Firb Project

L’Unità di ricerca di Trento si propone di condurre un’indagine comparativa sui problemi giuridici legati alla pratica del biobanking a fini di ricerca.

 

Impiegato per la prima volta in letteratura verso la metà degli anni 90, il termine biobanking è presto divenuto lo standard terminologico di riferimento a livello internazionale per designare il complesso delle attività svolte da ospedali e centri di ricerca pubblici o privati responsabili della raccolta di materiali biologici di origine umana, come organi, tessuti, sangue, cellule e qualsiasi altro liquido corporeo che contenga tracce di DNA o RNA tali da consentire lo svolgimento di analisi genetiche a fini diagnostico-terapeutici e di ricerca. L’ampiezza della definizione testimonia come il termine biobank non sia riconducibile ad un concetto unitario, ma si manifesti in una complessa fenomenologia.

 

A parte le c.d. biobanche di popolazione, nelle quali vengono raccolti, catalogati e studiati con finalità diverse i materiali biologici di intere nazioni, le biobanche esistenti nascono o per finalità di ricerca o per finalità di polizia o militari. L’unità si prefigge di studiare i problemi giuridici legati alla biobanche costituite a scopo di ricerca medica, prendendo anche in considerazione le problematiche peculiari poste dalle biobanche di cellule staminali cordonali, che vengono istituite a vantaggio dei nuovi nati.

 

Il programma di ricerca si articola in due fasi, corrispondenti alle due annualità del progetto. Preliminare all’avvio della prima fase sarà la selezione del profilo dello studioso che, quale titolare di un assegno di ricerca, avrà il compito di coadiuvare le competenze interne del progetto nell’acquisizione dei dati comparatistici relativi al tema indagato, con particolare riferimento ai profili di proprietà intellettuale e di disciplina dei brevetti che in esso sono coinvolti.

 

Completata la composizione del gruppo di ricerca, l’Unità si preoccuperà di ricostruire il frastagliato quadro normativo, giurisprudenziale e dottrinale interno ed internazionale in tema di biobanche di tessuti umani a fini di ricerca. Particolare attenzione sarà prestata alla norme emanate in ambito europeo e comunitario nonchè ai risvolti giuridici legati all’Autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali in tema di trattamento dei dati genetici, la quale, nel regolare il trattamento dei dati indistintamente genetici, regola anche l’utilizzo dei campioni biologici, visti come “supporti” nei quali i dati stessi sono contenuti. Si procederà quindi allo studio dei problemi originati dall’utilizzo dei campioni e dal trattamento dei relativi dati sanitari e genetici.

 

Il primo tema affrontato dall’Unità sarà quello della proprietà dei tessuti umani. Verrà indagata la relazione giuridica che si instaurara tra il soggetto e il suo materiale biologico, quando il tessuto “staccandosi” dal corpo assume una dimensione autonoma. Si metterà in risalto come la nozione giuridica di “proprietà” sia inadatta nel rappresentare esaustivamente tale relazione e come la categoria pubblicistica dell’“appartenenza” possa essere utilmente recuperata, in questo contesto, anche sul piano civilistico.

 

Particolare spazio verrà dedicato allo studio della doppia natura che caratterizza i tessuti umani: aggregati di molecole da un lato “c.d. corpo oggetto” e fonte di dati genetici dall’altro “c.d. corpo soggetto”. Si metterà in risalto come questa doppia dimensione dei tessuti umani, che si riverbera nella dicotomia corpo-oggetto corpo-soggetto, dia origine ad una serie distinta di rapporti giuridici, gli uni imperniati sui diritti di proprietà gli altri sui diritti della personalità. Tale analisi sarà confortata da una puntuale ricognizione comparatistica tesa a dar conto delle soluzioni elaborate, sia a livello dottrinale che giurisprudenziale, nei sistemi giuridici di civil law e di common law che hanno fornito soluzioni significative al problema della proprietà dei tessuti umani.

 

I risultati ottenuti da questa analisi preliminare permetteranno di affrontare la questione della proprietà dei materiali biologici quando questi vengono ceduti e conservati nelle biobanks di ricerca. L’analisi sarà condotta scindendo la dimensione “materiale” dei campioni biologici da quella “informazionale”, alla luce delle diverese regole che disciplinano la loro circolazione. Per quanto riguarda la proprietà fisica dei materiali biologici, l’Unità si preoccuperà di individuare i rapporti giuridici che si instaurarano tra i tre attori coinvolti nelle biobanks: i pazienti, i ricercatori e l’ente gestore della biobank. Particolare attenzione sarà prestata alla definizione dei regimi proprietari che coinvolgono i tessuti ed i relativi dati.

 

Sul piano comparatistico l’analisi muoverà dallo studio della giurisprudenza e della dottrina statunitense sviluppatasi attorno ai casi Moore, Greegberg e Catalona (i primi ad affrontare la questione della proprietà dei campioni biologici), nonché alla luce dalle regole predisposte dai paesi che si sono dotati di norme in materia. Attraverso un’analisi di tipo giureconomico si valuterà l’efficienza delle varie soluzioni adottate, al fine di individuare l’assetto propretario in grado di bilanciare virtuosamente gli interessi della ricerca e dei pazienti.

 

L’analisi sulle problematiche proprietarie si estenderà alle biobanche di cellule staminali cordonali, le quali si caratterizzano per essere importanti strumenti di ricerca (possedendo potenzialità simili alle cellule staminali embrionali senza tuttavia presentare le problematiche etiche che l’utilizzo di queste ultime solleva), ed al tempo stesso strumenti di conservazione di campioni per uso autologo in funzione di un futuro utilizzo delle cellule del cordone ombelicale per la terapia della madre e del figlio conferenti. In seguito all’Ordinanza del Ministro della Salute del 4 maggio 2007 (prorogata con Ordinanza del 29 aprile 2008) sul tema, si è registrato un ampio dibattito sia sulla possibilità di autorizzare la conservazione per uso autologo di queste particolari cellule (ristretta dall’Ordinanza a casi particolari), sia sull’opportunità di autorizzare anche a biobanche private la conservazione di tali cellule (opzione negata dall’Ordinanza).

 

Numerosi sono i disegni di legge presentati in Parlamento che ambiscono a fornire una disciplina organica a questo tipo di biobanche. L’analisi condotta da questa Unità di ricerca si ripromette, in un’ottica comparata, di valutare l’efficacia e la praticabilità di dette proposte partendo da quanto emerso negli Stati che già si sono dotati di una legislazione organica in materia. In particolare si affronteranno le problematiche etiche nascenti dalla conservazione per uso autologo di questa particolare tipologia di cellule e si metterà a fuoco la natura giuridica di queste biobanche, anche alla luce dei particolari rapporti che sorgono tra i vari soggetti che sono titolari di un interesse alla conservazione delle cellule del cordone ombelicale.

 

Sul versante “informazionale” l’indagine metterà a fuoco la proprietà dei database contenenti i profili genetici ottenuti, mercé la “scansione genetica” dei singoli campioni biologici. Tali database, importanti strumenti di indagine medico-statistica, sono autonomi rispetto ai campioni (nella loro dimensione fisico-biologica) e nel campo della ricerca fungono talvolta da “sostituti” dei campioni biologici stessi. Quand’anche un campione di materiale biologico fosse distrutto i database consentono di ricostruire e di studiare le caratteristiche del patrimonio genetico associato al campione stesso.

 

In quest’ambito, l’Unità si occuperà della definizione dei diritti di accesso a tali database, verificando se ed in che misura sia possibile brevettarne il contenuto. L’analisi a livello comparatistico si gioverà di una puntuale ricognizione della disciplina e delle soluzioni accolte in proposito dal PATENT ACT statunitense e dalla disciplina europea dei brevetti.

 

Alla luce dei risultati acquisiti, si procederà all’individuazione di un modello organizzativo per le biobanks idoneo a tutelare la fiducia che i “donatori” ripongono nell’operato della biobanca, anche attraverso il loro diretto coinvolgimento, consentendo ai ricercatori di accedere ai tessuti per studiare i dati genetici da essi ricavabili, senza infrangere i limiti di utilizzabilità posti dai “donatori” stessi all’atto del conferimento dei propri tessuti. L’indagine tenderà a verificare i modelli già operanti in altri ordinamenti giuridici per dare soluzione al problema. Particolare attenzione verrà dedicata al modello del c.d. biotrust teorizzato dalla scholarship statunitense,  valutando la possibilità di una sua trasposizione funzionale nell’ambito del diritto italiano. La prima fase del progetto si concluderà con l’analisi delle regole che presidiano la distribuzione dei profitti derivanti dalla ricerca condotta sul materiali biologici conservati nelle biobank e dal trattamento dei dati contenuti nei relativi database.