Sunstein

INDICE

Ringraziamenti

Introduzione

Parte I

I PROBLEMI

1 Precauzioni e paralisi

2 Oltre il principio di precauzione

3 Gli scenari peggiori

4 La paura come un incendio che divampa

Parte II

LE SOLUZIONI

5 Ricostruire il principio di precauzione e gestire la paura

6 Costi e benefici

7 Democrazia, diritti e distribuzione

8 Il paternalismo libertario

9 Paura e libertà

Una nota conclusiva: paura e follia

Indice analitico

 

Uno stralcio del libro: il problema della “Cascate”


Cascate

 

A volte la disponibilità e la salienza si diffondono per mezzo di “convogli” o “cascate”, mercé le quali sembra che aneddoti particolarmente evocativi od esempi pregnanti possano rapidamente passare da un individuo all’altro. Invero un processo di questo tipo ha giocato un ruolo rilevante nel caso dell’attacco dei cecchini nella regione di Washington, nel caso della paura di Love Canal, nel dibattito sul morbo della mucca pazza, ed in molti altri casi di processi sociali che determinano paura e che a volte producono diritto.

Si consideri un caso di scuola. Andrew viene a conoscenza di un evento pericoloso, che trova rivelatore od illustrativo (l’evento potrebbe riguardare un crimine, il terrorismo, i pesticidi, pericoli ambientali o minacce alla sicurezza nazionale). Andrew ne parla con Barry, il quale per parte sua tenderebbe a non considerare l’evento particolarmente informativo, ma che, venendo a conoscenza della reazione di Barry, comincia a credere che l’evento sia particolarmente rivelatore, e che ci si trovi di fronte ad una seria minaccia. A sua volta Carol, che di per sé sarebbe incline a non enfatizzare il rischio, dopo aver ascoltato le opinioni condivise da Andrew e Barry, comincia ad aver paura. A questo punto Deborah avrà bisogno di raccogliere molte informazioni da sé per respingere quella che ormai è diventata la convinzione di Andrew, Barry e Carol. Per quanto sia un caso di scuola, l’esempio ci dice che, una volta che diverse persone cominciano a considerare un esempio alla stregua di una prova, molte altre persone possono venire influenzate dalla loro opinione, dando vita ai c.d. effetti cascata. Ed è in parte per questa ragione che esempi vividi, diffondendosi attraverso interazioni sociali, giocano un ruolo nelle decisioni relative all’acquisto di una copertura assicurativa contro i disastri naturali.

Fra i medici che quotidianamente devono gestire rischi, le “cascate” sono piuttosto diffuse. “Il livello delle conoscenze della maggioranza dei medici non può essere considerato pari a quello dei medici che svolgono la ricerca più avanzata nel proprio campo; il loro inevitabile fare riferimento a ciò che i colleghi più aggiornati hanno fatto o stanno facendo finisce per causare molti errori chirurgici o patologie iatrogene”. Così un articolo apparso sul prestigioso New England Journal of Medicine analizza le c.d. “patologie dovute all’attaccare il proprio carro al convoglio”, al cui cospetto sembra che i medici “si comportano come scoiattoli, fissandosi in un modo tanto episodico quanto imbevuto di un cieco e contagioso entusiasmo sulla diagnosi di certe patologie o sulla prescrizione di certe terapie, perché confidano nel fatto che in quel momento tutti i colleghi stiano facendo così”. Alcune pratiche mediche, come la tonsillectomia, “sembrano essere state adottate inizialmente senza che fosse possibile disporre di una solida base scientifica a loro giustificazione”, ed il fatto che si riscontrino notevolissime differenze nella frequenza con la quale le tonsillectomie (ed altre procedure terapeutiche) sono prescritte offre una riprova convincente del fatto che le “cascate” sono all’opera.

Un tratto distintivo delle cascate sociali è che le persone che vi partecipano, nel momento stesso in cui lo fanno, stanno simultaneamente amplificando il medesimo segnale sociale dal quale a loro volta loro sono state influenzate. Con la loro stessa partecipazione, i partecipanti ad una cascata contribuiscono ad aumentare le dimensioni della cascata stessa, rendendo più probabile che altre persone si uniscano a questo meccanismo sociale. Purtroppo le cascate possono indirizzare le persone in direzioni sbagliate, come accade quando i primi che mettono in moto il meccanismo innescano paure sociali che non hanno riscontro nella realtà.

Nell’esempio che ho illustrato, Andrew mostra di avere una grande influenza sul modo in cui il nostro piccolo gruppo di soggetti orienta il suo giudizio, anche se magari Andrew ha innescato il meccanismo senza fondare il proprio giudizio su informazioni precise in merito all’evento rilevante. Barry, Carol e Deborah potrebbero aver posseduto proprie informazioni, tali forse da dimostrare che con riferimento a  quell’evento non ci si dovrebbe preoccupare più di tanto. Ma, a meno che abbiano un alto grado di convinzione in ciò che sanno, i tre amici saranno inclini a seguire il giudizio di chi li ha preceduti.

Ciò che appare paradossale è che se la maggior parte delle persone si mette al traino degli altri, ecco che il fatto che poche o molte persone condividano una certa paura non aumenta il livello di informazione sul fenomeno che alimenta quella paura. I più stanno infatti rispondendo a segnali lanciati da altri, senza rendersi conto che gli altri stanno facendo esattamente la stessa cosa.

Naturalmente questo processo può essere corretto, ma a volte ciò avviene troppo tardi.

Nel campo dei rischi sociali, le “cascate della disponibilità” sono alla base di molte credenze collettive. Un evento saliente, che colpisce le persone perché appare disponibile, tende a replicarsi e a creare effetti cascata sempre più intensi non appena l’evento stesso diventa disponibile ad un numero crescente di persone. Il fenomeno è ulteriormente amplificato dal fatto che i resoconti suscettibili di generare paura ad alto impatto emotivo, hanno una particolare probabilità di venire diffusi. Poiché influenze sociali differenti possono essere all’opera in differenti comunità, le variazioni su base locale sono inevitabili, con esempi diversi che diventano salienti in ciascuna comunità. Di conseguenza queste variazioni – per esempio fra New York e l’Ohio, o fra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, o fra la Germania e la Francia – possono dipendere da coincidenze, ovvero da piccole o grandi fattori casuali, piuttosto che da differenze culturali di ampio respiro.

Giudizi disomogenei nell’ambito di differenti gruppi sociali, fondati su differenti esempi disponibili, devono la loro origine a processi sociali di questo tipo. Le diverse reazioni che si riscontrano negli Stati Uniti ed in Francia in merito all’energia nucleare possono in larga misura spiegarsi in questo modo. E quando alcuni gruppi focalizzano la propria attenzione su episodi che dimostrano come la disponibilità di armi aumenti la violenza, mentre altri gruppi mettono in evidenza casi dove la medesima disponibilità mostra di aver diminuito la violenza, è assai verosimile che ciò sia determinato dall’operare di cascate della disponibilità. “Molti tedeschi ritengono che bere acqua dopo aver mangiato ciliegie possa essere mortale; e ritengono che mettere ghiaccio nelle bibite sia poco salutare. Gli inglesi invece amano bere acqua fresca dopo le ciliegie, mentre gli americani adorano le bevande ghiacciate”.

Si consideri a questo fine uno studio comparativo condotto sul modo in cui il rischio associato al terrorismo ed alla SARS veniva percepito in diversi paesi. Gli americani percepivano nel rischio da terrorismo una minaccia assai più grave; mentre la percezione dei canadesi era esattamente opposta. Gli americani stimavano la probabilità di subire un danno grave dovuto al terrorismo in una misura pari all’8,27 per cento, circa quattro volte più di quanto non stimassero la probabilità di risentire di un danno legato alla SARS (2,18 per cento). I canadesi stimavano la probabilità di subire un danno grave legato alla SARS nel 7,43 per cento, una misura significativamente più alta di quanto non accadesse nel caso del danno da terrorismo (6,04 per cento). Eloquentemente, le quantificazioni del rischio relative alla SARS erano irrealisticamente elevate (specie quelle stimate dai canadesi), essendo la migliore stima del rischio di contrarre la SARS, in base a dati relativi alla realtà canadese, pari allo 0,0008 per cento (e le probabilità di morire in conseguenza della contrazione del morbo pari allo 0,0002 per cento). Per ovvie ragioni i rischi oggettivi legati al terrorismo sono molto più difficili da calcolare, ma anche ammettendo che ogni anno gli StatiUniti subissero un attacco della magnitudine di quello subito l’11 settembre, il rischio di morte per ciascun cittadino americano sarebbe pari allo 0,001 per cento – una cifra sicuramente speculativa viste le circostanze, ma non implausibile come punto di partenza.

Cosa determina le differenze riscontrate su scala nazionale e le percezioni del rischio generalmente esagerate? Un risposta promettente ci viene offerta dalle cascate della disponibilità.

Negli Stati Uniti, i rischi legati al terrorismo hanno ricevuto una enorme (per non dire di più) attenzione, che ha prodotto una continua sensazione di minaccia. Ma non si sono verificati incidenti legati alla SARS, e l’attenzione dei media si è limitata a riportare eventi accaduti fuori dal paese – che hanno prodotto un certo grado di salienza, certo però molto inferiore a quello generato dal terrorismo. In Canada è accaduto l’inverso. Il notevole livello di discussione pubblica sui casi di SARS, accompagnato da esempi immediatamente disponibili, ha determinato una percezione gonfiata dei numeri – gonfiata al punto da superare la percezione degli stessi numeri relativi al terrorismo (un rischio certamente dotato di salienza in Canada, così come nella più parte dei paesi occidentali all’indomani dell’undici settembre). In questo come in altri casi, la disponibilità e gli effetti cascata aiutano a spiegare le differenze registrate nella comparazione a livello internazionale.

Cosa determina il modo in cui le persone percepiscono il proprio rischio di aver contratto l’HIV? Perché esistono individui e categorie di individui che sembrano essere completamente insensibili a questo rischio, mentre altri soggetti ed altre categorie di soggetti appaiono quasi ossessionati da questo stesso rischio? Uno studio condotto presso le popolazioni rurali del Kenia e del Malawi indica che le interazioni sociali giocano un ruolo cruciale in tal senso. Gli autori dello studio hanno riscontrato che la percezione del rischio è strettamente connessa a dibattiti che “sono spesso alimentati dall’osservare o dal venire a conoscenza di un caso di una persona che si è ammalata o è morta di AIDS”. Le persone “in teoria conoscono come il virus dell’HIV si trasmette e come la sua trasmissione può essere prevenuta”, ma sono poco consapevoli “della opportunità e della effettività rivestita a tal fine dal fatto di mutare le proprie abitudini sessuali come raccomandato dagli esperti”. Le percezioni del rischio di contagio da HIV sono in larga misura il riflesso del funzionamento di reti sociali, laddove notevoli modifiche nelle credenze e nei comportamenti sono indotte dal fatto che si interagisca con persone che sul problema manifestano un elevato livello di preoccupazione. Gli effetti delle reti sociali sono pertanto asimmetrici, con effetti sostanziali che sono determinati dal fatto di “avere un partner nella rete sociale che viene percepito come un soggetto che manifesta un notevole livello di preoccupazione per l’AIDS”. Gli autori non fanno riferimenti espliciti agli effetti cascata, ma i loro riscontri sono compatibili con la conclusione che, con riferimento all’AIDS, le percezioni del rischio siano strettamente connesse a questi effetti.

In questa luce possiamo comprendere meglio l’importante e dibattuta idea del “panico morale”.

A volte le società, o gruppi all’interno di società, cominciano improvvisamente ad avere paura di qualche minaccia morale che percepiscono provenire da dissidenti religiosi, stranieri, immigranti, omosessuali, bande giovanili, e consumatori di droghe. Come si diffonde il panico morale? Ancora una volta le cascate danno una risposta a questo interrogativo. La maggior parte delle persone aderisce al panico morale non perché ha un proprio motivo per temere quella data minaccia morale, ma in risposta alla paura manifestata da altri. E’ verosimile che molti di noi si domandino: come mai così tanta gente versa in errore? Specialmente se la minaccia può essere raffigurata facendo ricorso ad un esempio agevolmente disponibile, ad un esempio che ci sembri capace di esemplificare una tendenza più generale, noi ci tuffiamo nella cascata. Le cascate sociali sono spesso veicolo di ondate di panico morale.

La paura, alimentata da influenze sociali, è il fattore che determina questo fenomeno.