Lombardia.

Pari attenzione andrà posta nell’imputazione e nella descrizione in nota integrativa descrittiva delle eventuali poste di ricavi legati a fatti/accadimenti a carattere straordinario (una tantum): sopravvenienze attive ordinarie e straordinarie, rimborsi assicurativi etc.

A tali poste di ricavo potranno eventualmente essere correlati costi di tipo non strutturale ovvero una tantum, nell’ottica di un necessario e costante miglioramento degli indici di Bilancio delle aziende.

Le aziende che chiudono l’esercizio in utile possono destinare tali risorse nel rispetto di quanto previsto dalla L.R. n. 31/1997 e successive integrazioni e modifiche. Nel caso di prestazioni/servizi tra aziende sanitarie pubbliche occorre che venga garantita la piena corrispondenza di importo e di competenza con i costi delle aziende interessate.

Tale presupposto è infatti essenziale per la garanzia di mantenimento dell’equilibrio economico finanziario del Sistema Sanitario Regionale.

Le funzioni per servizi non tariffati delle AO e degli erogatori privati accreditati per il 2007 sono aggiornate con cinque nuove tipologie per il riconoscimento di specifiche attività territoriali:

  1. a) funzione di complessità di erogazione delle attività di ricovero per enti gestori unici con la situazione consolidata al 30 giugno 2006 distribuita su più presidi nel territorio di una medesima ASL;
  2. b) molteplicità di presidi di erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale ad esclusione di quelli presenti all’interno della struttura di ricovero e cura;
  3. c) molteplicità e complessità di livelli di erogazione nel territorio, al di fuori della struttura di ricovero, relativamente ai servizi di UONPIA e di Psichiatria;
  4. d) prestazioni odontoiatriche per pazienti affetti da handicap grave;
  5. e) distribuzione dello stabilimento di ricovero su più padiglioni con vincolo architettonico, anche parziale, e quindi con un maggior onere di gestione storicizzato.

Di seguito vengono elencate nel dettaglio le tipologie di funzioni che saranno finanziate nel 2007 con i corrispettivi valori economici che, in considerazione del fatto che per quasi tutte le funzioni i costi possono essere definiti solo a consuntivo (vedi tabella seguente), sono da ritenersi solo come indicazioni di massima formulate a partire dalle funzioni stanziate per l’anno 2005. Le funzioni riferite alle attività di trapianto, di neuropsichiatria, di terapia intensiva e trasporto neonatale e di formazione universitaria del personale non medico saranno nel 2007 da considerarsi a destinazione vincolata. Per quanto riguarda le funzioni di PS si rileva che il 10% dei fondi saranno destinati sulla base della riduzione dei ricoveri urgenti con un giorno di degenza nel corso del 2007 rispetto a quelli rilevati nel 2006, con la finalità di incentivare la gestione dei pazienti in fase di diagnostica differenziale in una modalità alternativa alla degenza.

Descrizione della funzione Importo stimato Definizione finanziamento
FINANZIAMENTO PER INTERVENTI DI BONIFICA SANITARIA NEGLI ALLEVAMENTI 14.500.000 Consuntivo
RAGGIUNGIMENTO OBIETTIVI DEFINITI DALLA DG SANITÀ – ERADICAZIONE BSE ED ALTRI 4.000.000 Consuntivo
GUARDIA TURISTICA STAGIONALE 700.000 Consuntivo
CENTRO PER LA SICUREZZA DEGLI ANTIPARASSITARI 1.500.000 Consuntivo
SOCCORSO SANITARIO URGENZA EMERGENZA «118» 125.000.000 Consuntivo
TRASPORTO NEONATALE 2.000.000 Preventivo
STRUTTURE DI RICOVERO DOTATE DI PRONTO SOCCORSO 132.000.000 Preventivo
INCENTIVO PER RIDUZIONE RICOVERI MEDICI URGENTI DI 1 DIE 17.500.000 Consuntivo
PRESIDIO EE.UU. OSPEDALI MONTANI 8.000.000 Consuntivo
ASSISTENZA IN TERAPIA INTENSIVA DI NEONATI CON PESO < 1500 GR. 12.000.000 Consuntivo
ALTRE ATTIVITÀ CONNESSE ALL’EMERGENZA-URGENZA 3.000.000 Consuntivo
PRELIEVO ORGANI E TESSUTI 2.800.000 Consuntivo
ATTIVITÀ CONNESSE AL TRAPIANTO D’ORGANI CENTRI TRAPIANTO DI ORGANI 8.500.000 Consuntivo
ALTRE ATTIVITÀ CONNESSE AL TRAPIANTO D’ORGANI 10.500.000 Consuntivo
ATTIVITÀ DI RICERCA DEGLI I.R.C.C.S 14.000.000 Consuntivo
DIDATTICA FACOLTÀ MEDICINA 52.750.000 Consuntivo
FORMAZIONE DEL PERSONALE INFERMIERISTICO, DELLA RIABILITAZIONE E TECNICO SANITARIO 30.000.000 Consuntivo
METODICA N.A.T. ED INTEGRAZIONE PER PRODUZIONE UNITÀ DI SANGUE INTERO 15.000.000 Consuntivo
INTEGRAZIONE TARIFFARIA PER CASI DI AIDS TRATTATI IN REGIME AMBULATORIALE PER TERAPIA ANTIRETROVIRALE 13.000.000 Consuntivo
AMPIEZZA CASE-MIX 65.000.000 Consuntivo
ALTRE ATTIVITÀ DI RILIEVO REGIONALE 20.250.000 Consuntivo
UNITÀ OPERATIVE OSPEDALIERE DI MEDICINA DEL LAVORO (U.O.O.M.L.) 4.000.000 Consuntivo
SERVIZIO DI NEUROPSICHIATRIA DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA (U.O.N.P.I.A.) 21.500.000 Consuntivo
FUNZIONE PER CASISTICA EXTRAREGIONALE IN % DOPPIA RISPETTO ALLA MEDIA REGIONALE PARI AL 9,5% 9.500.000 Consuntivo
ECCELLENZA (QUALITÀ RIABILITAZIONE – COMPLESSITÀ RIABILITAZIONE – QUALITÀ AVANZATA) 75.000.000 Consuntivo
FUNZIONE DI COMPLESSITÀ DI EROGAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI RICOVERO PER ENTI GESTORI UNICI CON LA SITUAZIONE CONSOLIDATA AL 30 giugno 2006 DISTRIBUITA SU PIÙ PRESIDI NEL TERRITORIO DI UNA MEDESIMA ASL 145.000.000 Consuntivo
MOLTEPLICITÀ DI PRESIDI DI EROGAZIONE DI PRESTAZIONI DI SPECIALISTICA AMBULATORIALE AD ESCLUSIONE 60.000.000 Consuntivo
DI QUELLI PRESENTI ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA DI RICOVERO E CURA
MOLTEPLICITÀ E COMPLESSITÀ DI LIVELLI DI EROGAZIONE NEL TERRITORIO, AL DI FUORI DELLA STRUTTURA DI 30.000.000 Consuntivo
RICOVERO, RELATIVAMENTE AI SERVIZI DI UONPIA E DI PSICHIATRIA
PRESTAZIONI ODONTOIATRICHE PER PAZIENTI AFFETTI DA HANDICAP GRAVE 5.000.000 Consuntivo
DISTRIBUZIONE DELLO STABILIMENTO DI RICOVERO SU PIÙ PADIGLIONI CON VINCOLO ARCHITETTONICO, ANCHE PARZIALE, E QUINDI CON UN MAGGIOR ONERE DI GESTIONE STORICIZZATO 30.000.000 Consuntivo
TOTALE 932.000.000

Per quanto riguarda i contributi vincolati da Regione e da Altri Enti Pubblici si precisa che tali contributi dovranno essere documentati con i relativi provvedimenti formali di assegnazione, anche in questo caso facendo attenzione nella corretta classificazione delle poste di bilancio distinguendo la natura pubblico/ privato.

Relativamente al versante costi, nel ricordare alle aziende il rispetto di tutte le normative vigenti e dei principi contabili, anche in relazione al contenuto della L. n. 248/2005 si fa presente che tutti i costi dovranno essere rilevati secondo il criterio di competenza economica con particolare riferimento agli oneri relativi alle applicazioni contrattuali e convenzionali del biennio 2006/2007.

Anche alla luce del quadro innovato di regole sopra definito diviene fase particolarmente rilevante nel processo di programmazione regionale l’approvazione dei Bilanci preventivi delle aziende sanitarie in tempi congrui a fornire un quadro di equilibrio certo a tutto il sistema sanitario regionale.

I Bilanci preventivi economici anno 2007 dovranno essere approvati, in relazione ai contenuti del presente atto e delle linee di indirizzo operative conseguenti nonché degli obiettivi economici assegnati, entro il 5 febbraio 2007. La data di approvazione è necessariamente coerente con gli impegni previsti dalle intese nazionali. Considerato che la modifica del tariffario regionale delle prestazioni di ricovero e specialistica rende necessario il ricalcolo delle prestazioni del 2006 secondo le nuove valorizzazioni, il bilancio avrà le sue caratteristiche formalmente definitive entro il 31 marzo 2007. Con apposita circolare verranno disciplinati gli adempimenti operativi.

I Bilanci inviati al controllo della Giunta regionale dovranno contenere una specifica relazione accompagnatoria che in modo analitico e puntuale riporti la dinamica dei costi, ivi compresi quelli del personale e ne commenti puntualmente le metodologie e i criteri di formazione.

Tale relazione, che quindi rivestirà fondamentale importanza nell’atto di approvazione del Bilancio Preventivo 2007, dovrà essere inoltre accompagnata da specifico parere a seguito di formale valutazione preventiva delle Direzioni Generali regionali competenti previa trasmissione, ove previsto, dei pareri delle ASL di riferimento.

I ricavi di tutte le prestazioni sanitarie saranno formalmente validati dalla ASL di riferimento territoriale, mentre per i costi del personale, della spesa farmaceutica, della spesa protesica, file F, psichiatria, costi per assistenza di base (MMG, PLS, MCA ecc.) gli uffici regionali verificheranno la coerenza di sistema.

Ai sensi della normativa vigente il bilancio preventivo deve garantire l’equilibrio economico finanziario. Il Bilancio preventivo 2007, esecutivo, diviene l’obiettivo aziendale da perseguire sia in termini di risultato economico che per l’aspetto programmatico, in quanto attuativo delle linee di indirizzo definite.

Al fine di garantire l’equilibrio economico-finanziario del Sistema Sanitario Regionale il contenuto del presente provvedimento potrà essere riconsiderato, anche nel corso dell’esercizio 2007, in relazione alla verifica degli andamenti della spesa in occasione delle chiusure trimestrali e agli esiti dei tavoli di monitoraggio nazionali sui Livelli Essenziali di Assistenza sulla spesa sanitaria.

(3) Si vedano la Delib.G.R. 21 marzo 2007, n. 8/4341, la Delib.G.R. 23 ottobre 2007, n.8/5626 e la Delib.G.R. 27 febbraio 2008, n. 8/6682.

Allegato 3

GLI ACQUISTI DELLE AZIENDE SANITARIE: LINEE DI INDIRIZZO

Premessa

Il mercato sanitario risente dei fenomeni connessi alla globalizzazione: progressivamente si è formata un’offerta selezionata a fronte di una domanda ancora fortemente frazionata.

Si considera questo assunto come il punto di partenza per individuare le strategie più adatte nel settore acquisti, concentrando gli sforzi dove l’aspettativa di un risultato è giustificata.

Pertanto, con le seguenti indicazioni operative, si intende favorire le sinergie tra le Aziende Sanitarie e la diffusione delle pratiche migliori per procedere, ove necessario, ad una riorganizzazione diffusa del settore acquisti caratterizzata da:

– capacità di rispondere in maniera adeguata e tempestiva alle esigenze del SSR,

– utilizzo razionale delle risorse economiche disponibili, – costante controllo dei processi, – capacità di adeguarsi al mutevole contesto ambientale, – capacità di sviluppare innovazione.

Per l’anno 2007, le Aziende Sanitarie dovranno dare applicazione alle presenti linee di indirizzo e saranno valutate con idonei strumenti condivisi di verifica sulle attività conseguenti poste in essere.

Parte I

LA FUNZIONE ACQUISTI DELLE AZIENDE SANITARIE

Il processo di aziendalizzazione ha indotto un profondo mutamento del ruolo di tutti gli operatori della Sanità: la necessità di contenere i costi, con l’abbattimento delle diseconomie e un miglioramento della qualità delle prestazioni, determina funzioni e responsabilità sempre più complesse e diversificate.

Il «Responsabile degli acquisti» si caratterizza sempre più secondo i canoni di una cultura manageriale che coinvolge tutti gli operatori in un processo di gestione del cambiamento e valorizzazione dell’esperienza, con una forte spinta all’innovazione, nell’ambito della qualificazione della propria professionalità e dell’esercizio della responsabilità indicata dalle norme.

Codice dei contratti pubblici

Il 1º luglio 2006 è entrato in vigore il Codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture.

Nel complesso di tutte le norme in materia, alcuni elementi risaltano per l’impatto sull’attività degli acquisti delle Aziende Sanitarie:

– il Codice regolamenta anche i contratti sotto soglia comunitaria;

– individua nuove funzioni e responsabilità che comportano una revisione delle strutture incaricate degli acquisti.

Responsabile unico del procedimento per acquisti di beni e servizi e responsabile degli acquisti

Il Codice prevede, dal 1º luglio 2007, un Responsabile unico del procedimento per l’acquisizione di beni e servizi che svolga tutti i compiti relativi alle procedure di progettazione, affidamento ed esecuzione per ogni singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, compresi gli affidamenti in economia.

Tale ruolo, per il livello di professionalità richiesto, i profili di responsabilità cui è soggetto e la collocazione a livello strategico delle singole Aziende, è riconducibile alla figura del Responsabile degli acquisti.

Dotato di autorità basata sulle specifiche competenze, il Responsabile unico del procedimento dovrà avere il pieno controllo delle procedure direttamente a lui riferibili, ma, soprattutto, dovrà avere il pieno controllo dell’intero processo di acquisto, compresa la vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti.

Qualora fosse necessario individuare un direttore dell’esecuzione del contratto, quest’ultimo dovrà dipendere dal Responsabile degli acquisti.

I Direttori Generali, entro il termine previsto dal Codice, 1 luglio 2007, assumeranno tutte le iniziative necessarie affinché sia adeguatamente supportato da tutte le funzioni aziendali coinvolte nel processo d’acquisto, in modo che possa svolgere le proprie funzioni coerentemente con gli obiettivi aziendali e nel rispetto della normativa vigente.

Di tali iniziative i Direttori Generali daranno comunicazione all’interno della relazione di monitoraggio prevista nel capo III delle presenti linee di indirizzo.

Appalti di beni e servizi, appalti di lavori, strutture operative

Il Codice propone procedure omogenee per tutti i contratti. Tuttavia, è necessario che le Aziende Sanitarie pongano la massima attenzione sulla specificità degli appalti di:

– forniture,

– servizi,

– lavori.

Le Aziende Sanitarie non dovranno trascurare la «specificità soggettiva» delle diverse tipologie di appalto, come peraltro, lo stesso codice evidenzia in particolare per i lavori pubblici.

Programmazione degli acquisti delle aziende sanitarie

  1. La programmazione degli acquisti consiste nella predisposizione e nell’attuazione di un complesso di misure intese ad inquadrare l’attività in un programma che:

– sia funzionale alla missione delle Aziende Sanitarie e agli obiettivi del SSR, che rientrano a pieno titolo negli obiettivi di finanza pubblica delineati dalle leggi finanziarie nazionali;

– consideri ambiente, caratteristiche della produzione, possibilità d’approvvigionamento, mezzi a disposizione;

– sia in grado di fronteggiare gli imprevisti.

Le funzioni di programmazione degli acquisti dovranno rispondere ad un modello organizzativo in grado di assicurare la programmazione integrata all’interno della stessa ASL, prevedendo uno stretto raccordo delle funzioni strategiche trasversali legate alla programmazione, acquisto e controllo.

Piano acquisti annuale

È l’elemento più significativo della programmazione: il responsabile degli acquisti, direttamente responsabile della sua realizzazione relativamente ai fattori di produzione da acquistare, assumerà tutti gli elementi necessari alla sua stesura, coinvolgendo tutti i soggetti aziendali interessati.

Con la direzione economico-finanziaria fornirà alla direzione generale gli elementi per fissare gli obiettivi aziendali e, in quest’ottica, dovrà armonizzare gli obiettivi settoriali che acquisti, produzione, distribuzione e gestione delle scorte dovranno a loro volta porsi.

Nel Piano si dovrà tenere conto di: – valutazione della disponibilità di risorse e dei problemi che l’azione solleverà in relazione ai fattori esterni,

– definizione di attività e modalità esecutive; – indicazione delle informazioni indispensabili per una valutazione economica dei risultati.

Piano investimenti pluriennale

Articolato in piani annuali, comprende tutte le spese in conto capitale che le Aziende Sanitarie dovranno sostenere, coerentemente con le strategie aziendali, con le disponibilità di bilancio nel rispetto dell’equilibrio economico finanziario aziendale e delle specifiche linee guida regionali in materia.

Il responsabile degli acquisti sarà responsabile dell’attuazione del piano definito dalla Direzione aziendale.

Nella fase di programmazione le Aziende Sanitarie dovranno anche tenere in considerazione i seguenti punti:

– Integrazione della funzione acquisti nell’organizzazione aziendale

La programmazione degli acquisti deve essere fortemente integrata con le decisioni aziendali e deve, in particolare, essere direttamente collegata con interventi di razionalizzazione della spesa trasversali perché hanno come campo di azione:

– sia il versante dei costi d’acquisto e d’utilizzo, determinati dall’attivazione di un marketing d’acquisto, fondato sull’analisi comparata dei bisogni in rapporto alle opportunità offerte dal mercato;

– sia un puntuale monitoraggio dei consumi e un’attenta valutazione delle richieste formulate dalle strutture aziendali di produzione di servizi, in stretta connessione con il Controllo di Gestione, l’area economico finanziaria e la Direzione Generale Aziendale.

Il Responsabile degli acquisti fornirà il suo contributo alla direzione generale per la definizione degli obiettivi strategici, mentre sarà diretto responsabile del conseguimento degli obiettivi settoriali sviluppando una costante analisi di mercato funzionale alle esigenze aziendali. Un efficace controllo di gestione deve fornire un supporto conoscitivo alle modalità d’impiego dei fattori produttivi e al rapporto tra risorse impiegate e risultati ottenuti.

– Organizzazione strutturale della funzione acquisti La funzione acquisti delle Aziende Sanitarie riveste carattere strategico: l’importanza economica e l’incidenza della spesa sul bilancio delle Aziende Sanitarie comportano necessariamente che detta funzione debba collocarsi al massimo livello organizzativo.

La trasversalità dei processi e le implicazioni a tutti i livelli aziendali devono indurre le Aziende Sanitarie ad una riflessione su ruolo, processi, profili di responsabilità, anche in funzione di quanto previsto dal Codice dei contratti. La struttura dovrà essere quindi articolata in modo funzionale agli obiettivi e flessibile rispetto ai cambiamenti del mercato di riferimento.

Per le risorse umane dedicate alla funzione acquisti le Aziende Sanitarie dovranno favorire la crescita professionale degli operatori mediante un’attività di formazione specifica, affinché, oltre all’approfondimento della normativa, acquisiscano le conoscenze tecniche necessarie per operare con efficacia, efficienza ed economicità sul mercato.

– Rapporti interni all’azienda

Sia l’organizzazione strutturale che la definizione di obiettivi coerenti da parte della Direzione aziendale dovranno garantire una ben definita attribuzione di responsabilità fra le varie funzioni aziendali.

Il responsabile degli acquisti individuerà, secondo gli indirizzi della Direzione Generale, le procedure più adatte per coinvolgere tutti i soggetti aziendali interessati, affinché la struttura generi valore attraverso i processi di propria competenza (marketing d’acquisto, negoziazione, sottoscrizione contratti, verifica andamento dei contratti….).

– Qualità

Il responsabile degli acquisti, in stretta connessione con gli utilizzatori dei beni e servizi acquistati e compatibilmente con le risorse che l’Azienda potrà mettere a disposizione, dovrà farsi carico di riuscire a garantire standard di qualità sempre migliori.

In tema di qualità le Aziende Sanitarie dovranno concorrere, anche con appositi strumenti di confronto con le altre Aziende Sanitarie, allo sviluppo di metodi e prassi di customer satisfaction per valutare la qualità del servizio reso al cliente interno (Servizi sanitari) e al cliente esterno (Fornitori).

Parte II

IL SISTEMA DEGLI ACQUISTI DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

Le aggregazioni strategiche della domanda devono essere necessariamente realizzate attraverso una puntuale e condivisa analisi dei mercati di riferimento, promossa dalle aziende sanitarie, che tenga in considerazione la struttura del sistema di offerta.

Solo attraverso tali valutazioni è possibile perseguire l’obiettivo della razionalizzazione della spesa cogliendo le opportunità offerte dal mercato di riferimento.

L’aggregazione strategica delle Aziende Sanitarie, nel rispetto di quanto disposto dalla normativa vigente, deve basarsi su un costante confronto tecnico della domanda da parte degli ordinatori di spesa e sullo sviluppo di un’intensa attività di marketing d’acquisto finalizzata a cogliere le opportunità del mercato.

Coerentemente con tale impostazione, le Aziende Sanitarie potranno ricercare anche livelli di collaborazione con Consip.

Si richiama l’attenzione alla possibilità di forme d’aggregazione volontaria tra le Aziende Sanitarie per l’acquisizione, lo stoccaggio e la distribuzione dei beni e l’erogazione dei servizi, inquadrando le iniziative in un contesto sistematico e organico.

La ricerca delle migliori soluzioni si deve esplicare anche nell’individuazione delle strutture più funzionali alle esigenze delle Aziende Sanitarie e del SSR.

Pertanto, saranno definite linee di indirizzo applicative cui le aziende sanitarie devono attenersi per attivare le collaborazioni.

Le principali modalità sono le seguenti:

– nuovi modelli organizzativi supportati da analisi approfondita anche a livello di controllo di gestione;

– gestione servizi in comune con utilizzo sinergico delle risorse umane e strumentali delle singole Aziende Sanitarie;

– forme d’aggregazione degli acquisti:

– gare associate promosse da gruppi di Aziende Sanitarie, eventualmente raggruppate in consorzi;

– gare aggregate attuate da aziende capofila;

– gare aziendali aperte ad adesioni successive;

– varie combinazioni tra questi modelli;

– sviluppo dell’informazione e dell’innovazione.

Consorzi e altre riunioni formalizzate

Le aziende sanitarie potranno valutare la formazione di Consorzi d’acquisti o altre unioni formalizzate a livello provinciale e/o di macro aree finalizzata alla razionalizzazione della spesa per beni e servizi.

Sviluppo di iniziative tecnologiche

Nel processo di razionalizzazione degli acquisti delle Aziende Sanitarie Pubbliche lombarde, un ruolo sempre più rilevante andrà rivestito dalle iniziative in ambito informatico.

Fatto salvo quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici, le Aziende Sanitarie devono assumere le opportune iniziative al fine di modificare progressivamente le proprie procedure concorsuali mediante l’utilizzo degli strumenti informatici, con l’obiettivo di attivare, entro l’anno 2009, almeno il 70% delle procedure di gara on-line.

E-procurement

In tale prospettiva e nell’ottica della semplificazione delle procedure di acquisto, sarà messo a disposizione delle Aziende Sanitarie il sistema di intermediazione telematica denominato SinTel.

La piattaforma SinTel, grazie ad un portale internet dedicato alla comunicazione ed integrazione, non solo fra le Aziende del SSR, consentirà agli utenti di accedere alle procedure telematiche di acquisto, all’albo fornitori dell’intero servizio sanitario lombardo, nonché a servizi informativi, utili ad una migliore introspezione del mercato e alla diffusione, tramite il benchmarking, dei comportamenti virtuosi. A tale riguardo si può da subito fare riferimento alle esperienze dell’AO San Gerardo di Monza, dell’AO Ospedali Riuniti di Bergamo, dell’AO Niguarda Cà Granda di Milano, della ASL della Provincia di Varese e della Fondazioni IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.

Osservatorio acquisti e tecnologie

Nel corso degli ultimi anni è stato attivato un sistema regionale di Osservatori sia dei prezzi di beni e servizi (Osservatorio Acquisti) che dei prezzi delle apparecchiature biomediche (Osservatorio Regionale Prezzi Tecnologie).

L’Osservatorio Acquisti è uno strumento di supporto all’attività decisionale delle Aziende Sanitarie, in particolare per quanto riguarda l’acquisto di beni e servizi.

L’ORPT è pienamente operativo dal 1 luglio 2001, dapprima finanziato all’interno di un progetto di ricerca dal Ministero della Salute e, dalla fine del 2003, tramite convenzione tra Regione Lombardia e IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.

Sono oggetto del monitoraggio dell’ORPT le principali classi tecnologiche di apparecchiature biomediche, nonché parte del materiale di consumo e dispositivi connessi al loro uso:

Tipologia Categorie merceologiche rilevate
Apparecchiature 41
Pacemakers 6
Pellicole Radiografiche 229
Cateteri Angiografici 9
Filtri Emodialisi 10
Protesi 38
Reagenti 120
Service Dialisi 1
Service Laboratorio 232

Le finalità del sistema degli Osservatori spaziano dal controllo della spesa all’attività di benchmarking e sempre di più dovranno costituire strumento conoscitivo e di scambio utile a perseguire un’appropriata e consapevole domanda di tecnologie basata su evidenze scientifiche e su standard quali-quantitativi omogenei sul territorio regionale.

In tale ottica, attraverso l’osservatorio regionale delle tecnologie riconfermato e implementato nelle proprie attività dal PSSR 2007-2009 si procederà alla rimodulazione degli obiettivi informativi attraverso l’emanazione di specifiche linee di indirizzo al fine di supportare le Aziende Sanitarie negli eventi di acquisto di prodotti e servizi di particolare rilievo e quindi realizzare le necessarie sinergie.

Gli obiettivi da perseguire, fatto salvo il rispetto della normativa sulla privacy, le regole di mercato, le specificità aziendali e le diverse forme di aggregazione individuate dalle Aziende dovranno essere i seguenti:

– individuazione delle aree di priorità; – definizione delle metodologie e protocolli di utilizzo e gestione appropriata delle tecnologie biomediche;

– definizione degli standard di efficacia e sicurezza a livello diagnostico e terapeutico;

– definizione dei criteri di analisi costo-beneficio e modalità di redazione dei piani di ammortamento;

– definizione/consolidamento dei criteri di inventariazione, acquisizione, selezione e controllo.

La Direzione Generale Sanità collaborerà con le Associazioni di Professionisti per definire tipologia e modalità di raccolta dati, nonché la necessaria attività d’analisi e feedback.

Le azioni delle aziende ospedaliere

Livelli d’aggregazione

In coerenza con le esigenze del SSR e con le caratteristiche ambientali e di mercato le aziende ospedaliere attiveranno forme d’aggregazione della domanda di beni e servizi flessibili e quindi non definite in maniera geograficamente rigida.

Pertanto le aggregazioni si devono sviluppare, a partire dalle valutazioni delle esigenze aziendali, a livello:

– Provinciale;

– di macro aree.

Quale base di partenza per l’anno 2007 si ritiene essenziale che le aziende diano conto delle azioni poste in essere e dei risultati raggiunti a partire dai prodotti e servizi di seguito elencati.

Prodotti di riferimento

– Tecnico – economali.

Sono presumibilmente i prodotti, per la tipologia d’utilizzo e la scarsa valenza clinica, che si ritengono più adatti per l’acquisizione in forma aggregata.

– Farmaci, presidi medicali.

– Apparecchiature elettromedicali.

Si tratta di beni ad alto impatto clinico che, per l’elevata componente tecnologica, sono soggetti ad un’obsolescenza sempre più precoce.

Le aziende dovranno valutare, per alcune tipologie, acquisti collettivi di apparecchiature che, grazie alla composizione modulare, possano rispondere alle diverse esigenze delle Aziende Sanitarie e, nel contempo, garantire condizioni d’acquisto e d’assistenza post vendita favorevoli.

Logistica ospedaliera e Appalti di servizi

Un’efficiente logistica deve consentire l’ottimizzazione dei flussi di merci, persone, informazioni.

Poiché le attività logistiche consentono di acquisire valore aggiunto, sia a livello macroeconomico, sia a livello aziendale, impegnano sempre più la ricerca gestionale e tecnologica richiedendo risorse crescenti: una logistica efficiente garantisce un vantaggio competitivo che ricopre un ruolo decisivo nei sistemi d’impresa.

Per quanto concerne le iniziative d’outsourcing di servizi le Aziende Sanitarie dovranno porsi tra gli obiettivi la definizione di idonee modalità di controllo al fine di garantire il livello qualitativo più elevato possibile.

Nella definizione di una strategia d’outsourcing, le Aziende Sanitarie dovranno, tuttavia, considerare che l’outsourcing deve essere funzionale alla performance economica complessiva dell’azienda e del sistema sanitario regionale di cui essa è parte.

Grado e modalità d’outsourcing devono essere conseguenza di un’accurata analisi dei reali bisogni e di verifica dell’applicabilità delle soluzioni alla realtà locale.

Le aziende sanitarie dovranno ricercare forme d’integrazione di servizi con altre aziende con ambiti territoriali e/o esigenze comparabili, previa un’approfondita analisi del mercato di riferimento e un’attenta valutazione del rapporto costi-benefici.

Appalti di servizi alberghieri e servizi di supporto e generali

Anche in questo settore le Aziende Ospedaliere verificheranno l’opportunità di iniziative comuni, considerando con attenzione le capacità del mercato di fornire risposte per macroaree. Infatti forme d’aggregazione per l’aggiudicazione di questi appalti potrebbero garantire migliori condizioni economiche alle Aziende Ospedaliere.

Tuttavia, come per tutte le aggregazioni, dovrà essere prestata particolare attenzione ad alcuni elementi:

– esigenze coerenti tra le Aziende Ospedaliere;

– capacità del mercato di dare risposte adeguate;

– livello qualitativo del servizio reso alle singole Aziende Ospedaliere.

Le azioni delle aziende sanitarie locali

La tipologia di servizi erogati dalle Aziende Sanitarie Locali è sostanzialmente differente da quella delle Aziende ospedaliere.

In linea di massima, i prodotti utilizzati, materiale sanitario (aghi, siringhe, materiale di medicazione), materiale di funzionamento (materiale d’ufficio) comportano in generale scarsi consumi.

Diverso invece è il discorso per i servizi, (ossigeno, nutrizione centrale, ecc), generalmente di rilevanti importi e che necessitano di un elevato controllo sull’esecuzione del servizio stesso.

Per tali motivi, le Aziende Sanitarie Locali sono tenute a conformare la propria funzione acquisti secondo le seguenti direttive:

  1. Appalti di servizi tipici: le ASL dovranno confrontare le proprie esigenze con le altre ASL, a partire da quelle confinanti, al fine di sviluppare iniziative comuni nei seguenti settori:

– Ossigenoterapia;

– Presidi e altri ausili, compresa l’assistenza protesica, con igienizzazione, stoccaggio e distribuzione, oltre alla riparazione degli stessi.

Le procedure di gara potranno prevedere lotti diversi in funzione delle esigenze, del contesto locale, del mercato di riferimento, ma lo studio di procedure uniche consentirà una logica di sviluppo coerente tra le diverse ASL.

  1. Appalti di servizi alberghieri: anche in questo settore le ASL verificheranno l’opportunità d’iniziative comuni, considerando, tuttavia, con attenzione le capacità del mercato di fornire risposte per macroaree.
  2. Prodotti tipici delle ASL: ad esempio vaccini; si ritiene si possa procedere come per i servizi tipici di cui sopra.
  3. Prodotti necessari al funzionamento della «struttura ASL»: per tali tipologie di prodotti (es. materiale di medicazione, prodotti per ufficio e cancelleria, prodotti economali,…), le ASL ricorreranno di norma, mediante convenzioni o gli istituti che riterranno più adatti, alle opportunità offerte dai contratti delle Aziende Ospedaliere.

Logistica: i magazzini

Le Aziende Sanitarie dovranno valutare l’opportunità di una gestione integrata dei magazzini con le Aziende Sanitarie dalle caratteristiche ambientali tali da rendere il processo d’integrazione funzionale, razionale, economico.

Dovranno, pertanto,

– sviluppare un’analisi territoriale/aziendale per definire le condizioni operative per le eventuali aggregazioni,

– considerare le risorse strumentali ed umane interne alle Aziende Sanitarie stesse, per evitare modelli che, a fronte di una riorganizzazione funzionale, provochino situazioni di conflitto e una duplicazione di costi.

In tale prospettiva, le Aziende Sanitarie potranno considerare la gestione di tutti i prodotti o solo di alcune categorie di scarso valore economico e clinico, ma con elevate implicazioni gestionali (es. distribuzione).

Particolare attenzione sarà dedicata alla gestione delle Risorse Umane, alle modalità d’approvvigionamento, alla standardizzazione e codifica dei prodotti, all’implementazione del sistema informatico, alla gestione dei trasporti.

Parte III

SISTEMI DI VERIFICA E CONCLUSIONI

Sistemi di verifica e di monitoraggio

Sarà sviluppato il monitoraggio delle attività d’approvvigionamento, favorendo il confronto tra le prestazioni delle diverse Aziende Sanitarie, anche al fine dell’individuazione e diffusione di comportamenti virtuosi.

Trimestralmente sarà richiesta ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie una relazione puntuale che evidenzi:

– azioni intraprese in ordine al raggiungimento di obiettivi economici o utilizzo di modalità d’acquisto secondo gli indirizzi delle presenti linee guida;

– iniziative d’aggregazione tra le diverse Aziende Sanitarie che puntino ad un rafforzamento della domanda e alla razionalizzazione delle strutture degli acquisti, sia in forma singola, sia in forma associata;

– Iniziative per la gestione di servizi in comune con utilizzo sinergico delle risorse umane e strumentali delle singole Aziende Sanitarie;

In quest’ottica, previa idonea valutazione del contesto ambientale, si richiede di privilegiare la formazione di Consorzi d’acquisti o di altre riunioni formalizzate a livello sovraziendale.

Tavoli permanenti regionali

La Direzione Generale Sanità attiverà con le Aziende e i loro professionisti nella materia tavoli permanenti che consentano un confronto serrato con la Aziende per:

– attuare le linee di indirizzo del presente documento di programmazione;

– approfondire le problematiche connesse al settore acquisti in sanità, con particolare riferimento alle soluzioni d’aggregazione della domanda;

– condivisione di obiettivi e soluzioni;

– sviluppo dell’innovazione;

– diffusione di pratiche virtuose;

– monitoraggio delle iniziative avviate dalle Aziende Sanitarie e valutazione del raggiungimento degli obiettivi indicati nelle presenti linee guida.

Quale esito di tale monitoraggio potranno essere emanate ulteriori linee di indirizzo regionali e potranno essere chiesti approfondimenti alle singole aziende sull’effettiva partecipazione alle iniziative individuate nelle presenti linee guida.

I modelli organizzativi contenuti nel presente allegato dovranno essere coordinati con le disposizioni della legge finanziaria nazionale 2007 per quanto riguarda le connessioni regionali relative alla razionalizzazione dei processi di acquisto.

Allegato 4

LE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE MEDICA E VETERINARIA

L’adozione, nel corso dell’ultimo quinquennio, di provvedimenti che hanno dato nuovo impulso alle attività di prevenzione, supportandole anche con contributi vincolati aggiuntivi, ha consentito il raggiungimento di alcuni importanti obiettivi e, complessivamente, una revisione, in buona parte ispirata alla metodologia evidence-based, di molte attività del settore della prevenzione.

Unitamente a ciò, va considerato il percorso di riorganizzazione delle ASL, avviato con la Delib.G.R. 7/14049 del 2003, caratterizzato dall’implementazione del modello di Programmazione-Acquisto e Controllo e, per quanto più specificamente attiene i servizi della prevenzione, improntato alla dipartimentalizzazione e, quindi, ad una auspicata integrazione tra le diverse articolazioni organizzative delle ASL.

Si tratta ora da una parte di proseguire il percorso di rivalutazione delle attività di prevenzione alla luce della loro efficacia, prevedendo ulteriori evoluzioni, e, dall’altra, di consolidare i progetti innovativi avviati, con una maggior attenzione a soluzioni organizzative razionali ed efficienti.

In tal senso va ribadito il ruolo di governo esercitato a livello regionale, volto a definire sempre più obiettivi di risultato e sempre meno percorsi operativi per il loro raggiungimento, lasciando all’autonomia, anche in campo organizzativo, delle Aziende Sanitarie la scelta delle soluzioni più adeguate ma obbligatoriamente nel rispetto del vincolo della destinazione delle risorse che il sistema assegna alle attività di prevenzione.

Analogamente, per quanto riguarda la valutazione, il punto di vista regionale si sposta dall’analisi delle attività effettuate e delle modalità di utilizzo delle risorse, all’esame di indicatori di risultato o, in carenza, di processo, e alla loro correlazione con le risorse complessivamente utilizzate; in caso di non rispetto degli obiettivi le risorse dovranno essere rimodulate sui livelli parziali raggiunti. In caso di criticità di risultati l’Assessorato alla Sanità può predisporre un piano di affiancamento.

In tale quadro prospettico si prevede uno specifico finanziamento aggiuntivo alle ASL per nuove attività, previste da provvedimenti regionali.

Piano/provvedimento/obiettivo Attività da svolgere/modalità di verifica
Delibera n. VII/18344 Interventi operativi per la promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in Lombardia per il triennio 2004-2006 Raggiungimento obiettivi di PAL
Delibera n. VII/18224 Interventi attuativi per la promozione delle vaccinazioni e l’eliminazione di morbillo e rosolia congenita Vaccini antimeningite per popolazione esente compartecipazione
Determinazioni inerenti il Piano regionale della prevenzione attiva, ai sensi dell’intesa fra il governo, le regioni e le provincie autonome del 23 marzo 2005. (1º e 2º provvedimento) Prevenzione incidenti domestici e stradali / Promozione sani stili di vita
Circolare 8/SAN/2006 – Programmazione e coordinamento degli interventi in materia di controllo dei prodotti alimentari di origine non animale Effettuazione analisi di piani mirati (su indicazioni ministeriali)
Delibera n. VIII/1526 Approvazione del «Piano Regionale Amianto Lombardia» (PRAL) di cui alla legge regionale 29 settembre 2003 n. 17. Formazione e sistema informativo
Obiettivi di Governo Regionale per l’anno 2006: 5.1.6.1.P04 Predisposizione del documento tecnico relativo alla definizione dei criteri e delle metodologie per la revisione e la riorganizzazione dei controlli ufficiali svolti dalle ASL sulla base della valutazione del rischio, a tutela della salute del consumatore Aggiornamento ed estensione sistema informativo per la sicurezza alimentare e sanità animale
Deliberazione Consiglio regionale n. VIII/216 del 2 ottobre 2006: «Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale secondo le direttive del Ministero della Salute.» – vincolato al finanziamento nazionale Pandemia Influenzale

Nell’ambito della quota capitaria sono previsti per screening, vaccinazione antinfluenzale MMG, piano radon-ARPA, ulteriori risorse vincolate.

Prima di esplicitare gli obiettivi per il 2007, si rammenta che l’attività delle ASL è basata sul D.P.C.M. 29 novembre 2001 «Definizione dei Livelli essenziali di assistenza» che elenca, negli allegati, le attività e le prestazioni incluse nei Livelli, le prestazioni escluse, le prestazioni che possono essere fornite dal Servizio sanitario nazionale solo a particolari condizioni. Per quanto riguarda in particolare le attività di prevenzione, si fa riferimento all’allegato 1 del suddetto D.P.C.M., area di offerta della «Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro».

Ciò premesso, gli obiettivi del 2007, relativi all’intera attività in ambito preventivo, per le ASL sono i seguenti.

  1. Profilassi delle malattie infettive

Le ASL svolgono attività di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie infettive ed attuano piani e campagne di vaccinazioni sulla base degli indirizzi regionali nonché verifiche delle relative coperture vaccinali; si occupano anche di prevenzione dell’AIDS e delle malattie sessualmente trasmesse, di lotta alle infezioni ospedaliere e di interventi di prevenzione sanitaria negli Istituti Penali. Negli ultimi anni è stata condotta una importante azione di revisione delle attività sulla base dell’evidenza scientifica. Gli indicatori individuati sono:

  1. coperture vaccinali: raggiungimento degli indici di cui alla Circolare 11/SAN/2006 (da documentarsi, per l’infanzia, con estrapolazione da banche dati informatizzate);
  2. predisposizione piano locale pandemia influenzale, con realizzazione degli interventi secondo il cronoprogramma del PPR;
  3. assolvimento debito informativo sistema MAINF (verifica a cura della Direzione Generale Sanità, secondo criteri ed indicatori di qualità).
  4. Gestione situazioni emergenziali

Le ASL garantiscono il servizio di guardia igienica permanente; negli ultimi anni sono stati messi a punto anche strumenti per affrontare eventi di tipo terroristico, definendo forme di collaborazione e di interazione funzionale fra le diverse strutture sanitarie e della Pubblica Amministrazione coinvolte nell’attività di prevenzione, previsione e gestione dei rischi, ad esempio Prefetture, AO, ARPA e altri enti locali. Gli indicatori individuati sono:

  1. capacità di risposta ad emergenze di tipo sanitario, secondo requisiti di tempestività, qualità, standardizzazione (verifica a cura della DGS con monitoraggio in continuo);
  2. stesura (di concerto con il Dipartimento di Prevenzione Medico) del Piano di intervento del Dipartimento di Prevenzione Veterinario in caso di emergenze epidemiche e non epidemiche veterinarie.
  3. Sicurezza alimentare

Le ASL svolgono attività di vigilanza e controllo sui prodotti alimentari (compresa la presenza di OGM e di residui di prodotti fitosanitari), individuando ogni anno le priorità (strutture, settori, tipologia prodotti) sulla base di indirizzi regionali. L’entrata in vigore dei regolamenti comunitari in materia di sicurezza alimentare e l’attivazione del sistema di allerta hanno determinato la revisione di attività consolidate e l’implementazione di nuove procedure. Gli indicatori individuati sono:

  1. implementazione del sistema informatizzato di anagrafe degli impianti del settore alimentare e dei mangimi soggetti a controllo;
  2. predisposizione di procedure uniformi per la gestione del sistema d’allerta da parte del Dipartimento Prevenzione Medico e del Dipartimento Prevenzione Veterinario;
  3. ridefinizione delle modalità di realizzazione degli interventi di vigilanza ed ispezione relativi al Piano alimenti secondo criteri di efficacia ed efficienza.
  4. Sanità animale

Le ASL svolgono attività di vigilanza e controllo sugli allevamenti e sulle strutture produttive e sanitarie di interesse veterinario individuando le priorità sulla base degli indirizzi regionali.

La prevenzione delle malattie infettive degli animali con particolare riferimento alle zoonosi, la riproduzione animale, la gestione delle anagrafi zootecniche, la prevenzione del randagismo e la tutela animali d’affezione sono i settori principali in cui si esplicano le attività di vigilanza e controllo. Gli indicatori individuati sono:

  1. realizzazione di un sistema di integrazione degli applicativi informatici veterinari (anagrafi zootecniche – anagrafi degli stabilimenti – attività di controllo);
  2. implementazione dell’anagrafe equina;
  3. linee guida per i Dipartimenti di Prevenzione Veterinari delle ASL per l’applicazione della legge regionale per la prevenzione del randagismo;
  4. implementazione delle anagrafi degli allevamenti e degli animali delle specie ovi-caprina e suina.
  5. Educazione sanitaria e promozione stili di vita

Le ASL, anche in collaborazione con le Scuole, i Comuni, le Associazioni, promuovono iniziative per sensibilizzare la popolazione sull’adozione di stili di vita e comportamenti sani. Le principali attività, secondo le indicazioni regionali, sono rivolte alla corretta alimentazione, alla promozione dell’attività motoria, alla prevenzione del tabagismo, alla prevenzione degli infortuni domestici e alla prevenzione degli incidenti stradali; ciò anche in collegamento con il Piano oncologico e con il Piano per la prevenzione delle patologie cardiocerebrovascolari, nonché in attuazione del Piano di prevenzione attiva promosso dal CCM. L’indicatore individuato è:

  1. programma integrato di promozione della salute, con evidenza di analisi di contesto, servizi e dipartimenti coinvolti, valutazione di priorità, metodologie e indicatori di risultato/processo.
  2. Attività di prevenzione secondaria

Le ASL dal 2005 gestiscono in maniera sistematica le attività di screening di alcuni tumori, in coerenza con il Piano oncologico e con obiettivi quali l’aumento delle adesioni e la garanzia di qualità delle prestazioni diagnostiche. Gli indicatori individuati sono:

  1. screening per il carcinoma mammario con l’orientamento di intercettare la fascia di età a partire dai 45 anni: adesione = o > 60% e rispetto scadenze di round;
  2. screening per il carcinoma del colon-retto: estensione ad almeno il 70% della popolazione target, con rispetto delle scadenze di round.
  3. Attività di prevenzione e controllo delle acque potabili e degli ambienti di vita

Le ASL svolgono attività e controlli nel campo dell’igiene delle acque potabili e delle acque destinate alla balneazione, dell’igiene edilizia e dell’abitato, delle attività funebri e cimiteriali, della tutela della salute dagli inquinanti di natura biologica, chimica e fisica (amianto, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, PCB, inquinanti indoor tra cui il radon) in coordinamento con ARPA, della prevenzione della esposizione ad agenti allergizzanti e ad infestanti. Gli indicatori individuati sono:

  1. attuazione dei piani di controllo secondo normativa (acque destinate al consumo umano, acque di balneazione);
  2. ridefinizione dell’attività di controllo su strutture abitative e di vita collettiva, alla luce della valutazione sull’evidenza di efficacia degli interventi in atto.
  3. Prevenzione e sicurezza in ambiente di lavoro

Le ASL attuano interventi di prevenzione e promozione della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e svolgono attività di vigilanza e controllo sulla attuazione del D.Lgs. n. 626/94 e delle normative specifiche per la sicurezza di macchine ed impianti; si occupano inoltre di sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro e di attività di formazione ed informazione dei lavoratori. Con il Piano regionale di interventi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, approvato con Delib.G.R. n. 7/18344 del 23 luglio 2004, sono state previste azioni, anche da parte delle UO Ospedaliere di Medicina del Lavoro, nei settori ritenuti prioritari: edilizia (compresi i cantieri per le grandi opere), agricoltura, sanità, tumori professionali, stress. Gli indicatori individuati sono:

  1. piano per la prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro 2005-2007, nei comparti e per i rischi previsti nella Delib.G.R. n. 7/18344 del 23 luglio 2004: adesione a sistemi di valutazione dei risultati conseguiti ed interventi di riprogettazione attuati;
  2. potenziamento del Sistema Informativo dell’area (Nuovi Flussi Informativi Inail – Ispesl – Regioni, analisi infortuni mortali e gravi, Registro malattie professionali), con riferimento ai dati sui rischi lavorativi, danni prodotti e efficienza/efficacia delle attività svolte dai Servizi territoriali;
  3. implementazione di sistemi di valutazione su:
  4. inchieste per infortunio sul lavoro, onde valutare la percentuale con definizione d’imputazione e di prescrizioni (non connesse all’evento);
  5. attività di vigilanza ed ispezione ordinaria, onde valutare la percentuale di aziende per cui, a seguito di ispezione, sia verificabile un miglioramento di alcuni indici di sicurezza nelle aziende.

Per quanto attiene all’esame della compatibilità e coerenza delle risorse utilizzate, derivanti da contributi vincolati, quota capitaria ed entrate proprie, dovranno essere valutate le assegnazioni/budget riconducibili ai centri di responsabilità e di costo dell’area di prevenzione, relative a:

– accertamenti (screening, esami malattie infettive e tbc…);

– farmaci (vaccini, chemioprofilassi);

– attività di promozione della salute (materiali, comunicazioni, progetti…);

– formazione (spese dirette);

– prestazioni rese da MMG/PLS (vaccinazioni, carta del rischio, educazione sanitaria…);

– attrezzature, ammortamenti ecc…;

– spese di gestione generali (stabili, utenze, servizi comuni…);

– personale, indipendentemente dall’assegnazione, comunque coinvolto in attività di prevenzione (ore lavorate per qualifica, spese per formazione, incentivi).

Nell’ottica dipartimentale, il bilancio di compatibilità tra risorse assegnate ed obiettivi conseguiti sarà effettuato su entrambi i Dipartimenti di Prevenzione e con il Dipartimento Cure Primarie e PAC, con ciò non volendo tuttavia ignorare le interrelazioni, necessarie ed auspicate, con gli altri Dipartimenti e Distretti.

Verranno a tal fine considerate le macroaree di attività assegnate o svolte da questi ultimi (servizi alla persona per i Distretti, promozione della salute con Dipartimento ASSI e Cure primarie, ecc….), di cui sarà data evidenza nei rendiconti annuali di attività.

Allegato 5

TEMPI DI ATTESA E ACCESSIBILITÀ

Tempi di attesa

Il Servizio Sanitario Nazionale assicura i Livelli Essenziali di Assistenza nel rispetto «dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse» (D.Lgs. n. 502/92 e successive modifiche ed integrazioni).

A livello regionale, la recente Delib.G.R. 8/2828 del 27 giugno 2006 ha introdotto significative novità, tra cui si sottolineano la valutazione complessiva della conformazione e delle esigenze del territorio e non più la singola struttura e la definizione di tempistiche particolari per aree tipiche della cronicità quali quelle oncologica e cardiovascolare e riguardanti periodi della vita degni di particolare attenzione sanitaria quali quello materno infantile e geriatrico. Si ricorda inoltre che già nel corso del 2º semestre del 2006 le ASL e le AO hanno predisposto, come da regole 2006, dei progetti semestrali di governo dei tempi di attesa che già hanno definito attenzioni particolari per le citate categorie di cittadini anche in attuazione del Piano Nazionale delle liste d’attesa previsto dalla finanziaria nazionale 2006.

In ogni caso, l’erogazione delle prestazioni entro tempi appropriati alle necessità di cura degli assistiti rappresenta una componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza (D.P.C.M. 16 aprile 2002, «Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa»). I piani aziendali di governo relativi al 1º semestre 2007, che dovranno essere predisposti entro il 31 dicembre 2006, dovranno recepire ed attuare le previsioni della citata Delib.G.R. 8/2828 del 27 giugno 2006 che risulta coerente con il Piano Nazionale.

Dall’analisi della letteratura e dall’esperienza acquisita, è importante rilevare che le liste di attesa sono un problema complesso, non sempre definibile con analisi «macro» e difficile da risolvere con interventi a breve termine.

Certamente le lunghe liste di attesa non sono solo un problema organizzativo, ma diventano anche un problema etico, se si considera che per il cittadino svantaggiato è più difficile trovare altri canali per la risposta al proprio bisogno (problema di equità) e che conseguentemente tempi troppo lunghi di erogazione di una prestazione possono costituire di fatto un forte ostacolo per l’accesso ai servizi.

La conoscenza dei tempi di attesa e l’individuazione e l’adozione di misure idonee rappresenta inoltre un indispensabile strumento di programmazione sanitaria nell’ambito dell’ASL e dell’intero territorio regionale.

Diventa quindi indispensabile affrontare congiuntamente il problema della regolazione dell’offerta e quello del controllo della domanda sia attraverso la definizione di strumenti di natura professionale condivisi (linee guida, protocolli, raccomandazioni basate sull’evidenza), sia attraverso la ricerca di soluzioni organizzative che assicurino l’applicabilità pratica delle evidenze scientifiche (indirizzi diagnostico-terapeutici, differenziazione delle modalità di accesso, comunicazione).

Per una migliore qualità, e soprattutto per una migliore fruibilità dei dati, è necessario il maggior ricorso possibile alla informatizzazione e centralizzazione delle agende a CUP in collegamento con il SISS, per evitare la dispersione di informazioni strutturate.

Sarà cura delle ASL l’elaborazione e l’analisi periodica dei dati derivanti dal flusso informativo e dalle rilevazioni di prevalenza sui tempi d’attesa al fine di consentire la valutazione del quadro della domanda/offerta nell’ambito degli organismi di coordinamento istituzionali oltre che nei confronti dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta.

Sarà invece compito della Direzione Generale Sanità l’elaborazione e la restituzione dei dati a livello di macro-sistema per favorire la visibilità delle best practices.

Si rileva inoltre la necessità di potenziare l’attività di verifica e monitoraggio dei tempi di attesa per i principali interventi chirurgici erogati in regime di ricovero. Per tale motivo sarà ritenuta parte integrante del debito informativo e come tale oggetto di valutazione delle direzioni aziendali la compilazione del campo della SDO che indica la data di prenotazione dell’intervento chirurgico.

In particolare il monitoraggio dei tempi di attesa per gli interventi chirurgici oggetto di controllo sono protesi d’anca, cataratta, chirurgia oncologica all’addome e mastectomia, e sarà basato sull’aggiornamento costante da parte delle Direzioni Sanitarie Aziendali pubbliche e private accreditate inteso a determinare la numerosità dei pazienti in lista.

Si prevede di proseguire l’utilizzo e lo sviluppo degli strumenti già individuati quali l’adozione di una negoziazione mirata alla riduzione di squilibri locali dell’equilibrio domanda-offerta e a semplificare l’accesso ai servizi dei cittadini.

È importante attribuire una giusta gradazione di priorità per gestire le liste di attesa sulla base di Gravità (intesa come intervento indifferibile), Urgenza (potenziale danno d’organo) e Appropriatezza (grado di utilità della prestazione) attraverso la ricerca di accordi professionali sui criteri di prioritarizzazione delle prestazioni proseguendo ed estendendo il lavoro sin qui intrapreso alla luce del documento condiviso dal gruppo regionale di lavoro circa la definizione primo accesso/controllo.

A questo scopo potrebbe essere utile il coinvolgimento attivo delle società scientifiche e gruppi di lavoro per patologia, in coerenza con il documento/accordo sul governo clinico di cui all’allegato 1, che si impegnino in tempi certi a definire i criteri di priorità per le patologie di specifica competenza. È comunque necessario un lavoro di formazione/audit con tutti i professionisti coinvolti per aumentare le probabilità di successo nell’applicazione delle linee guida ed in questo senso idonee attività formative saranno previste nei Piani aziendali di Formazione 2007.

La comunicazione a tutti i livelli (utente, prescrittore, erogatore, programmatore) è l’elemento fondamentale per il successo nella gestione delle liste di attesa.

In particolare deve essere garantita al cittadino, da parte delle ASL e delle Aziende erogatrici, un’informazione chiara e accurata su:

– disponibilità di offerta presente nel territorio: rete delle strutture accreditate;

– modalità di prenotazione delle prestazioni;

– criteri di accesso ai servizi: priorità cliniche, procedure sollecite, primi accessi controlli;

– effettivo coinvolgimento dei MMG/PLS nelle attività di accompagnamento/informazione dei propri assistiti.

La gestione delle liste di attesa

La buona gestione delle liste di attesa dipende da elementi non solo organizzativi ed economici, ma soprattutto clinici, etici e deontologici, ed ha la finalità di trovare le soluzioni più adeguate per permettere al malato di ottenere le prestazioni appropriate in tempi congrui con il suo specifico problema.

Sarà prevista una specifica sperimentazione di attivazione del Codice etico nel campo della gestione delle Liste d’attesa oltre alla puntuale realizzazione della Carta dei Servizi degli erogatori che impegna circa gli standard da assicurare all’utente.

La rilevazione prospettica nel corso del 2007, per quanto riguarda le prestazioni di specialistica ambulatoriale, avrà cadenza mensile e sarà effettuata con le stesse metodologie e modalità utilizzate nel corso del 2006. Anche le prestazioni oggetto della rilevazione verranno implementate rispetto al 2006 con particolare attenzione ai ricoveri. La Regione Lombardia, a partire dal 1996, con la strutturazione del tracciato ex Circolare 28/San., aveva intrapreso una serie di analisi retrospettive che davano la dimensione dei tempi di attesa reali.

A tutt’oggi il livello di qualità del dato «data di prenotazione» presente nel tracciato record della 28/San è suscettibile ancora di un ampio margine di miglioramento: la qualità della suddetta informazione sarà oggetto di valutazione dei Direttori Generali.

Si richiama sempre più la necessità di compilare adeguatamente i codici identificativi del tipo di prestazione, alla luce della definizione primo accesso/controllo già adottata:

– codice «0» = prestazioni di carattere ordinario (da utilizzare per le prestazioni prescritte come Primo Accesso);

– codice «U» = prestazioni urgenti differibili (da utilizzare per le prestazioni in «classe A»);

– codice «Z» = controlli programmati e tutte le altre prestazioni da escludere dalla rilevazione dei tempi d’attesa (da utilizzare per tutte le prestazioni richieste come «Controllo»).

I controlli saranno effettuati in modo incrociato tra le SDO ed i registri previsti dall’art. 3, comma 8 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica» che prevede che, ai fini del diritto di accesso garantito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, le Unità Sanitarie Locali, i presidi ospedalieri e le aziende ospedaliere devono tenere, sotto la personale responsabilità, il registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e di diagnostica strumentale. Si conferma anche per il 2007 quanto già previsto dal citato obiettivo della Giunta per quanto riguarda la predisposizione da parte delle AO di due piani semestrali, uno entro gennaio e l’altro entro il mese di luglio, nei quali le aziende dovranno definire le politiche di erogazione delle prestazioni di specialistica con particolare attenzione alle problematiche riguardanti l’accessibilità ai servizi.

Al fine di semplificare i percorsi dei cittadini nelle strutture di erogazione delle prestazioni ambulatoriali si dà facoltà alle ASL di valutare la possibilità di dotare del ricettario unico anche le strutture private accreditate, limitatamente alle patologie croniche prevalenti (ex D.M. n. 329/99 e succ. integrazioni e modifiche), qualora le stesse sottoscrivano i Protocolli Diagnostico Terapeutici predisposti dalle ASL in collaborazione con il sistema locale degli erogatori e dei prescrittori quali i MMG ed i PLS e in coerenza con il documento/accordo sul governo clinico di cui all’allegato 1.

La sottoscrizione dei PDT da parte delle strutture private accreditate verrà formalizzata all’interno dei contratti e contestualmente dovrà essere prevista l’indicazione delle verifiche di merito.

La gestione delle necessità di accompagnamento e delle valutazioni cliniche dei cittadini, deve trovare un preciso punto di riferimento nel Medico di Medicina Generale, nonché nel Pediatra di Libera Scelta.

Al fine di potenziare l’orientamento al cittadino nel soddisfacimento dei suoi bisogni sanitari, saranno messi a disposizione tutti gli strumenti che favoriscano l’accesso diretto ai servizi sanitari e l’utilizzo dei servizi di telemedicina e telediagnostica.

L’attivazione di servizi di CUP Regionali, coerenti e compatibili con il complessivo progetto SISS, eventualmente affiancato e integrato con le reti dei CUP aziendali, farmacie ecc., dovrà quindi consentire agli utenti di prenotare visite specialistiche ed esami diagnostici presso le strutture sanitarie coinvolte (sia pubbliche che private), evitando inutili e fastidiose attese/file agli sportelli aziendali, garantendo, nel contempo, l’accesso ai servizi di prenotazione tramite contatto telefonico durante un ampio arco temporale, nel corso della giornata – solitamente dalle 8.00 alle

20.00 – per sei giorni alla settimana.

Detti servizi, potranno essere realizzati per gradi e steps successivi, tali da consentire l’attivazione di un unico CUP a livello regionale – con attivazione di un unico numero telefonico regionale – con il quale poter prenotare direttamente tutte le prestazioni specialistiche di Iº e IIº livello e degli esami diagnostici. Le realtà oggi esistenti e funzionanti sono: il Servizio Sanità Milano (numero verde 800.638.638) – che coinvolge le sette Aziende Ospedaliere milanesi e dà la possibilità di effettuare prenotazioni dirette di visite specialistiche ed esami diagnostici presso le dette strutture; il Servizio Prenotazioni Sanità per Cremona – Garbagnate – Pavia (numero verde 800.448.800) – che coinvolge le Aziende Ospedaliere di Cremona, Garbagnate e Pavia, dando la possibilità di effettuare prenotazioni dirette di visite specialistiche ed esami diagnostici presso le dette strutture.

L’ampliamento della gamma di servizi offerti prevede la messa a regime del CUP di Como e Varese (numero verde 803.000) – che consentirà agli utenti delle ASL di Como e Varese di prenotare prime visite ed esami diagnostici (TAC/RMN) presso le strutture che sono state coinvolte.

I servizi già attivi, congiuntamente al graduale ampliamento degli erogatori lombardi coinvolti nonché delle prestazioni prenotabili, consentiranno di valutare e correggere le soluzioni tecnologiche, organizzative approntate per l’erogazione di dette attività, in vista dell’estensione del servizio di prenotazione a tutto il territorio regionale. Nel 2007 sarà implementato il numero delle prestazioni prenotabili dal Call Center delle Province di Varese e Como.

Allegato 6

FARMACEUTICA E PROTESICA

Un governo perfezionato della farmaceutica può passare attraverso l’istituzione di un dipartimento funzionale interaziendale del farmaco (ASL – Azienda/e Ospedaliera/e) dove possono essere operate le scelte più appropriate della farmaceutica (prontuario ospedaliero, prontuario delle dimissioni, continuità ospedale territorio, coordinamento e armonizzazione dell’assistenza farmaceutica, File F, selezione dei farmaci in gara, ecc.) con una visione non «aziendale», ma condivisa e nell’interesse complessivo del servizio sanitario regionale.

Questa scelta organizzativa può essere sperimentata a partire dalle situazioni di bassa/media complessità per essere successivamente estesa alle realtà maggiormente complesse.

In un percorso teso all’equilibrio qualità/costi/appropriatezza le ASL in sperimentazione cureranno: l’elaborazione di prontuari ospedalieri costruiti anche su una prospettiva territoriale (partecipazione di farmacisti ASL nelle commissioni terapeutiche ospedaliere); la costruzione di «Prontuari delle dimissioni» in cui selezionare in modo condiviso i farmaci per le terapie croniche, prescritte in dimissione o a seguito di visita ambulatoriale; l’informatizzazione dei «piani terapeutici» effettuata il più possibile «alla fonte» per una più facile ed immediata verifica nei controlli della prescrizione a carico del SSR. L’utilizzo e registrazione dei codici dei medici specialisti ospedalieri o in alternativa l’utilizzo dei codici dei ricettari assegnati per ricondurre la prescrizione in modo automatico ad una specifica struttura ospedaliera e ad un prescrittore, nel rispetto della normativa della privacy.

Un ulteriore obiettivo da raggiungere è quello della diffusione dei farmaci non coperti da brevetto prevedendo, nella negoziazione con i MMG, l’impegno di comprendere nella propria prescrizione generale, una quota di almeno il 35-40% in termini di DDD di farmaci fuori brevetto. Oggi questa quota in Lombardia è mediamente del 27%.

L’accordo con le farmacie sulla distribuzione dei farmaci del PHT, in scadenza a fine anno, dovrà essere adeguato alle nuove necessità. Questi farmaci vengono acquistati dalle ASL e solamente distribuiti dai farmacisti con l’atto professionale della spedizione della ricetta: occorre trovare una condivisione su ipotesi di costo e di servizio più adeguate anche per equilibrare le condizioni operative delle farmacie urbane e quelle rurali.

A livello nazionale e pertanto regionale si prevede che:

– «per l’anno 2007 e seguenti sono confermate le misure di contenimento della spesa farmaceutica assunte dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ai fini del rispetto dei tetti stabiliti dall’articolo 8, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con le Deliberazioni del Consiglio di amministrazione n. 34 del 22 dicembre 2005, n. 18 dell’8 giugno 2006, n. 21 del 21 giugno 2006, n. 25 del 20 settembre 2006 e n. 26 del 27 settembre 2006, salvo rideterminazioni delle medesime da parte dell’AIFA stessa sulla base del monitoraggio degli andamenti effettivi della spesa»;

– con riferimento al superamento del tetto del 13%, per la spesa farmaceutica convenzionata, in assenza del rispetto dell’obbligo regionale di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, con le misure di cui al decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 convertito dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, l’avvenuta applicazione, entro la data del 28 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, di una quota fissa per confezione di importo idoneo a garantire l’integrale contenimento del 40%.

Pertanto il tetto della spesa farmaceutica territoriale, in applicazione della L. n. 405/2001 e della L. n. 326/2003, è sottoposto a monitoraggio da parte di AIFA e del Ministero dell’Economia nella misura del 13% del fondo sanitario assegnato alle Regioni.

Inoltre al fine di sviluppare un sistema di rendicontazione mensile dei farmaci di «doppio canale distribuiti per conto» la Direzione Generale Sanità valuterà in sede tecnica con gli operatori del settore un aggiornamento della Distinta contabile mensile delle farmacie, prevedendo la possibilità di rendicontare mensilmente il valore del servizio riconosciuto alle farmacie, le ASL dovranno inviare con regolarità a Lombardia Informatica i prezzi di acquisto di tali farmaci e ogni variazione o modifica, al fine di un attento monitoraggio mensile dei dati di doppio canale.

A livello nazionale e perciò regionale è confermato il tetto del 3% per la spesa farmaceutica non convenzionata; dal 2007 si prevede che «con riferimento al superamento della soglia del 3%, per la spesa farmaceutica non convenzionata, in assenza del rispetto dell’obbligo regionale di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, l’avvenuta presentazione, da parte della regione interessata, entro la data del 28 febbraio 2007, ai Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze di un Piano di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera, che contenga interventi diretti al controllo dei farmaci innovativi, al monitoraggio dell’uso appropriato degli stessi e degli appalti per l’acquisto dei farmaci.

Per la realizzazione di tale obiettivo la D.G. Sanità attiverà tutte le indicazioni previste dagli accordi nazionali.

Per quanto riguarda la spesa per farmaci a somministrazione diretta ospedaliera (File F) si ritiene possa crescere nei limiti della complessiva compatibilità di sistema e del rispetto del tetto complessivo del 3%, determinata in un incremento medio regionale fino al 3 % rispetto al 2006. Per quanto riguarda i farmaci ad alto costo oncologici (tipologia 5 del File F) rimangono in vigore le modalità di rendicontazione previste nel 2006.

La Direzione Generale Sanità predisporrà, previo confronto con gli specialisti del settore, entro il 28 febbraio 2007, un valore medio tariffario per categoria terapeutica che tenga conto dell’innovatività terapeutica, della specificità della patologia trattata e dei prezzi dei farmaci della categoria stessa nell’ultimo biennio. Questo valore di riferimento sarà utilizzato nel 2007 per i rimborsi dovuti alle strutture per i farmaci rendicontati con il File F.

Premettendo che il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si deve attenere alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Salute e dall’Agenzia del Farmaco, il DDL finanziaria 2007 ha indicato che, quando il ricorso a terapie farmacologiche al di fuori delle condizioni di autorizzazione all’immissione in commercio (off-label), nell’ambito dei presidi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie, per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento, il ricorso a tali terapie è consentito solo nell’ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali.

In caso di ricorso improprio si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3, commi 4 e 5, della legge 8 aprile 1998, n. 94 (procedimento disciplinare verso il medico, ecc.). Le Regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le Aziende Sanitarie Locali, per le Aziende Ospedaliere e per gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle presenti disposizioni, anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa per danno erariale. Fino all’entrata in vigore di tali disposizioni regionali, la responsabilità è attribuita al direttore sanitario delle Aziende Sanitarie Locali, delle Aziende Ospedaliere e degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.

Di concerto con la Direzione Centrale Programmazione Integrata si dispone che le certificazioni attestanti il diritto all’esenzione sulla base del reddito, previste dalla Delib.G.R. n. 15592 del 12 dicembre 2003 e prorogate fino al 31 dicembre 2006 con nota prot. n. H1.2005.43399, manterranno la loro validità fino al 31 dicembre 2007.

Accordo tra la Regione Lombardia e il Ministero della Giustizia in ordine all’individuazione di priorità in materia penale per adulti e minori – assistenza farmaceutica

Ai sensi della Delib.G.R. n. 7/13915 del 1º agosto 2003, «Prime determinazioni in attuazione alla Delib.G.R. n. 7/11705 del 23 dicembre 2002 relativa all’accordo quadro tra la Regione Lombardia e il Ministero della Giustizia in ordine all’individuazione di priorità in materia penale per adulti e minori», si comunicano le modalità di fornitura dei farmaci per il tramite delle ASL e AO individuate fino 31 dicembre 2007 su richiesta dell’Amministrazione Penitenziaria.

Fermo restando quanto previsto nel 2005 e 2006 relativamente alle Aziende Ospedaliere individuate come riferimento per ogni Istituto penitenziario al fine di fornire i farmaci alla popolazione detenuta, si indicano di seguito gli importi massimi per ogni Istituto Penitenziario per il periodo 1º gennaio 2007-31 dicembre 2007.

Direzioni Ospedali di riferimento ASL Budget anno 2007
1 C.C. Bergamo A.O. Ospedali Riuniti – Bergamo Bergamo 251.415
2 C.R. Bollate A.O. G. Salvini – Garbagnate M. Milano 1 196.927
3 C.C. Brescia A.O. Spedali Civili – Brescia Brescia 253.245
4 C.C. Brescia/Verziano A.O. Spedali Civili – Brescia Brescia 49.299
5 C.C. Busto Arsizio A.O. Ospedale Circolo – Busto Arsizio Varese 139.839
6 C.C. Como A.O. Sant’Anna – Como Como 197.281
7 C.C. Cremona A.O. Istituti Ospitalieri – Cremona Cremona 120.958
8 C.C. Lecco Ospedale di Lecco Lecco 26.976
9 C.C. Lodi A.O. della Provincia di Lodi Lodi 26.967
10 C.C. Mantova A.O. C. Poma- Mantova Mantova 63.908
11 C.C. Milano A.O. L. Sacco – Milano Milano Città 806.887
12 C.C. Monza A.O. San. Gerado dei Tintori – Monza Milano 3 209.177
13 C.R. Opera A.O. L. Sacco – Milano Milano Città 1.085.566
14 C.C. Pavia A.O. della Provincia di Pavia Pavia 169.210
15 C.C. Sondrio A.O. Valtellina e Valchiavenna – Sondrio Sondrio 37.750
16 C.C. Varese A.O. Fondazione Macchi – Varese Varese 53.252
17 C.C. Vigevano A.O. della Provincia di Pavia Pavia 205.440
18 C.C. Voghera* A.O. della Provincia di Pavia Pavia 65.903
19 Beccaria – Istituto per minori A.O. San Carlo – Milano Milano Città 40.000
TOTALE 4.000.000

Studio regionale di valutazione farmaco-economica

La Direzione Generale Sanità nel corso dell’anno 2006 ha sviluppato, in collaborazione con la Facoltà di Medicina e Chirurgia – Dipartimento Farmacologia Medica – Università degli Studi di Milano, un modello di analisi farmacoeconomica utilizzando i dati della BDA e delle banche dati presenti sia a livello regionale che ASL.

La necessità è stata quella di sviluppare un modello di analisi che fosse riproducibile sia a livello regionale che provinciale e che fosse trasferibile; si è perciò partiti individuando una delle aree terapeutiche di maggiore criticità: il consumo di statine in Regione Lombardia nel periodo 2005-2006; i risultati di tale analisi saranno condivisi con le ASL.

Pertanto, avendo sperimentato che tale modello di studio permette valutazioni di tipo farmacoeconomiche sia sulla cronicità che sull’acuzia, e che è interesse della Regione Lombardia utilizzare ed ampliare i risultati raggiunti in modo tale da integrare quanto ottenuto dal citato modello, si dà mandato alla Direzione Generale Sanità di avvalersi di collaborazioni specifiche, anche per il tramite delle ASL, per affrontare problematiche derivanti da un settore che richiede alte competenze specialistiche diversificate ed una lunga esperienza.

Attività di monitoraggio dell’Ufficio di Coordinamento delle attività distrettuali delle ASL

Come previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 25 dell’Accordo Collettivo Nazionale per la Disciplina dei rapporti con i Medici di Medicina Generale, le ASL dovranno adottare forti iniziative per il monitoraggio «dell’appropriatezza prescrittiva, anche in relazione ai rapporti tra medicina generale e medicina specialistica ambulatoriale e ospedaliera, in riferimento a linee guida condivise, all’applicazione di percorsi diagnostico-terapeutici concordati, al rispetto delle note dell’AIFA, anche al fine di prevenire e rimuovere comportamenti anomali» attraverso gli Uffici di Coordinamento delle attività distrettuali. Tale attività potrà essere oggetto di verifica anche dai tavoli di monitoraggio regionali. I medici di medicina generale saranno coinvolti negli obiettivi definiti nell’ambito del budget di distretto per il contenimento della spesa farmaceutica e della spesa sanitaria complessiva utilizzando come strumento la BDA nella sua possibile applicazione relativa ai carichi assistenziali di ciascun medico.

In sede di coordinamento distrettuale le ASL possono negoziare incentivi legati ai risultati di appropriatezza e razionalizzazione della spesa. Uno degli obiettivi prioritari sarà quello di promuovere al massimo la prescrizione dei farmaci fuori brevetto e di effettuare delle valutazioni sulla reale necessità clinica del ricorso alle modalità prescrittive di cui al comma 2 dell’art. 7 della legge n. 405/2001.

Protesica

Con riferimento alla spesa relativa all’assistenza protesica maggiore e minore ed all’assistenza integrativa (ausili per diabetici ed assistenza dietetica) le ASL, in sede di bilancio preventivo 2007, dovranno indicare le azioni prioritarie che intendono attivare nel corso del 2007 al fine di promuovere l’appropriatezza di prescrizione e di utilizzo di questi servizi. Queste azioni di miglioramento dovranno coinvolgere con azioni differenti sia la Protesica maggiore (elenco 1 e 3 del nomenclatore allegato al D.M. n. 332/99) sia la Protesica minore (elenco 2) e dovranno tenere conto delle disposizioni contenute nel presente atto connesse alla razionalizzazione degli acquisti.

Si individuano come azioni di miglioramento nel campo dell’assistenza protesica le seguenti attività:

  1. per quanto riguarda gli ausili per diabetici in età pediatrica si dà mandato alle ASL di prevedere, compatibilmente con le risorse economiche destinate a tale voce di bilancio, la possibilità di autorizzare la fornitura di presidi non ancora previsti nel tariffario regionale di cui alla Delib.G.R. n. 7/8678 del 9 aprile 2002, nelle more del suo aggiornamento e revisione;
  2. i presidi monouso di cui all’elenco 2 (ausili per diabete, pannoloni) del nomenclatore attuale dovranno essere gestiti considerando che l’ultima finanziaria ne ha previsto il trasferimento in parte nel livello dell’assistenza integrativa ed in parte in quello dell’assistenza farmaceutica;
  3. studiare la definizione di pacchetti di fornitura in funzione delle caratteristiche cliniche dei pazienti e delle loro necessità assistenziali;
  4. sviluppare la fornitura diretta dei presidi al domicilio o in alternativa mantenerne la distribuzione tramite le farmacie negoziando sconti sui prezzi attualmente applicati;
  5. dedicare particolare attenzione alle protesi finalizzate a sostituire una funzione corporea mancante, protesi finalizzate a sostenere o migliorare la funzionalità di una struttura corporea presente ma compromessa, ausili per le attività di vita quotidiana, ausili per l’adattamento dell’ambiente, ausili per l’assistenza personale;
  6. prevedere dei piani di formazione, promossi e realizzati tramite la collaborazione con IREF, a favore dei medici specialisti iscritti negli albi dei prescrittori ASL;
  7. implementare delle procedure pubbliche di acquisto per la fornitura dei prodotti di serie/standard e di quelli da assegnare in uso agli utenti;
  8. prevedere per i prodotti di serie delle forniture prevalentemente tramite gara e/o la definizione di sconti tariffari nell’ambito dei contratti già stipulati con i fornitori accreditati;
  9. prevedere la fornitura in service dei prodotti riutilizzabili previa manutenzione ed igienizzazione;
  10. sviluppare una classificazione dei dispositivi su misura e di serie con la specificazione per i dispostivi di serie dei nomi commerciali e dell’indicazione clinica di utilizzo, con l’obiettivo di identificare in modo inequivocabile il prodotto (e gli eventuali accessori) e di ridurre quindi il margine di discrezionalità nell’individuare l’esatto tipo di servizio richiesto che si ha da parte del fornitore in presenza di prescrizioni generiche ed incomplete;
  11. introdurre dei riferimenti precisi per quanto riguarda la definizione di criteri di riconducibilità e di assimilazione che sono utilizzati quando il nomenclatore non prevede determinati servizi.

Flussi Informativi

Al fine di garantire un uso appropriato delle risorse ed il monitoraggio del consumo di farmaci per la cui indicazione è richiesto il piano terapeutico, nel 2007 si porterà a regime il relativo flusso informatizzato.

Ciò renderà possibile verificare l’effettiva appropriatezza della indicazione terapeutica ed il rispetto delle norme vigenti.

Anche il flusso informativo esistente relativo alla ossigeno-terapia ad oggi quasi completamente compilato su supporto cartaceo dovrà essere reso informatizzato. Inoltre al fine di un attento monitoraggio anche nel 2007 dei farmaci di «doppio canale» sarà istituito un apposito flusso informativo mensile sui farmaci distribuiti. Le modalità organizzative e le specifiche tecniche per la rendicontazione dei tre flussi sopra descritti saranno rappresentate in una apposita circolare della Direzione Generale Sanità. Inoltre in attuazione di quanto previsto dal citato art. 48 L. n. 326/03, è obiettivo prioritario l’attivazione di specifico flusso informativo sull’assistenza farmaceutica relativa ai farmaci a distribuzione diretta, a quelli impiegati nelle varie forme di assistenza distrettuale e residenziale nonché a quelli utilizzati nel corso di ricoveri ospedalieri. Per la realizzazione di tale obiettivo la D.G. Sanità stipulerà un accordo con una società specializzata per la gestione di tali dati. Per quanto riguarda la protesica dovrà essere mantenuto il flusso informativo trimestrale della protesica maggiore e della protesica minore per governare in modo efficace l’andamento dei costi.

Verifiche e Controlli

L’attività di verifica e controllo deve continuare in modo incessante e deve essere finalizzata sia al controllo della spesa che alla verifica dell’appropriatezza delle prescrizioni. Tale attività dovrà essere programmata ad inizio anno e riportata nel Piano dei Controlli. Per rinforzare tale azione nel 2007 prosegue il lavoro del Tavolo di Monitoraggio Regionale per verificare l’andamento della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera come pure la tempestività e la completezza dei dati relativi ai flussi informativi ivi compresi quelli di pertinenza del gestore delle ricette.

Allegato 7

PIANI REGIONALI DI SETTORE E DI SVILUPPO – PROGETTI E RICERCHE

I piani di sviluppo regionale sono parte integrante e significativa dell’accordo/documento sugli indirizzi di programmazione per l’attuazione dell’attività di governo clinico di cui all’allegato 1 e attuano contemporaneamente gli obiettivi prioritari di PSN. D’altra parte il PSSR 2007-2009 approvato con Delib.C.R. n. VIII/257 del 26 ottobre 2006 per quanto riguarda l’area oncologica e cardiovascolare conferma i contenuti dei Piani vigenti, così come per il piano sangue e quello della salute mentale.

Il Piano Oncologico

Il «piano» oncologico approvato con Delib.G.R. 23 luglio 2004 n. 7/18346 – e la cui attuazione è confermata dal PSSR 2007-2009 – ha al suo centro il paziente oncologico, attorno a cui ruota la rete oncologica lombarda (ROL), composta da tutte le strutture e servizi sanitari e sociosanitari e da tutte le persone che svolgono la loro attività di cura ed assistenza al paziente oncologico nelle varie fasi della malattia.

L’attuazione del Piano si svolge in modo particolare con riferimento alla Rete Oncologica Lombarda, alla sua implementazione e diffusione.

Il 2007 si connota per lo sviluppo della rete e l’ampliamento delle tipologie di tumori interessati dalla Rete.

La Commissione oncologica regionale, nella riunione del 16 ottobre 2006 ha infatti convenuto sull’estensione delle linee guida relativamente ai tumori del colon, del retto e del polmone. Nell’ambito della Commissione sono stati individuati i professionisti e le strutture di coordinamento per le linee guida di che trattasi.

La Commissione ha inoltre convenuto su alcune tematiche strategiche di sviluppo progettuale per l’anno 2007 con una duplice valenza: da una parte lo sviluppo di programmi di ricerca e dall’altra lo sviluppo di progetti integrati a livello territoriale di ASL con i Dipartimenti Provinciali Oncologici.

Nel 2007 prosegue l’implementazione e diffusione della ROL confermando il coordinamento in capo alla Fondazione IRCCS Istituto dei Tumori e borse di studio, o contratti a termine per il progetto sperimentale, per i DIPO. Le attribuzioni, per lo sviluppo della ROL (linee guida) su tumori del colon, del retto e del polmone e per il cofinanziamento di progetti ordinari relativi al bando per la ricerca oncologica (con attenzione anche alla valutazione dei risultati e a quella traslazionale), saranno definite con specifici decreti della Direzione Generale Sanità.

I progetti ordinari, ma di carattere innovativo, presentati vertono sulle seguenti tematiche:

– interventi mirati a migliorare l’umanizzazione dell’assistenza oncologica nelle strutture ospedaliere e nella rete di offerta territoriale:

1) comunicazione fra sanitari e pazienti e familiari;

2) informazione-educazione sanitaria;

3) supporto psicosociale;

– ristadiazione del paziente oncologico con PET/TC diagnostica;

– ottimizzazione dell’impiego di ERLOTINIB attraverso la valutazione di fattori predittivi di risposta in pazienti affetti da carcinoma polmonare avanzato;

– ROL: sviluppo di funzionalità dall’imaging radiologico, alla valutazione di trattamenti radioterapici effettuati con Tomoterapia/Cyberknife e con ipofrazionamento di dose, alla valutazione dell’appropriatezza clinica della prescrizione di farmaci in oncologia.

Per il 2007 sono inoltre individuate le seguenti tematiche a livello regionale da finanziare, dopo avere reso sistemici i risultati già attuati, e su cui chiedere la progettazione esecutiva alle ASL in accordo con i DIPO (Dipartimenti Provinciali Oncologici):

  1. a) integrazione BDA ROL – registro tumori Milano;
  2. b) coinvolgimento MMG nella ROL;
  3. c) sviluppo DIPO e integrazione ASL.

Le ASL presenteranno progetti congiuntamente al/ai DIPO sui seguenti temi:

Sistema informativo

Integrazione BDA-ROL – Registro tumori provincia di Milano.

Medicina Generale

Integrazione dei MMG nel follow-up del paziente oncologico.

Organizzazione

Sviluppo dei DIPO per il consolidamento della ROL, formazione, valutazione dell’offerta, con particolare riferimento agli investimenti per apparecchiature.

Sono premiate partnership/aggregazioni tra ASL sullo stesso progetto, in particolare tra ASL simili per caratteristiche sociodemografiche, geografiche, epidemiologiche, ecc.

I progetti potranno essere presentati dalle ASL, congiuntamente al DIPO, entro il 28 febbraio 2007. Relativamente agli obiettivi di prevenzione del Piano Oncologico, resta ferma l’effettuazione da parte delle ASL delle seguenti azioni:

– l’avvio o il completamento, a livello di ASL, di specifici progetti di educazione sanitaria, rivolti a target di popolazione predefiniti, per la lotta al tabagismo e l’educazione alimentare;

– lo svolgimento dello screening per il tumore della mammella secondo quanto previsto dalle linee-guida regionali, con particolare riguardo al rispetto delle scadenze di round ed alle percentuali di adesione.

Per quanto riguarda la prevenzione secondaria nel 2007 si prosegue con il finanziamento vincolato delle campagne di screening (colon retto e mammella).

I programmi di screening seguono regole e modalità di cui al piano di prevenzione attiva. Sono individuate modalità di verifica e controllo sull’utilizzo effettivo di risorse con meccanismi sanzionatori sia verso ASL che verso gli erogatori.

Il Piano trova attuazione, nel 2007, anche attraverso le seguenti azioni:

– le regole di pagamento delle prestazioni così come definite nell’allegato 2 «Il quadro di sistema per l’anno 2007»;

– il potenziamento del ruolo delle ASL nell’ambito della Commissione Oncologica Regionale e dello sviluppo della rete oncologica attraverso la gestione dello strumento della banca dati assistito (BDA) per la programmazione, verifica e controllo;

– la prosecuzione del programma di formazione per i DIPO.

Il Piano Cardio Cerebrovascolare

Avviato con Delib.G.R. 11 febbraio 2005, n. 7/20592, il piano cardiocerebrovascolare pone in evidenza gli interventi di prevenzione delle patologie cardiocerebrovascolari tramite la partecipazione attiva del cittadino, attraverso sia la promozione dei corretti stili di vita, sia la rilevazione del rischio cardiocerebrovascolare. Questi interventi di tipo preventivo primario costituiscono la premessa per ulteriori interventi sul lato sia farmacologico, sia dell’organizzazione dei servizi sanitari ai vari livelli di cura. Risulta pertanto di importanza prioritaria la prosecuzione su tutto il territorio regionale dei citati interventi preventivi, che vedono in primo piano sia i Medici di Medicina Generale, sia le Aziende Sanitarie Locali nel loro ruolo di garanti della salute dei propri assistiti.

Relativamente agli aspetti di prevenzione primaria e secondaria, le azioni prioritarie finanziate dal Piano, da realizzarsi nel 2007, riguarderanno:

1) l’ulteriore implementazione e diffusione dei network di patologia in particolare:

– scompenso (il network è formato dalle strutture che stanno sperimentando la telesorveglianza)

– ipertensione

– diabete;

2) l’attuazione delle campagne di promozione di corretti stili di vita (vedi allegato 4);

3) la somministrazione della carta del rischio fino ad un max di 1/3 della popolazione target, secondo la quantificazione che verrà data con la circolare;

4) finanziamento di progetti, che possono incidere sui comportamenti prescrittivi del MMG relativamente a farmaci per la cura della patologia cardiovascolare con particolare attenzione alla loro appropriatezza. Saranno favorite le partnership/aggregazioni tra ASL sullo stesso progetto, in particolare tra ASL simili per caratteristiche socio-demografiche, geografiche, epidemiologiche, ecc.

Oltre agli interventi preventivi citati, anche sulla scorta degli esiti del censimento effettuato nel 2006 saranno dati gli indirizzi per la messa a regime della rete regionale delle stroke unit.

Attraverso la Commissione regionale cardiocerebrovascolare saranno proposti programmi formativi rivolti agli operatori sanitari coinvolti. Per quanto riguarda la prevenzione diagnosi e cura della patologia diabetica il 2007 dovrà connotarsi per:

– completa attuazione, da parte delle ASL, della gestione integrata del paziente diabetico con l’utilizzo di specifici indicatori individuati di concerto con il gruppo di lavoro regionale;

– raccolta dei dati relativi alla gestione del paziente diabetico di tipo 2 non complicato anche attraverso l’evoluzione della BDA (Banca Dati Assistiti);

– consolidamento della messa in rete delle informazioni tramite il network di patologia supportato dal CRS SISS;

– attuazione, in via sperimentale in alcune ASL, dell’autorizzazione all’esenzione per patologia diabetica da parte del MMG;

5) le strutture che intendono presentare proposte di innovazioni diagnostico-terapeutiche nel settore cardiocerebrovascolare dovranno formalizzare la richiesta alla segreteria della Commissione regionale Cardio Cerebrovascolare che istruirà la proposta avvalendosi dello Steering Committee di detta commisione. L’esito della valutazione costituirà proposta formale per la Direzione Generale Sanità che concluderà l’istruttoria con le valutazioni di coerenza programmatico-economico gestionale di propria competenza;

6) per l’anno 2007 è confermata la sperimentazione dei percorsi di telesorveglianza e ospedalizzazione domiciliare di cui alla Delib.G.R. 2471 dell’11 maggio 2006. Nel corso del 2007 il termine di scadenza della presentazione delle domande per le strutture che intendono sperimentare i percorsi, secondo i requisiti indicati nella Delib.G.R. citata è fissato al 28 febbraio.

Nel 2007 si prevede, oltre al riconoscimento delle risorse impiegate su base storica per gli interventi attuativi del Piano anno 2006, un incremento di risorse destinate a perfezionare i progetti sperimentali.

Il Piano nel 2007 conferma la sua attuazione, anche attraverso le seguenti azioni:

– le regole di pagamento delle prestazioni così come definite nell’allegato 2 «Il quadro del sistema per l’anno 2007»;

– il riconoscimento del ruolo delle ASL nell’ambito della Commissione Regionale per le patologie cardiocerebrovascolari e nello sviluppo delle reti di patologia e della gestione dei pazienti cronici (diabete, scompenso…) attraverso la gestione dello strumento della banca dati assistito (BDA) per la programmazione, verifica e controllo.

Il Piano Regionale della Salute Mentale

Per il 2007 prosegue l’attuazione dei progetti innovativi del Piano approvati nel 2005.

Percorsi sperimentali di integrazione fra livelli di assistenza

Nel 2007 prosegue l’esperienza del ricovero convalescenziale e di sollievo attivata in alcune realtà ospedaliere lombarde. Entro il 31 ottobre 2007 verranno definite le caratteristiche del servizio, i requisiti assistenziali e le modalità di tariffazione a regime tenendo conto dei primi risultati del monitoraggio dell’attuazione del piano della riabilitazione con particolare riguardo alle patologie complesse.

Progetti e Ricerche

Oltre alla conferma delle progettualità e dei programmi di ricerca avviati e già cofinanziati, per il 2007 particolare attenzione verrà posta ai:

– programmi di ricerca ex art. 12 D.Lgs. n. 502 del 1992 bando 2006 – attuazione 2007 e 2008;

– bando per la ricerca indipendente sull’area oncologica e cardiovascolare (1 milione di euro);

– piano delle ricerche 2007 – IRER – Direzione Generale Sanità.

Il Piano Regionale Sangue

Avviato con legge regionale n. 5 dell’8 febbraio 2005, il piano definisce obiettivi ed azioni per una risposta efficace ad una organizzazione del sistema trasfusionale lombardo in grado di mantenere, in primis, l’obiettivo dell’autosufficienza regionale del sangue e dei suoi componenti.

La legge n. 5/2005, in perfetta sintonia con i recenti provvedimenti nazionali, il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 191, recante «Attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti» e la legge 21 ottobre 2005, n. 219 «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati», con la metodologia di progetto e processo, si propone altresì i seguenti obiettivi:

– programmare, sulla base dei consumi storici, l’attività di raccolta del sangue e degli emocomponenti, per concorrere all’appropriatezza della raccolta ed anche al raggiungimento dell’autosufficienza regionale, nazionale e degli obiettivi strategici extranazionali di sangue ed emocomponenti;

– programmare l’adeguata produzione di emocomponenti destinati alla produzione di plasmaderivati per tendere alla completa autosufficienza regionale, in modo particolare per i plasmaderivati originati da plasma iperimmune;

– stabilire i criteri del finanziamento regionale delle attività trasfusionali mediante la previsione di specifiche quote di bilancio, definite dalla Regione per la realizzazione degli obiettivi del presente piano sangue;

– definire un modello organizzativo trasfusionale che, in un’ottica di razionalizzazione di risorse e in linea con quanto previsto dalla normativa nazionale, preveda la separazione tra le attività di produzione e le attività di servizio;

– mantenere e aumentare i livelli di sicurezza produttiva del Sistema Sangue con strumenti e metodologie necessari al controllo della qualità del processo trasfusionale, dalla promozione dell’associazionismo volontario, periodico, anonimo e non remunerato, alla standardizzazione di tutte le procedure trasfusionali attraverso protocolli operativi, alla informatizzazione delle strutture trasfusionali;

– definire i criteri dell’accreditamento per le strutture trasfusionali;

– sostenere le Associazioni e le Federazioni di donatori di sangue e le Associazioni dei Pazienti, nella promozione e nello sviluppo della donazione, nel miglioramento degli stili di vita e nella promozione alla salute secondo le necessità indicate dalla programmazione regionale in sinergia operativa.

Le Aziende sede di strutture trasfusionali, alla luce delle recenti disposizioni nazionali che individuano nei servizi trasfusionali i soggetti responsabili della qualità e sicurezza di tutto il processo trasfusionale, dalla donazione alla trasfusione, sono tenute ad adottare e mantenere tale ruolo di garanzia dei servizi trasfusionali, anche in un’ottica di riorganizzazione delle attività a livello interaziendale, con il coinvolgimento del Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia (DMTE).

Il fondo regionale per le attività progettuali previste dalla legge regionale e di importo equivalente a quello del 2006, verrà destinato a progetti presentati entro il 31 marzo 2007 secondo ulteriori e specifiche indicazioni definite in apposita nota esplicativa.

Internazionalizzazione del servizio sanitario lombardo favorendo confronti, scambi e gemellaggi fra i diversi sistemi sanitari

Le azioni per l’anno 2007, così come previsto dal DPEFR e dal PRS in merito all’internazionalizzazione del servizio sanitario lombardo, dovranno innanzitutto consolidare quanto avviato nel 2006.

In particolare:

  1. Attuazione iniziativa gemellaggi tra strutture ospedaliere

Si può affermare che, terminata la fase sperimentale, l’esperienza dei gemellaggi si è mostrata positiva ed ha raccolto grande interesse anche presso strutture accreditate private. Nel prossimo anno, quindi, l’iniziativa tenderà a consolidarsi, aprendosi però ad un’ottica improntata alla creazione di poli di interesse sui quali coagulare soggetti diversi su tematiche specifiche e nell’ottica di rafforzamento di sistemi sanitari di Paesi.

  1. Assistenza sanitaria a favore di cittadini stranieri, ai sensi e per gli effetti dell’art. 32, comma 15della L. n. 449/97

Questa attività necessita di essere sempre più agganciata, nei limiti del possibile, a progettualità più ampie che mirino a favorire interventi strutturali all’interno dei paesi di origine dei beneficiari o all’interno di accordi diretti con organizzazioni internazionali quali la Croce Rossa (es. Medevac con l’Iraq) o ancora all’interno di progetti mirati a particolari esigenze sanitarie quali l’affronto delle cardiopatie congenite o la cura delle leucemie infantili. In tal senso l’iniziativa del corso di cardiochirurgia pediatrica per operatori di paesi in via di sviluppo in collaborazione con IREF va proseguita ed allargata anche ad altri settori.

  1. Collaborazioni con altri enti e istituti

Si conferma, per il 2007, un consolidamento della collaborazione con l’OMS sul tema della lotta alla Tubercolosi anche attraverso la creazione di un soggetto giuridico nuovo che possa interloquire con l’OMS sulle tematiche di formazione e di attività di laboratorio per la lotta alla TB. La linea di intervento prevede l’individuazione di enti ed istituti con i quali collaborare nel sostegno a progetti di collaborazione che impattino grandi temi sanitari quali la lotta alla tubercolosi/AIDS o l’empowerment di sistemi sanitari emergenti.

  1. Emergenze sanitarie internazionali

Nel 2007 si prevede l’avvio di un progetto per la costituzione di un’Unità Emergenze Sanitarie Internazionali.

Il progetto nasce dall’evidenza che sempre più frequentemente a Regione Lombardia ed alla Direzione Generale Sanità giungono richieste di sostegno per emergenze sanitarie internazionali e ha visto coinvolti diversi soggetti del SSR.

Obbiettivo principale del progetto è quello di costituire una unità stabile di persone/enti/istituzioni che, nel caso, siano in grado di attivare una serie di percorsi atti a rispondere prontamente a richieste di assistenza sanitaria nel mondo.

Di questa unità faranno parte inizialmente:

– Dirigenti della D.G. Sanità a cui verrà dato anche il compito di coordinamento;

– Dirigenti della Struttura relazioni internazionali della Presidenza;

– Dirigenti della D.G. Famiglia e Politiche Sociali;

– I Direttori Sanitari delle seguenti AO:

– Niguarda Cà Granda di Milano;

– Ospedali Riuniti di Bergamo;

– Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano;

– Sacco di Milano;

– Rappresentanti della CRI di Milano e Bergamo. Compiti dell’UESI:

– elaborare una lista di farmaci di emergenza da rendere disponibile in 6-12 ore secondo le modalità già più volte sperimentate;

– elaborare percorsi di responsabilità ed azioni nell’accoglienza e nella gestione di pazienti provenienti dalle zone oggetto dell’emergenza sanitaria;

– elaborare percorsi di responsabilità ed azioni nell’accoglienza e nella gestione degli accompagnatori dei pazienti;

– individuare percorsi e riferimenti istituzionali quali il coordinamento delle regioni per le attività di sanità internazionale, il MAE, la CRI, la PC…;

– elaborare una lista di operatori sanitari disponibili a partire per brevi missioni nei luoghi oggetto di emergenza;

– elaborare un percorso formativo su temi di emergenza sanitaria internazionale (sia dal punto di vista clinico che gestionale).

Tempi di realizzazione: 1 anno.

Finanziamento

Lo stanziamento complessivo per i vari piani e/o progetti è pari a 2 milioni di Euro; la assegnazione dei fondi per i singoli piani e/o progetti sarà definita attraverso specifici decreti della Direzione Generale Sanità.

Allegato 8

TARIFFE DELLE PRESTAZIONI DI RICOVERO E CURA E DI DIAGNOSTICA E SPECIALISTICA AMBULATORIALE

Nel corso del 2006 sono state effettuate delle puntuali rilevazioni e valutazioni sui bilanci di esercizio e sulla contabilità analitica, relativi all’esercizio 2005, forniti alla D.G. Sanità dalle strutture di ricovero e da quelle di specialistica ambulatoriale. Le valutazioni effettuate permettono, per le attività di ricovero, di:

– Rimodulare i pesi relativi dei DRG sia sulla base dei costi di produzione sia di valutazioni effettuate a riguardo della appropriatezza di erogazione delle prestazioni riscontrata dalle ASL durante lo svolgimento delle attività di controllo e dell’andamento dei volumi erogati nel corso degli anni.

– Stabilire un incremento medio del valore del punto DRG pari al 3% che tiene conto dell’aggiornamento del livello dei costi e da calcolarsi sui valori delle prestazioni riclassificati con le modifiche in allegato.

– Integrare di una quota pari a 400 euro il DRG 257 nel caso di posizionamento della protesi ad espansione contestuale a intervento chirurgico demolitivo della mammella che trova la sua indicazione nel caso di pazienti candidate a mastectomia totale o radicale non radiotrattate sulla mammella che deve essere asportata. Tale intervento risponde infatti al duplice obiettivo della radicalità oncologica e del ripristino di un risultato estetico soddisfacente per la donna. Le controindicazioni alla ricostruzione con protesi ad espansione sono le seguenti:

– Carcinoma localmente avanzato della mammella con infiltrazione del piano muscolare.

– Pazienti già sottoposte a chirurgia conservativa della mammella e radioterapia, affette da recidiva o seconda neoplasia mammaria nella sede della pregressa malattia.

– Pazienti con malattie cardiovascolari, deficit respiratorio di grado medio-elevato, malattie che compromettono il performance status elevando il rischio operatorio e la frequenza di gravi complicanze post-operatorie.

– Tale intervento comporta dei costi maggiori in quanto necessita di équipe operatoria combinata (senologi e plastici), aumento della durata dei tempi operatori di circa 60-100 minuti totali (riposizionamento della paziente sul letto operatorio, ridisinfezione del campo, intervento di posizionamento della protesi), prolungata degenza post-operatoria tot. 4-6 giorni (senza dissezione ascellare, con d.a.) e medicazioni più numerose e frequenti.

– Integrare di una quota pari a 2.000 euro il DRG 257 nel caso in cui avvenga la ricostruzione della mammella mediante lembi muscolari delle pazienti stesse. I lembi utilizzati nella ricostruzione delle pazienti sottoposte a mastectomia radicale o totale che non possono essere candidate al posizionamento di expander sono principalmente due:

– Lembo di m. retto addominale (durata complessiva dell’intervento fino a sei ore)

– Meno frequentemente il lembo di m. dorsale, in cui il tempo complessivo dell’intervento è leggermente inferiore rispetto all’intervento precedente.

– Ridurre del 20% le tariffe dei DRG 006 (decompressione tunnel carpale) e 039 (interventi sul cristallino con o senza vitrectomia) con la finalità di incentivarne l’effettuazione in regime ambulatoriale.

– Differenziare la valorizzazione del DRG 483 (Tracheostomia escl. per disturbi orali, laringei o faringei) in funzione della durata della degenza. Per degenze maggiori di un giorno e inferiori/uguali a 30 giorni la tariffa sarà pari al 50% della tariffa di cui all’elenco parte del presente allegato.

Per le attività di specialistica ambulatoriale si determina quanto segue:

– Per le attività di specialistica ambulatoriale a maggiore impatto tecnologico e che negli ultimi anni hanno registrato i maggiori incrementi di volumi entro il 31 marzo 2007 la Direzione Generale Sanità definirà, in collaborazione con le società professionali interessate, dei criteri di corretta accessibilità clinica ai servizi e di buon utilizzo delle apparecchiature.

– Per le branche di radioterapia e di dermatologia vengono introdotte le modifiche e le integrazioni tariffarie così come ad oggi possono essere ricavate dal lavoro svolto dal gruppo di lavoro ministero salute/regioni relativo al mattone per la specialistica ambulatoriale. Le nuove prestazioni e quelle modificate sono state verificate per la radioterapia con i rappresentanti regionali di AIRO e dei primari ospedalieri, per la dermatologia con i rappresentanti regionali dei primari ospedalieri.

– Per la radiologia diagnostica vengono introdotte le prestazioni di biopsia miniinvasiva «vacuum assisted» con sistema di guida ecografico, e di biopsia miniinvasiva «vacuum assisted» con sistema di guida stereotassico.

– Vengono incrementate le tariffe relative alla visita generale (codice 897 corrispondente alla prima visita) ed alla visita di controllo (codice 8901) portandole rispettivamente a 23 euro e 19 euro.

– Si introducono nel nomenclatore tariffario ambulatoriale sotto la branca di oculistica la prestazione di Int. su cristallino con o senza vitrectomia e, per quanto si evince da un’analisi effettuata sulle attività 2006 dei reparti che prevalentemente erogano il DRG 006, sotto le branche di ortopedia, chirurgia plastica e neurochirurgia la prestazione di Decompressione del tunnel carpale. Questa scelta è giustificata dal fatto che per entrambe le procedure chirurgiche interessate nel 2006 quasi il 99% degli interventi vengono effettuati o in day surgery o in una giornata di ricovero ordinario. Si ritiene quindi che la previsione di raggiungere, come previsto dall’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005, entro il 31 dicembre 2007 il tasso di ospedalizzazione di 180 ricoveri per 1000 abitanti, possa essere perseguita anche mediante questa soluzione di razionalizzazione della modalità di erogazione di queste prestazioni senza compromettere la qualità delle stesse.

In allegato si trovano le tabelle di dettaglio relative sia ai DRG sia alle prestazioni di specialistica ambulatoriale che saranno in vigore per i ricoveri per i dimessi dal 1º gennaio 2007 e per l’ambulatoriale per le prestazioni non cicliche erogate dal 1º gennaio 2007 e per quelle a cicli che iniziano dal 1º gennaio 2007.

Allegato 9

INDICI DI OFFERTA – NEGOZIAZIONE

Rispetto all’indice di 4,5 posti letto per mille abitanti a carico del SSR, compresa la riabilitazione, fissato dall’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005, si dà atto che lo stesso è stato già raggiunto nel corso del 2006 e che l’obiettivo viene confermato prioritario anche per l’anno 2007.

Si dà atto che la legge n. 31/97 all’art. 12 (la programmazione delle attività sanitarie ed il riordino della rete ospedaliera) prevede al comma 5-bis che «la Giunta regionale verifica annualmente, sulla base dei rapporti instaurati ai sensi del comma 5 (ovvero della negoziazione), il mantenimento degli indici programmatori di fabbisogno sanitario».

Si ritiene pertanto che per l’anno 2007 debba permanere la sospensione della messa a contratto di nuove attività di specialistica ambulatoriale fatte salve motivate e comprovate attivazioni di contratti derivanti da necessità emergenti per prestazioni «salva vita» quali radioterapia e dialisi.

Sempre nel corso del 2006 le attività di dialisi e di radioterapia, pur essendo finanziate a reale produzione e quindi non comprese nelle risorse assegnate tramite i contratti alle singole strutture, hanno mantenuto i livelli quantitativi raggiunti nel corso del 2005. Si conferma quindi di prevedere che per le attività di dialisi e di radioterapia sia necessario subordinare la definizione di eventuali ulteriori sviluppi di tipo quali-quantitativo dell’offerta attualmente presente alla verifica del quadro clinico epidemiologico di riferimento.

Per quanto riguarda, inoltre, le attività di psichiatria e di neuropsichiatria si ritiene che, di fronte a documentate esigenze di tipo clinico epidemiologico, verificate a livello di sistema, le ASL potranno essere autorizzare ad attuare delle sperimentazioni specifiche di durata prevista non superiore ai due anni.

Le attività negoziali che avverranno tra le ASL ed i soggetti erogatori accreditati saranno effettuate congruentemente all’equilibrio del sistema così come individuato dalla Giunta e con il fabbisogno di servizi sanitari espresso dai cittadini lombardi.

Le suddette attività ed il loro relativo monitoraggio periodico, già intrapreso nel corso dell’esercizio 2004-2005-2006 e che continuerà nel 2007, rappresentano, in modo adeguato alle diversificate necessità territoriali, la programmazione annuale delle attività di ricovero e cura e di specialistica ambulatoriale, così come previsto all’art. 13, comma 13, della legge regionale n. 31/97.

Confermando quanto già previsto dalla Delib.G.R. n. 7/19688 del 3 dicembre 2004 ed attuato nel corso del 2005-2006 si prevede che, per l’anno 2007, il contenuto del contratto oggi in essere tra le ASL ed i soggetti erogatori sia determinato attraverso la negoziazione delle valorizzazioni per le attività di ricovero e cura, secondo quanto effettuato nel 2006 con il limite non superabile dell’importo a contratto sottoscritto – fatte salve le ridefinizioni su base annua delle attività iniziate o sospese nel 2006 derivanti da nuove branche specialistiche e/o ristrutturazioni attivate anche in anni precedenti – e della specialistica ambulatoriale, ivi comprese situazioni eccezionali validate dalla ASL in base ad indicatori epidemiologici per le attività di odontostomatologia e oculistica.

Le ASL, al fine di assolvere i relativi obblighi di legge riguardanti la certificazione dell’idoneità a svolgere attività sportiva agonistica da parte di minori e di soggetti disabili, possono valutare, nel contesto delle risorse disponibili, la possibilità di assegnare con specifici progetti maggiori risorse, non storicizzabili, alle attività di medicina sportiva.

Per le attività di specialistica ambulatoriale sono definiti:

– le condizioni di regressione tariffaria ivi compresa la soglia, oltre la quota di risorse pre-assegnata, fino alla quale gli erogatori si impegneranno ad erogare prestazioni a carico del servizio sanitario regionale. Al raggiungimento della predetta soglia di attività le strutture erogatrici accreditate, in assenza di previo accordo, non saranno autorizzate ad erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale, neppure in regime di franchigia. L’eventuale integrazione di risorse, nel caso si rendano disponibili a livello di sistema, a livello complessivo ASL e per le tipologie di prestazioni che dovessero registrare un eccessivo squilibrio tra domanda ed offerta, sarà concordata per iscritto tra la ASL ed i soggetti accreditati coinvolti nella erogazione delle citate prestazioni, compatibilmente con i budget delle aziende ASL, sentita la Direzione Generale Sanità, per una verifica di congruenza complessiva, e ad un valore economico non superiore comunque al 30% della fatturazione relativa alle prestazioni validate e sempre nel rispetto del complessivo equilibrio del sistema;

– i progetti finalizzati ad incentivare l’erogazione di prestazioni per cui a livello locale si rilevano delle criticità relative ai tempi di attesa e/o la necessità clinico/epidemiologica di organizzare un’offerta quantitativamente maggiore rispetto alle restanti prestazioni; questi progetti andranno ad indirizzare l’erogazione delle prestazioni garantite nella fascia di produzione tra il 90% ed il 98% di cui ai punti seguenti.

Gli eventuali accordi, allegati al presente contratto, ASL/erogatori pubblici e privati accreditati, saranno sottoscritti in condizioni assolutamente paritarie fra gli stessi e finalizzati a garantire la fornitura delle prestazioni di cui al punto precedente, anche attraverso valutazioni comparative della qualità, dei costi e delle tariffe come previsto all’articolo 8-quinquies comma 2 del D.Lgs. n. 502/92. Le ASL privilegeranno l’erogabilità complessiva della gamma di prestazioni, per cui si rilevano delle criticità relative ai tempi di attesa e la necessità clinico/epidemiologica di organizzare un’offerta quantitativamente maggiore e non ciascuna di esse in modo disgiunto, sempre ai fini di migliorare e razionalizzare accessibilità e offerta.

Al riguardo le ASL dovranno attivare, di concerto con la Direzione Generale Sanità, una puntuale attività di monitoraggio delle attività e delle valutazioni a riguardo dell’equilibrio domanda – offerta all’interno del territorio di propria competenza e in ambito di coordinamento inter aziendale.

Per gli erogatori che non sottoscriveranno il contratto integrativo, riportante le nuove condizioni discendenti dalla presente delibera e successive indicazioni della Direzione Generale Sanità e che non si saranno avvalsi della facoltà di recesso, di cui all’ultimo comma dell’art. 11 del contratto tipo, si verrà a determinare l’impossibilità giuridica di erogare l’assistenza ospedaliera e di specialistica ambulatoriale a carico del servizio sanitario regionale.

Per ogni ASL, la contrattazione riguarderà tutta la produzione erogata a favore di pazienti lombardi dalle strutture ubicate nel territorio di propria competenza, e non solo, quindi, la quota relativa ai consumi dei propri residenti.

Le tariffe da utilizzare per valorizzare le prestazioni e misurare quindi il progressivo raggiungimento dei livelli economici contrattati, saranno quelle deliberate dalla Giunta con la possibilità, limitatamente ai sopra menzionati progetti relativi alle prestazioni che evidenziano criticità relative ai tempi di attesa e/o la necessità clinico/epidemiologica, di superare (al massimo del 20%), nei limiti delle risorse disponibili e degli equilibri tariffari, le limitazioni tariffarie in vigore al momento della dimissione per le attività di ricovero e della erogazione delle prestazioni per le attività di specialistica ambulatoriale (considerando per i cicli la prestazione di chiusura degli stessi), a fronte di documentata programmazione e senza predeterminazione alcuna per i futuri negoziati.

Per quanto riguarda il livello economico, i pazienti extra-regionali verranno remunerati a produzione effettiva applicando alle prestazioni loro effettuate le medesime tariffe applicate per i pazienti lombardi.

Tenuto conto che le risorse assegnate alle ASL riguardano le quote relative ai consumi sanitari dei propri residenti anche per le prestazioni usufruite extra-regione, mentre le risorse assegnate alle strutture erogatrici lombarde riguardano le prestazioni erogate per i cittadini lombardi, ciascuna ASL dovrà monitorare trimestralmente la quota necessaria al pagamento delle prestazioni erogate extra-regione e comunicarla immediatamente alla Direzione Generale Sanità.

Nel caso in cui tale quota registri una verificabile diminuzione, le ASL, di concerto con la D.G. Sanità, già in corso d’anno potranno provvedere a distribuire le risorse aggiuntive, resesi disponibili sul territorio regionale, agli attori che avranno contribuito a raggiungere il suddetto risultato.

Per le strutture che potranno essere messe a contratto nel corso del 2007, hanno iniziato le attività nel corso del 2006 o potranno riattivare nel corso del 2007 attività già accreditate e a contratto sospese temporaneamente, ad esempio per lavori di adeguamento strutturale, le ASL terranno in considerazione la media delle prestazioni trimestrali e, in seconda istanza, applicheranno il valore standard regionale rilevato per le attività, di ricovero piuttosto che di specialistica ambulatoriale, erogate nel corso dell’ultimo anno la cui base dati informatizzata sia completamente disponibile presso la Direzione Generale Sanità a tutto il mese di Marzo 2007 sarà quella relativa all’esercizio 2005.

Non saranno comprese nella quota di risorse assegnata alle strutture erogatrici, in quanto saranno remunerate a consuntivo sulla base di quanto effettivamente erogato, fatte salve le valutazioni di tipo clinico epidemiologico e di appropriatezza che dovranno essere effettuate entro il 31 luglio 2007:

  1. in regime di specialistica ambulatoriale: le prestazioni di dialisi e di radioterapia già individuate con la Delib.G.R. n. 7/19688 del 3 dicembre 2004;
  2. in regime di ricovero e cura:

– le prestazioni relative ai DRG chirurgici con diagnosi principale di Neoplasia Maligna già individuate con la Delib.G.R. n. 7/19688 del 3 dicembre 2004;

– le attività di chemioterapia effettuate in day hospital che prevederanno l’utilizzo di farmaci antineoplastici ad alto costo, così come da indicazioni regionali, avranno la remunerazione composta come segue: un rimborso di 40 euro per accesso finalizzato a finanziare i soli costi assistenziali, ancillari e generali di struttura, ed il rimborso del costo del farmaco che sarà rendicontato attraverso il File F. Per queste tipologie di prestazioni dovrà essere effettuata, in collaborazione con le farmacie ospedaliere e con gli oncologi medici, una stima di previsione dei consumi 2007 al fine di avere un riferimento rispetto al quale effettuare le opportune verifiche anche procedendo, se necessario, all’effettuazione di attività di audit clinico finalizzate a valutare l’appropriatezza nell’utilizzo di questi farmaci;

– i parti (DRG dal 370 al 375);

– le prestazioni relative ai dimessi da strutture con Pronto Soccorso, DEA o EAS con diagnosi principale di cui all’elenco di seguito allegato. Per quanto riguarda la problematica relativa alle sindromi coronariche acute (SCA) – già evidenziata nella Delib.G.R. n. 8/404 del 26 luglio 2005 – si rileva che per le SCA NSTE (senza sovraslivellamento del tratto ST) sulla scheda di dimissione ospedaliera dovrà sempre essere utilizzata la codifica 4107x e che le stesse saranno considerate al di fuori dei contratti solo se entro le 24 ore dal ricovero effettueranno una procedura invasiva di angioplastica percutanea o di by-pass aorto-corona-rico, ovvero se, così come evidenziato da ANMCO, si tratta di casi con grave instabilità clinica, elettrica od emodinamica per i quali il tempo di intervento è indicato in poche ore. Al fine di favorire una corretta e moderna gestione dei casi appropriati si prevede l’esecuzione di audit clinici randomizzati per tutte le strutture coinvolte; audit supplementari saranno previsti nelle strutture in cui vi sarà uno scostamento rispetto al 2006 delle diagnosi di IMA NSTE maggiore del 10% ed un ricorso a procedure invasive maggiore del 15%;

– le prestazioni relative a pazienti dimessi da Unità Operative di riabilitazione specialistica che abbiano avuto in atto nel giorno della loro accettazione una sindrome post-comatosa caratterizzata da un punteggio Glasgow Coma Scale < 13, documentato dal punteggio delle singole voci, e supportata da adeguata documentazione di valutazione clinica e strumentale. Al momento della dimissione la struttura di riabilitazione, secondo le modalità indicate con la circolare della Direzione Generale Sanità 45/SAN del 23 dicembre 2004, segnalerà sulla SDO l’evidenza della condizione clinica di sindrome post-comatosa;

– le prestazioni relative a pazienti dimessi da Unità Operative di riabilitazione specialistica che abbiano avuto in atto nel giorno della loro accettazione postumi di mielolesione traumatica, vascolare, infettiva, infiammatoria e post-chirurgica. I postumi di mielolesione devono essere caratterizzati da un livello su scala ASIA (american spinal injury association) compreso tra A e C ed il quadro clinico deve essere supportato da adeguata documentazione di valutazione clinica e strumentale. Al momento della dimissione la struttura di riabilitazione, secondo le modalità indicate con la circolare della Direzione Generale Sanità 45/SAN del 23 dicembre 2004, segnalerà sulla SDO l’evidenza della condizione clinica di postumi di mielolesione traumatica, vascolare, infettiva, infiammatoria e post-chirurgica.

Al fine di semplificare i percorsi dei cittadini nelle strutture di erogazione delle prestazioni ambulatoriali si dà facoltà alle ASL di valutare la possibilità di dotare del ricettario unico anche le strutture private accreditate, qualora le stesse sottoscrivano i Protocolli Diagnostico Terapeutici predisposti dalle ASL in collaborazione con il sistema locale degli erogatori e dei prescrittori quali i MMG ed i PLS.

Le ASL cureranno altresì la predisposizione di appositi protocolli operativi con gli erogatori al fine di facilitare e semplificare percorsi diagnostici che fino al primo semestre del 2006 rientravano nel day hospital diagnostico.

La sottoscrizione dei Percorsi Diagnostico Terapeutici da parte delle strutture private accreditate verrà formalizzata all’interno dei contratti e contestualmente dovrà essere prevista l’indicazione delle verifiche di merito. Le ASL nei loro Piani dei Controlli dovranno prevedere delle azioni specifiche di monitoraggio e di controllo sulle modalità di corretta codifica delle predette tipologie di prestazioni, nonché valutazioni sull’andamento quantitativo nel corso dell’anno delle attività, della loro sostenibilità organizzativa e della loro plausibilità epidemiologica.

Queste attività di valutazione e controllo saranno oggetto di confronto con gli erogatori durante i periodici incontri trimestrali di monitoraggio della negoziazione.

Entro il 31 luglio 2007 l’Assessorato alla Sanità effettuerà una valutazione di sistema delle predette attività, sia dal punto di vista epidemiologico che del loro impatto sull’organizzazione delle strutture, con la finalità di verificare lo svolgimento di queste attività secondo corretti criteri dal punto di vista clinico ed organizzativo.

Al fine di garantire continuità ai servizi resi ai cittadini e di dare certezze contrattuali ai soggetti che attualmente erogano servizi per conto del servizio sanitario regionale (si ricorda che le condizioni negoziate per il 2006 terminano con la fine dell’esercizio stesso) si danno le seguenti indicazioni:

– Siglare entro il 31 dicembre 2006 i contratti per l’esercizio 2007 dove si individua la valorizzazione relativa alle attività di ricovero e cura indicando un valore pari ai 2,5/12 di quanto negoziato tra ASL ed Erogatore per l’anno 2006; nell’articolo dove si individua la valorizzazione relativa alle attività di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale, di psichiatria e di ricovero e cura indicare un valore pari ai 2,15/12 di quanto negoziato tra ASL ed Erogatore per l’anno 2006.

Resta inteso che gli organismi di controllo delle ASL garantiranno un costante monitoraggio delle erogazioni delle prestazioni di ricovero e cura e specialistiche ambulatoriali erogate. Questo al fine di evitare una eventuale erogazione disomogenea nell’arco temporale interessato, che si rifletta negativamente sui bisogni dei cittadini.

– Definire entro il 31 marzo 2007 l’esatta valorizzazione delle risorse disponibili su base annua, quota definita di risorse, e definire la modalità di attribuzione dell’eventuale quota aggiuntiva destinata alle attività di ricovero e di specialistica ambulatoriale definita dalle ASL sulla base dei criteri di seguito individuati.

Ciò in quanto la chiusura entro il 28 febbraio 2007 dell’esercizio 2006 permetterà:

– per le attività ambulatoriali di applicare ai finanziamenti 2006 di ogni singola struttura l’impatto del nuovo tariffario in vigore dal 1º gennaio 2007. Lo stesso finanziamento così rimodulato (al netto del valore delle attività di dialisi e di radioterapia, le quali saranno scorporate dalla produzione 2006 delle strutture applicando alla loro valorizzazione al massimo il livello medio di regressione tariffaria 2006 rilevato su tutta la produzione erogata in Regione Lombardia) e portato al 90% costituirà la quota di risorse minima pre-assegnata per il 2007. Tra il 90% ed il 98% le risorse saranno assegnate sulla base di progetti finalizzati ad incentivare l’erogazione di prestazioni per cui a livello locale si rilevano delle criticità relative ai tempi di attesa e/o la necessità clinico/epidemiologica di organizzare un’offerta quantitativamente maggiore rispetto alle restanti prestazioni. Tra il 98% ed il 103% sarà applicato alle valorizzazioni prodotte un abbattimento fino al 60%. L’impegno ad erogare prestazioni a carico del servizio sanitario regionale vale fino al 103%. Le ASL, come già detto, potranno quindi finalizzare l’utilizzo di 8 punti percentuali delle risorse 2006, (dal 90% al 98%) per individuare degli specifici progetti finalizzati a risolvere squilibri domanda offerta e criticità di durata dei tempi d’attesa. Questi progetti dovranno essere presentati e condivisi dalle ASL con gli erogatori in sede di conferenza dei Direttori Generali delle ASL, delle Aziende Ospedaliere e dei rappresentanti legali delle strutture erogatrici di cui alla Delib.G.R. n. 6/40903 del 29 dicembre 1998. La data ultima di definizione dei criteri e delle modalità di destinazione di queste risorse dovrà essere, come già detto, il 31 marzo 2007;

– per le attività di ricovero e cura di applicare ai finanziamenti 2006 di ogni singola struttura l’impatto delle nuove tariffe in vigore dal 1º gennaio 2007. Alla quota finanziata per l’anno 2006, così rimodulata, sarà sottratto il valore delle prestazioni, sopra elencate, che saranno finanziate a reale produzione, fatta salva la verifica della loro appropriata erogazione, le quali saranno scorporate dalla produzione 2006 delle strutture applicando alla loro valorizzazione al massimo il coefficiente medio che per il 2006 permetterà di riconciliare il valore dei ricoveri complessivamente erogati in Regione con la quota di risorse stanziata dalla Giunta per lo stesso anno.

Entro il 1º giugno del 2007, sulla base delle valutazioni effettuate a riguardo dell’impatto sull’erogazione delle prestazioni di day hospital diagnostico delle nuove regole di appropriatezza approvate dalla Giunta regionale con la Delib.G.R. n. 8/3111 del 1º agosto 2006, la Direzione Generale Sanità darà delle indicazioni per ridefinire, adeguatamente alle nuove modalità di erogazione, le risorse individuate con i contratti sia per le attività di specialistica ambulatoriale sia per le attività di ricovero e cura.

La data ultima di definizione dei criteri e delle modalità di destinazione di queste risorse dovrà essere, come già detto, il 31 marzo 2007.

Il 97,5% della quota di risorse massima ipotizzabile per le attività di ricovero e cura sarà assegnata secondo la produzione su base «storica» e sempre tenendo conto della valutazione dell’impatto delle nuove tariffe e del trasferimento di attività di ricovero e ambulatoriale.

Le ASL avranno quindi a disposizione, per le attività di ricovero, 2,5 punti percentuali delle risorse 2006 che saranno attribuiti sulla base di specifiche valutazioni di tipo clinico epidemiologico e per risolvere eventuali criticità relative ai tempi di attesa o questioni problematiche poste dai Tavoli di Confronto di cui all’allegato 1 soprattutto finalizzate ad individuare una migliore distribuzione dell’offerta ospedaliera di 3º Livello, tenendo conto della necessità di tendere al riequilibrio del costo dei ricoveri/residente rispetto alla media regionale.

Al di sopra dei valori soglia di attività contrattualmente definiti per attività di ricovero e cura, di specialistica ambulatoriale e di psichiatria, si ritiene assolto l’impegno contrattuale di erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale, e vale la procedura di valutazione da effettuarsi da parte delle ASL territorialmente competenti. L’eventuale integrazione di risorse, a livello complessivo ASL e per le tipologie di prestazioni che dovessero registrare un eccessivo squilibrio tra domanda ed offerta, sarà concordata per iscritto tra la ASL ed i soggetti accreditati coinvolti nella erogazione delle citate prestazioni, compatibilmente con i budget delle aziende ASL, sentita la Direzione Generale Sanità e ad un valore economico non superiore comunque al 30% della relativa fatturazione.

Le quote di risorse indicate nei contratti saranno disponibili per i soggetti erogatori nella misura in cui gli stessi effettueranno prestazioni di valore corrispondente.

Per i soggetti iscritti al registro delle strutture accreditate come unico ente e che erogano sia prestazioni di ricovero e cura, sia ambulatoriali, è possibile prevedere uno spostamento di quote di risorse relative all’attività di ricovero e cura a favore delle attività ambulatoriali e domiciliari (all’interno di specifici progetti), nel caso in cui la struttura non raggiunga la soglia di risorse negoziata, a causa di eventi oggettivabili, e comunque riconducibili a situazioni all’interno della stessa patologia e branca specialistica nonché a seguito di specifici progetti concordati con le ASL.

La quota trasferita dovrà essere concordata con la ASL di riferimento che verificherà con la D.G. Sanità la compatibilità di sistema.

La citata variazione non potrà costituire elemento di consolidamento delle risorse assegnate per gli esercizi successivi. Non è invece possibile uno spostamento di risorse dall’attività ambulatoriale a quella di ricovero e cura, in quanto ciò, come già detto, non è compatibile con gli indirizzi programmatori della presente deliberazione.

Entro il 15 gennaio 2007 ciascuna ASL dovrà indicare alla D.G. Sanità quale sarà lo schema di contratto che intenderà utilizzare per negoziare le prestazioni di specialistica ambulatoriale, di psichiatria e di ricovero e cura.

CONTRATTO INTEGRATIVO PER LA DEFINIZIONE DEI RAPPORTI GIURIDICI ED ECONOMICI TRA L’AZIENDA SANITARIA LOCALE E LA AZIENDA OSPEDALIERA/CASA DI CURA/OSPEDALE CLASSIFICATO/ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO/STRUTTURA AMBULATORIALE…………….. PER L’EROGAZIONE DI PRESTAZIONI DI RICOVERO E DI SPECIALISTICA AMBULATORIALE E DIAGNOSTICA STRUMENTALE. – facsimile

PREMESSO

  1. che con Delib.G.R. n. 6/47508 del 29 dicembre 1999la Giunta Regionale ha, fra l’altro, approvato lo schema tipo di contratto tra l’ASL e i soggetti pubblici e privati erogatori di assistenza sanitaria in regime di ricovero e cura nonché ambulatoriale;
  2. che l’art. 11 di tale schema tipo prevede che «in caso di emanazione di norme legislative o regolamentari regionali, nonché di adozione di provvedimenti amministrativi regionali generali incidenti sul contenuto del contratto stipulato, lo stesso deve ritenersi automaticamente modificato ed integrato»;
  3. che con la Deliberazione n……………… la Giunta Regionale:

– ha stabilito che l’attuale contratto per la definizione dei rapporti giuridici ed economici tra ASL ed erogatori sia integrato con l’indicazione delle valorizzazioni relative alle prestazioni di ricovero e di specialistica ambulatoriale, nonché delle modalità di applicazione delle regressioni tariffarie sino alla soglia, specificata all’art. 3, per cui le strutture si impegnano ad erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale;

– ha conferito alle singole ASL il mandato di integrare il richiamato schema tipo, secondo i criteri definiti al punto…… del medesimo provvedimento e che qui si intendono integralmente richiamati;

  1. che ai sensi dell’art. 14, comma 9-bis della legge regionale n. 31/1997gli erogatori aderiscono al Sistema Informativo Socio Sanitario regionale (SISS) secondo le modalità definite dalla Giunta regionale nell’ambito del progetto CRS-SISS. che in data…………….. tra l’Asl di…………….. e l’Ente…………….. si è stipulato un contratto, conforme allo schema tipo di cui sopra, per l’erogazione di prestazioni di ricovero e cura/specialistica ambulatoriale/diagnostica strumentale Dato atto che le parti, dopo approfondito esame di quanto dettagliato nel già citato punto……….. della Delib.G.R…………… ne hanno condiviso le regole procedurali ed hanno raggiunto un accordo concernente le modalità applicative della negoziazione;

Tutto ciò premesso

TRA

l’Azienda Sanitaria Locale………………….

E

l’Azienda Ospedaliera/la Casa di Cura/l’Ospedale Classificato/l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico/la Struttura Ambulatoriale si conviene e si stipula, ad integrazione del contratto già stipulato tra le stesse parti in data……………… le cui disposizioni rimangono in vigore tra le parti stesse, per quanto non diversamente previsto dal presente contratto integrativo, con la sottoscrizione dei seguenti articoli:

Art. 1

Oggetto

Le presenti disposizioni, nelle parti corrispondenti e per il periodo indicato nel successivo art. 8, integrano il contratto già stipulato tra le stesse Parti in data……………….

Art. 2

Ambito di applicazione

Le presenti disposizioni integrative al contratto già stipulato tra le stesse Parti in data………………, si applicano a tutta la produzione sia di attività di ricovero e cura che di attività legata alla erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale prodotta dalle strutture ubicate nel territorio della ASL per tutti i cittadini residenti in Regione Lombardia e non solo alla quota relativa ai consumi dei propri residenti. Per quanto riguarda il livello economico i pazienti extraregionali verranno remunerati a produzione effettiva, secondo le tariffe vigenti in Lombardia nel periodo di erogazione delle prestazioni, che si ritengono adeguate complessivamente ai costi. Le prestazioni relative ai pazienti provenienti da altre regioni non sono definite nel loro valore in quanto la funzione di tutela dei cittadini spetta alle relative regioni ed ASL di residenza che sono tenutarie della quota capitaria, della regolamentazione dell’accesso ai servizi e della erogazione degli stessi. Ciò non significa altresì che queste prestazioni non debbano essere prestate secondo gli stessi criteri di appropriatezza e di reale necessità che guidano l’erogazione dei servizi per i residenti lombardi e che le attività di controllo svolte dalle ASL sui propri erogatori riguardino anche l’appropriatezza e la correttezza delle prestazioni garantite a cittadini non residenti in Regione Lombardia. Quanto appena detto vale sia per le prestazioni di ricovero che per quelle di specialistica ambulatoriale ed una particolare attenzione sarà posta nel valutare le prestazioni di ricovero a basso peso di cui all’allegato 2C del D.P.C.M. LEA e le prestazioni ambulatoriali per cui, sempre sulla base del citato D.P.C.M., sono previste delle limitazioni di accesso. In relazione ai criteri temporali relativi all’ambito di applicazione delle norme contenute nella presente integrazione contrattuale, si precisa che per quanto attiene le attività di ricovero sono conteggiabili esclusivamente quelli con data di dimissione a decorrere dall’1 gennaio 2007 e per quanto attiene le prestazioni ambulatoriali sono conteggiabili esclusivamente quelle erogate a far tempo dalla data dell’1 gennaio 2007.

Art. 3

Valorizzazione per le attività di ricovero e di specialistica

Per il primo trimestre si individua una quota pari ai 2,5/12 di quanto negoziato per l’anno 2006 relativamente alle attività di ricovero e cura e di quelle di specialistica ambulatoriale individuata come segue…………….. Ciò in quanto la chiusura entro il 28 febbraio 2007 dell’esercizio 2006 permetterà:

– per le attività ambulatoriali di calcolare per ogni struttura il finanziamento 2006 totale comprensivo della quota, per la specialistica ambulatoriale, calcolata applicando le regressioni tariffarie e della quota relativa alle prestazioni di ricovero che nel 2006 sono state finanziate a produzione ed il cui valore non era previsto nei contratti valevoli per il 2006. Lo stesso finanziamento, al netto del valore delle attività di dialisi e di radioterapia (al quale verrà applicato al massimo il livello medio di regressione tariffaria rilevato su tutta la produzione erogata in Regione Lombardia) e portato al 90% costituirà la quota di risorse minima pre-assegnata per il 2007. I restanti 8 punti percentuali di risorse stanziate dalla Giunta Regionale per l’anno 2007 sono attribuiti sulla base di specifici progetti definiti dalle singole ASL e finalizzati principalmente a risolvere squilibri domanda offerta, criticità di durata dei tempi d’attesa e maggiori esigenze di tipo clinico/epidemiologico individuate localmente. I predetti progetti dovranno essere presentati e condivisi dalle ASL con gli erogatori in sede di conferenza dei Direttori Generali delle ASL, delle Aziende Ospedaliere e dei rappresentanti legali delle strutture erogatrici di cui alla Delib.G.R. n. 6/40903 del 29 dicembre 1998. La data ultima di definizione dei progetti e delle modalità di distribuzione delle risorse ai diversi erogatori accreditati e a contratto dovrà essere, come già detto, il 31 marzo 2007;

– per le attività di ricovero e cura, per ciascuna struttura, alla quota finanziata per l’anno 2006 viene sottratto il valore delle prestazioni che nel corso del 2007, secondo le specifiche stabilite dalla Delib.G.R. 8………., saranno finanziate in aggiunta rispetto alle attività contrattate a cui viene applicato, al massimo, il coefficiente medio che per il 2006 ha permesso di riconciliare il valore dei ricoveri complessivamente erogati in Regione con la quota di risorse stanziata dalla Giunta per lo stesso anno. Il valore così ottenuto, incrementato del……..%, costituirà, per ogni struttura, la quota di risorse disponibili per l’anno 2007.

L’intera annualità sarà definita entro marzo 2007. Per le attività di ricovero e cura la valorizzazione relativa alle attività garantite a cittadini residenti in Lombardia viene individuata nella quota di………… € ed è calcolata sulla base del 97,5% del contratto 2006 incrementato del…………, al netto delle prestazioni individuate secondo le specifiche e le modalità previste dalla Delib.G.R. 8…… che nel 2007 saranno finanziate in aggiunta alle attività contrattate. Al raggiungimento della predetta quota la struttura erogatrice accreditata, in assenza di previo accordo, non è autorizzata ad erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale. L’eventuale integrazione di risorse, a livello complessivo ASL e per le tipologie di prestazioni che dovessero registrare un eccessivo squilibrio tra domanda ed offerta, sarà concordata per iscritto tra la ASL ed i soggetti accreditati coinvolti nella erogazione delle citate prestazioni, compatibilmente con i budget delle aziende ASL, sentita la Direzione Generale Sanità e ad un valore economico non superiore comunque al 30% della relativa fatturazione.

Entro il 1º giugno del 2007, sulla base delle valutazioni effettuate a riguardo dell’impatto sull’erogazione delle prestazioni di day hospital diagnostico delle nuove regole di appropriatezza approvate dalla Giunta regionale con la Delib.G.R. n. 8/3111 del 1º agosto 2006, la Direzione Generale Sanità darà delle indicazioni per ridefinire adeguatamente alle nuove modalità di erogazione le risorse definite con il presente contratto sia per le attività di specialistica ambulatoriale sia per le attività di ricovero e cura.

Per le attività di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale, comprensive delle attività di Pronto Soccorso non seguite da ricovero, la quota di risorse corrisponde a…………. € pari al finanziato 2006, al netto delle attività di radioterapia e di dialisi calcolati secondo le modalità previste dalla Delib.G.R. 7/….. del………., relativa alle regole per l’esercizio 2007, portato al 90% a cui sono da aggiungersi…. € che corrispondono al valore dal 90% al 98% di quanto finanziato per il 2006, che è attribuito sulla base di specifici progetti di cui all’art. 4. Tra il 98% ed il 103% sarà applicato alle valorizzazioni prodotte un abbattimento fino al 60%. L’impegno ad erogare prestazioni a carico del servizio sanitario regionale vale fino al 103%. Al raggiungimento della predetta soglia la struttura erogatrice accreditata, in assenza di previo accordo, non è autorizzata ad erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale. L’eventuale integrazione di risorse, a livello complessivo ASL e per le tipologie di prestazioni che dovessero registrare un eccessivo squilibrio tra domanda ed offerta, sarà concordata per iscritto tra la ASL ed i soggetti accreditati coinvolti nella erogazione delle citate prestazioni, compatibilmente con i budget delle aziende ASL, sentita la Direzione Generale Sanità e ad un valore economico non superiore comunque al 30% della relativa fatturazione.

Art. 4

Alla struttura è destinata una quota di risorse di…………. € relative alle attività di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale e di……………. € relative alle attività di ricovero assegnate sulla base di specifici progetti (allegati al presente contratto) sviluppati con la finalità di risolvere criticità sui tempi di attesa o sulla base di precise valutazioni di tipo clinico epidemiologico e di particolari specificità territoriali anche in termini di squilibrio tra domanda ed offerta di prestazioni. La predetta quota sarà riconosciuta previa valutazione del raggiungimento degli obiettivi definiti dal progetto di cui all’allegato del presente contratto.

Art. 5

Raggiungimento del valore di produzione assegnato

Le Parti concordano che il raggiungimento del valore negoziato per le attività di ricovero e cura e di specialistica sarà valutato applicando ai volumi delle prestazioni erogate nel corso del 2007 le tariffe in vigore alla data di dimissione per i ricoveri ed alla data di effettuazione della prestazione o di chiusura del ciclo per la specialistica ambulatoriale.

Art. 6

Controllo dell’applicazione dei contenuti del contratto

Le Parti concordano di finalizzare le attività dei Nuclei Operativi di Controllo delle Asl, oltre che allo svolgimento dei compiti istituzionali indicati nella normativa regionale sul tema, anche a verifiche concernenti la corretta applicazione dei contenuti del presente contratto.

Le Parti concordano inoltre che le eventuali minori valorizzazioni derivanti dall’esito dei controlli, al termine del processo di validazione delle contestazioni, incideranno, riducendolo, sul valore delle prestazioni sanitarie erogate nel periodo considerato.

Art. 7

Autoprescrizione delle prestazioni

I soggetti che ne hanno la facoltà, dovranno esplicitare le azioni che intendono intraprendere per promuovere al loro interno un utilizzo appropriato della possibilità di autoprescrivere prestazioni di ricovero, di specialistica e di diagnostica strumentale.

Art. 8

Validità e durata

Le presenti disposizioni integrative hanno validità per l’intero esercizio 2007, fatta salva la facoltà di recesso di cui all’art. 11 dello schema tipo di contratto approvato con Delib.G.R. 45708/99.

Letto, confermato e sottoscritto.

IL DIRETTORE GENERALE

IL LEGALE RAPPRESENTANTE

DELLA STRUTTURA

Allegato 10

PIANO DEI CONTROLLI, BANCA DATI ASSISTITO, QUALITA ED APPROPRIATEZZA

Anche nelle Regole 2007 le attività di controllo rimangono una priorità fondamentale da perseguire per il mantenimento dell’equilibrio di sistema.

Tra l’altro l’efficacia dei controlli garantisce trasparenza e imparzialità alla azione della ASL ed assicura sicurezza e tutela al cittadino consumatore di servizi sanitari.

Il Piano dei controlli previsto dalla Delib.G.R. n. 7/15324 del 2003 è lo strumento principale di cui le ASL dispongono per evidenziare ed integrare tra loro le varie linee di intervento previste ad inizio anno per tutte le aree oggetto di controllo.

Nell’attuale contesto la funzione di controllo, nella sua accezione più ampia, è probabilmente la parte preponderante del compito istituzionale della ASL.

Atteso che la legge regionale n. 31/1997 attribuisce alle ASL, ai sensi dell’art. 2, i compiti di controllo e vigilanza, si precisa come le indicazioni formulate dalla Giunta Regionale e dalla Direzione Generale Sanità, riguardo alla corretta codifica e modalità di erogazione delle prestazioni, siano da intendersi quali suggerimenti operativi, in ordine a situazioni di particolare complessità, emersi dalla collaborazione e dal confronto tra Direzione Generale Sanità ed Operatori NOC delle medesime ASL. Pertanto la diffusione di tali indicazioni risulta finalizzata a fornire un ausilio ulteriore alle ASL, rispetto agli strumenti ed alle regole, anche di esperienza, già note ed applicate, nello svolgimento della loro opera di controllo.

È evidente come tale scelta non possa in nessun caso essere intesa quale sovrapposizione o sostituzione della Direzione Generale Sanità alla responsabilità e all’autonomia di ciascuna ASL che, come previsto dalle fonti vigenti, è il soggetto titolare dell’attività di controllo, nel cui espletamento i funzionari delle stesse ASL, rivestono la qualifica di Pubblici Ufficiali.

In tale ottica il piano dei controlli può essere considerato parte integrante del piano di programmazione annuale della ASL.

È utile sottolineare che, in primis, il piano dei controlli deve rappresentare un vero e proprio strumento operativo in grado di evidenziare le criticità del sistema locale ed approntare le contromisure per limitarle.

Per sostenere tale azione è oggi pienamente disponibile anche la BDA.

Quasi 9 milioni di cittadini lombardi sugli oltre 9.400.000 sono stati «mappati» attraverso i consumi sanitari dell’anno 2005.

Tale mappatura è stata resa possibile con la messa a punto di uno strumento unico in Italia la c.d. Banca Dati Assistito (BDA). L’integrazione delle banche dati di interesse sanitario attraverso una chiave univoca di interazione (codice fiscale, ad esempio) consente di monitorare tutti i contatti dei malati con i servizi sanitari e di disegnare il caso clinico.

L’inclusione degli assistiti in categorie in base a criteri di individuazione della patologia consente di effettuare la mappatura epidemiologica delle principali patologie.

La mappatura della popolazione assistita dà la possibilità di valutare la distribuzione della patologia sul territorio e fare confronti spazio-temporali al fine di evidenziare scostamenti significativi meritevoli di approfondimenti sulle possibili cause e favorire l’introduzione di eventuali rimedi.

È un modo nuovo di «leggere» la realtà che pone realmente il paziente al centro del sistema.

Nel corso del 2007, con il coordinamento della Direzione Generale Sanità, la ASL deve utilizzare tale strumento per sviluppare: politiche e azioni di programmazione e valutazione, percorsi diagnostico terapeutico assistenziali per le principali patologie croniche, valutazione delle attività dei Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta.

Uno strumento idoneo, ai fini del presente allegato, passa attraverso la definizione dei carichi assistenziali e le conseguenti valorizzazioni delle risorse specifiche in ambito distrettuale di team e di singolo MMG.

Attività dei Nuclei Operativi di Controllo

Deve essere rivolta, come sempre, alla verifica della congruenza e della appropriatezza delle prestazioni erogate, sia in regime di ricovero che ambulatoriale. Tale verifica potrà essere di tipo mirato o di tipo casuale. Fatto salvo il numero di ricoveri oggetto di controllo quantificabile almeno nel 5% della casistica posta a carico del SSR dai soggetti erogatori, ogni ASL avrà la possibilità di intervenire dove maggiori sono le criticità.

Nel corso del 2007 continuerà la sperimentazione di una diversa modalità organizzativa nella attività di controllo. In particolare gli operatori NOC effettueranno dei controlli in ASL viciniori con gli stessi obiettivi di maggiore equilibrio negli interventi e di ulteriore arricchimento professionale degli operatori NOC, già evidenziati nel corso del 2006. Le modalità per l’esecuzione dei controlli fuori sede sono regolate dal decreto della Direzione Generale Sanità n. 1656 del 15 febbraio 2006. Tali indirizzi potranno essere modificati in funzione delle decisioni del Consiglio Regionale connesse all’esame del Progetto di legge sulla semplificazione di procedure sanitarie.

Al fine di monitorare le attività di controllo, anche in forma incrociata e sistemica fra operatori di ASL diverse (come da progetto di legge in corso di discussione in Consiglio Regionale), con cadenza almeno trimestrale, le ASL dovranno provvedere a trasmettere agli Assessorati regionali competenti, relazioni di sintesi sull’attività svolta dalle unità di offerta sanitarie e socio sanitarie.

Attività di audit clinico

Il coinvolgimento della comunità professionale iniziato con la condivisione delle regole di sistema deve ricevere un ulteriore e decisivo impulso proprio in relazione alle attività di verifica e controllo.

Per fare questo è necessario avviare un progetto per sperimentare le migliori modalità operative che consentano la valutazione delle principali attività. La suddetta attività di verifica deve avere una forte connotazione tecnica e professionale ed essere rivolta a specifici problemi clinici e assistenziali e focalizzata su criticità già evidenziate in sede di proposizione delle nuove regole di sistema.

In questa fase di sperimentazione si ritiene utile la verifica, tra pari struttura, dei ricoveri che usufruiscono della regola dell’extra-budget (cardiologia, oncologia, etc.) al fine di verificare e ridurre la variabilità dei comportamenti professionali e consentire eventuali aggiustamenti di «rotta». Giova integrare queste attività con la creazione dei registri di patologia già citati negli allegati precedenti.

Cartella clinica

L’importanza della corretta compilazione della cartella clinica è stata ribadita da tempo eppure numerosi processi civili e penali nonché procedimenti deontologici denotano la difficoltà dei medici ad utilizzare in modo adatto gli strumenti che raccolgono e trasmettono informazioni. In questo caso poi, non si tratta di tutelare un importante diritto dei pazienti.

Il miglioramento della qualità della compilazione della cartella clinica rappresenta un importante obiettivo da perseguire nel corso del 2007. A tal fine proseguiranno le attività del Gruppo di Lavoro composto oltre che dalla componente clinica anche da esperti del settore penale e civile e dai rappresentanti dei pazienti, con il compito di rivedere le linee guida e verificare la corretta applicazione delle stesse. Il gruppo di lavoro dovrà completare la propria attività entro il 30 giugno 2007 in modo da formalizzare le linee di indirizzo.

Risk Management / Patient Safety

Le azioni da intraprendere per l’anno 2007 sul tema della corretta gestione del rischio clinico e della sicurezza del paziente vedranno la prosecuzione di quanto già avviato nel corso del 2006, secondo i tre assi fondamentali:

– continuo monitoraggio dei rischi RCT/O e relativa mappatura del contenzioso;

– organizzazione aziendale: gestione continuativa del Gruppo di Coordinamento per la gestione del rischio e Comitato Valutazione Sinistri (CVS);

– implementazione dei progetti operativi per l’anno di riferimento sulla base della strategia aziendale definita sul piano annuale, in armonia con i progetti di sistema.

Al fine di perseguire il miglioramento della gestione del rischio in sanità, sempre maggior rilievo rivestiranno i momenti formativi e di incontro e di scambio (Network) che coinvolgeranno i Risk Managers ed i responsabili del CVS delle Aziende Sanitarie.

Verrà dato maggiore impulso al dialogo aperto con il mercato assicurativo prevedendo periodiche Tavole Rotonde e l’istituzione di tavoli tecnici finalizzati alla condivisione di Linee Guida sui principi essenziali di bandi e capitolati di gara.

La piena valorizzazione delle azioni intraprese sarà ricercata attraverso l’armonizzazione a livello nazionale delle politiche regionali, l’integrazione degli altri progetti di promozione e di valutazione della qualità in atto secondo gli standard Joint Commission, il progetto in collaborazione con il CRISP, il costante coinvolgimento delle comunità professionali e dei cittadini nella consapevolezza che la valutazione, la prevenzione e la corretta gestione del rischio clinico e della sicurezza del paziente sono aspetti decisivi del sistema qualità delle strutture sanitarie.

Allegato 11

PROGETTO CRS-SISS

Il progetto avviato con Delib.G.R. n. 46380/1999 ha visto l’estensione con la Delib.G.R. n. 8379/2002 ed in questi anni ha completato la distribuzione delle CRS-SISS a tutti i cittadini lombardi, sono stati attivati i servizi iniziali SISS a Lecco, Cremona, Pavia, Milano1, Lodi, Mantova, Bergamo, Brescia, Varese, Como, Milano 3, Sondrio Valcamonica e Milano città ed i medici aderenti al progetto hanno ormai superato il 60% ed è in costante aumento la loro attività di prescrizione ambulatoriale e farmaceutica con il SISS.

La carta CRS-SISS è anche Tessera Europea di Assicurazione Malattia e Carta Nazionale dei Servizi e con decreto del Ministero dell’Economia è stata riconosciuta anche come sostitutiva della Tessera Sanitaria nazionale.

Il sistema sta diventando attivo in tutta la Lombardia consentendo il collegamento telematico flessibile e sicuro tra tutti gli operatori del mondo sanitario e sociale anche con vantaggi nella loro attività professionale.

L’obiettivo per il 2007, in linea con quello del 2006, è quello di migliorare ulteriormente la qualità e l’efficienza nell’erogazione dell’assistenza socio-sanitaria, di incrementare i servizi resi ai cittadini e per gli operatori della socio sanità e di ottimizzare l’uso delle risorse disponibili.

Verrà quindi attuato un piano di realizzazioni di nuovi servizi che hanno quali elementi essenziali: il fascicolo sanitario elettronico (referti on line) del cittadino ed i servizi fruibili direttamente dai cittadini via Web o altri mezzi (call center, digitale terrestre…).

Questo porta ad un miglioramento della qualità del processo di prescrizione, diagnosi e cura; la riduzione dei tempi di latenza nel percorso delle informazioni; un maggior governo della spesa; la semplificazione dei processi per gli operatori della socio-sanità.

Nell’ambito di tale ottica di sviluppo, per potenziare l’effettiva integrazione del SISS con le procedure aziendali, l’utilizzo del SISS soprattutto presso le Aziende Ospedaliere, deve essere individuato con indicatori precisi e misurabili/oggettivi così come per quel che riguarda i MMG/PLS nel nuovo accordo regionale viene prevista una quota di incentivo legata sempre di più ad uso effettivo ed integrato del SISS.

Il progetto arriva quindi ad una fase di maturità nel 2007 tale da prospettare l’obbligatorietà del suo uso per tutti gli operatori sanitari, avviando contemporaneamente l’integrazione delle aziende accreditate.

Il livello dei costi SISS deve essere evidenziato dalle Aziende in sede di Bilancio preventivo e deve tener conto dei livelli di sviluppo e di risultato attesi, fermo restando che la gestione complessiva del progetto resta in capo a R.L.

Semplificazione accesso ai servizi sanitari

Nel 2007 si consolida e si sviluppa ulteriormente il progetto call center regionale che ha l’obbiettivo di semplificare e agevolare l’accesso ai servizi sanitari da parte degli utenti.

Nelle province di Varese e Como vi sarà l’estensione a tutte le prestazioni del nomenclatore prenotabili tramite call center.

Ulteriori obiettivi per il 2007 sono: – migrazione ed estensione del servizio con utilizzo della modalità prenotazione integrata SISS per gli enti erogatori pubblici ed i grandi enti erogatori privati delle ASL di Cremona, Pavia e Milano 1;

– migrazione dall’attuale modalità di erogazione del Servizio Sanità Milano al servizio con utilizzo della modalità prenotazione integrata SISS per gli 8 erogatori pubblici di Milano Città;

– attivazione del servizio nell’ASL di Lecco; – sperimentazione delle modalità di pagamento del ticket attraverso il circuito bancario e postale.

Reti di patologia

Nel 2007 verranno ulteriormente implementate le reti di patologia attive quali la ROL (Rete Oncologica Lombarda) ed Epinet-work (epilessia) in coerenza con quanto programmato nel documento/accordo sul governo clinico di cui all’allegato 1.

Il Registro regionale di dialisi e trapianto sarà parte del nucleo operativo della rete nefrologica lombarda.

Il trattamento e la gestione della patologia diabetica, al pari di altre patologie croniche troverà modalità operative di gestione integrata sia attraverso lo sviluppo di protocolli comuni fra medicina generale e strutture ospedaliere, con il ruolo forte dell’ASL in termini di facilitazione, sia attraverso la messa in rete dei centri.

In ambito cardiocerebrovascolare i centri e le strutture sanitarie, con il supporto delle ASL di riferimento, svilupperanno sinergie con i progetti già avviati relativi alle rete regionale per lo scompenso, per la prevenzione trattamento e riabilitazione dell’ictus.

Il SISS supporta con la propria infrastruttura e i servizi già attivati lo sviluppo di queste reti.

Allegato 12

AREA ORGANIZZAZIONE E PERSONALE

Fermo restando l’obbligo da parte delle Aziende Sanitarie di ottemperare alle normative nazionali e regionali vigenti in materia di organizzazione e personale il sistema regionale ha necessità di implementare in modo determinato i criteri di efficienza ed efficacia dell’uso dei quartieri operatori, della diagnostica con l’obiettivo di ampliare le ore di utilizzo e gli orari di apertura degli ambulatori.

In tale contesto appare strategicamente importante sviluppare il sistema dipartimentale in modo da permettere anche l’organizzazione dei servizi, sempre più integrata rispetto ai servizi diversificati per livelli di intensità assistenziale, anche privilegiando la mobilità interna nel rispetto delle disposizioni contrattuali e, ovviamente, compatibilmente al quadro strutturale disponibile.

È pertanto prioritario:

  1. l’aggiornamento di indicatori numerici ed economici che consentano un confronto tra le varie realtà aziendali e comprendano i seguenti parametri:

– rapporto tra i costi del personale ed i costi totali e tra costi del personale e ricavi;

– rapporto tra contratti atipici e personale strutturato;

– rapporti tra le diverse macro-classi contrattuali del comparto e della dirigenza;

– numero prestazioni pro-capite;

– rapporto dipendenti (personale equivalente) popolazione assistita nelle ASL;

– rapporto tra numero e costo del personale veterinario e allevamenti/capi macellati nelle ASL interessate;

– turn-over personale comparto/Dirigenza;

– rapporto personale part-time/personale tempo pieno;

– rapporto personale a tempo determinato/personale a tempo indeterminato;

– ore di utilizzo per seduta delle sale operatorie/personale dedicato;

– ore di servizio per attività di diagnostica/dipendente;

– grado di attivazione della dipartimentalizzazione aziendale;

– organizzazione integrata per livelli di intensità assistenziale, ove possibile e compatibilmente con il quadro strutturale immobiliare disponibile, con attenzione all’esperimento di procedure di mobilità interna secondo la disciplina del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro;

– coordinamento con il comitato di Settore Nazionale per strumenti di monitoraggio degli accordi decentrati previsti dai CCNL e dalle Convenzioni della medicina territoriale.

Tali indicatori saranno utili anche al fine dell’approvazione dei piani di assunzione 2007 e dell’individuazione delle aree professionali che risultano maggiormente carenti nel sistema sanitario regionale.

L’incrocio dei dati del personale con quelli di attività e di produzione potrà altresì fornire elementi di valutazione dell’efficienza, efficacia ed economicità delle aziende.

  1. Presentazione dei Piani di assunzione 2007, nel rispetto dei vincoli posti dai provvedimenti nazionali e regionali e di bilancio aziendale e loro approvazione entro il primo semestre dell’anno; a tale proposito, prima di procedere a nuove assunzioni, è necessaria da parte delle aziende la completa attuazione dei Piani di assunzioni riferiti al 2006.

Per quanto concerne le assunzioni a tempo indeterminato (anche a tempo parziale) dovrà essere considerata prioritaria nella programmazione, in particolare con riferimento al personale non dirigenziale, la copertura delle posizioni di lavoro, ritenute non fungibili e coperte con personale a tempo determinato o con altri contratti atipici, tenuto conto delle disposizioni della Finanziaria nazionale 2006.

Sarà quindi necessario per una corretta programmazione delle risorse umane un puntuale monitoraggio ed una attenta verifica tramite i flussi informativi già attivati dei contingenti, delle ore lavorate e della relativa spesa del personale in servizio al 31 dicembre 2006 con rapporti di lavoro a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, o con altre forme di lavoro flessibile o convenzioni.

  1. Eventuale aggiornamento dei fabbisogni triennali 2006/2007/2008 nel caso delle fattispecie previste dalla legge regionale n. 14 del 14 luglio 2006.

Dovranno inoltre essere considerati prioritari:

– le compatibilità di sistema, secondo le disposizioni finanziarie nazionali e regionali;

– la necessità di operare incrementi dei contingenti di personale ad eccezione dei casi di avvio di nuovi servizi ed attività;

  1. Copertura, ai sensi dell’art. 9della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, da parte delle Aziende Sanitarie dei posti disponibili ad esclusione di quelli di direzione di struttura complessa, nei limiti del proprio fabbisogno di personale, utilizzando gli idonei delle graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre Aziende Sanitarie pubbliche del servizio sanitario regionale.

Tale modalità di reclutamento del personale rientra nell’ambito delle scelte organizzative aziendali e risponde ad esigenze di efficienza ed economicità del sistema.

Allegato 13

LINEE GUIDA REGIONALI PER L’ADOZIONE DEL CODICE ETICO E DEI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E CONTROLLO DELLE AZIENDE SANITARIE LOCALI

E AZIENDE OSPEDALIERE

Premessa

Con la Delib.G.R. n. 7/17864 dell’11 giugno 2004, avente per oggetto: «Introduzione in via sperimentale nelle Aziende Sanitarie pubbliche di un Codice etico-comportamentale», Decreto del Direttore Generale Sanità n. 22361 del 9 dicembre 2004 e Delib.G.R. n. 8/1375 del 14 dicembre 2005: «Determinazioni in ordine alla gestione del Servizio Socio Sanitario regionale per l’esercizio 2006», la Regione ha mutuato i principi contenuti nel D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ai fini dell’introduzione del Codice Etico e dell’implementazione del Modello Organizzativo nelle Aziende Sanitarie Locali ed Ospedaliere.

Il D.Lgs. n. 231/2001, recante la «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica» ha introdotto la responsabilità in sede penale degli enti per alcuni reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati. Tale responsabilità si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto. La norma mira a coinvolgere, nella punizione di taluni illeciti penali, il patrimonio degli enti nel cui interesse è stato commesso il reato o che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione dell’illecito.

Quanto ai reati cui si applica la disciplina in esame, si tratta attualmente delle seguenti sei tipologie: (a) reati commessi nei rapporti con la P.A., (b) reati in tema di falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo, (c) alcune fattispecie di reati in materia societaria, (d) reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, (e) reati contro la personalità individuale e (f) i c.d. «reati transnazionali».

La responsabilità dell’ente/società è prevista sia per i reati commessi dai soggetti in posizione apicale, sia per i soggetti in posizione subordinata.

Ne viene esclusa la responsabilità, qualora l’ente dimostrasse:

– di avere adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In particolare, questi modelli devono:

– individuare le attività dell’ente nel cui ambito possono essere commessi i reati;

– prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;

– prevedere le modalità di individuazione e gestione delle risorse finanziarie destinate all’attività nel cui ambito possono essere commessi reati;

– di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di organizzazione e gestione, attraverso un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (CdV).

L’applicazione sperimentale del Modello 231 alle aziende sanitarie

In questo contesto la Regione Lombardia ha mutuato i criteri contenuti nel succitato D.Lgs. prevedendone l’applicazione in via sperimentale in una prima fase ad una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Lecco) ed a due Aziende Ospedaliere (AO di Circolo di Busto Arsizio ed AO della Provincia di Lodi) ed in una seconda fase ad altre due Aziende Ospedaliere (AO di Desenzano del Garda, AO di Cremona) ed a una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Mantova).

Pur non considerando applicabile il D.Lgs. n. 231/01 alle Aziende Sanitarie Pubbliche, si è ritenuto opportuno mutuarne il contenuto per introdurre, in tale contesto, la sperimentazione del suddetto regime a livello cautelativo non unicamente per la prevenzione degli eventuali illeciti, ma quale ulteriore garanzia della migliore organizzazione e trasparenza dell’operato delle Aziende.

L’aspetto sanzionatorio

L’aspetto sanzionatorio non è stato volutamente contemplato dalla Delib.G.R. n. 7/17864 del 2004, a differenza di quanto previsto nel D.Lgs. n. 231/2001. L’obiettivo non è quello di introdurre ulteriori strutture sanzionatorie, ma di definire principi etici di comportamento, la cui comunicazione e condivisione diventa il vero scopo dell’introduzione del Codice etico-comportamentale nelle aziende sanitarie.

In questo contesto, obiettivo primario del progetto non è solo l’applicazione formale di un Modello Organizzativo, ma la dichiarazione e condivisione dei valori etici che regolano le attività delle Aziende.

Le Linee Guida

Al termine dei due anni di sperimentazione ed utilizzando il contributo operativo delle sei aziende sanitarie coinvolte, sono state definite le Linee Guida regionali per l’adozione del codice etico e dei modelli di organizzazione e controllo delle aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere.

LINEE GUIDA

Le fasi operative

L’implementazione del Codice etico-comportamentale deve risultare come output finale di un processo organizzato. L’intero processo si riassume in otto fasi operative da affrontare in sequenza:

  1. la costituzione del Gruppo di lavoro;
  2. l’analisi dei rischi;
  3. la definizione del Modello Organizzativo;
  4. la stesura del Codice Etico;
  5. la condivisione dei valori;
  6. il Comitato di Valutazione;
  7. il controllo della diffusione del Codice etico-comportamentale;
  8. raccolta e struttura delle informazioni.

L’esclusione, anche solo di una fase, comporta la stesura di documenti aziendali privi di sostanziale efficacia, nei quali l’Azienda non avrebbe modo di riconoscersi, perdendo così tutti i vantaggi derivanti dall’implementazione del modello.

  1. La costituzione del Gruppo di lavoro

La prima fase consiste nell’individuazione, da parte della Direzione Generale, di un Gruppo di lavoro, interno all’Azienda, che avrà il compito di sviluppare le successive fasi operative.

Il Gruppo di lavoro risponderà direttamente alla Direzione Generale.

Sviluppare il Codice etico-comportamentale tramite un Gruppo di lavoro interno, emanazione della volontà dei vertici aziendali, permette all’Azienda di esprimere al meglio i propri valori e principi etici avendo come riferimento la propria realtà operativa. Rappresenta, inoltre, un importante primo passo verso la condivisione da parte di tutti i lavoratori dei valori etici che regolano le attività dell’Azienda.

  1. L’analisi dei rischi

Questa fase si suddivide in due momenti:

– l’identificazione dei rischi;

– l’analisi dei rischi.

2.1. L’identificazione dei rischi. Consiste nell’individuazione dei fattori di rischio che potrebbero portare ad un’eventuale non conformità con quanto espresso nel Codice Etico.

L’output di questa sottofase sarà l’elenco dei diversi rischi etici ai quali l’Azienda si espone e dei fattori di rischio che potrebbero concretizzarsi in non conformità.

2.2. L’analisi dei rischi. Individuate le diverse tipologie di rischi, occorre assegnare a ciascun rischio un grado d’importanza.

L’output di questa sottofase sarà una mappatura dei rischi etici che incrociata con la mappatura delle funzioni aziendali darà la «fotografia» della situazione aziendale relativa ai rischi analizzati.

Queste due analisi finali costituiscono l’output della fase.

  1. La definizione del Modello Organizzativo

La corretta analisi dei rischi consente la stesura del Modello Organizzativo, che conterrà le procedure da seguire nello svolgimento delle attività per contenere i rischi di non conformità analizzati nella fase precedente.

Il Modello Organizzativo viene deliberato dalla Direzione Generale con delibera separata da quella di approvazione del Codice Etico e del Comitato di Valutazione, affinché possa essere periodicamente e costantemente revisionato ed aggiornato al mutare/evolversi dell’assetto organizzativo/funzionale dell’Azienda.

  1. La stesura del Codice Etico

Il primo compito del Gruppo di lavoro sarà quello di redigere il Codice Etico, contenente i valori ed i principi etici che dovranno essere rispettati da ogni Destinatario. Esso riflette i principi ispiratori del D.Lgs. n. 231/2001 con riferimento ai comportamenti che i soggetti in posizione apicale e/o i loro sottoposti tengono nello svolgimento delle specifiche funzioni in Azienda.

Il Codice Etico è la parte generale del Codice etico-comportamentale, completato dal Modello Organizzativo e dall’attività del Comitato di Valutazione.

Il Codice Etico è deliberato dal Direttore Generale perché assuma validità e possa quindi entrare ufficialmente in vigore.

  1. La condivisione dei valori

In questa fase vengono portati a conoscenza di tutti i Destinatari e di tutti gli interlocutori aziendali i principi enunciati nel Codice Etico. La condivisione di questi principi costituisce il valore aggiunto a ciascuna realtà aziendale.

L’obiettivo di questa fase è trasferire gli enunciati del Codice Etico per non lasciare i valori solo sui documenti aziendali, ma cercare la condivisione attiva dei valori espressi e condurre l’agire quotidiano dei Destinatari a riflettersi nei principi dell’azienda.

  1. Il Comitato di Valutazione

Tale organismo (da ora CdV) ha il compito di vigilare sul funzionamento, ` osservanza ed aggiornamento del Modello adottato. E un organo distinto dal Collegio Sindacale, con funzioni e compiti propri, che non si sovrappongono né configgono con quelli di competenza del medesimo Collegio dei Revisori.

Due sono i tratti caratteristici essenziali:

– esistenza/costituzione;

– autonomia dei poteri.

La costituzione del CdV ed il corretto ed efficace svolgimento della sua attività sono presupposti indispensabili per l’applicazione del Codice etico-comportamentale.

Questo significa che se il CdV non viene nominato e/o non lavora di fatto, il Codice etico-comportamentale perde automaticamente di efficacia.

L’autonomia dei poteri e l’alto livello della competenza tecnico/ professionale in ambito sanitario ed aziendalistico, rilevabili dal curriculum professionale, garantiscono il controllo dell’effettiva applicazione delle regole comportamentali stabilite anche sui soggetti in posizione apicale.

I tre componenti sono così individuati:

– n. 1 dalla Direzione Generale dell’azienda sanitaria individuato tra professionisti esperti con competenze legali in ambito sanitario;

– n. 1 tra professionisti esperti in materie sanitarie;

– n. 1 tra professionisti esperti in materie aziendali.

La competenza tecnico/professionale deve essere adeguatamente rilevata dal curriculum professionale.

Uno dei tre componenti dovrà assumere le funzioni di Presidente.

Il CdV si avvale di un funzionario dipendente dell’azienda sanitaria, che abbia conoscenza trasversale dell’azienda stessa, con funzioni di segretario.

Il Comitato di Valutazione viene nominato con delibera del Direttore Generale sentite le Direzioni Generali regionali competenti.

Ai componenti esterni del CdV è riconosciuto, oltre al rimborso spese, un gettone di presenza per ciascuna seduta del Comitato pari a € 300,00 fino ad un massimo pari al 40% dell’indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori. Al Presidente del Comitato compete una maggiorazione del 10% del gettone fissato per i restanti componenti.

  1. Il controllo della diffusione del Codice etico-comportamentale

Il sistema etico deve essere diffuso in maniera capillare in tutta l’Azienda, e la Direzione Strategica (composta da Direttore Generale, Direttore Sanitario e Direttore Amministrativo) supporta il Comitato di Valutazione nel verificare l’effettiva diffusione.

  1. Raccolta e struttura delle informazioni

L’Azienda, nello svolgimento di tutte le fasi operative e anche in seguito all’implementazione del Codice etico-comportamentale, raccoglie, elabora ed archivia informazioni. È necessario che tutto ciò avvenga nel rispetto dei principi di trasparenza, verificabilità, coerenza e congruità delle informazioni.

È istituito il Comitato di Coordinamento Regionale, composto dai Direttori Generali Sanità e Famiglia e Solidarietà Sociale, da 1 Dirigente della D.G. Sanità, da 1 Dirigente della D.G. Famiglia e Solidarietà Sociale, da 1 Dirigente della D.C. Affari Istituzionali e Legislativo, da 1 Dirigente della D.C. Programmazione Integrata, da 1 rappresentate di IRER e da 1 rappresentante di IREF.

Il Comitato di Coordinamento Regionale costituisce canale di comunicazione tra i CdV e le Direzioni Generali regionali Sanità e Famiglia e Solidarietà Sociale.

Definisce i principi di comportamento dei CdV, richiede alle Direzioni Strategiche delle Aziende le informazioni ritenute utili al monitoraggio dell’analisi dei rischi e attraverso un pannello di controllo con indicatori significativi esprime parere sull’efficacia dell’implementazione del Codice etico-comportamentale.

Segnala alla Giunta Regionale modifiche del grado di rischio all’interno delle aziende e la sintesi delle violazioni rilevate dai singoli CdV.

Allegato 14

MEDICINA CONVENZIONATA: MMG, PLS E CONTINUITA ASSISTENZIALE

PREMESSA

APPLICAZIONE NUOVI ACCORDI DI SISTEMA

Si riportano di seguito gli accordi di sistema MMG e PLS, che dovranno trovare attuazione a livello aziendale.

Nell’ambito della Q.C. assegnata alle singole ASL è riservata, quale fondo per l’attivazione di percorsi di integrazione Ospedale/Territorio, una quota della Q.C. complessiva.

L’utilizzo di detta Quota è a supporto della concreta attivazione di percorsi a favore di cittadini e prevede piani di attuazione preventivamente validati dalla Regione.

ACCORDO DI SISTEMA CON LE OO.SS. DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE

in attuazione dell’ACN reso esecutivo in data 23 marzo 2005, mediante intesa nella Conferenza Stato-Regioni, per la disciplina dei rapporti con i Medici di Medicina Generale

L’accordo di sistema è stato stipulato fra l’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia ed i Medici di Medicina Generale per l’attuazione del diritto alla tutela della salute dei cittadini, considerando tutte le articolazioni dell’area delle cure primarie ai sensi e per gli effetti dell’ACN 23 marzo 2005.

L’attività della Medicina Generale deve essere espletata in linea con gli indirizzi regionali e in coerenza alle indicazioni del Piano Sanitario Nazionale e del Piano Socio Sanitario Regionale al fine di contribuire sempre più al miglioramento complessivo del Servizio Sanitario Regionale, assicurando l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

Durata dell’accordo regionale

L’Accordo Regionale ha durata fino all’entrata in vigore del nuovo Accordo Regionale per l’attuazione del prossimo A.C.N. Si prevede un monitoraggio annuale dello stesso.

Considerato altresì che le disposizioni del presente documento si inseriscono in un contesto regionale caratterizzato da una continua evoluzione, è necessario prevedere le modalità per adeguare l’Accordo Regionale ad eventuali cambiamenti del SSR. Si assegna tale compito al Comitato regionale per la Medicina Generale, nell’ambito delle proprie competenze come disciplinate ex. art. 24 dell’A.C.N.

L’accordo regionale:

– fornisce indirizzi e indicazioni operative rispetto ai progetti e relative azioni di miglioramento da sviluppare nella Regione Lombardia

– assolve a quanto previsto dall’articolo 4 e dall’articolo 14, comma 2 dell’A.C.N. fornendo modalità operative sulla base dei contenuti degli articoli dell’A.C.N.

Sviluppo della medicina generale

Fra tutte le azioni di miglioramento funzionali allo sviluppo del sistema delle cure primarie, l’accordo di sistema richiama in via prioritaria:

  1. Una migliore e più efficace presa in carico del paziente

L’obiettivo della Regione Lombardia è quello di garantire ai cittadini i più elevati standard assistenziali richiedendo ad ogni professionista territoriale di operare attraverso definiti e specifici criteri qualitativi.

Il Medico di Medicina Generale ha un ruolo specifico ed essenziale nella rete dei Servizi Sanitari e nella conseguente capacità di prendere in carico il paziente e di affrontare e risolvere le problematiche poste dalla necessità di integrare la medicina territoriale con la rete d’offerta ospedaliera. L’attività dei Medici di Medicina Generale, che necessita di puntuali definizioni e attribuzioni in merito alle specifiche competenze, si esplica all’interno delle compatibilità economiche di sistema, correlandosi quindi con le risorse complessive a disposizione.

Queste risorse devono essere utilizzate e finalizzate ad azioni che favoriscano la presa in carico del paziente, attraverso l’applicazione di percorsi diagnostico – terapeutici (PDTA) condivisi con l’Azienda Sanitaria Locale di riferimento, l’impiego della Banca Dati Assistito (BDA) e con finalità di governo clinico e di disease management delle patologie croniche.

Al fine di migliorare la gestione unitaria del paziente è pertanto fondamentale ricercare la maggiore integrazione fra medici che operano sul territorio, medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali.

In relazione agli obiettivi strategici individuati dall’accordo di sistema, le indicazioni di cui al presente accordo sono funzionali allo sviluppo programmatico e organizzativo della medicina generale nel contesto del sistema di offerta locale e individuano come riferimento i seguenti obiettivi:

– garantire ai medici di medicina generale la partecipazione attiva ai processi di programmazione della rete di offerta territoriale nel governo/gestione dei principali percorsi di prevenzione, diagnosi e cura dei cittadini, avendo come riferimento le indicazioni strategiche regionali ivi compresi i piani di sviluppo (a titolo di esempio cardio cerebrovascolare, comportamenti e stili di vita, oncologico, telemedicina…); garantire altresì la partecipazione dei delegati delle OO.SS. dei medici di medicina generale alla individuazione degli indicatori per l’analisi ed il monitoraggio dei PDTA;

– valorizzazione del ruolo del medico di medicina generale sul versante degli aspetti professionali e organizzativi, attivando strumenti adeguati e soluzioni organizzative atte a facilitare lo sviluppo del governo clinico sui principali percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, con particolare riferimento alle patologie croniche;

– favorire il monitoraggio e la valutazione delle risorse impegnate per gli assistiti al fine di contribuire a individuare e attivare azioni di incremento dell’appropriatezza clinica delle prestazioni rese dalla rete di offerta ed un conseguente appropriato utilizzo delle risorse del sistema.

L’erogazione delle quote dedicate al governo clinico di cui all’art. 59 A.C.N. punto B comma 15 sono vincolate alla disponibilità dei Medici di Medicina Generale ad aderire al programma annuale in sintonia con le indicazioni concordate a livello regionale: le quote non corrisposte rimangono a disposizione delle ASL per l’attività prevista in ambito di assistenza primaria in coerenza con la programmazione regionale.

  1. Utilizzo della carta CRS/SISS

L’utilizzo della carta CRS/SISS è una scelta fondamentale ed irreversibile per la gestione del sistema sanitario lombardo. La Regione si impegna a garantire un uniforme sviluppo del SISS ed a verificarne, periodicamente, la funzionalità anche per supe-rare le criticità che eventualmente dovessero emergere.

L’accesso ad una quota rilevante delle risorse incentivanti disponibili (incluse quelle regionali) comprendenti quelle finalizzate all’implementazione delle azioni di governo clinico, non può prescindere dalla adesione al SISS e dall’utilizzo della tessera sanitaria regionale. Tale adesione infatti consente una più agevole integrazione e comunicazione fra gli attori del Sistema Sanitario.

Transitoriamente una quota (minoritaria) delle risorse incentivanti disponibili sarà utilizzata anche per garantire il raggiungimento di obiettivi di governo clinico ai professionisti territoriali che, per difficoltà varie, non aderiranno al SISS. Tale situazione transitoria avrà termine con il 31 agosto 2007, data oltre la quale l’adesione al SISS è ritenuta inderogabilmente requisito indispensabile a garanzia del raggiungimento dei più elevati standards assistenziali citati al punto 1 del presente accordo.

Il riconoscimento economico legato all’utilizzo SISS sarà commisurato al raggiungimento dei risultati concordati ed attesi.

  1. Modelli evoluti e/o integrati di associazionismo

La Regione Lombardia ritiene idonee al raggiungimento degli obiettivi di governo clinico di cui ai punti precedenti, le attivazioni di forme associative dell’assistenza primaria del tipo rete e gruppo (la medicina in rete e la medicina di gruppo) o forme intermedie fra le due.

Queste forme associative dell’assistenza primaria nella loro organizzazione dovranno configurarsi in relazione alle specificità territoriali e/o demografiche di riferimento, secondo standard organizzativi e gestionali che permettano il raggiungimento degli obiettivi di salute della comunità e garantiscano facilità di accesso ai servizi minimizzando il ricorso improprio ad altri livelli di cura.

Si identificano quali requisiti minimi indispensabili:

– idonei orari dell’attività ambulatoriale;

– disponibilità telefonica;

– efficace modalità di scambio informativo tra medici;

– prestazioni sanitarie anche integrate con altri livelli di cura. In quest’ottica perde progressivamente di efficacia la «forma semplice» dell’associazionismo e le risorse in precedenza ad essa attribuite andranno per la parte prevalente ad integrare le risorse incentivanti disponibili, incluse quelle regionali, per garantire l’attivazione delle forme individuate al comma 1.

Le risorse incentivanti disponibili (incluse quelle regionali), per le forme associative, saranno riconosciute e graduate in relazione al raggiungimento di obiettivi di interesse regionale, coerenti con le previste attività di governo clinico.

Si ritiene che anche il medico singolo, che operi in particolari condizioni geografiche/demografiche o di contesto, e sia in grado di garantire i requisiti minimi indispensabili individuati nel presente punto, possa accedere ad una quota delle risorse incentivanti disponibili.

TRATTAMENTO ECONOMICO

Si ritiene che le risorse variabili previste dall’A.C.N. debbano essere finalizzate e poste in relazione con il raggiungimento dei risultati delle azioni di miglioramento previste dal presente accordo. In questo senso la Regione si impegna a integrare le risorse di cui all’A.C.N. con un ulteriore impegno economico (RAR).

Le risorse economiche complessive, comprese quelle utilizzate per il SISS, messe a disposizione dalla Regione per l’attuazione dell’ACR saranno superiori a quanto previsto per il 2006 ed adeguate alle necessità di graduale sviluppo del presente accordo, fatte salve le compatibilità economiche di sistema.

Attesa l’importanza strategica dell’associazionismo e in relazione a quanto in precedenza descritto sulle caratteristiche organizzative e funzionali delle predette forme associative, si ritiene di dar luogo comunque all’accoglimento di nuove domande (con l’eccezione della medicina in associazione) con modalità da disciplinarsi.

Le parti concordano che la completa attuazione degli obiettivi e delle azioni di miglioramento, avverrà con la necessaria gradualità.

Pertanto, si concorda di procedere ad un monitoraggio annuale del presente accordo, facendo riferimento alla parte normativa e economica. In relazione agli equilibri del sistema nel suo complesso potranno rendersi disponibili ulteriori risorse economiche il cui utilizzo costituirà elemento di valutazione congiunta.

  1. Continuità Assistenziale

È necessario ricercare un modello di Continuità Assistenziale che, mantenendo le specificità del medico di medicina generale e del medico di continuità assistenziale, crei, nell’area delle cure primarie ed in integrazione con le attività del distretto delle ASL, un efficace raccordo fra gli interventi a tutela della salute del cittadino. Considerando le varie situazioni sia geografiche che di contesto, l’articolazione del servizio, l’organizzazione, la reperibilità, il rapporto ottimale, nonché la formazione verranno definite nella parte normativa dell’ACR.

  1. Domiciliarità

Nel quadro di linee di indirizzo programmatico a valenza regionale, saranno analiticamente affrontati tutti gli aspetti collegati a ADP e alla domiciliarità in generale per massimizzare l’efficacia ed l’efficienza di queste modalità di assistenza domiciliare.

  1. Medico di medicina dei servizi

La medicina dei servizi, ove attivata, svolgerà, in stretta integrazione con l’area delle cure primarie, un ruolo di sinergia con gli indirizzi regionali. L’articolazione del servizio, l’organizzazione, nonché la formazione, verranno definite nella parte normativa dell’ACR.

  1. Urgenza ed emergenza territoriale

Un apposito gruppo regionale dovrà definire il capitolo relativo all’emergenza territoriale che deve essere armonizzato con lo sviluppo complessivo regionale del S.S.U.Em. 118. Particolare attenzione sarà posta agli aspetti connessi con la formazione del personale tenendo conto di quanto previsto dall’art. 94 comma 5 dell’ACN.

ACCORDO DI SISTEMA CON I PEDIATRI DI FAMIGLIA

L’accordo di sistema è stipulato fra l’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia ed i Pediatri di Famiglia (PDF) per l’attuazione del diritto alla tutela della salute dei bambini, considerando tutte le articolazioni dell’area dell’assistenza pediatrica territoriale ai sensi e per gli effetti dell’ACN reso esecutivo in data 15 dicembre 2005 mediante intesa nella conferenza StatoRegione.

L’attività della PEDIATRIA di FAMIGLIA deve essere espletata in linea con gli indirizzi regionali e in coerenza alle indicazioni del Piano Sanitario Nazionale e del Piano Socio Sanitario Regionale al fine di contribuire sempre più al miglioramento complessivo del Servizio Sanitario Regionale, assicurando l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

Fra tutte le azioni di miglioramento si richiamano in via prioritaria quelle individuate dall’allegato documento redatto dal «Tavolo di lavoro della Pediatria» (allegato 15) convocato dall’Assessore Regionale sul tema dell’Assistenza Pediatrica in Lombardia, coerenti e complementari con quelle di seguito indicate.

  1. Una migliore e più efficace presa in carico del paziente

L’obiettivo della Regione Lombardia è quello di garantire ai cittadini in età pediatrica i più elevati standard assistenziali richiedendo ad ogni professionista territoriale di operare attraverso definiti e specifici criteri qualitativi.

Il Pediatra di Famiglia ha un ruolo specifico ed essenziale nella rete dei Servizi Sanitari e nella conseguente capacità di prendere in carico il paziente e di affrontare e risolvere le problematiche poste dalla necessità di integrare la pediatria territoriale con la rete d’offerta ospedaliera. L’attività dei Pediatri di famiglia, in costante evoluzione sotto il profilo delle definizioni e delle attribuzioni in merito alle specifiche competenze, si esplica all’interno delle compatibilità economiche di sistema correlandosi quindi con le risorse complessive a disposizione.

Queste risorse devono essere utilizzate nel rispetto dei livelli di spesa programmati e finalizzate ad azioni che favoriscano la presa in carico del paziente, attraverso l’applicazione di percorsi di governo clinico condivisi con l’Azienda Sanitaria Locale di riferimento e l’impiego della Banca Dati Assistito (BDA).

Al fine di migliorare la gestione unitaria del bambino è pertanto fondamentale ricercare la maggiore integrazione fra pediatri che operano sul territorio e pediatri delle strutture erogatrici pubbliche e accreditate.

È altresì importante il superamento delle rigidità connesse all’attribuzione del «numero di scelte» nella fascia di età di esclusiva.

In un’ottica di un più efficace perseguimento degli obiettivi connessi alla «presa in carico» dei pazienti, si terrà in considerazione ai fini dell’attribuzione di un numero superiore di pazienti anche la tipologia della forma associativa attivata e il personale di studio disponibile, prevedendo adeguate forme di riconoscimento del maggior carico assistenziale che si andrà a realizzare.

  1. Utilizzo della carta CRS/SISS

L’utilizzo della carta CRS/SISS è una scelta fondamentale ed irreversibile per la gestione del sistema sanitario lombardo. La Regione si impegna a garantire un uniforme sviluppo del SISS ed a verificarne, periodicamente, la funzionalità anche per superare le criticità che eventualmente dovessero emergere.

L’accesso ad una quota rilevante delle risorse incentivanti disponibili comprendenti quelle finalizzate all’implementazione delle azioni di governo clinico, non può prescindere dalla adesione al SISS e dall’utilizzo della tessera sanitaria regionale. Tale adesione infatti consente una più agevole integrazione e comunicazione fra gli attori del Sistema Sanitario.

Transitoriamente una quota (minoritaria) delle risorse incentivanti disponibili sarà utilizzata anche per garantire il raggiungimento di obiettivi di governo clinico ai professionisti territoriali che, per difficoltà varie, non aderiranno, se non per causa di forza maggiore, al SISS.

Tale situazione transitoria avrà termine con il 31 agosto 2007, data oltre la quale l’adesione al SISS è ritenuta inderogabile requisito a garanzia del raggiungimento dei più elevati standard assistenziali citati al punto 1 del presente accordo (e per gli effetti del comma 1 e 2 del presente punto).

  1. Modelli evoluti e/o integrati di associazionismo

La Regione Lombardia ritiene idonee al raggiungimento degli obiettivi di governo clinico di cui ai punti precedenti l’attivazione di forme associative dell’assistenza pediatrica evolute e/o integrate.

Queste forme associative nella loro organizzazione dovranno configurarsi in relazione alle specificità territoriali e/o demografiche di riferimento, secondo standard organizzativi e gestionali che favoriscano il raggiungimento degli obiettivi di salute della comunità e garantiscano la facilità di accesso ai servizi riducendo il ricorso improprio ai vari livelli di cura.

Si identificano, per una efficace risposta ai bisogni degli assistiti i seguenti requisiti:

– idonei orari dell’attività ambulatoriale;

– disponibilità (mediante accesso in studio, supporti telefonici o telematici, evidenziati nella carta dei servizi predisposta dall’Associazione) tale da garantire idonee e adeguate risposte, anche dal punto di vista temporale, alla popolazione pediatrica assistita e alla necessità «comunicativa» tipica della fascia di popolazione interessata;

– efficace modalità di scambio informativo tra pediatri;

– attivazione dei percorsi di assistenza territoriale (APA, ADI, ADP) per i soggetti in età pediatrica che ne avessero necessità.

Si ritengono inoltre importanti e funzionali al raggiungimento di più elevati livelli di «assistenza pediatrica» gli ulteriori assetti organizzativi di seguito elencati:

– sede unica o sede comune (quest’ultima da intendersi come luogo di erogazione di servizi finalizzati ad una maggior presa in carico del paziente) garantendo in ogni caso un’idonea copertura dell’ambito territoriale di riferimento;

– possibilità di prestazioni e attività sanitarie anche integrate con altri livelli di cura;

– personale di studio disponibile.

Le risorse variabili (ex art. 58 – b, ACN) e quelle regionali a carattere incentivante (quota parte RAR) disponibili per le forme associative saranno riconosciute e graduate in relazione al raggiungimento di obiettivi di interesse regionale coerenti con le previste attività di governo clinico, secondo modalità concordate con le OO.SS..

La quota parte delle risorse incentivante regionali assegnate alle varie forme di «associazionismo pediatrico», saranno orientate al raggiungimento degli obiettivi regionali in materia di «governo clinico» in ambito pediatrico e quindi verso le forme associative che garantiscano in modo più coordinato e completo i requisiti in premessa al presente paragrafo.

Le risorse si orienteranno anche verso le forme associative che possano garantire livelli assistenziali di maggiore complessità rilevabili nei modelli più evoluti e di seguito evidenziati.

Infatti, modelli evoluti e/o integrati di associazionismo oltre a garantire una efficace risposta ai bisogni degli assistiti nella fascia oraria 8.00-20.00 assolvono compiti che possono essere ricondotti all’applicazione di Percorsi diagnostico-terapeutici-riabilitativi concordati con le strutture erogatrici pubbliche ed accreditate, validati dalle Aziende Sanitarie Locali e da queste ritenuti funzionali alla risoluzione delle problematiche assistenziali locali mediante l’utilizzo degli strumenti funzionali al governo clinico.

Tale livello può garantire la massima integrazione Ospedale/ territorio per la programmazione degli iter diagnostico – terapeutici, oltre ad una idonea copertura dell’ambito territoriale di riferimento.

Attesa l’importanza strategica dell’associazionismo e in relazione a quanto in precedenza descritto sulle caratteristiche organizzative e funzionali, delle predette forme associative, si ritiene di dar luogo all’accoglimento di nuove richieste costitutive con modalità da disciplinarsi a livello regionale.

Si ritiene che anche il pediatra singolo, che operi in particolari condizioni geografiche/demografiche o di contesto, possa rispettare i requisiti indispensabili sopra indicati, correlati alle condizioni di cui al presente comma, potendo accedere quindi alle risorse incentivanti disponibili.

Si riconosce l’importanza di affrontare i passaggi previsti da quanto sopra evidenziato con attento monitoraggio e gradualità.

  1. Continuità Assistenziale

È necessario ricercare un modello di Continuità Assistenziale che, mantenendo le specificità del pediatra di famiglia e del medico di continuità assistenziale, crei un efficace raccordo fra gli interventi a tutela della salute del bambino ivi compresi quelli relativi ad una efficace e sinergica azione d’integrazione con i servizi pediatrici di pronto soccorso.

  1. Disposizioni finali

Nel quadro di linee di indirizzo programmatico a valenza regionale, saranno analiticamente affrontati tutti gli aspetti collegati alla territorialità.

Le risorse economiche complessive, comprese quelle previste per il SISS, messe a disposizione dalla Regione per l’attuazione dell’ACR non saranno inferiori a quanto previsto per il 2005 e saranno positivamente correlate alle necessità di sviluppo incrementale del presente accordo e alle positive evidenze che a seguito di questo accordo potranno essere documentate in termini di riequilibrio di risorse tra ospedale/territorio (anche sotto il profilo di un loro migliore utilizzo), fatte salve le compatibilità economiche di sistema.

Allegato 15

DOCUMENTI DEI TAVOLI DI LAVORO DELLA PSICHIATRIA, NEUROPSICHIATRIA INFANTILE E ASSISTENZA PEDIATRICA

I documenti riportati nel presente allegato sono da considerarsi quali indirizzi per l’attuazione delle indicazioni del PSSR 2007/2009

DOCUMENTO PROPOSTO DAL TAVOLO DI LAVORO PSICHIATRIA

Servizi Territoriali

Dalle osservazioni preliminari emerse dal tavolo di lavoro sui Servizi Territoriali e dalle riflessioni in corso nell’ambito della commissione ad hoc attivata dal Coordinamento Primari Psichiatri della Lombardia, si possono individuare le seguenti proposte operative:

1) Il Piano Regionale Salute Mentale approfondisce in più parti gli aspetti rilevanti della missione e dei principi operativi della psichiatria territoriale e la comunità di soggetti coinvolti nella tutela della salute mentale dovrebbe costantemente mirare alla sua piena applicazione.

È pertanto necessario in prima istanza garantire che tali indicazioni siano applicate efficacemente, in modo diffuso ed omogeneo, su tutto il territorio regionale.

In particolare occorre favorire l’integrazione dei servizi e delle azioni a livello territoriale, sviluppando il «lavoro di rete» che si ritiene il fondamento insostituibile di ogni percorso di tutela della Salute Mentale.

2) In particolare è opportuno verificare:

– la piena operatività degli organismi preposti al coordinamento del lavoro «di rete» in un dato ambito territoriale (Organismi di Coordinamento, Tavoli tecnici, Tavoli distrettuali).

Tali Organismi dovrebbero svolgere un ruolo attivo anche nel promuovere e diffondere una cultura della salute mentale capace di contrastare lo stigma ad essa connesso;

– la presenza effettiva nei servizi territoriali di operatori, di diverso profilo professionale, in numero tale da garantire le prestazioni prevedibili e da consentire di far fronte agli imprevisti;

– la messa in atto chiara da parte dei CPS dei percorsi di cura secondo i modelli della:

– consulenza

– assunzione in cura

– presa in carico

così come indicato nel PRSM;

– la disponibilità nei CPS di offerte di trattamento differenziate: non solo colloqui psichiatrici ma interventi articolati multidisciplinari, gestiti secondo le modalità dell’intervento in èquipe e differenziati secondo i diversi percorsi concordati;

– la presenza di protocolli d’intesa, con: i servizi delle UONPIA, al fine di garantire la continuità della cura, i servizi delle ASL (p.es. area disabilità, SeRT, NOA), i MMG, il privato accreditato, i Comuni e le associazioni di volontariato, per la gestione di patologie di confine e/o che richiedano l’attivazione di risorse multidisciplinari e «trasversali».

3) Vi è a tal fine la necessità non differibile di attribuire al territorio risorse certe ed adeguate, ridefinendo parametri operativi minimi, sia strutturali sia di personale, per garantire lo svolgimento delle attività proprie del CPS.

Si consideri al riguardo che negli ultimi anni (secondo quanto emerge dall’analisi dei dati del sistema informativo) i CPS hanno visto aumentare di oltre il 30% il numero di utenti trattati.

Da questo discende:

  1. a) la possibilità di garantire orari di apertura dei CPS più ampi ed omogenei su tutto il territorio regionale; al proposito è opportuno verificare la compatibilità tecnica (orari dei mezzi di trasporto) e/o la presenza e la disponibilità di supporti (familiari e sociali) che rendano effettivamente fruibile l’ampliamento dell’offerta dei servizi;
  2. b) la possibilità di definire i tempi massimi entro i quali il CPS debba rispondere a qualsiasi richiesta per consulenza e valutazione.

4) È opportuno promuovere ed attuare programmi di formazione continua del personale, improntati alla medicina basata sulle evidenze, finalizzati a migliorare la comunicazione tra operatori, utenti e familiari quale obiettivo/strumento necessario per una efficace azione clinica; la formazione dovrà inoltre essere finalizzata alla gestione delle situazioni critiche con attenzione al problema della contenzione.

5) È auspicabile promuovere iniziative di confronto e scambio di esperienze e di protocolli elaborati dai diversi DSM e/o ambiti territoriali al fine di costruire percorsi diagnostico-terapeutici condivisi e più omogenei basati sulle migliori pratiche possibili.

6) È inoltre necessario avviare valutazioni periodiche sulla soddisfazione degli utenti, dei familiari e degli operatori, quale passaggio qualificante del percorso di miglioramento continuo di qualità dei servizi psichiatrici.

7) Per quanto riguarda in particolare i familiari, appaiono non eludibili le richieste, avanzate dalle loro associazioni, di:

  1. a) essere destinatarie di progetti di supporto che permettano, a chi sta vicino al portatore di disagio psichico, di imparare le tecniche per relazionarsi a lui nel modo più adeguato possibile, tale da garantire, con pari dignità, il benessere del paziente e dei familiari stessi;
  2. b) disporre di un luogo di riferimento, per esempio attraverso l’attivazione di uno «sportello», che sia in grado di accogliere le richieste e offrire risposte adeguate alla complessità dei bisogni con particolare attenzione ai soggetti che versano in situazioni di difficoltà economica (sociali, sanitari, di inserimento lavorativo, di soluzioni abitative);
  3. c) partecipare maggiormente all’attività di programmazione e valutazione svolta dai servizi e favorire un maggior coinvolgimento nell’attuazione dei programmi riabilitativi;
  4. d) individuare, la residenzialità leggera e l’inserimento lavorativo, quali tematiche prioritarie per eventuali, ulteriori programmi innovativi;

8) Al fine di rappresentare l’effettiva operatività dei CPS, sarà opportuno ampliare le tipologie di intervento riconosciute dalla circolare 46/San, prevedendo, per esempio, la possibilità di valorizzare gli interventi di «rete», che coinvolgano altri enti e soggetti (enti locali, associazioni, mondo della cooperazione…) e/o siano rivolti a «soggetti collettivi» (ad esempio «prestazioni non direttamente riconducibili al paziente»).

In modo più immediato sarebbe opportuno:

– verificare la possibilità che le ASL utilizzino risorse per:

  1. a) incrementare le attività psichiatriche sul territorio;
  2. b) promuovere esperienze qualificate di «residenzialità leggera»;

– consentire di reinvestire «sul territorio» eventuali risorse mobilizzate dalla revisione e riqualificazione delle strutture residenziali psichiatriche;

– assicurare che gli introiti derivanti dal riutilizzo del patrimonio edilizio degli ex ospedali psichiatrici vengano destinati all’assistenza psichiatrica territoriale.

Fondamentale nello sviluppo di questi processi è il ruolo dell’Organismo di Coordinamento per la salute mentale (O.C.S.M.), che deve operare con l’obiettivo di integrare tutti i soggetti che concorrono alla tutela della salute mentale nel territorio e che deve fornire un apporto decisivo nelle fasi di programmazione delle attività assistenziali e di negoziazione del budget.

Il problema della «cronicità» in psichiatria riguarda pazienti con patologia grave che hanno raggiunto una certa stabilità clinica e convivono con sintomi psicotici anche gravi che però non condizionano del tutto la loro vita e che spesso consentono un livello di autonomia parziale e presente in grado diverso.

La moderna psichiatria cerca di limitare i danni (la disabilità) con la riabilitazione, intervenendo con programmi di cura individuali e personalizzati sia per recuperare abilità perse sia per insegnare abilità mai apprese in precedenza (cosa che in genere avviene a causa dell’esordio precoce della malattia), allo scopo di aiutare il paziente a raggiungere il massimo livello di autonomia possibile.

Schematicamente, alla fine del percorso riabilitativo sono di solito ipotizzabili tre situazioni, per le quali è auspicabile che la soluzione individuata sia condivisa tra l’Organismo di coordinamento e gli Uffici di Piano distrettuali:

  1. pazienti molto autonomi che tornano a vivere in casa propria, da soli o con la famiglia;
  2. pazienti poco autonomi che necessitano di strutture che garantiscono un’assistenza continua nelle 24 ore (per esempio RSA o simili);
  3. pazienti con un grado di autonomia intermedia che potrebbero essere inseriti in piccoli nuclei comunitari siti in case o appartamenti.

Per quest’ultima tipologia di utenza in particolare, il Piano Regionale per la Salute Mentale propone nuove forme di residenzialità e nuovi modelli di intervento, tra cui la «residenzialità leggera».

Si tratta di una risorsa avvertita come fondamentale dagli operatori dei servizi, dai famigliari e dagli utenti, poiché riguarda il futuro delle persone assistite che non possono né essere abbandonate né inviate in istituzioni: la prospettiva è quella di offrire loro la possibilità di vivere in una «casa», realizzando piccole comunità nel contesto del territorio e in rapporto con tutta la rete sociale, anche attraverso i Piani di Zona Distrettuali dei Comuni. Non va dimenticato, infatti, che i portatori di disagio psichico sono soggetti con diritto di cittadinanza, ovvero con diritti in campo socio-assistenziale, con diritto alla casa e all’assistenza domiciliare, con diritto al lavoro ed al recupero della propria professionalità. Assumere questo presupposto significa, e comporta, riportare la persona al centro dell’attenzione di tutti gli attori sociali del suo ambiente e non dimenticarla nel non luogo della malattia mentale.

La caratteristica di questa forma di intervento è rappresentata da realtà intermedie tra domiciliarità e istituzione, tra territorialità e residenzialità e necessita della compresenza di competenze sanitarie (riabilitative di media e bassa intensità) e sociali (legate al diritto di cittadinanza).

Un’attenzione particolare richiede al proposito la realtà metropolitana dove una serie di fattori di criticità (mancanza o debolezza di reti familiari, carenza di alloggi, diffusione di diverse forme di disagio sociale, ecc.) rende il paziente psichiatrico più bisognoso di situazioni intermedie e protette. Ed è nella realtà metropolitana che i limiti dell’attuale sistema di residenzialità psichiatrica, la cui offerta è concentrata sulla alta e media protezione (1.000 pazienti attualmente ricoverati in strutture residenziali ad alta e media protezione e solo 13 posti accreditati e a contratto per la bassa intensità), si evidenziano con maggiore urgenza: per mancanza di posti disponibili viene infatti preclusa la possibilità di ricovero a persone che ne avrebbero bisogno e, al tempo stesso, soggetti che potrebbero beneficiare di percorsi evolutivi, trovandosi in situazione di maggiore compenso, sono costretti a rimanere in strutture ad alto costo e inappropriate dal punto di vista clinico.

La promozione e lo sviluppo di forme di residenzialità leggera, di cui si evidenzia la necessità di una collocazione nel territorio di origine del paziente, appare pertanto una priorità della programmazione psichiatrica.

Anche in questo ambito il ruolo che possono svolgere le ASL e gli Organismi di Coordinamento per la salute mentale (O.C.S.M.) in materia di analisi dei bisogni territoriali e di indirizzo circa l’allocazione delle risorse, appare fondamentale.

Come si è già detto, per esempio, l’O.C.S.M. può orientare la destinazione e l’utilizzo dei risparmi, eventualmente ottenuti grazie alla razionalizzazione della spesa derivante dalla riqualificazione dell’intero sistema di offerta residenziale, in favore dello sviluppo di attività territoriali e, in particolare, di forme’leggerè di residenzialità, realizzando in tal modo un circolo virtuoso tra risorse e servizi erogati.

DOCUMENTO ELABORATO DAL TAVOLO DI LAVORO NEUROPSICHIATRIA INFANTILE

La collaborazione tra i servizi, l’integrazione delle risorse e il lavoro in rete

L’intervento multidisciplinare, necessario ad assicurare risposte appropriate ai complessi bisogni del minore con patologia neuropsichica e della sua famiglia, richiede la definizione di modelli organizzativi che consentano di organizzare e ottimizzare la rete dei servizi specialistici pubblici e privati a contratto presenti nel territorio delle ASL, al fine di garantire la tempestività degli interventi diagnostico terapeutici, la continuità dei trattamenti riabilitativi, il coordinamento dei diversi interventi ed il collegamento con i servizi psichiatrici e gli altri servizi per i minori e per la disabilità, siano essi sanitari, sociali o educativi.

Le UONPIA, attraverso le proprie articolazioni organizzative diffuse sul territorio, devono assicurare un’adeguata risposta ai bisogni dell’utenza anche in integrazione con le altre unità di offerta di questo ambito. Questo necessita di risorse strutturali ed umane multiprofessionali adeguate per poter far fronte ad una domanda di diagnosi e cura in costante crescita anche promuovendo, quando possibile, interventi di assistenza domiciliare.

A tal fine è essenziale l’attribuzione alla NPI di risorse adeguate e dedicate, ricomprendendo il riconoscimento delle prestazioni nonché il finanziamento per le attività attualmente non tariffate.

In analogia con quanto previsto nel Piano Regionale per la Salute Mentale, si propone l’istituzione in ogni ASL di un Organismo di Coordinamento per la NPI e la definizione del relativo regolamento.

Ciascuna ASL, nell’ambito dell’Organismo di Coordinamento, attraverso un sistema di raccolta dati omogeneo definito a livello regionale, deve elaborare dati epidemiologici relativi all’incidenza e prevalenza delle patologie più rilevanti ed ai bisogni ad esse connessi.

Le attività dell’Organismo di coordinamento devono essere finalizzate a perseguire prioritariamente alcuni obiettivi:

– assicurare la presa in carico precoce del minore attraverso la definizione di priorità cliniche e di percorsi condivisi con le strutture a contratto per diagnosi, interventi terapeutici tempestivi e di prevenzione secondaria (con particolare attenzione alle patologie ad alto impatto sociale e ad alta complessità clinico organizzativa) tenendo conto degli specifici bisogni del territorio; definire, in particolare per le patologie congenite, percorsi di continuità nell’ambito del processo di presa in carico precoce;

– fornire tempestivamente sostegno alla genitorialità;

– definire percorsi di continuità del processo di presa in carico del paziente tra età evolutiva ed età adulta in raccordo con gli Organismi di coordinamento per la salute mentale;

– promuovere una progettualità, condivisa con gli Uffici di Piano dei Comuni partecipanti all’Organismo di coordinamento, tra la programmazione degli interventi socio-educativi e di sostegno alle famiglie e ai minori ed i progetti di trattamento specialistici degli Erogatori;

– garantire e coordinare l’attuazione di nuove modalità di accertamento collegiale degli alunni disabili secondo il D.P.C.M. n. 185/2006 e le attività di valutazione e consulenza previste dalla L. n. 104/92 per l’integrazione scolastica;

– definire un modello organizzativo che consenta di affrontare efficacemente gli interventi di emergenza e urgenza e le necessità di ricovero, anche attraverso la partecipazione alla programmazione regionale di un’apposita rete assistenziale in cui i Poli Ospedalieri NPI, adeguatamente attrezzati e collegati con altri servizi ospedalieri ad alta specializzazione, siano in grado di far fronte alle specifiche emergenze-urgenze del territorio attraverso protocolli operativi;

– analizzare la rete dei servizi attualmente disponibili sul territorio ed i bisogni emergenti (quali ad es. i disturbi del comportamento alimentare) al fine di sviluppare l’offerta anche di residenzialità terapeutica e definire percorsi d’accesso condivisi.

DOCUMENTO DEL TAVOLO SULL’ASSISTENZA PEDIATRICA

L’assistenza pediatrica in Italia è efficace (vedi indici di mortalità e morbilità), presenta però la peculiarità di un numero di pediatri pari in media al doppio degli altri paesi europei e indici di possibili utilizzi impropri dei servizi pediatrici.

Già il PSSR 2002-2004 poneva attenzione alla assistenza pediatrica nell’ambito dell’area materno infantile. Il PSSR 2007 – 2009 recentemente approvato punta in particolare l’accento sulla necessità di maggiore integrazione fra l’assistenza pediatrica territoriale e quella ospedaliera.

Sulla scorta di tali considerazioni l’Assessore alla Sanità ha voluto convocare il «Tavolo di lavoro della pediatria»: gli specialisti pediatri ospedalieri, universitari e territoriali partecipanti al tavolo di lavoro hanno elaborato una prima proposta con il presente documento.

In tale contesto, tenuto conto delle indicazioni programmatiche, si assume che centrale è la considerazione / obiettivo:

– il bambino ha diritto ad una risposta assistenziale con competenze pediatriche durante l’arco delle 24 ore, sette giorni su sette.

Allo scopo si individuano le seguenti aree di intervento:

– ottimizzazione della presenza del PDF durante le ore diurne;

– garanzia di livelli di servizio adeguati per una effettiva continuità assistenziale;

– riqualificazione della rete ospedaliera pediatrica;

– individuazione dei Tavoli di Coordinamento Provinciale che si fanno carico dell’assistenza pediatrica nel suo complesso.

Individuate queste aree di intervento, la disanima e le conseguenti proposte progettuali sono articolate secondo i livelli di assistenza delle cure primarie, delle cure specialistiche di secondo livello, della continuità assistenziale.

Cure primarie – Il tavolo di lavoro conviene che:

  1. debba essere incentivata l’integrazione funzionale e operativa tra i Pediatri di Famiglia promuovendo il lavoro in forma associata che dovrà avere caratteristiche che tengano conto delle peculiarità demografiche e territoriali; l’apertura dello studio e/o degli studi dovrà garantire, sul territorio, una copertura più efficiente e fruibile nella fascia oraria compresa tra le ore 8.00 e le ore 20.00 dei giorni feriali. Si concorda inoltre sulla sperimentazione della copertura della giornata di sabato, da parte dei pediatri di libera scelta, previe indicazioni regionali, sulla base di specifici progetti ASL;
  2. debba essere incentivato, in relazione al raggiungimento di obiettivi di governo clinico concordati con le ASL, l’utilizzo di personale di supporto di studio sia di tipo infermieristico che amministrativo in modo da agevolare il PDF nell’esecuzione delle proprie mansioni individuando modalità di lavoro pluriprofessionale che consentano una adeguata risposta ai diversi bisogni del paziente (assistenza infermieristica, conoscenza di procedure pratiche amministrative, socio sanitarie, attività di prevenzione);
  3. debba essere incentivata, in relazione al raggiungimento di obiettivi di governo clinico concordati con le ASL, la diffusione della carta CRS SISS e del relativo sistema informativo che deve essere utilizzato dai PDF in modo da consentire il passaggio in tempo reale delle informazioni cliniche riguardanti ogni singolo paziente, anche attraverso una costante partecipazione alle attività dei network di patologia;
  4. debba essere sperimentata la realizzazione di modelli assistenziali che prevedano la collaborazione con specialisti di altre branche anche con l’ausilio di strumenti di telemedicina (esempio: teleconsulto di second opinion);
  5. debba essere incentivata, con l’individuazione dei livelli di servizio, degli indicatori di valutazione e del relativo budget, la possibilità di realizzare perifericamente, anche negli studi del Pdf piccola diagnostica di laboratorio, in analogia con le regole di sistema in tema di accreditamento;
  6. debbano essere garantiti i percorsi di assistenza territoriale (APA, ADI, ADP) per i soggetti in età pediatrica che ne avessero necessità.

Tutte queste caratteristiche organizzative e strutturali dovranno essere dimensionate in modo da risultare funzionali al raggiungimento dei bisogni di salute, secondo i livelli essenziali di assistenza.

In tale contesto spetta alle ASL farsi promotrici, nell’ambito della programmazione annuale, di iniziative progettuali di integrazione.

L’iniziativa progettuale, oltre ad individuare le specifiche azioni e tematiche dovrà individuare le modalità di utilizzo delle risorse e i livelli di servizio integrati.

È necessario che dette progettualità mantengano un alto grado di duttilità e flessibilità per potersi adattare velocemente al mutare dei bisogni assistenziali e organizzativi, permeando il più possibile il territorio di riferimento.

Il raggiungimento degli obiettivi dovrà essere monitorato attraverso l’utilizzo di indicatori concordati e validati che consentano un monitoraggio costante dello stato e della qualità dell’assistenza erogata (valutazione outcomes).

La Formazione Continua post specializzazione deve prevedere momenti comuni con i Pediatri degli ospedali di riferimento e, su aspetti specifici, con le altre figure professionali dell’area delle cure primarie. Tale Formazione Continua deve essere coordinata e programmata dai pediatri ospedalieri e dai PDF e dovrà avere tra gli obiettivi specifici anche la produzione di PDT condivisi.

In tal senso si raccomanda che nei piani formativi dei provider regionali sia contenuta almeno una iniziativa di formazione sul campo che preveda attività integrata di condivisione di modalità di assistenza in ambito pediatrico, con il coinvolgimento sia dei professionisti del territorio (non solo medici) sia di quelli ospedalieri.

Continuità dell’assistenza

La continuità dell’assistenza durante la notte ed i giorni prefestivi e festivi sarà assicurata da forme integrate pediatriche (già sperimentate o in fase di sperimentazione) tra ospedale e territorio (ciascuno per le parti di propria competenza) con la collaborazione dei medici del servizio di continuità assistenziale.

Rapporti fra pediatria di libera scelta, continuità assistenziale e strutture erogatrici di Pronto Soccorso.

Un sostanziale miglioramento dovrebbe derivare dalla minore richiesta di prestazioni con caratteristiche riconducibili ai cosiddetti codici bianchi (prestazioni differibili) qualora efficacemente filtrati dal sistema assistenziale diurno, articolato al meglio nella sua capacità organizzativa di intercettazione delle richieste di una utenza che dovrebbe essere educata ad un migliore utilizzo del SSN, anche attraverso puntuali e precise comunicazioni da parte degli operatori sanitari coinvolti.

Le ipotesi di risposta «organizzata» ai bisogni assistenziali pediatrici nei giorni festivi e prefestivi possono diversificarsi in base alle differenti realtà locali e si elaborano meglio utilizzando gli elementi emersi da esperienze sperimentate o facendo riferimento alle potenzialità espresse dagli accordi nazionali, regionali e/o aziendali con la pediatria di famiglia. È probabile che solo un dispositivo combinato ed una sinergia fra il P.S., il servizio di continuità assistenziale e il 118 possano permettere, in tempi relativamente brevi, risultati misurabili.

Si riportano alcuni elementi che possono costituire indicazione per lo sviluppo delle progettualità:

1) Pediatri di famiglia riuniti in gruppo in una struttura distrettuale o ospedaliera distinta dal P.S.

2) PDF e Pediatra Ospedaliero (P.O.) integrati. Questo progetto sperimentale ipotizza l’utilizzo di strutture distrettuali (dove i distretti sono luoghi di cura) o ospedaliere (funzioni di rete degli ospedali sia di 2º che di 3º livello) nelle quali prevedere l’attività in gruppo di pediatri di libera scelta ed ospedalieri, coadiuvati da personale infermieristico ed eventualmente la possibilità di attivare l’«osservazione breve».

3) Medici di continuità assistenziale (quando possibile, anche adeguatamente dotati in termini di dotazione strumentale: dotazione mini lab), per dare risposte ai codici bianchi dopo triage pediatrico in PS selezionando i casi da inviare al P.O.

Ai medici di continuità assistenziale, nel rispetto dell’ACN vigente, sarà garantita una formazione continua per affrontare con competenza il compito loro assegnato e dovranno essere in comunicazione (audit clinico, rete informatica) con i PDF e con il P.S. pediatrico di riferimento.

Tale formazione deve avvenire presso gli ambulatori dei PDF e presso le U.O pediatriche ospedaliere. Il percorso formativo (teorico/pratico) deve prevedere un numero di ore adeguato per l’area pediatrica. Allo scopo di validare e certificare tale attività di formazione deve essere previsto che un pediatra (PDF o ospedaliero) coordini la formazione pediatrica del medico di continuità assistenziale, con attività di tutoraggio assegnata a formatori della continuità assistenziale, indirizzandola ai bisogni assistenziali del territorio di riferimento.

Cure di secondo livello

Una possibile definizione di cure di secondo livello è la seguente: «Cure indirizzate a patologie a media ed elevata difficoltà diagnostico-assistenziale, da effettuarsi ovunque le problematiche cliniche poste possano essere affrontate in sicurezza, oggi prevalentemente in ambito ospedaliero».

Appare ormai chiaro a tutti che i confini tra i diversi livelli assistenziali non sono assolutamente ben definibili, in quanto ciò che può essere considerato di secondo livello in un determinato contesto socio-geografico, può essere considerato di primo in un contesto meglio organizzato e strutturato.

È opportuno considerare i seguenti punti:

  1. Le situazioni di accesso al P.S. che esitano in «codici bianchi» devono essere riconducibili ad un trattamento al di fuori dell’ambito ospedaliero con modalità che possono essere anche diverse, a seconda delle peculiarità locali. Soltanto in orario notturno e nelle giornate festive, è giustificabile il coinvolgimento del Pronto Soccorso ospedaliero. In tale maniera non verrebbero sottratte risorse ospedaliere che saranno disponibili per i pazienti ricoverati. In una prima fase questo obiettivo va perseguito con una puntuale ed efficace comunicazione alle famiglie e con una compiuta attività di ritorno informativo (con caratteristiche bidirezionali) tra P.S. e Pediatri di Famiglia tramite il SISS, che ovviamente sarà monitorata e controllata dall’ASL competente per territorio.
  2. È indispensabile procedere nella politica di riqualificazione della rete pediatrica ospedaliera.
  3. Le Società scientifiche di Pediatria e le società professionali pediatriche potranno proporre requisiti e standard assistenziali per le cure primarie e di secondo livello che poi potranno essere adottati a livello istituzionale, previa verifica di compatibilità di sistema.
  4. Istituzione di reti di assistenza tra i vari ospedali; il ricovero nei vari presidi ospedalieri avviene sulla base del livello di assistenza necessario per il paziente, secondo protocolli comuni e linee guida condivise.

È necessario garantire agli ospedali con guardia attiva organici adeguati, in grado di affrontare i carichi di lavoro richiesti, (disponendo anche del tempo necessario per l’approfondimento dei casi clinici di maggior rilevanza) e l’aggiornamento continuo, diritto-dovere di ogni medico.

Dove deve avvenire l’integrazione ospedale territorio

Il tavolo di lavoro propone l’istituzione, nelle diverse ASL, del tavolo di Coordinamento Provinciale Pediatrico fondamentale per creare sinergia reale e per le risposte complessivamente necessarie in ambito pediatrico (coinvolgimento, comunicazione, formazione, partnership, sussidiarietà etc.)

Può essere utile e facilitante il «percorso», la riproposizione dell’esperienza maturata in ambito psichiatrico con l’organismo di coordinamento per la salute mentale, tenendo presente l’importanza di coordinamenti di sistema e la valutazione dei percorsi nell’ambito territoriale di riferimento.

In particolare si ritiene che il tavolo di coordinamento provinciale debba, nel valutare complessivamente le tematiche connesse con l’assistenza pediatrica del territorio di competenza, operare sicuramente su:

– Formazione e aggiornamento comuni

È opportuno individuare aree comuni di formazione e aggiornamento, al fine del raggiungimento e della condivisione delle specifiche problematiche assistenziali e di un linguaggio comune.

– Linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici

Appare necessario produrre e soprattutto condividere, percorsi diagnostico-terapeutici al fine di definire gli opportuni ambiti di cura per le specifiche patologie, omogeneizzare i sistemi di diagnosi e cura, garantire la migliore continuità assistenziale e il miglior rapporto tra efficacia ed efficienza.

– Linee guida e percorsi di prevenzione che vedono nell’età pediatrica il periodo di migliore divulgazione/comprensione degli elementi fondanti i «corretti stili di vita», in stretta collaborazione con la famiglia.

Nell’organizzazione del Tavolo di Coordinamento Provinciale è necessario tenere in considerazione la particolarità e specificità del territorio regionale, a partire dalla città di Milano.

L’ambito di applicazione delle modalità di assistenza condivise nel Tavolo di Coordinamento Provinciale può essere il Distretto che a sua volta può prevedere un tavolo di concertazione tra assistenza territoriale ed ospedaliera.

Allegato 16

LINEE DI PROGRAMMAZIONE E DI INDIRIZZO DEI SERVIZI SOCIO-SANITARI E DI RIABILITAZIONE AFFERENTI ALLA COMPETENZA DELLA DIREZIONE GENERALE FAMIGLIA E SOLIDARIETÀ SOCIALE

Servizi socio sanitari

Coerentemente alla linea programmatico-finanziaria avviata lo scorso anno con la Delib.G.R. 12 dicembre 2005, n. 1375, relativa alle «Regole» per la gestione del sistema socio sanitario regionale per l’anno 2006, nel rispetto della vigente normativa nazionale e regionale, nonché dei correlati provvedimenti nazionali e regionali, si prosegue nel 2007, con decorrenza 1 gennaio 2007, il blocco di nuovi accreditamenti nonché dell’ampliamento di accreditamenti relativamente alle seguenti unità d’offerta/tipologie d’intervento e fatti salvi i casi definiti ai punti successivi:

– Strutture per la riabilitazione nelle aree specialistica, generale e geriatrica, di mantenimento

– Residenze Sanitario Assistenziali per anziani (R.S.A.)

– Centri Diurni Integrati per anziani (C.D.I.)

– Residenze Sanitario Assistenziali per disabili (R.S.D.)

– Centri Diurni per Disabili (C.D.D.) – Comunità Socio Sanitarie per disabili (C.S.S.)

– Hospice

– Servizi per le Dipendenze

– Assistenza domiciliare integrata/Voucher socio-sanitario (A.D.I./V.S.S.).

Nel corso del 2007 saranno accreditabili i Consultori familiari e le unità d’offerta R.S.A., R.S.D., Hospice, C.D.I., C.D.D., C.S.S. e Servizi Dipendenze realizzate con finanziamenti statali o regionali, nonché relative ai seguenti casi per le motivazioni specificamente indicate:

– Residenze Sanitario Assistenziali per anziani:

– posti letto realizzati o che verranno realizzati sul territorio della sola ASL Città di Milano, per i quali sia giunta comunicazione del permesso di costruire alla competente Direzione Generale Famiglia e solidarietà sociale entro lo scorso 30 settembre 2005, qualunque fosse lo stato di avanzamento dei lavori di edificazione a quella data, così come previsto dalla Delib.G.R. 3 dicembre 2004, n. 7/19688 e dalla Delib.G.R. 14 dicembre 2005, n. 8/1375.

– Residenze Sanitario Assistenziali per disabili:

– posti letto derivanti dal compimento del processo di riconversione dei Centri residenziali e degli Istituti educativo assistenziali per handicappati;

– posti letto autorizzati e operanti con utenza effettiva al 31 ottobre 2006, nei limiti stabiliti con successivo provvedimento.

– Centri Diurni per Disabili:

– posti per i quali era stata presentata domanda di riconversione da parte dei gestori di Centri socio educativi il 31 maggio 2005, ferma restando la necessità del parere favorevole dell’A.S.L. o della perizia asseverata. – Hospice

– posti letto autorizzati e operanti con utenza effettiva al 31 ottobre 2006, nei limiti stabiliti con successivo provvedimento.

– Servizi per le dipendenze

Il processo di accreditamento stabilito con la Delib.G.R. 7 aprile 2003, n. 7/12621, che ha introdotto elementi di flessibilità e specializzazione nell’organizzazione dei servizi delle dipendenze, ha portato ad un sistema di intervento diffuso su tutto il territorio regionale e articolato nelle varie tipologie.

In questi ultimi anni, a partire dall’iniziale riorganizzazione, la rete dei servizi si è sostanzialmente stabilizzata, confermando in ogni A.S.L. il volume accreditato seppur con articolazioni e modulazioni interne.

A fronte dei rapidi cambiamenti legati all’evoluzione del fenomeno delle dipendenze è opportuno prevedere un’eventuale e ulteriore modulazione dell’offerta e disporre per il 2007 l’accreditamento di:

– servizi multidisciplinari integrati,

– servizi residenziali e semiresidenziali autorizzati e operanti con utenza effettiva al 31 ottobre 2006, nei limiti stabiliti con successivo provvedimento

– trasformazioni in moduli (posti di accoglienza e di trattamento specialistico) all’interno di servizi residenziali e semiresidenziali già accreditati, a condizione di non ampliare la capacità complessivamente accreditata.

Attività socio-sanitarie a budget

Anche nel 2007, per le attività dei Centri Diurni Integrati per anziani, dei Centri Diurni per disabili e dell’Assistenza Domiciliare Integrata/Voucher socio-sanitario ogni A.S.L. dovrà negoziare il relativo budget con gli Enti gestori.

Strutture riabilitative

Per quanto riguarda le attività di riabilitazione, nel 2007:

– si continua l’attività di accreditamento in conformità con quanto disposto con il decreto del Direttore Generale Famiglia e solidarietà sociale n. 11250 del 18 luglio 2005, con il quale è stato approvato l’assetto dei volumi di attività autorizzabili ed accreditabili per ogni struttura sulla base delle proposte rassegnate dagli Enti gestori;

– eventuali riclassificazioni delle attività degli istituti di riabilitazione extraospedaliera già accreditati ai sensi della Delib.G.R. 16 dicembre 2004, n. 7/19883 potranno essere consentite nel limite dei budget già definiti.

Le tipologie di riabilitazione extraospedaliera devono considerarsi superate così come è stato stabilito con il provvedimento di riordino delle attività riabilitative, Delib.G.R. n. 7/19883 del 2004, che analogamente ha disposto per le tipologie previste dalla Delib.G.R. 6 agosto 1998, n. 6/38133, proprio per superare la distinzione, all’interno della rete delle strutture riabilitative, tra assistenza ospedaliera ed extraospedaliera.

Per la remunerazione delle attività riabilitative riclassificate sono applicate le tariffe definite con Delib.G.R. 16 febbraio 2005, n. 20774: la decorrenza è dalla data di stipula del contratto tra gestore della struttura riclassificata e la ASL competente. Viene riconfermato per il 2007 quanto è stato stabilito con Delib.G.R. 27 giugno 2006, n. 8/2819 per quegli Istituti di riabilitazione extraospedaliera ex art. 26 che non concludono il percorso di riordino entro il 2007 stesso: sino a che non sarà concluso l’iter di accreditamento, e fino alla data di stipula del nuovo contratto con la ASL competente, saranno applicate le tariffe per loro definite con Delib.G.R. 7 aprile 2003, n. 7/12621, attribuendo quale budget provvisorio 2007 quanto remunerato nel 2005, rapportato al periodo intercorrente tra il 1º gennaio 2007 e la data di stipula del contratto.

L’attività di monitoraggio ha evidenziato fortemente che l’opera di «accompagnamento» per favorire il processo di riordino deve essere molto attenta a quelle strutture IDR che tradizionalmente si sono fatte carico di situazioni complesse, o per il grado della disabilità o per l’esordio precoce o per la totale mancanza di relazioni sociali, per le quali non si può in breve tempo provvedere ad una adeguata ricollocazione delle persone. Proprio perché questo processo deve altresì tenere conto di situazioni che per età e durata di permanenza nella struttura comportano una diversa adattabilità al modello assistenziale proprio della struttura, evidenziando un livello di fragilità che può essere efficacemente gestito con lo standard praticato sino a quel momento, si ritiene di stabilire per le persone così caratterizzate presenti su posti sia riclassificati nel nuovo sistema riabilitativo sia accreditati su altre unità d’offerta socio sanitaria:

– il mantenimento degli standard che erano previsti per gli IDR

– la remunerazione delle prestazioni applicando le tariffe IDR definite con Delib.G.R. n. 7/12621 del 2003.

Ovviamente, per ogni nuova ammissione in quella tipologia d’offerta, deve essere garantita l’appropriatezza delle prestazioni e gli standard stabiliti dal nuovo regime d’accreditamento.

Si ritiene inoltre opportuno estendere «…la compartecipazione dell’utente nella misura corrispondente all’ammontare dell’assegno di accompagnamento, se percepito…», come previsto dalla Delib.G.R. 23 gennaio 2004, n. 16076, anche agli ospiti IDR presenti alla data di pubblicazione del presente provvedimento che verranno accolti più appropriatamente in Comunità socio sanitaria per persone disabili (CSS).

Altre disposizioni per le strutture di riabilitazione

Le strutture di riabilitazione dovranno attenersi alle seguenti ulteriori disposizioni:

– gli esami strumentali e di laboratorio specifici eventualmente necessari per la realizzazione del Piano Riabilitativo Individuale e del Programma Riabilitativo Individuale sono a carico dell’ente gestore della Struttura riabilitativa riclassificata o IDR (se non ancora accreditata ai sensi della Delib.G.R. n. 7/19883 del 2004)

– con riferimento alle sole prestazioni ambulatoriali in area Generale e geriatrica viene applicato il ticket, a far tempo dal 1º aprile 2007 con le modalità e negli stessi termini previsti per le prestazioni ambulatoriali in area Specialistica e la remunerazione è quella riportata nel Nomenclatore tariffario.

– con riferimento al budget che viene definito ed assegnato ad ogni Struttura riabilitativa riclassificata si stabilisce quanto segue:

– ogni ASL deve negoziare in maniera distinta le quote di budget rispettivamente per le prestazioni in regime di ricovero (regimi di ricovero ordinario e di day hospital) e per le prestazioni nei regimi diurno continuo, ambulatoriale e domiciliare. Non è possibile trasferire volumi di prestazioni e/o di budget tra questi due ambiti;

– la remunerazione di una quota di prestazioni deve essere subordinata al raggiungimento di ulteriori obiettivi negoziati tra Aziende Sanitarie Locali e soggetti gestori. Tale quota di prestazioni è pari alla somma del 4% del budget per i ricoveri e del 14% del budget per le prestazioni nei regimi diurno continuo, ambulatoriale e domiciliare.

Allegato tariffe DRG (4)

(4) Si omettono le tabelle.


ALLEGATO 5

Circ. reg. 19 dicembre 2006, n. 33 (1)

Interventi attuativi territoriali del Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una Pandemia Influenzale.

(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 15 gennaio 2007, n. 3.

Con Delib.C.R. 2 ottobre 2006 n. VIII/216 è stato assunto il «Piano Pandemico Regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale secondo le direttive del Ministero della Salute».

Il Piano nasce infatti dalla direttiva nazionale «Accordo, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, per un Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale» rep. n. 2479 del 9 febbraio 2006, stilato dal Ministero della Salute secondo le indicazioni dell’OMS del 2005.

Il documento, redatto con l’apporto tecnico scientifico dei componenti la task force a suo tempo attivata per le problematiche connesse con l’influenza aviaria e per la SARS, che vede rappresentata l’università – epidemiologi, virologi, infettivologi, veterinari e l’ISZ, è stato condiviso con le UU.OO. della D.G. Sanità interessate, con la Direzione Centrale Relazioni Esterne, Internazionali e Comunicazione; la D.G. Famiglia e Solidarietà Sociale; la D.G. Polizia Locale, Prevenzione e Protezione Civile; l’Ufficio di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) e, specie per gli aspetti che ne prevedono il coinvolgimento, con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali della Medicina Primaria, invitati ad un incontro il 30 maggio 2006.

Il piano regionale dettaglia le azioni finalizzate a rafforzare la preparazione alla possibile pandemia, definendone la pianificazione, con particolare attenzione al profilo organizzativo degli interventi di sorveglianza, di controllo e di assistenza, alla definizione della «cabina di regia» ed agli aspetti di comunicazione.

Nell’assunto che non si conosce quale sarà il virus pandemico e lo scenario conseguente alla sua diffusione – pur in presenza di studi che, simulando secondo modelli matematici l’impatto sulla popolazione, offrono indicazioni in merito agli interventi di contenimento dell’epidemia – di seguito si elencano le finalità con le quali il piano è stato costituito:

– disporre di uno strumento snello, operativo, che permetta di mobilitare in tempi brevi le risorse necessarie e di avere a disposizione una descrizione delle azioni e dei tempi di attivazione;

– operare in continuità con quanto già in essere per gli interventi emergenziali, utilizzando al meglio competenze e potenzialità della rete lombarda di prevenzione e cura;

– garantire informazioni corrette alla popolazione, contenendo epidemie «mediatiche»;

– coinvolgere il territorio in questa modalità di affronto, attraverso la predisposizione di Piani locali finalizzati a garantire l’attuazione degli interventi (vaccinazioni, sorveglianza dei casi, cura…) secondo le priorità previste dal livello nazionale e declinate nel documento regionale.

Ne consegue che ciascuna ASL deve farsi promotrice del coinvolgimento di tutte le realtà interessate, coordinando i differenti attori nella predisposizione di un documento che, per essere utile, dovrà necessariamente contenere chiari riferimenti locali in ordine a:

– decisori e linee di comando;

– piano distribuzione degli antivirali;

– piano per lo stoccaggio e la distribuzione dei presidi di protezione (mascherine, guanti,…);

– piano per l’attuazione di interventi straordinari di vaccinazione (vaccinare il maggior numero di soggetti nel più breve tempo possibile):

– quantificare il fabbisogno di vaccino suddiviso per categorie di priorità;

– piano per l’effettuazione delle vaccinazioni (sospensione delle attività ambulatoriali non urgenti; risorse di personale; collaborazione con MMG e PLS);

– corretto stoccaggio e conferimento del vaccino pandemico;

– disponibilità di elenchi aggiornati dei soggetti da vaccinare secondo le categorie di priorità contenute nel documento regionale;

– flussi informativi in relazione alla rilevazione dei primi casi ed alla attivazione degli interventi di sorveglianza e controllo, in relazione alle differenti fasi ed alle informazioni che verranno fornite dal livello sovraordinato (Regione, Ministero);

– piano di emergenza per aumentare la disponibilità dei posti letto;

– piano per il contenimento dei ricoveri (incremento ADI e mantenimento in RSA);

– piano di comunicazione ai partner sanitari e alla popolazione.

È pleonastico osservare che un documento che contenga esclusivamente dichiarazioni di intenti, non sarà in grado di muovere a tempo debito azioni efficienti ed efficaci; allo stesso modo se la sua predisposizione non perseguisse la strada della condivisione ma quella di disposizioni unilaterali, ancorché operative.

Il documento quindi non deve essere obbligatoriamente deliberato, né inviato alla Regione, a meno di eventuale successiva richiesta.

Poiché la Delib.C.R. 2 ottobre 2006 n. VIII/216 identifica azioni di competenza regionale, sarà cura della D.G. Sanità attraverso la U.O. Prevenzione, tutela sanitaria e veterinaria notiziare dello stato di avanzamento e realizzazione del piano stesso.

Da ultimo si informa che nei primi mesi del prossimo anno verrà avviato un percorso di formazione coordinato dal Ministero che, operando con l’ormai consolidata formula a «cascata», si prefigge di garantire una formazione omogenea sul territorio nazionale ed un confronto sulle modalità operative locali.


ALLEGATO 6

Delib.G.R. 2 aprile 2008, n. 8/6994 (1)

Attivazione dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.) in attuazione della L.R. n. 32/2007 “Istituzione dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza, modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali).

(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 14 aprile 2008, n. 16.

La Giunta regionale

Richiamata la Delib.C.R. 26 ottobre 2006, n. VIII/257 “Piano Socio Sanitario 2007-2009” (PSSR) che prevede la costituzione dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza, quale struttura tecnico-organizzativa con articolazioni territoriali e con il compito di programmazione generale dell’attività di Emergenza Urgenza (EU), basata su:

– obiettivi strategici individuati dalla Giunta regionale su proposta dell’Assessore alla Sanità;

– analisi dei flussi informativi di attività provenienti dalle Centrali operative, dagli Erogatori delle prestazioni, dalle Aziende Sanitarie locali;

– analisi territoriale con il contributo delle ASL, degli enti locali, dei soggetti erogatori e del volontariato;

– definizione – per la stipula dei contratti, accordi e capitolati – dei requisiti tecnici, organizzativi e professionali per i soggetti erogatori di prestazioni, nonché delle modalità di controllo per il mantenimento dei requisiti e delle prestazioni erogate;

– programmazione della formazione degli operatori professionali e volontari;

– gestione delle reti radiotelefoniche ed informatiche dedicate all’emergenza;

– gestione di acquisizioni centralizzate di beni e servizi;

– attuazione dei piani regionali per emergenze di massa, interventi di soccorso internazionale, rischi di particolare rilevanza;

Vista la L.R. 12 dicembre 2007, n. 32 “Istituzione dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza, modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali)” che istituisce l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.) e che, al comma 3 dell’art. 3-ter, dà mandato alla Giunta regionale, di definire, entro 180 giorni, acquisito il parere delle competenti Commissioni Consiliari, la sede, la struttura organizzativa, il patrimonio e le funzioni operative dell’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza, ivi compreso il servizio di elisoccorso, secondo le indicazioni del PSSR 2007-2009;

Richiamate:

  1. la Delib.G.R. 3 dicembre 1986, n. 4/15290, con cui è stato in via definitiva istituito il servizio di elisoccorso assistito, e che mediante successivi atti amministrativi la Giunta regionale ha ulteriormente definito l’organizzazione del servizio di soccorso sanitario con elicottero sul territorio della Regione Lombardia, approvando con Delib.G.R. 9 giugno 1987, n. 21466 il “Regolamento di elitrasporto assistito sul territorio regionale”, e istituendo, con Delib.G.R. 26 febbraio 2001, n. 3524, in via sperimentale per la durata di un anno, l’attivazione del volo notturno con elicottero sanitario;
  2. la Delib.G.R. 8 aprile 1997, n. 6/27099 avente ad oggetto “Atto di indirizzo per il riordino del Sistema Urgenza Emergenza in Lombardia”;
  3. la Delib.G.R. 17 luglio 1998, n. 6/37434 avente ad oggetto «Approvazione dei piani di cui ai punti 15 e 18 del documento di cui al punto 17 della Delib.G.R. 8 aprile 1997, n. 6/27099 “Atto di indirizzo per il riordino del Sistema Urgenza Emergenza in Lombardia” » che approva i documenti predisposti dall’Assessorato Regionale alla Sanità, redatti dalle commissioni nominate “ad hoc” con decreti del direttore generale D.G. Sanità n. 57706 e 57707 del 20 giugno 1997;
  4. la Delib.G.R. 28 giugno 1999, n. 6/4918 avente ad oggetto «Delib.C.R. n. VI/932/1998 “Atto programmatorio relativo al punto 2 della Delib.G.R. 8 aprile 1997, n. 6/27099: Atto di indirizzo per il riordino del Sistema Urgenza Emergenza in Lombardia”» concernente linee e indicatori per la distribuzione delle funzioni specialistiche e individuazione dei presidi per le attività di emergenza e urgenza, nonché determinazioni in ordine alle tariffe di remunerazione delle prestazioni di trasporto e ospedaliere”;
  5. la Delib.G.R. 22 ottobre 1999, n. 6/45819 avente ad oggetto “Complesso degli interventi attuativi e degli indirizzi organizzativi volti ad assicurare concretamente lo sviluppo del servizio di emergenza ed urgenza 118 in esecuzione dei provvedimenti di riordino assunti dalla Regione Lombardia con Delib.G.R. 8 aprile 1997, n. 6/27099, Delib.C.R. 17 giugno 1998, n. VI/932 e Delib.G.R. 17 luglio 1998, n. 6737434 “;
  6. la Delib.G.R. 23 febbraio 2004, n. 7/16484 avente ad oggetto “Ridefinizione del Comitato di Coordinamento Regionale per l’Emergenza-Urgenza (C.R.E.U.). Istituzione dell’Area di Coordinamento per l’Emergenza Urgenza (A.C.E.U.) e della Conferenza Generale per l’Emergenza Urgenza (CO.G.E.U.) e conseguente abrogazione dei punti 7, 8, 9 e modifica del punto 13 della Delib.G.R. 8 aprile 1997, n. 6/27099 (a seguito di parere della Commissione Consiliare competente)”;
  7. la Delib.G.R. 4 agosto 2005, n. 7/504 avente ad oggetto «Approvazione del documento “Indicazioni operative per la gestione di emergenze sanitarie”» che definisce la mappa di distribuzione territoriale delle dotazioni di antidoti da utilizzarsi in pazienti gravemente intossicati con aggressivi chimici non convenzionali, da mandato alle strutture ospedaliere di attivare la programmazione dei Piani di Emergenza per il Massiccio Afflusso di Feriti, attiva il servizio di elisoccorso notturno presso le centrali operative di Milano e Como, prevede l’acquisizione di posti medici avanzati di primo livello per un totale di 100 posti letto da distribuire ai S.S.U.Em. 118 regionali e promuove la predisposizione di piani per fronteggiare le emergenze stagionali di ricovero;

Considerato che la costituzione dell’A.R.E.U., rappresenta un’ulteriore fase di evoluzione del sistema che ha come obiettivi generali quanto definito nel PSSR 2007-2009 e che in particolare si ritiene superata l’organizzazione puntiforme della rete di emergenza territoriale, risultando necessario attivare modalità organizzative che assicurino l’azione preospedaliera e l’integrazione con le strutture ospedaliere, attraverso percorsi garantiti, autonomi, dedicati e privilegiati e la gestione dell’emergenza urgenza in una prospettiva integrata di sistema, e in coerenza con le indicazioni programmatorie di piano;

Ritenuto che il concetto di centrale operativa dedicata alla gestione esclusiva dell’emergenza debba essere superato dall’introduzione di nuove funzionalità che, in considerazione dell’ampia esperienza acquisita dagli operatori e della struttura organizzativa delle centrali operative, riescano a fornire un valore aggiunto alla gestione di reti complesse, come la rete per il trattamento delle sindromi coronariche acute o dell’ictus, o integrarsi con nuove reti;

Ritenuto necessario sviluppare le funzionalità di centrale operativa, ove presenti, relative alla gestione dei trasporti interospedalieri ed alla integrazione tecnologica ed operativa con il servizio di continuità assistenziale o, se non presenti, di prevederne l’implementazione, ed il relativo adeguamento tecnologico e di personale;

Valutata l’esigenza di integrare le informazioni derivate dal sistema informatizzato in uso presso le centrali operative con il complesso di informazioni generate dal sistema delle reti di patologia, compresa la gestione delle disponibilità delle risorse ospedaliere – Rete Emergenza Urgenza on Line (E.U.O.L.) inserite nel progetto CRS-SISS, superando le criticità legate alla differente disponibilità di informazioni mediante la razionalizzazione e l’interfacciamento dell’attuale sistema informatico gestionale delle centrali operative con i sistemi informativi aziendali, porta d’ingresso verso il sistema regionale, e la necessità di attivare progetti per la definizione e l’ottimizzazione di modelli organizzativi, basati anche sull’utilizzo di sistemi esperti, con lo scopo di migliorare le capacità decisionali del sistema;

Ritenuto di proseguire l’iter di certificazione di qualità, già intrapreso da alcune centrali operative, ed estendere il percorso comune teso al raggiungimento dell’uniformità in termini di protocolli operativi, gestionali, decisionali, e di linguaggio tra le centrali operative, attivando anche percorsi nell’ambito il modello Joint Commission International-Regione Lombardia;

Precisato come la seconda fase di intervento del sistema emergenza urgenza sia costituita dalla rete territoriale dei mezzi di soccorso, attualmente distribuiti sul territorio, con criteri basati sulla densità demografica e sulle caratteristiche morfologiche dell’area, e che il sistema si articola su tre livelli, prevedendo:

* un primo livello o di base, con personale appartenente ad Associazioni di volontariato, Cooperative sociali, ed Enti a bordo di mezzi forniti dai medesimi soggetti;

* un secondo livello, definito avanzato, con personale medico, infermieristico e tecnico, dipendente o convenzionato con il S.S.R. a bordo di mezzi regionali;

* il terzo livello, attivato in alcune realtà, con personale infermieristico e tecnico dipendente dal S.S.R. abordo di mezzi forniti dagli Enti/Organizzazioni e Associazioni o Regionali;

Preso atto altresì che tale modello di intervento sanitario extraospedaliero costituisce un sistema in grado di garantire, allo stato attuale, prestazioni di elevato standard qualitativo e che rappresenta una fase implementativa su cui sviluppare ulteriori processi di miglioramento e razionalizzazione, privilegiando modelli integrati di assistenza con coinvolgimento progressivo di professionalità appartenenti al Servizio Sanitario Regionale;

Valutata l’esigenza di garantire un assetto organizzativo territoriale tale da fornire ai cittadini pari opportunità qualitative e quantitative di assistenza in emergenza urgenza, coniugando esigenze di programmazione con i processi di miglioramento continuo della qualità, anche in attuazione del principio della realizzazione di economie di scala, realizzato attivando procedure uniche per l’acquisizione di beni e servizi, compresa la parte tecnologica, per l’adeguato funzionamento della rete territoriale e la sua gestione, inclusa la razionalizzazione dei criteri di distribuzione dei mezzi di base e avanzati, compreso il mezzo infermieristico, sul territorio;

Evidenziata la necessità di razionalizzare la rete di soccorso mediante elicottero anche attraverso l’integrazione quali-quantitativa delle basi regionali, attivando ove possibile meccanismi di vicariamento e promuovendo attività specialistiche con particolare riferimento al trasporto secondario, garantendo in questo settore uniformità delle prestazioni ed efficacia ed efficienza operativo-organizzativa su tutto il territorio regionale, avvalendosi anche del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico;

Rilevato che la disponibilità del personale sanitario appartenente al S.S.R. viene garantita, nell’attuale fase, dalle strutture sanitarie sede di Centrale Operativa o di mezzo di soccorso avanzato per quanto riguarda la componente infermieristica e che il personale medico è reso disponibile, in ottemperanza alla Delib.G.R. n. 6/45819/1999, dalle strutture sanitarie sede di Centrale Operativa o di mezzo di soccorso avanzato, dalle ASL competenti per territorio, dall’Università o da altre forme di collaborazione professionale;

Evidenziata l’opportunità di perfezionare la definizione dei criteri quali-quantitativi relativi agli standard del personale del S.S.R., in servizio presso le Centrali Operative e/o operativo sui mezzi di soccorso, e che, per quanto attiene al personale sanitario convenzionato con la ASL, ai sensi dell’art. 91 dell’Accordo per la medicina generale sottoscritto in data 23 marzo 2005, la costituenda A.R.E.U. accertata la necessità e valutata la coerenza con il sistema, dovrà provvedere a definirne il fabbisogno, in sintonia con quanto determinato dalla Direzione Generale Sanità;

Sottolineato come il Volontariato, attraverso le proprie organizzazioni, sia da sempre una componente indispensabile e attiva nel sistema emergenza urgenza gestito dalle centrali operative e come le articolazioni regionali ANPAS Lombardia, Croce Bianca, Croce Rossa Italiana, insieme ad altre realtà appartenenti al mondo del volontariato, abbiano sviluppato la loro attività interagendo con le centrali operative di tutta la Regione, contribuendo:

* ad affinare percorsi gestionali, amministrativi e formativi a valenza regionale;

* a garantire livelli qualitativi sia nelle situazioni di maxiemergenze o di prevenzione, che di momentanee esigenze di implementazioni di risorse sul territorio;

* a garantire modalità di collaborazione nei settori di intervento in contesti attinenti l’attività di soccorso e assistenza territoriale – gestione degli eventi sportivi, manifestazioni, attività di soccorso in aree cantieristiche;

Dato atto che i presidi della rete ospedaliera del sistema dell’emergenza urgenza sono già stati indicati nella Delib.C.R. n VI/932/1998 e s.m.i, ed articolati secondo i diversi livelli di assistenza, l’obiettivo conseguente è quello di costituire reti ospedaliere per la gestione delle specifiche patologie o classi di patologie – Infarto, Ictus cerebrale, Trauma, ecc. – collocate nell’ambito delle direttive del P.S.S.R. 2002-2004 e 2007-2009 in materia di riorganizzazione dell’emergenza urgenza, mirata alla definizione di un modello organizzativo di integrazione a rete dell’assistenza intra ed extra ospedaliera;

Ritenuto che il processo di implementazione, con utilizzo di sistemi informatizzati integrati con il sistema regionale CRS – SISS, delle strutture ospedaliere che insistono su aree omogenee, di un “ospedale virtuale”, costituito dall’insieme delle risorse disponibili, può contribuire ai processi di razionalizzazione organizzativa ed a rendere più efficiente il processo di ricovero del paziente nelle strutture idonee, dotate di risorse necessarie e disponibili per la patologia in atto;

Ritenuto che conseguenza di tale impostazione sia la definizione di indicatori di processo e risultato che, inseriti nei protocolli operativi condivisi, potranno costituire parte integrante e sostanziale dei contratti stipulati e che gli esiti di risultato saranno oggetto di monitoraggio secondo le procedure vigenti e dovranno favorire e promuovere la partecipazione all’attività di audit degli attori del sistema dell’emergenza-urgenza;

Evidenziato che l’organizzazione di momenti di confronto con gli operatori delle ASL affinché vengano condivisi indirizzi tecnico-operativi che consentano di poter garantire, in modo uniforme su tutto il territorio regionale, l’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di trasporto sanitario, dei protocolli di vigilanza e controllo delle prestazioni erogate nel sistema di emergenza-urgenza, con verifica dei P.D.T. territoriali sui mezzi di soccorso di base, avanzato – automediche – ed elisoccorso e delle procedure in contesti operativi specifici, rappresenta un ulteriore elemento di qualificazione del rapporto tra le componenti del sistema;

Attesa inoltre l’esigenza di controllare e monitorare gli elementi organizzativi ed epidemiologici del sistema emergenza urgenza, anche attraverso atti di programmazione ed integrazione con le componenti territoriali, in particolare mediante collaborazione con Aziende Ospedaliere e ASL per la definizione comune di piani straordinari di intervento in situazioni prevedibili di pandemia, emergenze legate a fenomeni meteorologici estremi, ecc.

Sottolineato che l’attività del sistema Emergenza Urgenza in ambiti di maxiemergenza costituisce un test operativo e organizzativo per le Centrali Operative in grado di fornire indicazioni anche sui livelli di efficienza raggiunti in contesti di ordinaria operatività e che in tal senso la stretta collaborazione, sin dalla fase di pianificazione e redazione dei protocolli singoli e comuni agli Enti/Associazioni e Organizzazioni che, a vario titolo partecipano alla gestione dell’evento, costituisce l’elemento qualificante dei piani di maxiemergenza;

Dato atto che la componente sanitaria in tutte le sue articolazioni – sistema 118, enti e associazioni di soccorso, ASL, rete ospedaliera, prevenzione – deve essere in grado di rapportarsi con le componenti tecniche del soccorso, le forze dell’ordine, la protezione civile, gli organismi di governo locale e centrale e che risulta pertanto quanto mai opportuna un opera di coordinamento delle centrali operative e delle strutture sanitarie nella rete delle grandi emergenze, con capacità d’indirizzo e verifica sull’attuazione dei protocolli operativi e dei piani di risposta alle catastrofi;

Considerato che gli attuali percorsi formativi, definiti con atti regionali, attribuiscono il ruolo di formatore del personale operante sui mezzi di soccorso di base alla centrale operativa di competenza, in sinergia con le Enti, Associazioni di volontariato e loro organismi rappresentativi, Organizzazioni e Cooperative sociali;

Precisato che la formazione del personale infermieristico e tecnico compete alla Centrale Operativa di riferimento che attiva, in raccordo con l’A.R.E.U., corsi definiti con atti di programmazione regionale, sia in termini di contenuti che di durata;

Valutato che la formazione del personale medico, ad eccezione del personale convenzionato con la ASL, ai sensi dell’art. 91 dell’Accordo per la medicina generale sottoscritto in data 23 marzo 2005, è definita in modo puntuale con atti regionali, solo per alcuni ambiti, e che in tal senso si ritengono opportune sinergie tra le Università, le Società Scientifiche, le Centrali Operative coordinate dall’A.R.E.U. e gli Organismi regionali ai quali competono iniziative formative, per definire percorsi formativi e di aggiornamento volti ad una qualificazione uniforme e mirata delle attività di emergenza, alla valorizzazione delle competenze tecniche delle singole professionalità, all’individuazione di modalità operative integrate, interdisciplinari ed interprofessionali;

Ritenuto di attribuire il finanziamento individuato nelle funzioni specifiche non coperte da tariffe predefinite, relative all’emergenza-urgenza, incrementato della quota necessaria per l’implementazione e sviluppo del sistema, quale risorsa economica della costituenda A.R.E.U.;

Preso atto che gli organismi di coordinamento generale per l’Emergenza Urgenza hanno svolto e svolgono un ruolo rilevante rispetto agli intenti complessivamente previsti dalla Delib.G.R. n. 6/27099/1997;

Rilevata inoltre la funzione di supporto specialistico alla struttura di governance del sistema urgenza emergenza dei Gruppi di Approfondimento Tecnico – G.A.T. -, costituiti dalla Direzione Generale Sanità, in relazione alle problematiche tecniche e organizzative individuate, ivi compresi gli aspetti tecnologici e di qualità dei processi, inerenti le maxiemergenze, didattici e l’attività di elisoccorso;

Ritenuto pertanto:

  1. di attivare l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.), dotandola di sede, struttura organizzativa, patrimonio, e funzioni operative dell’area emergenza e urgenza extraospedaliera;
  2. di individuare quale sede dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.) la struttura sita in Milano, viale Monza 223;
  3. di stabilire che la dotazione patrimoniale iniziale non debba prevedere alcun apporto da altri enti di sistema, basandosi, il modello A.R.E.U., su convenzioni in comodato d’uso degli automezzi, delle componenti tecnologiche e dei presidi sanitari, già in capo alle Centrali Operative. Nel corso dello sviluppo della attività previste l’A.R.E.U. potrà procedere, nel rispetto delle indicazioni Regionali e della normativa vigente, all’acquisizione di automezzi, apparecchiature, supporti informatici ed ogni altro bene ritenuto necessario per il corretto operare del sistema di urgenza emergenza territoriale;
  4. di definire una struttura organizzativa snella e flessibile che si avvarrà delle risorse e delle reti organizzative già oggi presenti e utilizzate per tale attività nelle strutture sanitarie regionali;
  5. di prevedere, quale assetto organizzativo, oltre alla Direzione Strategica – già definita nel comma 2 dell’art. 3-ter della L.R. n. 31/1997- una struttura di coordinamento e di gestione delle funzioni agile ed essenziale, dedicata agli aspetti organizzativi amministrativi e tecnici, alla verifica ed al mantenimento dei processi volti al miglioramento della qualità, connessi alle attività relative alle maxiemergenze ed alle specificità tecnologiche del sistema, in stretta collaborazione con gli organismi Regionali competenti. La struttura sarà articolata in quattro aree denominate:

– area operativa – con funzioni specifiche in ambito di attività in urgenza emergenza, rapporti con le strutture sanitarie e operatori sanitari nel soccorso extraospedaliero, rapporti con il settore del volontariato, trasporto organi e tessuti e coordinamento delle funzioni del C.R.C.C.;

– area prevenzione, qualità, tecnologia, formazione e personale – con funzioni specifiche in ambito dei servizi informativi, statistico epidemiologici, di prevenzione, medico legali e didattici;

– area economico-finanziaria e provveditorato;

– area grandi emergenze internazionali – con funzioni specifiche dedicate all’analisi dei protocolli internazionali per la gestione degli eventi catastrofici;

  1. di prevedere altresì una fase di transizione, necessaria per la completa assunzione delle funzioni previste al punto 7, in attesa di rendere operativa la sede definitiva, durante la quale l’A.R.E.U. potrà avvalersi di strutture, funzioni logistiche e supporto da parte di strutture sanitarie con disponibiltà di locali funzionalmente attigui alla sede di Centrale Operativa;
  2. di indicare quali compiti dell’A.R.E.U.:
  3. a) definizione – per la stipula di contratti, accordi e capitolati – dei requisiti tecnici, organizzativi e professionali per i soggetti erogatori di prestazioni in ambito urgenza emergenza extraospedaliera, nonché delle modalità di controllo del mantenimento dei requisiti e delle prestazioni erogate;
  4. b) definizione dei percorsi organizzativi di interfaccia con le strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato;
  5. c) definizione e controllo delle modalità di acquisizione da Enti, Associazioni di volontariato o loro Organismi Rappresentativi, Organizzazioni e Cooperative Sociali, di personale e servizi per lo svolgimento delle attività con i mezzi di soccorso di base e avanzato, considerando, ove previsto, i principi di sussidiarietà;
  6. d) definizione della modalità di gestione di acquisizioni di beni e servizi, in dettaglio:
  7. Definizione degli standard e delle modalità di acquisizione delle apparecchiature sanitarie, dei presidi e dei relativi servizi in uso al S.S.U.Em. Regionale;
  8. Definizione degli standard e delle modalità di acquisizione delle componenti tecnologiche e dei relativi servizi per il Sistema informatico gestionale, sistema telefonico, sistema di registrazione, sistema radio, sistema di videosorveglianza, in uso al S.S.U.Em. Regionale;

III. Definizione delle modalità di acquisizione dei servizi relativi alle reti radiotelefoniche ed informatiche dedicate all’emergenza ed in uso al S.S.U.Em. Regionale;

  1. Definizione delle modalità di acquisizione dei servizi per l’attività di Elisoccorso;
  2. Definizione delle modalità di acquisizione dei mezzi soccorso su ruota di proprietà del S.S.U.Em. Regionale;
  3. e) definizione delle categorie di beni e servizi che possono essere oggetto di acquisizione centralizzata. Promozione, incentivazione e definizione delle modalità di acquisizione centralizzata di dette categorie di beni e servizi;
  4. f) valutazione dell’evoluzione delle tecnologie di supporto e necessarie per il funzionamento delle centrali operative del S.S.U.Em. Regionale;
  5. g) definizione dei percorsi organizzativi interni, delle procedure e dei protocolli dei S.S.U.Em. Regionali;
  6. h) definizione dei criteri di ottimizzazione per l’impiego delle risorse umane e materiali, nell’ambito delle attività dell’area emergenza urgenza inter ed intraprovinciale;
  7. i) rendicontazione delle attività per la remunerazione delle funzioni svolte in materia di emergenza urgenza extraospedaliera;
  8. j) organizzazione e gestione del coordinamento intraregionale e interregionale delle attività trasfusionali e dei flussi di scambio e compensazione di sangue ed emocomponenti attraverso il progressivo trasferimento delle funzioni del C.R.C.C.;
  9. k) progressiva implementazione del coordinamento della funzione di trasporto organi e tessuti;
  10. l) elaborazione ed applicazione di protocolli di intervento e di accesso al sistema ospedaliero, in particolare per le emergenze ed urgenze cardio-cerebrovascolari, traumatologiche e pediatriche;
  11. m) programmazione ed erogazione della formazione e dell’aggiornamento al personale dipendente o convenzionato con il S.S.R. ed agli operatori, professionisti e volontari, appartenenti ad Enti, Associazioni di volontariato, Organizzazioni e Cooperative Sociali, questi ultimi attraverso i centri di formazione degli organismi associativi già riconosciuti come risorsa formativa regionale o accreditati, in applicazione dei programmi definiti in sede di programmazione regionale;
  12. n) elaborazione ed applicazione dei piani e programmi sperimentali e di simulazione di eventi e situazioni dell’emergenza-urgenza;
  13. o) integrazione della risposta locale alla maxiemergenza, secondo protocolli definiti e attuazione di piani regionali per emergenze di massa, interventi di soccorso internazionale, rischi di particolare rilevanza. Interazione, per quanto di competenza, con i soggetti istituzionali deputati alla gestione delle maxiemergenze;
  14. p) analisi dei volumi di attività e della qualità delle prestazioni erogate dal S.S.U.Em. regionale, applicazione delle procedure per raggiungere gli standard fissati dagli indicatori di qualità e prestazione del sistema. In previsione dell’accreditamento delle attività di emergenza-urgenza, l’A.R.E.U. è tenuta ad avviare il progetto di valutazione secondo il modello Joint Commission International-Regione Lombardia;
  15. q) valutazione analitica dell’impiego dei mezzi di trasporto e soccorso e dell’applicazione dei protocolli convenzionali con i soggetti autorizzati, compreso il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.), per l’attività di soccorso primario e secondario;
  16. r) progressiva estensione delle attività di coordinamento del servizio/gestione del contatto telefonico per i trasporti interospedalieri, delle attività di integrazione con la continuità assistenziale, in accordo con le determinazioni della Direzione Generale Sanità;
  17. s) integrazione con le attività dei M.M.G. e P.L.S., erogatori di cure domiciliari;
  18. t) collaborazione nella risposta alle emergenze di tipo socio-assistenziale (Anziani, Disabili, Assistiti a domicilio, ecc.);
  19. u) promozione di un’attività di comunicazione sui temi dell’Emergenza Urgenza indirizzata ad operatori/utenti/media e collaborazione con gli Uffici scolastici provinciali per attività di formazione/divulgazione sui temi dell’emergenza urgenza, in accordo con le indicazioni della Direzione Generale Sanità;
  20. v) acquisizione dalle strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato dei contratti e delle convenzioni, in essere alla data del presente provvedimento, e verifica della loro conformità agli indirizzi dettati dalla Regione;
  21. w) definizione delle migliori sinergie funzionali atte a garantire la disponibilità, da parte delle strutture sanitarie sede di centrale operativa, di personale e servizi per le centrali operative, lasciando immutato l’originario rapporto di dipendenza del personale stesso;
  22. x) definizione delle migliori sinergie funzionali atte a garantire la disponibilità, da parte delle strutture sanitarie sede di Centrale Operativa e/o mezzi di soccorso avanzato, di personale e servizi per i mezzi di soccorso avanzato (compresi i mezzi infermieristici) ed elisoccorso, lasciando immutato l’originario rapporto di dipendenza del personale stesso;
  23. di stabilire che il personale appartenente alle strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato e il personale sanitario convenzionato con la ASL, ai sensi dell’art. 91 dell’Accordo per la medicina generale sottoscritto in data 23 marzo 2005, impegnati nello svolgimento dei compiti relativi all’emergenza-urgenza territoriale, sono coordinati e diretti, limitatamente allo svolgimento di detti compiti, dall’A.R.E.U. con le sue articolazioni territoriali:
  24. di demandare al Direttore Generale dell’A.R.E.U. il compito di valutare le specificità di ciascun ambito territoriale regionale, al fine di predisporre o adeguare i programmi di intervento in ragione dei concreti bisogni delle realtà locali, nonché di acquisire riscontri sull’efficienza raggiunta dal sistema urgenza-emergenza. All’uopo, il direttore generale, con cadenza almeno annuale, è tenuto ad indire incontri con le ASL di riferimento;
  25. di assumere, con successivi atti, appositi provvedimenti per uniformare ed integrare il sistema di emergenza urgenza territoriale secondo le linee programmatiche tracciate in premessa;
  26. di attribuire alla costituenda A.R.E.U l’iniziale finanziamento annuo, individuato nelle funzioni specifiche non coperte da tariffe predefinite relative all’emergenza urgenza, incrementato della quota necessaria per l’implementazione e sviluppo della stessa e del sistema sanitario di emergenza urgenza territoriale, pari a 155 milioni di euro;
  27. di individuare il fabbisogno di personale dell’A.R.E.U. in base al modello organizzativo indicato ai precedenti punti 4 e 5;
  28. di stabilire che le risorse rese disponibili dalla Regione Lombardia rientrano nelle disponibilità complessive del Fondo Sanitario Regionale per l’esercizio 2008, precisando altresì che la spesa autorizzata è compatibile con le regole di gestione del sistema sanitario definite ex Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 8/5743″;
  29. di pubblicare il presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia sul sito web della Direzione Generale Sanità, ai fini della diffusione dell’atto.

Preso atto del parere tecnico favorevole del Comitato Regionale Emergenza Urgenza – C.R.E.U. – espresso nella seduta dell’11 marzo 2008;

Sentite le Organizzazioni Sindacali nella seduta dell’11 marzo 2008;

Preso atto delle seguenti raccomandazioni espresse dalla Commissione Consiliare competente alla Giunta regionale nella seduta dell’1 aprile 2008: “Si raccomanda alla Giunta regionale di trasmettere il Piano di Organizzazione Aziendale (POA), definito dalla Direzione dell’A.R.E.U., alla Commissione Consiliare competente e a valutare un confronto con le OO.SS. sulle tematiche del personale.

Si raccomanda altresì di valutare la predisposizione di un progetto di legge sulle Organizzazioni di Volontariato impegnate nell’emergenza urgenza, ad analizzare i fabbisogni territoriali in una logica di continuità assistenziale ed a prevedre un organo consultivo della Direzione dell’A.R.E.U. in cui siano rappresentate le Organizzazioni di Volontariato regionali più rappresentative del settore dell’emergenza urgenza”;

Verificato che le risorse rese disponibili dalla Regione Lombardia rientrano nelle disponibilità complessive del Fondo Sanitario Regionale per l’esercizio 2008, precisando altresì che la spesa autorizzata è compatibile con le regole di gestione del sistema sanitario definite ex Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 8/5743;

Ritenuto di pubblicare il presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia sul sito web della Direzione Generale Sanità, ai fini della diffusione dell’atto.

Vagliate ed assunte come proprie le predette determinazioni;

A voti unanimi espressi ai sensi di legge

Delibera

  1. di attivare l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.), dotandola di sede, struttura organizzativa, patrimonio, e funzioni operative dell’area emergenza e urgenza extraospedaliera;
  2. di individuare quale sede dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (A.R.E.U.) la struttura sita in Milano, viale Monza 223;
  3. di stabilire che la dotazione patrimoniale iniziale non debba prevedere alcun apporto da altri enti di sistema, basandosi, il modello A.R.E.U., su convenzioni in comodato d’uso degli automezzi, delle componenti tecnologiche e dei presidi sanitari, già in capo alle Centrali Operative. Nel corso dello sviluppo della attività previste l’A.R.E.U. potrà procedere, nel rispetto delle indicazioni Regionali e della normativa vigente, all’acquisizione di automezzi, apparecchiature, supporti informatici ed ogni altro bene ritenuto necessario per il corretto operare del sistema di urgenza emergenza territoriale;
  4. di precisare, quali linee di indirizzo atte a definire la struttura dell’A.R.E.U. la necessità di mantenere una struttura organizzativa snella e flessibile che si avverrà delle risorse e delle reti organizzative già oggi presenti e utilizzate per tale attività nelle strutture sanitarie regionali;
  5. di prevedere, quale assetto organizzativo, oltre alla Direzione Strategica – già definita nel comma 2 dell’art. 3-ter della L.R. n. 31/1997- una struttura di coordinamento e di gestione delle funzioni agile ed essenziale, dedicata agli aspetti organizzativi amministrativi e tecnici, alla verifica ed al mantenimento dei processi volti al miglioramento della qualità, connessi alle attività relative alle maxiemergenze ed alle specificità tecnologiche del sistema, in stretta collaborazione con gli organismi regionali competenti. La struttura sarà articolata in quattro aree denominate:

– area operativa – con funzioni specifiche in ambito di attività in urgenza-emergenza, rapporti con le strutture sanitarie e operatori sanitari nel soccorso extraospedaliero, rapporti con il settore del volontariato, trasporto organi e tessuti e coordinamento delle funzioni del C.R.C.C.;

– area prevenzione, qualità, tecnologia, formazione e personale – con funzioni specifiche in ambito dei servizi informativi, statistico epidemiologici, di prevenzione, medico legali e didattici;

– area economico-finanziaria e provveditorato;

– area grandi emergenze internazionali – con funzioni specifiche dedicate all’analisi dei protocolli internazionali per la gestione degli eventi catastrofici;

  1. di prevedere altresì una fase di transizione, necessaria per la completa assunzione delle funzioni previste al punto 7, in attesa di rendere operativa la sede definitiva, durante la quale l’A.R.E.U. potrà avvalersi di strutture, funzioni logistiche e supporto da parte di strutture sanitarie con disponibiltà di locali funzionalmente attigui alla sede di Centrale Operativa;
  2. di indicare quali compiti dell’A.R.E.U.:
  3. a) definizione – per la stipula di contratti, accordi e capitolati – dei requisiti tecnici, organizzativi e professionali per i soggetti erogatori di prestazioni in ambito urgenza emergenza extraospedaliera, nonché delle modalità di controllo del mantenimento dei requisiti e delle prestazioni erogate;
  4. b) definizione dei percorsi organizzativi di interfaccia con le strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato;
  5. c) definizione e controllo delle modalità di acquisizione da Enti, Associazioni di volontariato o loro Organismi Rappresentativi, Organizzazioni e Cooperative Sociali, di personale e servizi per lo svolgimento delle attività con i mezzi di soccorso di base e avanzato, considerando, ove previsto, i principi di sussidiarietà;
  6. d) definizione della modalità di gestione di acquisizioni di beni e servizi, in dettaglio:
  7. Definizione degli standard e delle modalità di acquisizione delle apparecchiature sanitarie, dei presidi e dei relativi servizi in uso al S.S.U.Em. Regionale;
  8. Definizione degli standard e delle modalità di acquisizione delle componenti tecnologiche e dei relativi servizi per il Sistema informatico gestionale, sistema telefonico, sistema di registrazione, sistema radio, sistema di videosorveglianza, in uso al S.S.U.Em. Regionale;

III. Definizione delle modalità di acquisizione dei servizi relativi alle reti radiotelefoniche ed informatiche dedicate all’emergenza ed in uso al S.S.U.Em. Regionale;

  1. Definizione delle modalità di acquisizione dei servizi per l’attività di Elisoccorso;
  2. Definizione delle modalità di acquisizione dei mezzi soccorso su ruota di proprietà del S.S.U.Em. Regionale;
  3. e) definizione delle categorie di beni e servizi che possono essere oggetto di acquisizione centralizzata. Promozione, incentivazione e definizione delle modalità di acquisizione centralizzata di dette categorie di beni e servizi;
  4. f) valutazione dell’evoluzione delle tecnologie di supporto e necessarie per il funzionamento delle centrali operative del S.S.U.Em. Regionale;
  5. g) definizione dei percorsi organizzativi interni, delle procedure e dei protocolli dei S.S.U.Em. Regionali;
  6. h) definizione dei criteri di ottimizzazione per l’impiego delle risorse umane e materiali, nell’ambito delle attività dell’area emergenza urgenza inter ed intraprovinciale;
  7. i) rendicontazione delle attività per la remunerazione delle funzioni svolte in materia di emergenza urgenza extraospedaliera;
  8. j) organizzazione e gestione del coordinamento intraregionale e interregionale delle attività trasfusionali e dei flussi di scambio e compensazione di sangue ed emocomponenti attraverso il progressivo trasferimento delle funzioni del C.R.C.C.;
  9. k) progressiva implementazione del coordinamento della funzione di trasporto organi e tessuti;
  10. l) elaborazione ed applicazione di protocolli di intervento e di accesso al sistema ospedaliero, in particolare per le emergenze ed urgenze cardio-cerebrovascolari, traumatologiche e pediatriche;
  11. m) programmazione ed erogazione della formazione e dell’aggiornamento al personale dipendente o convenzionato con il S.S.R. ed agli operatori, professionisti e volontari, appartenenti ad Enti, Associazioni di volontariato, Organizzazioni e Cooperative Sociali, questi ultimi attraverso i centri di formazione degli organismi associativi già riconosciuti come risorsa formativa regionale o accreditati, in applicazione dei programmi definiti in sede di programmazione regionale;
  12. n) elaborazione ed applicazione dei piani e programmi sperimentali e di simulazione di eventi e situazioni dell’emergenza-urgenza;
  13. o) integrazione della risposta locale alla maxiemergenza, secondo protocolli definiti e attuazione di piani regionali per emergenze di massa, interventi di soccorso internazionale, rischi di particolare rilevanza. Interazione, per quanto di competenza, con i soggetti istituzionali deputati alla gestione delle maxiemergenze;
  14. p) analisi dei volumi di attività e della qualità delle prestazioni erogate dal S.S.U.Em. regionale, applicazione delle procedure per raggiungere gli standard fissati dagli indicatori di qualità e prestazione del sistema. In previsione dell’accreditamento delle attività di emergenza-urgenza, l’A.R.E.U. è tenuta ad avviare il progetto di valutazione secondo il modello Joint Commission International-Regione Lombardia;
  15. q) valutazione analitica dell’impiego dei mezzi di trasporto e soccorso e dell’applicazione dei protocolli convenzionali con i soggetti autorizzati, compreso il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.), per l’attività di soccorso primario e secondario;
  16. r) progressiva estensione delle attività di coordinamento del servizio/gestione del contatto telefonico per i trasporti interospedalieri, delle attività di integrazione con la continuità assistenziale, in accordo con le determinazioni della Direzione Generale Sanità;
  17. s) integrazione con le attività dei M.M.G. e P.L.S., erogatori di cure domiciliari;
  18. t) collaborazione nella risposta alle emergenze di tipo socio-assistenziale (Anziani, Disabili, Assistiti a domicilio, ecc.);
  19. u) promozione di un’attività di comunicazione sui temi dell’Emergenza Urgenza indirizzata ad operatori/utenti/media e collaborazione con gli Uffici scolastici provinciali per attività di formazione/divulgazione sui temi dell’emergenza urgenza, in accordo con le indicazioni della Direzione Generale Sanità;
  20. v) acquisizione dalle strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato dei contratti e delle convenzioni, in essere alla data del presente provvedimento, e verifica della loro conformità agli indirizzi dettati dalla Regione;
  21. w) definizione delle migliori sinergie funzionali atte a garantire la disponibilità, da parte delle strutture sanitarie sede di centrale operativa, di personale e servizi per le centrali operative, lasciando immutato l’originario rapporto di dipendenza del personale stesso;
  22. x) definizione delle migliori sinergie funzionali atte a garantire la disponibilità, da parte delle strutture sanitarie sede di Centrale Operativa e/o mezzi di soccorso avanzato, di personale e servizi per i mezzi di soccorso avanzato (compresi i mezzi infermieristici) ed elisoccorso, lasciando immutato l’originario rapporto di dipendenza del personale stesso;
  23. di stabilire che il personale appartenente alle strutture sanitarie sede di centrale operativa e/o mezzi di soccorso di base o avanzato e il personale sanitario convenzionato con la ASL, ai sensi dell’art. 91 dell’Accordo per la medicina generale sottoscritto in data 23 marzo 2005, impegnati nello svolgimento dei compiti relativi all’emergenza-urgenza territoriale, sono coordinati e diretti, limitatamente allo svolgimento di detti compiti, dall’A.R.E.U. con le sue articolazioni territoriali;
  24. di demandare al direttore generale dell’A.R.E.U. il compito di valutare le specificità di ciascun ambito territoriale regionale, al fine di predisporre o adeguare i programmi di intervento in ragione dei concreti bisogni delle realtà locali, nonché di acquisire riscontri sull’efficienza raggiunta dal sistema urgenza-emergenza. All’uopo, il direttore generale, con cadenza almeno annuale, è tenuto ad indire incontri con le ASL di riferimento;
  25. di trasmettere alla Commissione Consiliare competente il Piano di Organizzazione Aziendale (POA), definito dalla Direzione dell’A.R.E.U., previo confronto con le Organizzazioni Sindacali sulle tematiche del personale;
  26. di dare mandato alla Direzione dell’A.R.E.U. di analizzare i fabbisogni territoriali in una logica di continuità assistenziale e di prevedere un organo consultivo della Direzione dell’A.R.E.U. in cui siano rappresentate le Organizzazioni di volontariato regionali più rappresentative del settore dell’emergenza-urgenza;
  27. di assumere, con successivi atti, appositi provvedimenti per uniformare ed integrare il sistema di emergenza urgenza territoriale secondo le linee programmatiche tracciate in premessa;
  28. di attribuire alla costituenda A.R.E.U l’iniziale finanziamento annuo, individuato nelle funzioni specifiche non coperte da tariffe predefinite relative all’emergenza urgenza, incrementato della quota necessaria per l’implementazione e sviluppo della stessa e del sistema sanitario di urgenza-emergenza territoriale, pari a 155 milioni di euro;
  29. di individuare il fabbisogno di personale dell’A.R.E.U. in base al modello organizzativo indicato ai precedenti punti 4 e 5;
  30. di stabilire che le risorse rese disponibili dalla Regione Lombardia rientrano nelle disponibilità complessive del Fondo Sanitario Regionale per l’esercizio 2008, precisando altresì che la spesa autorizzata è compatibile con le regole di gestione del sistema sanitario definite ex Delib.G.R. 31 ottobre 2007, n. 8/5743;
  31. di pubblicare il presente provvedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia sul sito web della Direzione Generale Sanità, ai fini della diffusione dell’atto.